Connessioni virtuose
Come nasce (e cresce) un ecosistema dell'innovazione

Il termine ecosistema è ormai entrato nell’uso corrente per caratterizzare processi di innovazione localizzati, frutto di relazioni di collaborazione tra università e imprese. Ma cosa significa creare un ecosistema per la trasformazione digitale e quali investimenti generano effetti virtuosi in termini di complementarietà, scalabilità e sostenibilità nel tempo? Il volume esplora, nella prospettiva delle politiche pubbliche, la funzione dell’università, che, al di là dei compiti tradizionali di insegnamento e ricerca, si fa carico di una missione imprenditoriale e di sviluppo economico-sociale. Il volume ricostruisce le partnership avviate dall’Università Federico II di Napoli con i colossi globali dell’hi-tech, che, contribuendo a formare le competenze necessarie per produzioni ad alta intensità di conoscenza, svolgono un ruolo educativo inedito. L’esperienza di collaborazione tra accademia e industria propone anche una riflessione critica sui disegni e sulle metriche per la valutazione dell’impatto sociale dell’università.
Il presente volume è pubblicato con il contributo del Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati dell’Università di Napoli "Federico II"

insegna Politica economica all’Università di Napoli Federico II. Con il Mulino ha pubblicato "Valutare la valutazione. Adempimenti, ambiguità e apprendimenti nella PA italiana" (2017) che ha vinto il premio 2018 della European Court of Auditors.

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Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2022
Isbn edizione digitale: 9788815371126
DOI: 10.978.8815/371126
Licenza: CC BY-NC-ND

Pubblicazione a stampa: 2022
Isbn edizione a stampa: 9788815294883
Collana: Percorsi
Pagine: 200

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I CAPITOLI

DOI | 10.1401/9788815371126/p1

Prefazione

Esistono due specie di libri sui problemi sociali e economici. Vi sono libri che vengono scritti perché l’autore prima ancora di sedersi a tavolino, s’è imbattuto in una risposta o in una tesi generale che costituisce – ne è convinto – un’intuizione illuminante. Esistono poi i libri in cui l’autore s’è impegnato perché aveva una domanda senza risposta: una domanda su cui voleva lavorare con l’intensità che soltanto lo scrivere un libro permette di realizzare. […] quando la mente si concentra su una risposta, si persuaderà facilmente che questa risposta si applica non ad una ma a un gran numero di domande, quando invece si concentra su una domanda, la mente non troverà probabilmente riposo finché non avrà scoperto non una, ma una varietà di risposte. A.O. Hirschman Il presente volume prende le mosse da una domanda che appassiona da sempre economisti e scienziati sociali e che ha a che fare con la relazione tra conoscenza e sviluppo. È noto che la crescita dei territori non dipende...
Pagine | 7 - 12
DOI | 10.1401/9788815371126/p2

Introduzione

È noto che i processi di innovazione e di apprendimento si dispiegano in modo non uniforme nello spazio, all’interno di centri comunemente considerati come ecosistemi dell’innovazione [1] . Insieme alle capacità tecnologiche, alle strutture di mercato, all’imprenditorialità, alle infrastrutture, ai servizi e al capitale umano, la presenza dell’università è decisiva nell’ambito degli ecosistemi dell’innovazione [2] . L’università opera al di là dei tradizionali compiti di didattica e di ricerca e, nella sua terza missione [3] , assume una funzione imprenditoriale a favore dello sviluppo territoriale. Le imprese svolgono un ruolo educativo, impegnandosi a formare studenti e lavoratori al fine di sviluppare le competenze necessarie ai processi di produzione avanzata. Le ¶ {p. 14}interdipendenze che si generano tra chi crea e chi utilizza la conoscenza producono valore nelle interazioni dinamiche, localizzate e reiterate nel tempo [4] . Diversi filoni di studi esaminano i processi di...
Pagine | 13 - 29
DOI | 10.1401/9788815371126/c1
Capitolo primo

Una sequenza invertita di sviluppo

Una sorprendente esperienza d’innovazione sfida l’immaginario delle periferie urbane del Mezzogiorno d’Italia, ove la vita delle comunità locali e le attività produttive scontano la distanza dai centri più vitali delle economie nord-europee. L’esperienza del polo tecnologico dell’Università «Federico II» di Napoli nel quartiere di San Giovanni a Teduccio della città partenopea è difficilmente inquadrabile secondo un’unica lente interpretativa [1] . Da diversi angoli di visuale, l’attenzione può focalizzarsi sui processi di innovazione tecnologica, organizzativa, pedagogica, socioeconomica e politico-istituzionale che, a partire dalle branche del sapere ingegneristico, hanno (ri)dato linfa vitale ad altri saperi scientifico-organizzativi e contestuali, risvegliando le energie sopite nell’ex area industriale a est della città di Napoli. L’investimento pluriennale da parte dell’università integra le opere infrastrutturali di rigenerazione urbana iniziate nel 2008, con la creazione e la...
Pagine | 31 - 51
DOI | 10.1401/9788815371126/c2
Capitolo secondo

Rigenerazione urbana e apprendimento esperienziale

Gli interventi di rigenerazione urbana si dispiegano, sovente, attraverso opere infrastrutturali di notevole scala sul piano finanziario e coinvolgono numerosi attori in ampi partenariati pubblico-privati, in un arco temporale pluriennale [1] . Il recupero delle aree e degli edifici dismessi affronta problemi di bonifica ambientale [2] e produce conflitti e opposizioni allorché gli interventi hanno un valore simbolico che investe i luoghi della vita quotidiana [3] e le azioni introdotte vanno oltre la portata di una singola politica. Le operazioni sulle sedi fisiche trascurano, frequentemente, le questioni di sviluppo territoriale e sociale. Gli interventi infrastrutturali lasciano spazio ad altre operazioni che non sono guidate dall’amministrazione locale o nazionale ma nascono dal lavoro dei comitati di cittadini e delle organizzazioni di quartiere. Si tratta di iniziative dal basso, attraverso processi non necessariamente politicizzati o finanziati; iniziative, talvolta, ¶ {p....
Pagine | 53 - 73
DOI | 10.1401/9788815371126/c3
Capitolo terzo

L’ecosistema all'opera

La terminologia «ecosistema dell’innovazione» è invalsa nei circoli politici e professionali e associata all’idea di innovazione tecnologica, la cui genesi ed evoluzione sono, però, sfuggenti e, con tutta probabilità, mutevoli a seconda dei contesti tecno-scientifici e produttivi locali. Come accennato nell’introduzione, gli studi aziendali adoperano il concetto di ecosistema per connotare le interdipendenze che emergono nelle reti di imprese che creano valore attraverso la condivisione delle idee e delle risorse. L’enfasi è sulle dinamiche cooperative che caratterizzano gli investimenti in R&S e le produzioni realizzate nell’ambito di cluster aziendali localizzati in specifici contesti territoriali. Gli elementi costitutivi e le relazioni causali che definiscono un ecosistema rimangono, però, ancora poco esplorati così come il funzionamento e gli effetti delle collaborazioni in termini di innovazione e sviluppo regionale [1] . Una distinzione avvalorata recentemente negli studi...
Pagine | 75 - 88
DOI | 10.1401/9788815371126/c4
Capitolo quarto

Dal problem solving al policy making

Esiste uno «stile decisionale» nel trattare i problemi dell’innovazione? Avendo studiato a lungo lo sviluppo della nanotecnologia nell’area di Albany – la capitale dello stato di New York – Charles W. Wessner, esperto di politica di innovazione della Georgetown University, attribuisce notevole importanza al pragmatismo degli ingegneri – una tipologia di scienziati sui generis rispetto agli studiosi versati in altre discipline [1] . Perché questo non sia semplicemente uno stereotipo, l’analisi della politica di innovazione del polo tecnologico di San Giovanni fa ricorso al concetto di stile decisionale – vale a dire, le modalità in cui si apprende a riconoscere e ad affrontare i problemi al fine di escogitare soluzioni appropriate. Il tentativo di definire uno stile decisionale è da intendersi come la ricerca dei modi di comportamento dei responsabili delle scelte o delle tecniche di soluzione dei problemi tipici o probabili di un ecosistema dell’innovazione basato sulla conoscenza...
Pagine | 89 - 101
DOI | 10.1401/9788815371126/c5
Capitolo quinto

Impatto sociale ed effetti regionali

Quando si studiano gli effetti della terza missione dell’università, è importante essere consapevoli delle eterogeneità esistenti all’interno dell’organizzazione scientifico-culturale [1] . Come già accennato nel capitolo 2, i docenti e i ricercatori operano, sovente, come «imprenditori» e sfruttano nuove idee e opportunità che possono creare significato e valore nel lavoro accademico e, a lungo termine, nelle future carriere e capacità organizzative. Come i loro omologhi nelle imprese, gli imprenditori universitari sono capaci di produrre nuove attività e organizzazioni all’interno e all’esterno del contesto accademico [2] . Nel campo delle scienze naturali e della tecnologia, la creazione di uno spin-off, una start-up o un brevetto è, sovente, il risultato principale di un’attività imprenditoriale, mentre in campo umanistico e nelle scienze sociali, sono le dimensioni sociali dell’imprenditorialità a essere curate nelle azioni di terza missione [3] . Queste ultime possono essere...
Pagine | 103 - 118
DOI | 10.1401/9788815371126/c6
Capitolo sesto

L’ecosistema nel contesto di prossimità

È noto che l’innovazione delle imprese è un fenomeno multidimensionale non esclusivamente collegato agli investimenti in R&S. La qualità del sistema di innovazione regionale [1] , le collaborazioni e le reti di relazioni sia a livello aziendale che territoriale sono fattori intangibili importanti per la creazione e la diffusione della conoscenza, soprattutto tra le PMI. Le collaborazioni per le attività di R&S coinvolgono attori scientifici e tecnologici, ma anche variabili forme di imitazione e apprendimento tacito nell’interazione che le aziende intrattengono con i clienti e i fornitori nelle catene di creazione del valore [2] . Rispetto alle imprese di grandi dimensioni, le PMI hanno minori capacità di collaborare con le università [3] . Esse sono normalmente orientate al mercato [4] e fanno fatica a investire in R&S a causa dei rischi elevati, degli alti costi fissi e dei vincoli creditizi che condizionano i sistemi regionali meno avanzati. Considerando il contesto...
Pagine | 119 - 145
DOI | 10.1401/9788815371126/c7
Capitolo settimo

Esigenze e politiche di innovazione

L’idea tradizionale dell’innovazione nelle aziende è legata al lancio di un nuovo prodotto o alla trasformazione del prodotto esistente. A tal fine si effettuano investimenti in R&S, si acquisiscono brevetti e conoscenze, mantenendo segreti i passaggi cruciali delle trasformazioni destinate ad accrescere la redditività o la posizione di mercato dell’impresa. Diversamente, l’idea della free innovation – secondo Eric von Hippel del Massachusetts Institute of Technology – è un progetto in cui gli innovatori condividono il disegno dell’innovazione e la realizzazione del prodotto affinché chiunque possa utilizzare sia l’uno che l’altra [1] . Le proprietà che definiscono questo modello sono duplici: i partecipanti non sono rivali nell’elaborazione del disegno innovativo e non intendono commercializzare individualmente o collettivamente i prodotti o i servizi realizzati per acquisire i diritti di innovazione o di proprietà intellettuale. Gli sviluppatori approntano soluzioni digitali...
Pagine | 147 - 160
DOI | 10.1401/9788815371126/c8
Capitolo ottavo

Università e valutazione

I recenti modelli che delineano il ruolo e il contributo della ricerca scientifica e dell’istruzione superiore allo sviluppo territoriale non considerano adeguatamente la diversità dei contesti regionali e delle priorità politiche nonché l’eterogeneità delle strutture di gestione e di leadership delle istituzioni universitarie. I modelli disponibili sono statici o fin troppo performativi e sostengono, talora, l’orientamento al mercato, talora, l’adesione acritica ai temi dell’inclusione, della giustizia sociale o della responsabilità sociale; rischiano di influenzare politiche non adeguate a cogliere gli interessi e le passioni dei ricercatori, degli imprenditori e delle comunità in tema di ricerca, formazione e sviluppo socioeconomico e culturale dei territori [1] . Il dibattito è ancora fortemente polarizzato tra una visione che promuove l’impatto sociale della conoscenza e dell’istruzione universitaria e una più radicata adesione a un’idea di imprenditorialità, che si limita al...
Pagine | 161 - 179