Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c2

Capitolo secondo Rigenerazione urbana e apprendimento esperienziale

1. La multidisciplinarietà come metodo di coordinamento

Gli interventi di rigenerazione urbana si dispiegano, sovente, attraverso opere infrastrutturali di notevole scala sul piano finanziario e coinvolgono numerosi attori in ampi partenariati pubblico-privati, in un arco temporale pluriennale [1]
. Il recupero delle aree e degli edifici dismessi affronta problemi di bonifica ambientale [2]
e produce conflitti e opposizioni allorché gli interventi hanno un valore simbolico che investe i luoghi della vita quotidiana [3]
e le azioni introdotte vanno oltre la portata di una singola politica. Le operazioni sulle sedi fisiche trascurano, frequentemente, le questioni di sviluppo territoriale e sociale. Gli interventi infrastrutturali lasciano spazio ad altre operazioni che non sono guidate dall’amministrazione locale o nazionale ma nascono dal lavoro dei comitati di cittadini e delle organizzazioni di quartiere. Si tratta di iniziative dal basso, attraverso processi non necessariamente politicizzati o finanziati; iniziative, talvolta, {p. 54}episodiche, che mostrano il margine di azione che la città genera nelle aree in cui anticamente erano localizzate le funzioni sociali e le riunioni, o i siti con un significato storico, economico e culturale.
L’area orientale di Napoli ove sorge il polo tecnologico di San Giovanni è una ex zona industriale [4]
. Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, l’abbandono dei luoghi della produzione innesca severi effetti occupazionali e processi di degrado fisico, ambientale e sociale [5]
. Come per altri siti industriali dismessi, la deindustrializzazione del centro di produzione del quartiere di San Giovanni a Teduccio procede in modo profondo e smantella intere catene del valore, disperdendo insieme ai grandi produttori, competenze e know-how associati [6]
. Eppure, l’idea che tutto vada perso è fuorviante nella misura in cui assume che il sapere dei luoghi e delle tecniche della produzione, sedimentato nel tempo, si possa dissolvere senza lasciare traccia. Il declino industriale dell’area serba un’eredità industriosa, l’elaborazione della dismissione – per dirla con Ermanno Rea [7]
–, un pesante fardello di sofferenza, ma anche il desiderio di rinnovamento e di riscatto.
La nascita del polo tecnologico di San Giovanni sulle ceneri dell’ex stabilimento Cirio, ove per decenni hanno {p. 55}lavorato migliaia di persone [8]
, testimonia la trasformazione di un luogo fisico che rigenera la propria identità, rinnovando il patrimonio di conoscenze, competenze e tecnologie delle aziende un tempo esistenti. Rispetto ai programmi di riqualificazione urbana rimasti incompiuti [9]
, la presenza dell’università è un dato incontrovertibile e un fattore di profonda trasformazione del territorio.
Inserito nell’ambizioso progetto NaplEST [10]
del 2010, che prevedeva un complesso di investimenti pubblico-privati di 2,3 miliardi di euro con 16 progetti di sviluppo secondo una visione di rilancio e di dialogo con il territorio, il polo tecnologico di San Giovanni dell’Università di Napoli viene completato con una spesa all’incirca di 85 milioni di euro, insieme a pochi altri progetti [11]
, mentre il resto del piano si arena. Gli interventi completati sono di scala minore e il bilancio delle operazioni concluse non può valutarsi secondo le tradizionali analisi economiche, verificando i valori di mercato degli immobili [12]
, l’attrazione di investimenti produttivi, gli effetti anche potenzialmente controproducenti {p. 56}sulle fasce sociali più deboli [13]
, secondo le note dinamiche di gentrification [14]
.
Fig. 2.1. Insediamento universitario di Napoli San Giovanni.
Fig. 2.1. Insediamento universitario di Napoli San Giovanni.
Fig. 2.2. Planimetria degli interventi previsti e realizzati.
Fig. 2.2. Planimetria degli interventi previsti e realizzati.
Fonte: Università di Napoli, 2021.
Rispetto alle logiche di intervento dall’alto o dal basso cui si è poc’anzi fatto cenno, la costruzione del polo tecnologico di San Giovanni disvela un modus operandi innovativo in tema di rigenerazione urbana, che pervade l’ambiente costruito e l’humus sociale del quartiere.
Dal punto di vista strutturale, l’università interviene nel quartiere attraverso una costruzione modulare su un’area di circa 60 mila metri quadrati [15]
. La progettazione preliminare e definitiva dell’intero complesso viene affidata, a seguito di una gara internazionale [16]
, al progettista Ishimoto, che suddivide la costruzione dei nuovi edifici in lotti funzionali, denominati moduli, distinti per laboratori leggeri e pesanti (moduli L1, L2 e L3), parcheggio (modulo P), sala congressi (modulo C), aule-laboratori e dipartimenti (moduli A1-A2, A3-D, A4-A5, A6-A7) [17]
. I moduli denominati L1, L2, L3 e
{p. 58}P sono appaltati nel 2008 e terminati nel 2013. Il modulo C è consegnato nel 2015 ma il progetto si amplia e le opere di costruzione proseguono (cfr. figg. 2.1 e 2.2) [18]
.
Note
[1] V. Caruso e G. Corona, La deindustrializzazione in Italia: uno sguardo d’insieme, in «Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi», 3, 2019, https://rivista.clionet.it/vol3/societa-e-cultura/paesaggi/caruso-corona-la-deindustrializzazione-in-italia-uno-sguardo-d-insieme.
[2] Degne di nota sono le azioni di risanamento intraprese negli Stati Uniti, dall’Unione europea e dal Canada. Nel 1994 la United States Environmental Protection Agency, ad esempio, avvia un’iniziativa di riconversione e riqualificazione delle dieci aree industriali dismesse. L’Unione europea fornisce incentivi finanziari e legali per riutilizzare i cosiddetti brownfields. Anche il tema della riduzione delle emissioni di carbonio è uno dei fattori chiave che ha contribuito allo sviluppo urbano sostenibile.
[3] D. Harvey, Rebel Cities: From the Right to the City to the Urban Revolution, London, Verso, 2012.
[4] L’Officina ferroviaria di Pietrarsa viene fondata nel 1840, la Corradini nel 1882, nel 1900 arriva la Cirio, mentre inizia nel 1930 a Vigliena la costruzione, ad opera della Società Meridionale di Elettricità (SME), della prima centrale elettrica «Capuano». Quando nel 1925 San Giovanni perde lo status di comune autonomo ed è annessa a Napoli, è una cittadina industriale, uno dei cuori pulsanti dell’economia del Mezzogiorno e del paese. Cfr. «la Repubblica», 2 settembre 2018.
[5] I quartieri orientali della città sono una ex zona industriale con impianti, in precedenza di raffinazione, adesso di stoccaggio petrolifero, che comportano dei rischi per l’ambiente e per la salute. Napoli Est è una municipalità che, secondo studi condotti dal Comune di Napoli nel 2012, si trova al secondo posto per mortalità dovuta a malattie tumorali e in cui il senso di insofferenza della popolazione è elevato.
[6] V. Caruso, Territorio e deindustrializzazione. Gli anni settanta e le origini del declino economico di Napoli est, in «Meridiana», 96, 2019, pp. 209-230.
[7] E. Rea, La dismissione, Milano, Rizzoli, 2002.
[8] Durante gli anni Sessanta del secolo scorso, l’area industriale di San Giovanni occupava oltre 20 mila operai, con 230 stabilimenti. Il solo conservificio Cirio dava lavoro a 3 mila persone. Cfr. R. Carlini, Dalle conserve all’innovazione, il polo di San Giovanni a Teduccio guarda al dopo-Covid, in «la Repubblica», 10 agosto 2020.
[9] Gli interventi di riqualificazione urbana intrapresi nella città di Napoli hanno provato a cambiare i territori producendo impatti economici su aree dismesse, ad esempio l’area portuale, l’ex raffineria e le aree industriali-produttive di Napoli Est, le ex acciaierie di Napoli Ovest, le discariche di Bagnoli, Pisani o di Chiaiano. Cfr. A. Galderisi e A. Ceudech, Logistics in the Eastern Transformation Processes of Naples, in «Journal of Land Use, Mobility and Environment», 3, 2, 2010, pp. 73-84.
[10] A. Prezioso, NaplEST. Progetti di trasformazione del settore orientale di Napoli, in «ANCE – Rivista», 416, 2010.
[11] Gli altri progetti portati a termine sono i laboratori artistici del Teatro San Carlo, la valorizzazione del Museo Ferroviario di Pietrarsa e la trasformazione della ex fonderia Mecfond di Gianturco in centro commerciale. Cfr. Caruso, Territorio e deindustrializzazione, cit.
[12] M.I. Amirante, Effetto città stare vs transitare: la riqualificazione dell’area dismessa di Napoli est, Firenze, Alinea, 2009.
[13] Galderisi e Ceudech, Logistics in the Eastern Transformation Processes of Naples, cit.; Amirante, Effetto città stare vs transitare, cit.; G. Dispoto, La sostenibilità ambientale e le previsioni del nuovo piano regolatore generale: progetti e piani urbanistici attuativi nella zona orientale, in Amirante, Effetto città stare vs transitare, cit. Sulla valutazione economica dei processi di rigenerazione urbana, cfr. anche M. Florio, La valutazione degli investimenti pubblici. I progetti di sviluppo nell’Unione Europea e nell’esperienza internazionale, vol. 1, Principi e metodi di analisi, Milano, Franco Angeli, 2002, 2 voll.
[14] Sul punto, gli studi non conducono a conclusioni univoche. Cfr. G. Laino, Se tutto è gentrification, comprendiamo poco, 2016, https://www.casadellacultura.it/434/se-tutto-e-gentrification-comprendiamo-poco.
[15] L’intervento rientra in un protocollo di intesa stipulato sin dal 1998 tra il Ministero della Ricerca e dell’Università, dalla Regione Campania, dal Comune di Napoli e dall’Università di Napoli. In particolare, con il protocollo e i vari atti successivi, il Ministero e la Regione si impegnarono al finanziamento dell’opera, il Comune a realizzare le varianti urbanistiche e l’Università all’acquisto dell’area dal curatore fallimentare dell’ex Cirio. Informazioni basate su interviste semi-strutturate.
[16] Il progetto è realizzato dal gruppo guidato da Ishimoto Architectural & Engineering Firm nel 2007. Informazioni basate su interviste semi-strutturate.
[17] Il progetto esecutivo è stato curato dall’Ufficio Ripartizione Edilizia dell’Università degli Studi di Napoli «Federico II» con il coordinamento del prof. ing. E. Cosenza; capo progetto: arch. M.R. Vecchiarini; Consulenza per la progettazione tecnologica e ambientale: prof. arch. S. Russo Ermolli, prof. arch. M. Losasso, arch. L. Ambrosini (Dip. Architettura); Consulenza per la progettazione acustica: prof. ing. R.A. Romano (Dip. Ingegneria Industriale); Consulenza per la progettazione ICT: prof. ing. S. Avallone (Dip. Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione). Cfr. S. Russo Ermolli, La digitalizzazione dei flussi informativi per la fase operativa: il caso della Apple Developer Academy, in «Techné», 18, 2019, pp. 235-245.
[18] Gli ulteriori moduli in fase di ultimazione/costruzione formano un lotto autonomo e funzionale e costituiscono un’altra parte della superficie disponibile recentemente acquisita. Informazioni basate su interviste semi-strutturate.