Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c8

Capitolo ottavo Università e valutazione

1. L’università tra imprenditorialità e impatto sociale

I recenti modelli che delineano il ruolo e il contributo della ricerca scientifica e dell’istruzione superiore allo sviluppo territoriale non considerano adeguatamente la diversità dei contesti regionali e delle priorità politiche nonché l’eterogeneità delle strutture di gestione e di leadership delle istituzioni universitarie. I modelli disponibili sono statici o fin troppo performativi e sostengono, talora, l’orientamento al mercato, talora, l’adesione acritica ai temi dell’inclusione, della giustizia sociale o della responsabilità sociale; rischiano di influenzare politiche non adeguate a cogliere gli interessi e le passioni dei ricercatori, degli imprenditori e delle comunità in tema di ricerca, formazione e sviluppo socioeconomico e culturale dei territori [1]
.
Il dibattito è ancora fortemente polarizzato tra una visione che promuove l’impatto sociale della conoscenza e dell’istruzione universitaria e una più radicata adesione a un’idea di imprenditorialità, che si limita al significato riduttivo di creazione di nuove imprese, come già evidenziato nel capitolo 5. Vero è che nell’ultimo decennio, non solo in Italia, la riduzione dei finanziamenti pubblici e i meccanismi premiali nell’allocazione delle risorse hanno {p. 162}favorito la commercializzazione della ricerca scientifica, l’internazionalizzazione, la creazione di iniziative che generano spin-off della tecnologia e della conoscenza create nelle aule e nei laboratori universitari. Secondo tale orientamento, le attività di ricerca possono essere sfruttate commercialmente in termini di proprietà intellettuale, brevetti, licenze, marchi – nonostante non tutta la conoscenza abbia sempre e solo un valore di mercato [2]
. Le analisi disponibili fanno, sovente, riferimento ad esempi e a casi provenienti dagli Stati Uniti [3]
, ove il Bayh-Dole Act da trent’anni definisce e regolamenta le attività economiche promosse dalle istituzioni universitarie [4]
. Numerosi paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), inclusa l’Italia, hanno riformato le proprie legislazioni secondo le linee sperimentate in Nord America. Eppure, numerose zone d’ombra permangono. Molteplici opportunità possono scaturire dalla ricerca e dalla didattica, ma esse rimangono al di fuori delle fattispecie contemplate dalle norme e dalle metriche adottate per misurare gli esiti dell’imprenditoria{p. 163}lità accademica strictu sensu [5]
. Ad esempio, l’attrazione e la fidelizzazione dei ricercatori e dei giovani talenti producono un impatto economico e sociale e facilitano l’innovazione e la diffusione delle conoscenze, nonostante non siano attività di creazione d’impresa, spin-off, brevetti e/o marchi [6]
. L’università imprenditoriale è, quindi, da intendersi come un fenomeno multidimensionale, stratificato e complesso nelle interconnessioni esistenti tra ricerca, didattica e cosiddetta terza missione. È un fenomeno da osservare a diversi livelli organizzativi e che coinvolge i dirigenti universitari, gli accademici, i ricercatori, gli studenti, i laureati e i dottorandi, ma anche gli imprenditori già attivi nel contesto produttivo [7]
. La trasformazione del capitale cognitivo per fini produttivi è un processo creativo e generativo, in cui gli «imprenditori» apprendono saperi e saper-fare, osservandosi reciprocamente, {p. 164}condividendo progetti scientifici e applicativi. In diversi assetti organizzativi si possono sfruttare le dimensioni fisiche, geografiche, cognitive, sociali e istituzionali della prossimità e diffondere la conoscenza [8]
. Nuovamente si è in presenza di un processo «emergente» che interpreta le esigenze delle imprese e del mercato per trasformare la conoscenza in vantaggi commerciali e non solo; un processo che può attrarre nuove imprese, nuovi posti di lavoro, talenti locali e internazionali. E la creazione di imprese e di posti di lavoro può dare impulso alle collaborazioni con altre organizzazioni produttive per individuare e soddisfare nuovi bisogni, promuovere la concorrenza, arricchire la diversità e la cooperazione nei contesti sociali [9]
.
Insomma, come da quasi vent’anni suggerisce Audretsch [10]
sulla base di una corrente importante di ricerche sullo sviluppo regionale e sulla geografia delle istituzioni di istruzione universitaria negli Stati Uniti, il ruolo delle università va ben al di là del trasferimento tecnologico per promuovere la circolazione delle idee e la crescita culturale e democratica dei paesi e territori. L’università imprenditoriale contribuisce a generare capacità di leadership e di pensiero critico per intraprendere e creare istituzioni che stimolano l’innovazione e la condivisione del sapere [11]
. Gli effetti sono da indagare non solo ed unicamente nelle esternalità della ricerca e della didattica in termini demografici, economici, infrastrutturali, culturali e sociali. Le conseguenze di un’università imprenditoriale possono emergere nei vantaggi competitivi, nelle capacità produttive e nelle reti di imprese che sviluppano innovazione [12]
. {p. 165}
La recente enfasi sul concetto di civic engagement espande le finalità e il ruolo dell’università e la stessa idea di imprenditorialità. Un’università impegnata socialmente assume la responsabilità di favorire l’apprendimento al di fuori delle aule universitarie [13]
, sviluppando il dialogo tra attori locali, nazionali, europei, internazionali, pubblici e privati, per cui l’impatto sociale della conoscenza prende corpo nella pluralità delle funzioni svolte – e non solo nelle operazioni di creazione d’impresa. Con la terminologia di «impatto sociale» si ricomprendono effetti multidimensionali, non unicamente di natura commerciale [14]
. Si fa riferimento al prodotto che può o meno essere utilizzato dal pubblico, all’uso della conoscenza nell’interazione tra ricercatori e attori economici e sociali o ancora ai benefici a vantaggio della società [15]
.
Nel discorso pubblico, si utilizzano sinonimi come «qualità sociale» [16]
, «rilevanza per la società» [17]
, l’«attività del terzo flusso» [18]
, la «terza missione» o l’espressione inglese research outreach [19]
. È un dibattito che ha molti punti in comune
{p. 166}con altri discorsi sui temi della ricerca e dell’innovazione responsabili (Responsible Research and Innovation, RRI) [20]
, della multidisciplinarietà e della co-creazione [21]
. Il panorama concettuale è fervido ma anche dispersivo. Tradurre l’idea di impatto sociale dell’università in politiche di terza missione richiede di dimostrare gli effetti di cambiamento al di fuori del mondo accademico [22]
. A tal fine, si incoraggiano i ricercatori a dialogare con le comunità per condividere gli esiti degli studi, ad ascoltare i diversi stakeholders e a considerare il loro punto di vista nel pianificare le ricerche future [23]
. Analogamente, numerosi esperti ed agenzie di finanziamento della ricerca si dedicano all’identificazione dei nessi di causalità al fine di attribuire gli effetti attesi/osservati alla missione di creazione e condivisione della conoscenza. Una delle questioni più complesse ruota intorno alla temporalità che intercorre tra la pubblicazione e la diffusione dei risultati scientifici e i cambiamenti sociali o comportamentali che possono essere conseguenza di quei risultati. La connessione tra ricerca e pratica, tra formazione e applicazione delle conoscenze così come il problema della co-creazione della conoscenza ripropongono l’importanza di favorire una prospettiva condivisa sul «cosa funzioni, come e perché» per motivare i ricercatori, gli imprenditori, i professionisti, gli utenti e i valutatori alla discussione e alla riflessione critica [24]
.{p. 167}
Note
[1] L. Kempton, M.C. Rego, L.R. Alves, P. Vallance, M. Aguiar Serra, M. Tewdwr-Jones e P.R. Tomlinson, Putting Universities in their Place. An Evidence-Based Approach to Understanding the Contribution of Higher Education to Local and Regional Development, London, Routledge, 2021. Cfr. anche S. Appe, N. Rubaii, S. Líppez-De Castro e S. Capobianco, The Concept and Context of the Engaged University in the Global South: Lessons from Latin America to Guide a Research Agenda, in «Journal of Higher Education Outreach and Engagement», 21, 2, 2017, pp. 7-36.
[2] M. Guerrero, J.A. Cunningham e D. Urbano, Economic Impact of Entrepreneurial Universities’ Activities: An Exploratory Study of the United Kingdom, in «Research Policy», 44, 3, 2015, pp. 748-764; D. Urbano e M. Guerrero, Entrepreneurial Universities: Socioeconomic Impacts of Academic Entrepreneurship in a European Region, in «Economic Development Quarterly», 27, 1, 2013, pp. 40-55; J.A. Cunningham, P. O’Reilly, C. O’Kane e V. Mangematin, The Inhibiting Factors that Principal Investigators Experience in Leading Publicly Funded Research, in «Journal of Technology Transfer», 39, 1, 2014, pp. 93-110.
[3] Cfr. Appe, Rubaii, Líppez-De Castro e Capobianco, The Concept and Context of the Engaged University in the Global South, cit. Gli autori evidenziano la ricca e vasta letteratura sull’impegno universitario in America Latina che è in gran parte accessibile solo in spagnolo. Tra i sostenitori delle università engaged esistono differenze in termini di motivazioni e mezzi utilizzati. Gli autori identificano le radici storiche e le applicazioni dei modelli orientati al mercato, alla giustizia sociale e alla responsabilità sociale universitaria e utilizzano studi di caso condotti in America Latina per esplorare le potenzialità associate alla responsabilità sociale come base per lo sviluppo di un’agenda di ricerca che informi le pratiche sia nel Nord che nel Sud del mondo.
[4] Urbano e Guerrero, Entrepreneurial Universities, cit.
[5] R. Grimaldi, M. Kenney, D. Siegel e M. Wright, 30 Years after Bayh-Dole: Reassessing Academic Entrepreneurship, in «Research Policy», 40, 8, 2011, pp. 1045-1057. In Italia, con il d.lgs. 297/1999 si definiscono le procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori nonché le società destinatarie delle agevolazioni, la cui attività sia finalizzata all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, con la partecipazione o il concorso di professori e ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca. Sono seguiti il d.m. 593/2000, che ha disciplinato le modalità per la concessione delle agevolazioni introdotte col d.lgs. 297/1999, la legge 240/2010 e il d.m. 168/2011, che hanno stabilito i criteri di partecipazione di professori e ricercatori agli spin-off universitari. Sulla base di tale tessuto normativo, diverse università hanno emanato regolamenti interni per la creazione di società spin-off e per la disciplina delle invenzioni realizzate in esecuzione del rapporto di lavoro con l’università e nell’ambito dell’attività di ricerca.
[6] Urbano e Guerrero, Entrepreneurial Universities, cit. Interessante è anche «l’idea di università» avanzata da De Martin, secondo cui, in Italia, è necessaria un’evoluzione umanista e democratica di un’istituzione millenaria quale è l’università, un adeguamento al ruolo che ha nel formare gli italiani, non solo in quanto lavoratori, ma soprattutto come cittadini democratici che ogni giorno sono chiamati a prendersi cura della democrazia in cui vivono. Cfr. J.C. De Martin, Università futura tra democrazie e bit, Torino, Codice Edizioni, 2017.
[7] Kempton, Rego, Alves, Vallance, Aguiar Serra, Tewdwr-Jones e Tomlinson, Putting Universities in their Place, cit.
[8] D.B. Audretsch e M. Belitski, Three-ring Entrepreneurial University: In Search of a New Business Model, in «Studies in Higher Education», 46, 5, 2021, pp. 977-987.
[9] Urbano e Guerrero, Entrepreneurial Universities, cit.
[10] D.B. Audretsch, From the Entrepreneurial University to the University for the Entrepreneurial Society, in «The Journal of Technology Transfer», 39, 3, 2014, pp. 313-321.
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] J. Goddard, E. Hazelkorn, L. Kempton e P. Vallance, The Civic University: The Policy and Leadership Challenges, Cheltenham, Edward Elgar, 2016.
[14] L. Bornmann, What Is Societal Impact of Research and how can it Be Assessed? A Literature Survey, in «Journal of the American Society for Information Science and Technology», 64, 2, 2013, pp. 217-233.
[15] S. de Jong, K. Barker, D. Cox, T. Sveinsdottir e P. Van den Besselaar, Understanding Societal Impact through Productive Interactions: ICT Research as a Case, in «Research Evaluation», 23, 2, 2014, pp. 89-102.
[16] B. van der Meulen e A. Rip, Evaluation of Societal Quality of Public Sector Research in the Netherlands, in «Research Evaluation», 9, 1, 2000, pp. 11-25.
[17] H. Rau, G. Goggins e F. Fahy, From Invisibility to Impact: Recognising the Scientific and Societal Relevance of Interdisciplinary Sustainability Research, in «Research Policy», 47, 1, 2018, pp. 266-276.
[18] A. Lockett, M. Wright e A. Wild, The Institutionalisation of Third-stream Activities in UK Higher Education: The Role of Discourse and Metrics, in «British Journal of Management», 26, 1, 2015, pp. 78-92.
[19] N.F. Dotti, What Is the Societal Impact of University Research? A Policy-oriented Literature Review Looking for Definitions, Approaches and how to Achieve it, relazione presentata alla Conferenza annuale Espanet Italia, 16-19 settembre 2021.
[20] S.E. Jakobsen, A. Fløysand e J. Overton, Expanding the Field of Responsible Research and Innovation (RRI) – From Responsible Research to Responsible Innovation, in «European Planning Studies», 27, 12, 2019, pp. 2329-2343.
[21] Per una rassegna sui concetti in esame, cfr. Dotti, What Is the Societal Impact of University Research?, cit.
[22] J. Carl e M. Menter, The Social Impact of Universities: Assessing the Effects of the Three University Missions on Social Engagement, in «Studies in Higher Education», 46, 5, 2021, pp. 965-976.
[23] E. Aiello, C. Donovan, E. Duque, S. Fabrizio, R. Flecha, P. Holm, S. Molina, E. Oliver e E. Reale, Effective Strategies that Enhance the Social Impact of Social Sciences and Humanities Research, in «Evidence & Policy», 17, 1, 2021, pp. 131-146. Cfr. de Jong, Barker, Cox, Sveinsdottir e Van den Besselaar, Understanding Societal Impact through Productive Interactions, cit.
[24] Ibidem.