Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c2
Una libera iniziativa della scuola con attenzione alle «esigenze del contesto culturale e sociale» è lo stesso Regolamento dell’autonomia che lo prevede: «Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall’articolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni con le modalità di cui all’articolo 11» [20]
, ovvero iniziative finalizzate in particolare all’innovazione degli ordinamenti scolastici.
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La rigidità del sistema ha già portato molte istituzioni scolastiche, in particolare le più organizzate, a intraprendere in autonomia i percorsi più significativi e qualificanti per il proprio contesto. Le innovazioni organizzative e didattiche, le stesse «Avanguardie educative» [21]
non sono promosse da sperimentazioni ministeriali, eppure si stanno diffondendo su tutto il territorio nazionale.
Un modo di intendere l’autonomia che si sta facendo sistema. Un’intraprendenza nata liberamente nelle scuole, oramai diffusa e radicata, che non vede più il governo nel centralismo ministeriale, tetragono ai colpi di ventura [22]
, e nemmeno nell’autonomia funzionale decentrata che, di fatto, non ha mai visto un’effettiva realizzazione oltre alle incombenze burocratiche passate dal Ministero alle scuole. Un’intraprendenza con specifiche finalità e una propria organizzazione. In alcuni casi abbiamo protocolli di intesa, in altri casi convenzioni, in altri ancora statuti. A volte le scuole hanno costituito reti di scopo, altre volte hanno stretto associazioni, oppure si sono poste come centri di ricerca e formazione o addirittura sono entrate in cooperative o in fondazioni con il privato sociale. In definitiva si è diffuso un fenomeno nuovo e inatteso, generato dalla necessità di governare i cambiamenti attraverso processi di innovazione didattica e organizzativa. Una grande apertura, con una pluralità di definizioni e di configurazioni ma, purtroppo, senza le necessarie funzioni di gestione. Anzi, alcuni aspetti già previsti dallo stesso Regolamento e relativi all’autonomia didattica e organizzativa (artt. 4 e 5) sono comunque di difficile applicazione e altri ancora (come la gestione finanziaria, del personale o degli edifici scolastici) impli{p. 85}cano interessi troppo divergenti e confliggenti per essere introdotti. In definitiva, l’attuale autonomia scolastica è in buona parte irrealizzata ma comunque è inadeguata rispetto all’intraprendenza potenziale delle scuole.
b) Nel Meridione
Per il Meridione, la retorica dell’autonomia senza possibilità reali è una condanna, in particolare lo è per le scuole in contesti problematici, in quanto sono continuamente sollecitate a un compito ineludibile e nello stesso tempo impossibile: raggiungere i livelli essenziali dell’apprendimento. Al contrario sappiamo per certo che nelle comunità professionali una nuova progettualità, attraverso un’autonomia ampliata, moltiplicherebbe le risorse e soprattutto le energie.
Proprio nei contesti più problematici abbiamo bisogno di più autonomia, di una scuola libera e rinnovata che possa discostarsi da un servizio idealtipico nazionale che, di fatto, non corrisponde ai bisogni specifici dei territori e degli studenti. Ma, allo stesso tempo, proprio in questi contesti difficili, il più delle volte, diviene un problema creare le condizioni per valorizzare l’autonomia. Pertanto, si dovrebbe innanzitutto concordare su un principio: l’autonomia per la scuola, come per le persone, non è data ma deve essere una conquista. Se vuoi avere più autonomia devi dimostrare innanzitutto di avere alcune condizioni di base per realizzarla e competenze professionali per valorizzarla. Infatti, la vera autonomia non è determinata dalla norma, bensì da intraprendenza e responsabilità all’interno di un’organizzazione di persone che intenzionalmente si autodeterminano. E, siccome le persone competenti non sempre sono masochiste, bisognerà pensare anche a come promuoverle affinché investano anche in contesti non attrattivi. Con queste attenzioni possiamo pensare di uscire dalla retorica e intraprendere un percorso di autonomie differenziate. In particolare, abbiamo bisogno di maggiore autonomia legata alle risorse professionali ed economiche, agli ambienti di apprendimento e ai curricula. Sappiamo che un’autonomia su questi aspetti innesta processi di innovazio{p. 86}ne e miglioramento con ottimi risultati nell’offerta formativa e negli apprendimenti; così è stato, con una certa analogia, nelle esperienze delle charter school nel sistema scolastico degli Stati Uniti, che godono di un sistema particolare di autonomia, e nelle esperienze delle academies del Regno Unito, che usufruiscono di finanziamento pubblico, ma con autonomia su risorse economiche, professionali, programmi e organizzazione scolastica.
Una vera autonomia a supporto delle scuole determinerebbe un mutamento organizzativo e faciliterebbe il cambiamento attraverso una reale «identità culturale e progettuale» [23]
. Da notare che la legge 107/2015, all’articolo 1, comma 1, ovvero nei suoi principi generali, prevede un rafforzamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche anche al fine di «contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali».
Se sosteniamo la scuola come uno snodo fondamentale per contrastare le disuguaglianze socioculturali e territoriali e poi non la rinnoviamo, diciamolo da subito, siamo prossimi a un nuovo fallimento.
c) Per questi motivi
Si tratta di utilizzare passaggi inesplorati e inattuati del Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche. L’articolo 11 riporta:
Il Ministro della Pubblica Istruzione, anche su proposta del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (oggi Consiglio superiore della pubblica istruzione), del Servizio nazionale per la qualità dell’istruzione (oggi Sistema nazionale di valutazione) [...] promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni.
Inoltre l’articolo 12 riporta che i contenuti dell’autonomia «possono essere progressivamente modificati e ampliati dal {p. 87}Ministro della Pubblica Istruzione con successivi decreti». In sostanza ci sono tutte le premesse per arrivare a una «autonomia modificata e ampliata», in particolare:
autonomia didattica (possibilità di intervenire sul curricolo oltre la definizione ordinamentale);
autonomia organizzativa (possibilità di rivedere e ampliare l’orario scolastico e di promuovere progetti integrati con gli stakeholder):
autonomia contrattuale (possibilità di reclutare e di incentivare il personale);
autonomia finanziaria (possibilità di integrare le risorse con finanziamenti degli stakeholder);
autonomia gestionale (possibilità di gestire le strutture e lo stabile della scuola attraverso un lascito temporaneo).
Questi ampliamenti dell’autonomia possono essere a composizione variabile in relazione al progetto della scuola in quel contesto. Infatti l’autonomia, come dicevamo, parte dall’intraprendenza e pertanto necessita di almeno tre condizioni minime e necessarie:
1) il progetto della comunità professionale ed educante;
2) il partenariato con le risorse sociali ed economiche del territorio;
3) l’approvazione da parte del Ministero dell’Istruzione.
In sintesi, l’intraprendenza e le scelte responsabili sono della scuola, ma dentro una cornice comune a garanzia del servizio pubblico.
Dunque non stiamo fantasticando dell’ennesima «grande» riforma che stride con la realtà, bensì, in modo concreto, a una diversa idea di autonomia scolastica realizzabile da subito a normativa vigente.
Già oggi, oltre il Regolamento sull’autonomia scolastica, negli interstizi della normativa, abbiamo alcuni passaggi e strumenti applicativi, poco conosciuti e valorizzati, in quanto senza un quadro di riferimento sono potenzialmente sterili. Ad esempio, il decreto 129/2018 (Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 1, comma 143, della legge 13 luglio 2015, n. 107) prevede contributi da privati finalizzati a: innovazione tecnologica; edilizia sco{p. 88}lastica; ampliamento dell’offerta formativa extracurricolare. Sempre lo stesso Regolamento (art. 23, comma 1) prevede che il dirigente scolastico, nella relazione illustrativa allegata al Conto consuntivo, riporti in modo specifico le finalità e le voci di spesa cui sono stati destinati i fondi. Come si può notare c’è un’apertura della scuola agli stakeholder anche se limitata ad alcuni interventi e alle attività extracurriculari, quando ben sappiamo che i risultati scolastici provengono sostanzialmente dalle attività curriculari.
Una strada percorribile sono scuole con statuti speciali e con un’autonomia ampliata. In Italia abbiamo già delle scuole a statuto speciale, dunque è possibile, ma sono un numero ridotto [24]
mentre potrebbero essere un punto di riferimento facile da assumere e, con tutte le attenzioni e regolazioni necessarie, da diffondere nelle scuole con contesti svantaggiati.
Solo se percorriamo strade già tracciate, a normativa vigente, possiamo uscire dal gioco, perdente, di invocare l’intervento della politica per le grandi riforme, che poi non sono mai quelle auspicate.
d) Alcune consapevolezze
1. Le vere innovazioni non stanno nel chiuso della norma ma eventualmente la anticipano, in realtà oggi i processi di innovazione sono talmente veloci che ogni norma quando nasce è già inadeguata.
2. Dopo oltre vent’anni il regolamento sull’autonomia sta all’intraprendenza delle scuole come la norma sta all’innovazione, ovvero il cambiamento non sta nella normativa.
3. L’autonomia per la scuola, come per le persone, non è data ma deve essere conquistata.
4. Proprio nei contesti più svantaggiati abbiamo bisogno di più autonomia per corrispondere ai bisogni formativi ed educativi degli studenti con proposte innovative.
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Note
[20] Cfr. d.p.r. 275/1999, art. 6.
[21] Al momento in cui si scrive le scuole all’interno di Avanguardie educative sono 1.244. Le Avanguardie educative sono un movimento scolastico autonomo, supportato da Indire, che intende: «individuare, supportare, diffondere, portare a sistema pratiche e modelli educativi volti a ripensare l’organizzazione della didattica, del tempo e dello spazio del fare scuola in una società della conoscenza in continuo divenire». Vedi http://www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/.
[22] Si tratta del noto verso di Dante «Ben tetragono ai colpi di ventura» (Par. XVII, 24).
[23] Cfr. d.p.r. 275/1999, art. 3, comma 1, Piano dell’offerta formativa.
[24] Le scuole sperimentali in Italia sono tre: Città Pestalozzi di Firenze; Rinascita di Milano; Don Milani di Genova.