Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c8
Nel discorso pubblico, si utilizzano sinonimi come «qualità sociale» [16]
, «rilevanza per la società» [17]
, l’«attività del terzo flusso» [18]
, la «terza missione» o l’espressione inglese research outreach [19]
. È un dibattito che ha molti punti in comune
{p. 166}con altri discorsi sui temi della ricerca e dell’innovazione responsabili (Responsible Research and Innovation, RRI) [20]
, della multidisciplinarietà e della co-creazione [21]
. Il panorama concettuale è fervido ma anche dispersivo. Tradurre l’idea di impatto sociale dell’università in politiche di terza missione richiede di dimostrare gli effetti di cambiamento al di fuori del mondo accademico [22]
. A tal fine, si incoraggiano i ricercatori a dialogare con le comunità per condividere gli esiti degli studi, ad ascoltare i diversi stakeholders e a considerare il loro punto di vista nel pianificare le ricerche future [23]
. Analogamente, numerosi esperti ed agenzie di finanziamento della ricerca si dedicano all’identificazione dei nessi di causalità al fine di attribuire gli effetti attesi/osservati alla missione di creazione e condivisione della conoscenza. Una delle questioni più complesse ruota intorno alla temporalità che intercorre tra la pubblicazione e la diffusione dei risultati scientifici e i cambiamenti sociali o comportamentali che possono essere conseguenza di quei risultati. La connessione tra ricerca e pratica, tra formazione e applicazione delle conoscenze così come il problema della co-creazione della conoscenza ripropongono l’importanza di favorire una prospettiva condivisa sul «cosa funzioni, come e perché» per motivare i ricercatori, gli imprenditori, i professionisti, gli utenti e i valutatori alla discussione e alla riflessione critica [24]
.{p. 167}

2. Oltre l’«impattologia»

Nonostante gli sforzi profusi nel costruire un quadro teorico e metodologico che orienti le metriche e le verifiche dell’impatto sociale nelle attività di didattica, ricerca e di terza missione dell’università, i sistemi nazionali di valutazione non hanno fatto grandi passi in avanti. Gli esercizi valutativi istituzionali ruotano intorno a impianti teorico-metodologici tradizionali, ancorati ad approcci disciplinari standard – in particolare, nel campo dell’impatto economico. Persiste un impianto «bipolare»: l’impatto scientifico è associato alle pubblicazioni e ai relativi indicatori bibliometrici [25]
; l’impatto sociale è ricompreso nell’ambito della valorizzazione della conoscenza con il trasferimento tecnologico, i brevetti, gli spin-off e gli altri tipi di interazione tra università e imprese [26]
. Solo di recente comincia a emergere una letteratura valutativa collegata ai progetti di impegno sociale, in particolare, nel campo delle scienze umane e sociali [27]
.
La sovrapposizione tra il primo e il secondo paradigma orienta la misurazione delle pubblicazioni e delle citazioni come indicatori di eccellenza scientifica, mentre i ritorni economici diventano gli indicatori di successo secondo un modello di università capace di creare attività produttive [28]
, che compete con le altre università a livello nazionale e internazionale; un’università più produttiva e creativa nello {p. 168}stabilire i collegamenti tra didattica, ricerca, mondo delle imprese e società nel suo complesso.
Le prime valutazioni economiche risalgono agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso [29]
. Negli anni Ottanta e Novanta, la misurazione dell’impatto si concentra sull’occupazione nelle analisi input-output a livello di singoli atenei [30]
, mentre a partire dagli anni Duemila vengono impiegate metodologie più sofisticate (ad es. analisi di produttività, analisi della produttività totale dei fattori, analisi del ritorno degli investimenti, analisi di regressione, ecc.) per esplorare l’impatto delle attività di ricerca e delle ricadute della conoscenza. Le valutazioni sono improntate a un’idea di università basata sulle attività di didattica e di ricerca scientifica di larga scala che impiegano capitale e lavoro, quali fattori della produzione. L’unità di analisi passa dal singolo ateneo al sistema universitario nel suo complesso per esaminare il rapporto tra risorse impiegate e risultati conseguiti a livello nazionale, piuttosto che l’impatto sul territorio e nei contesti produttivi regionali [31]
. La valutazione degli output investe, come già accennato, l’occupazione [32]
, ma anche le entrate ottenute dai brevetti, le collaborazioni di R&S [33]
, le ricadute delle conoscenze tecnico-scientifiche prodotte [34]
, o la retribuzione universitaria totale, mentre l’analisi degli input include i trasferimenti e le spese dirette sostenute per realizzare i prodotti della ricerca scientifica e le prestazioni della didattica [35]
.{p. 169}
Rimane, tuttora, carente l’analisi degli effetti delle università nei contesti territoriali. Peraltro, le valutazioni del sistema universitario nazionale non considerano adeguatamente la dimensione temporale che è cruciale nel comprendere come evolve, ad esempio, la capacità imprenditoriale di un’università a livello regionale. Analogamente a quanto avviene nel ciclo di vita di un’organizzazione produttiva, anche le università attraversano fasi diverse d’interazione con il proprio contesto, in considerazione della tradizione centenaria o della più recente costituzione dell’ateneo. Il fattore tempo incide sulla distribuzione delle risorse, sugli indicatori della produzione scientifica e sulle classifiche universitarie tra i paesi [36]
.
In antitesi all’impianto finora delineato, si è, recentemente, fatta strada la consapevolezza che la conoscenza debba contribuire alla crescita economica, ma anche alla capacità di affrontare i problemi della sostenibilità che affliggono le società del Nord e nel Sud del mondo. Il ricorso agli indicatori bibliometrici ed economici ha generato una crescente insoddisfazione per l’enfasi eccessiva sulle dimensioni di natura quantitativa [37]
.
Oltre l’impattologia è il monito con cui Donovan ironicamente stigmatizza una cultura scandita da indicatori, metriche e ranking che non considera la conoscenza come fonte del vantaggio competitivo di territori, regioni e stati [38]
. {p. 170}Per questo motivo, la misurazione degli impatti non può prescindere dalle sorti dei contesti e gli effetti di interesse sono inestricabilmente collegati all’attrazione e alla fidelizzazione di discenti, ricercatori, docenti, professionisti e imprenditori di talento. Si tratta di valorizzare le capacità imprenditoriali proprio delle università; capacità legate, in ultima analisi, al capitale umano e alla mobilità del lavoro, che variano a seconda delle regioni, delle organizzazioni universitarie e delle culture politiche delle stesse università.
Per considerare adeguatamente il contesto, occorre fare spazio all’idea secondo cui esistono numerosi percorsi di impatto [39]
, diversi tipi di conoscenza e orientamenti di ricerca, molteplici interazioni produttive, una pluralità di beneficiari e attori coinvolti, nonché meccanismi e condizioni che incoraggiano il cambiamento sociale che l’università contribuisce a generare.
Le analisi più promettenti mostrano che i progetti di terza missione sviluppano interazioni produttive dirette e indirette, formali e informali, con attori e gruppi di interesse di diversa estrazione [40]
. Sin dalla fase della progettazione e attraverso la creazione della rete, i ricercatori e i docenti possono promuovere impatto sociale, coinvolgendo gli utenti e gli attori per diffondere i risultati strada facendo [41]
. Il coinvolgimento degli attori è essenziale per il successo di un progetto di terza missione che si propone di trasformare il modo in cui gli stessi attori svolgono il proprio lavoro. Due domande chiave possono guidare una verifica preliminare in tal senso, vale a dire, con chi e come si sviluppano le interazioni durante e in seguito al progetto di terza missione? In che modo il
{p. 171}progetto contribuisce a innovare le percezioni, le opinioni e i comportamenti degli attori coinvolti? Rispondere alle domande appena menzionate può facilitare la riflessività al fine di impostare un disegno valutativo appropriato a dar conto delle attività di terza missione dell’università nei contesti territoriali.
Note
[16] B. van der Meulen e A. Rip, Evaluation of Societal Quality of Public Sector Research in the Netherlands, in «Research Evaluation», 9, 1, 2000, pp. 11-25.
[17] H. Rau, G. Goggins e F. Fahy, From Invisibility to Impact: Recognising the Scientific and Societal Relevance of Interdisciplinary Sustainability Research, in «Research Policy», 47, 1, 2018, pp. 266-276.
[18] A. Lockett, M. Wright e A. Wild, The Institutionalisation of Third-stream Activities in UK Higher Education: The Role of Discourse and Metrics, in «British Journal of Management», 26, 1, 2015, pp. 78-92.
[19] N.F. Dotti, What Is the Societal Impact of University Research? A Policy-oriented Literature Review Looking for Definitions, Approaches and how to Achieve it, relazione presentata alla Conferenza annuale Espanet Italia, 16-19 settembre 2021.
[20] S.E. Jakobsen, A. Fløysand e J. Overton, Expanding the Field of Responsible Research and Innovation (RRI) – From Responsible Research to Responsible Innovation, in «European Planning Studies», 27, 12, 2019, pp. 2329-2343.
[21] Per una rassegna sui concetti in esame, cfr. Dotti, What Is the Societal Impact of University Research?, cit.
[22] J. Carl e M. Menter, The Social Impact of Universities: Assessing the Effects of the Three University Missions on Social Engagement, in «Studies in Higher Education», 46, 5, 2021, pp. 965-976.
[23] E. Aiello, C. Donovan, E. Duque, S. Fabrizio, R. Flecha, P. Holm, S. Molina, E. Oliver e E. Reale, Effective Strategies that Enhance the Social Impact of Social Sciences and Humanities Research, in «Evidence & Policy», 17, 1, 2021, pp. 131-146. Cfr. de Jong, Barker, Cox, Sveinsdottir e Van den Besselaar, Understanding Societal Impact through Productive Interactions, cit.
[24] Ibidem.
[25] T. Penfield, M.J. Baker, R. Scoble e M.C. Wykes, Assessment, Evaluations, and Definitions of Research Impact: A Review, in «Research Evaluation», 23, 1, 2014, pp. 21-32, https://doi.org/10.1093/reseval/rvt021.
[26] Guerrero, Cunningham e Urbano, Economic Impact of Entrepreneurial Universities’ Activities, cit.
[27] E. Reale, D. Avramov, K. Canhial, C. Donovan, R. Flecha, P. Holm, C. Larkin, B. Lepori, J. Mosoni-Fried, E. Oliver, E. Primeri, L. Puigvert, A. Scharnhorst, A. Schubert, M. Soler, S. Soos, T. Sorde, C. Travis e R. Van Horik, A Review of Literature on Evaluating the Scientific, Social and Political Impact of Social Sciences and Humanities Research, in «Research Evaluation», January 2017, pp. 1-11.
[28] R. Frandizi, C. Fantauzzi, N. Colasanti e G. Fiorani, The Evaluation of Universities’ Third Mission and Intellectual Capital: Theoretical Analysis and Application to Italy, in «Sustainability», 11, 2019, p. 3455.
[29] Cfr. Netval, XVI Rapporto Netval. I risultati della ricerca pubblica al servizio della ri-partenza del Paese, in collaborazione con UIBM-MISE, Netval – Network per la Valorizzazione della Ricerca, 2020.
[30] Guerrero, Cunningham e Urbano, Economic Impact of Entrepreneurial Universities’ Activities, cit.
[31] Ibidem.
[32] R.W. Bessette, Measuring the Economic Impact of University-based Research, in «Journal of Technology Transfer», 28, 3-4, 2003, pp. 355-361.
[33] D.S. Siegel, D. Waldman e A. Link, Assessing the Impact of Organizational Practices on the Relative Productivity of University Technology Transfer Offices: An Exploratory Study, in «Research Policy», 32, 1, 2003, pp. 27-48.
[34] D.B. Audretsch e E.E. Lehmann, Do University Policies Make a Difference?, in «Research Policy», 34, 3, 2005, pp. 343-347.
[35] Come sottolineano gli autori, solo pochi studi mettono in correlazione l’impatto economico alla variazione del prodotto interno lordo. Cfr. Guerrero, Cunningham e Urbano, Economic Impact of Entrepreneurial Universities’ Activities, cit.
[36] Ibidem. Cfr. anche P. Aghion, M. Dewatripont, C. Hoxby, A. Mas-Colell e A. Sapir, The Governance and Performance of Universities: Evidence from Europe and the US, in «Economic Policy», 25, 61, 2010, pp. 7-59.
[37] In Italia, il dibattito sulla valutazione dell’università è sintetizzato in G. Capano, M. Regini e M. Turri, Salvare l’università italiana. Oltre i miti e i tabù, Bologna, Il Mulino, 2017. Più in generale sulle criticità del sistema nazionale di valutazione cfr. anche M. Marra, A Behavioral Design to Reform Italy’s Evaluation Policy, in «American Journal of Evaluation», 42, 4, 2021, pp. 483-504.
[38] C. Donovan, For Ethical «Impactology», in «Journal of Responsible Innovation», 6, 1, 2019, pp. 78-83; cfr. anche Id., The Qualitative Future of Research Evaluation, in «Science and Public Policy», 34, 8, 2007, pp. 585-597. Cfr. anche A. Perulli, F. Ramella, M. Rostan e R. Semenza (a cura di), La terza missione degli accademici italiani, Bologna, Il Mulino, 2019.
[39] Già l’Anvur nel Documento sulle modalità di valutazione dei casi studio per la Valutazione della Qualità della Ricerca 2015-2019 e della Terza Missione (VQR 2015-2019) differenzia i campi di azione delle attività. Rimane però ancora poco sviluppata la riflessione sugli impatti attesi.
[40] de Jong, Barker, Cox, Sveinsdottir e Van den Besselaar, Understanding Societal Impact through Productive Interactions, cit.
[41] Aiello, Donovan, Duque, Fabrizio, Flecha, Holm, Molina, Oliver e Reale, Effective Strategies that Enhance the Social Impact, cit.