Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c8
Sul piano valutativo, ciò significa ricostruire le interazioni produttive di scala micro-meso. L’idea dei percorsi dell’impatto sociale mostra molteplici punti di contatto con i disegni valutativi basati sulla teoria [44]
. Le motivazioni e i modi di
{p. 176}operare dei docenti e dei ricercatori nel campo delle scienze naturali e ingegneristiche ma anche delle scienze umane e sociali sottendono percorsi di impatto sociale compatibili con diverse catene di causazione, da verificare in relazione ai contesti e agli effetti osservati. La tradizione nord-americana della Program Evaluation può contribuire a circostanziare l’idea di impatto sociale mettendo a fuoco le dimensioni tecno-scientifiche, socioeconomiche e politico-organizzative delle collaborazioni – come ad esempio, la produttività, la mobilità e l’imprenditorialità del personale, la qualità della didattica, l’efficienza organizzativa e i ritorni degli investimenti in R&S. Decomporre le diverse anime dell’impatto sociale e ricomporle attraverso la verifica delle teorie del cambiamento che sostengono specifici percorsi di trasformazione sociale può essere una strategia valutativa da sperimentare anche nei sistemi istituzionali di verifica della ricerca e della terza missione dell’università a livello nazionale.

Lavoro e sviluppo regionale: oltre le valutazioni input-output

L’occupazione creata dall’ecosistema dell’innovazione, come emerge nell’analisi del caso, produce sviluppo e ricchezza sul territorio anche attraverso l’occupazione indiretta e indotta che le nuove posizioni hi-tech stimolano nei settori a minor valore aggiunto. I moltiplicatori regionali dell’occupazione in contesti periferici e con abbondanza di lavoro di bassa qualificazione inducono a un cauto ottimismo. La variabilità della domanda di competenze digitali da parte delle aziende e il loro grado di maturità tecnologica rivelano un’elevata eterogeneità delle imprese e dei sistemi territoriali che possono sensibilmente attenuare gli effetti occupazionali e gli incrementi attesi nella produttività. {p. 177}
Lo studio documenta una vivace capacità di innovazione a livello aziendale e porta a galla fenomeni di ibridazione tra innovazione di prodotto e di uso nonché la necessità da parte delle imprese di rafforzare le conoscenze interne ed esterne attraverso le collaborazioni con l’università [45]
. L’università può innescare meccanismi di apprendimento delle conoscenze esterne attraverso la formazione del personale, il networking, le partnership per la didattica e per la ricerca applicata, promuovendo l’assunzione dei tirocinanti e adattando le conoscenze tecno-scientifiche alle variabili esigenze di trasformazione digitale. Le imprese internalizzano le conoscenze esterne in base alle proprie capacità imprenditoriali che, a loro volta, risentono delle caratteristiche e dei vincoli esistenti nei sistemi produttivi regionali.
Nuove ricerche valutative sono necessarie al fine di esplorare la mobilità aziendale e regionale dei lavoratori della conoscenza, in relazione alle capacità di assorbimento delle imprese e alle dotazioni tecnologiche delle organizzazioni produttive e dei cluster territoriali, specialmente in presenza di bassi livelli di produttività e di interdipendenza. Nuove ricerche valutative sono, inoltre, necessarie al fine di indagare, dal punto di vista qualitativo oltre che quantitativo, il contributo dell’università allo sviluppo regionale. Occorre superare la logica delle analisi input-output, che tendono a trattare i singoli atenei e il sistema universitario nel suo complesso come contenitori vuoti ove immettere risorse e da cui attendersi risultati standard, in termini di laureati, ricercatori, brevetti, spin-off, start-up, posti di lavoro e nuove imprese sul territorio. {p. 178}

Politiche per l’innovazione e valutazione della terza missione

Un investimento ad alta intensità di conoscenza in un’area urbana periferica di una regione a medio reddito richiede l’impegno nella formazione tecnica, nell’attivazione dei giovani talenti e nella co-creazione della conoscenza attraverso l’azione di coordinamento, orientamento e assistenza a vantaggio delle imprese più fragili del territorio. Al fine di combattere la sottoutilizzazione delle persone e delle risorse produttive e distribuire più equamente lo sviluppo, una politica universitaria di promozione dell’innovazione richiede l’autonomia di affrontare le complessità dei contesti e dei mercati locali e globali [46]
.
Una politica di specializzazione intelligente pone all’attenzione dei decisori l’importanza delle misure attive del mercato del lavoro a garanzia di inclusione e sostenibilità sociale. Supporre che qualsiasi università possa svolgere il ruolo di ancoraggio dell’ecosistema per l’attivazione dei giovani e la creazione di posti di lavoro rischia di sottovalutare la pluralità delle funzioni svolte, specialmente nei contesti periferici [47]
.
In tal senso, la valutazione della politica per l’innovazione trainata dall’università indaga la natura, l’intensità delle collaborazioni università-imprese e le conseguenze delle interazioni produttive su scala variabile. Il repertorio dei disegni orientati alla teoria e sensibili ai principi della scienza della complessità può contribuire a esplorare incentivi, rischi e motivazioni che illuminano come, perché, per chi e in quali circostanze si produce innovazione. Anche l’analisi SROI può sostenere la valutazione dell’impatto sociale nella misura in cui il focus sulle variabili quantitative sia integrato dall’analisi delle dimensioni non quantificabili o stimabili {p. 179}in termini finanziari. Considerare rendimenti e costi degli investimenti incoraggia gli attori a includere punti di vista pratici nelle scelte che coinvolgono la ricerca, la didattica e la terza missione secondo una mentalità imprenditoriale incline a facilitare le «connessioni virtuose» tra accademia e industria [48]
.
Note
[44] Cfr. G. Ton e S. Vellema (a cura di), Theory-Based Evaluation of Inclusive Business Programmes, in «IDS Bulletin», 53, 1, 2022. Gli autori discutono delle esperienze di professionisti e accademici nella ricerca di modalità praticabili e creative per condurre valutazioni di impatto di programmi aziendali inclusivi nel campo dell’alimentazione e dell’agricoltura. I programmi aziendali inclusivi mirano a modificare le attuali pratiche commerciali delle PMI in modo che queste includano i piccoli proprietari come produttori o si rivolgano ai consumatori meno abbienti.
[45] S. Iammarino, A. Rodriguez-Pose e M. Storper, Regional Inequality in Europe: Evidence, Theory, and Policy Implications, in «Journal of Economic Geography», 19, 2019, pp. 273-298; OECD, Evaluation of the Academy for Smart Specialization. The Geography of Higher Education, Paris, 2020, https://www.oecd.org/cfe/smes/Evaluation_Academy_Smart_Specialisation.pdf?fbclid=IwAR0n5qfZhw_btf5ExQ4mN8XNPWhoLztDTIUHHv_pCaHDunSWuJ6M853lgFk; A. Rodríguez-Pose, The Revenge of the Places That Don’t Matter (and What to Do about It), in «Cambridge Journal of Regions, Economy and Society», 11, 2018, pp. 189-209; C.W. Wessner e T.R. Howell, Regional Renaissance. How New York’s Capital Region Became a Nanotechnology Powerhouse, Springer, 2020.
[46] Iammarino, Rodriguez-Pose e Storper, Regional Inequality in Europe, cit.
[47] P. Bennetworth (a cura di), Universities and Regional Economic Development. Engaging with the Periphery, London, Routledge, 2018; E. Uyarra, Conceptualizing the Regional Roles of Universities, Implications and Contradictions, in «European Planning Studies», 18, 8, 2010, pp. 1227-1246.
[48] L. Kunttu, H. Kalliomäki, S. Dan e J. Kuusisto, Developing Social Impact Evaluation Methods for Research: Viewpoints on Commercialization and Sustainability, in «Innovation Management Review», May 2021.