Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c2
Box 4.

Learning loss: nuove considerazioni

Nella definizione della situazione si è introdotta anche la pandemia da Covid-19. In questo caso la pandemia non è una percezione, bensì un dato di realtà ineludibile che ha provocato una crisi profonda in tutti gli ambienti e in particolare nella sanità, nell’economia, nel sociale e, anche se non sempre considerata con la necessaria attenzione, nell’istruzione. Non stiamo pensando solo al cosiddetto learning loss (perdita d’apprendimento) che, per curiosità, fino ad ora in letteratura era studiato come summer learning loss, ovvero come il naturale effetto estivo sugli apprendimenti, bensì alla vita scolastica intesa come presenza attiva nel processo di crescita della persona. Infatti la pandemia ha avuto un impatto su più aspetti, non sempre rilevabili e misurabili che, a differenza del virus, resteranno indelebili e insanabili.
Per quanto riguarda i dati rilevabili e misurabili, i risultati delle prove Invalsi 20211 ci hanno fornito una prima analisi della situazione, con profonde differenze tra i gradi scolastici, tra i territori e tra i contesti di provenienza degli studenti.
2019
2021
Italiano
35%
44%
Matematica
42%
51%
Inglese-reading
48%
51%
Inglese-listening
65%
63%
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico per il Rapporto 2019 e il Rapporto 2021.
 
Per quanto riguarda i gradi scolastici, in estrema sintesi, la scuola primaria riesce a mantenere livelli di risultato simili a quelli del 2019, mentre la scuola secondaria di primo grado mostra un calo rilevante dei risultati di italiano e matematica e gli esiti dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado sono ancora più negativi. La tabella riporta la percentuale di studenti che nel 2019 e nel 2021, al grado 13 della scuola secondaria di secondo grado, ovvero l’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, non raggiungono i traguardi di apprendimento previsti dopo tredici anni di scuola.
I risultati rilevati attraverso le prove standardizzate ci permettono di rilevare anche la dispersione scolastica implicita, in sostanza la quota di studenti che terminano la scuola senza possedere le competenze attese e, più che probabilmente, le competenze necessarie per esercitare una cittadinanza attiva e consapevole. Per la scuola secondaria di secondo grado, nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,0%; purtroppo la pandemia ha aggravato questo fenomeno e la percentuale ha raggiunto il 9,5% e, in alcune regioni del Mezzogiorno, ha superato ampiamente valori a due cifre (Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%)2.
È del tutto evidente che la causa di problemi così profondi non è del tutto riferibile a un fenomeno gravissimo, ma comunque temporaneo, come la pandemia e la conseguente didattica a distanza che, di fatto, ha aggravato e portato a evidenza pubblica una situazione già diffusa e radicata. Inoltre, anche se tutti nelle analisi riportano una situazione oramai difficilmente sostenibile per il Paese, pochi propongono interventi da intraprendere che, in realtà, con l’aumento dei divari e con il passare del tempo risultano sempre più complessi. Converrà almeno concordare che è necessario invertire la rotta, pur se risulta impossibile, considerato il gap, superare i divari. L’idea di una compensazione degli apprendimenti persi, o di un «ristoro formativo», per l’allineamento alla normalità, è un approccio metrico semplicistico e irrealistico, in quanto riduce la complessità a un aspetto che si pensa isolabile quando invece è organico e inscindibile dalla vita sociale e individuale. Pertanto il tema che intendiamo introdurre, coerente con l’approccio del testo, è l’impossibilità del compito compensativo3 che, pur se socialmente auspicabile e tecnicamente controllabile negli algoritmi dei computer, non può esserlo allo stesso tempo e allo stesso modo nella vita delle persone.
Questo non significa disinvestire anzi, per quanto ci riguarda, nel testo sosteniamo la necessità di investire in modo sempre più diffuso e mirato sugli apprendimenti per la formazione della persona, soprattutto nelle situazioni e nei contesti che presentano maggiore difficoltà. Ma la centralità della persona, considerata nella sua totalità, è per noi il principio di ogni argomentazione in quanto, come più volte ribadito, è la finalità della scuola. Infatti, l’essenza della vita scolastica, e per molti aspetti della vita sociale, è prima di tutto un’esperienza che appartiene alle persone.
Il termine [esperienza] viene usato per indicare che le caratteristiche scientificamente rilevanti di ogni ambiente, per lo sviluppo umano includono non solo le sue proprietà oggettive, ma anche il modo nel quale la persona che vive in quell’ambiente ha soggettivamente esperienza di queste proprietà [...] Pochissime delle influenze esterne che hanno effetti sul comportamento e sullo sviluppo umano possono essere descritte unicamente in termini di condizioni ed eventi fisici oggettivi4.
Pertanto l’intervento per la rimozione degli ostacoli e dei divari è un dovere ineludibile, sancito dalla stessa Costituzione, come abbiamo già sostenuto, ma è necessario considerare ogni situazione nella sua specificità e totalità. Solo con questo approccio scopriremo che gli effetti di una pandemia prolungata non sono comparabili al summer learning loss e, così come per il contesto di appartenenza, non sono cancellabili con un intervento compensativo.
In sintesi, se anche questo libro vedrà la luce in un momento in cui non ci sarà più la pandemia (speriamo), nulla sarà tornato come prima e, per quanti investimenti è doveroso mettere in campo, avremo comunque perso o guadagnato qualcosa che resterà nella memoria personale e collettiva, senza possibilità di risoluzione. Come avviene con un lutto, un terremoto, una guerra che non ci permettono di ritornare alla presunta normalità, anche nella crisi pandemica abbiamo chi perde tutto o poco, abbiamo anche chi ci guadagna, ma comunque non si tratta di riprendere o ripartire perché nulla si è fermato.
Una crisi ci costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte nuove o vecchie, purché scaturite da un esame diretto; e si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti, ossia pregiudizi, aggravando così la crisi e per di più rinunciando a vivere quell’esperienza della realtà, a utilizzare quell’occasione per riflettere, che la crisi stessa costituisce5.
Così, per quanto sia utile dimostrare che nelle scuole meridionali, e in particolare nelle scuole del Paese insediate in contesti sociali svantaggiati, il learning loss sia statisticamente maggiore, per quanto sia opportuno averne una misura al fine di valutare gli sviluppi nel tempo e ancor meglio al fine di mirare gli interventi, sarebbe altrettanto significativo tornare alle domande di fondo sulla scuola e alle risposte nuove a cui la crisi ci costringe. Questo testo nel suo sviluppo cerca le risposte alle domande fondamentali, analizzando tre sistemi, fra di loro interdipendenti, che vanno dal macro al micro6: l’ambiente di vita; la scuola; la persona.
1 Per il Rapporto Invalsi 2021, vedi https://invalsi-areaprove.cineca.it/.
2 Ibidem.
3 Vedi, nel capitolo primo, il paragrafo 2.2. Secondo inciampo. Il compito impossibile.
4 U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 5.
5 H. Arendt, Tra passato e futuro, Milano, Garzanti, 1991, p. 229.
6 Il riferimento è a Bronfenbrenner. Nell’ipotesi dell’autore, l’ambiente, il gruppo, lo sviluppo individuale e lo stesso apprendimento sono strettamente correlati e interdipendenti. Il sistema ecologico da lui delineato «è concepito come un insieme di strutture incluse l’una nell’altra». Cfr. U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano, cit., p. 31.

2. L’ambiente di vita

a) Analisi
L’istituzione scolastica [2]
, in questo momento, è in forte difficoltà in quanto i nuovi scenari sociali sono caratterizzati da molteplici cambiamenti e forti discontinuità rispetto al passato. Basti ricordare come l’apprendimento scolastico, a differenza di un passato ancora prossimo, è una delle tante esperienze di formazione degli studenti e i docenti non sono i riferimenti privilegiati, unici ed esclusivi depositari del sapere socialmente riconosciuto.
La società dell’informazione è attualmente testimone della più rapida crescita della conoscenza nella storia dell’umanità [...] Non sorprende che la crescita esponenziale di ciò che può essere trasmesso abbia causato una crisi più rilevante nel modo in cui concepiamo l’istruzione e organizziamo i sistemi educativi [3]
.
La pluralità e la diffusione delle informazioni, la frammentazione della conoscenza, il disorientamento a cui gli studenti sono quotidianamente sottoposti non porta, come alcuni sostengono, alla morte della scuola [4]
, bensì al suo rafforzamento. Infatti gli studenti e le famiglie chiedono proprio alla scuola di ricomporre il disorientamento. Anzi, nei contesti svantaggiati la scuola è l’unico ambiente curato in cui la frammentazione può essere ricomposta dentro un ordine di senso sia educativo (attraverso i valori di riferimento) sia formativo (attraverso l’epistemologia delle discipline che trasforma le informazioni in conoscenza). Al contrario i valori e la conoscenza nei contesti favorevoli sono parte integrante della formazione, che avviene con reciproci rinforzi attraverso «l’apprendimento formale» a scuola, «l’apprendimento non formale» nelle agenzie educative e culturali e «l’apprendimento informale» attraverso gli stimoli continui della famiglia e le proposte interne alla quotidianità.
Nulla di nuovo, infatti potremmo argomentare in modo ancor più efficace citando i ragazzi di Barbiana:
Nelle famiglie privilegiate sono quattordici ore di assistenza culturale di ogni genere. Per i contadini sono quattordici ore di solitudine e silenzio a diventare sempre più timidi. Per i figlioli degli operai sono quattordici ore alla scuola dei persuasori occulti. Specialmente le vacanze estive hanno l’aria di coincidere con precisi interessi. I figlioli dei ricchi vanno all’estero e imparano più che d’inverno. I poveri il primo ottobre hanno dimenticato anche quel poco che sapevano a giugno [5]
.
La scuola in alcuni contesti è l’unico ambiente di apprendimento. Prendiamo ad esempio l’uso di un device mobile come lo smartphone da cui tutti gli studenti in qualunque contesto, favorevole o non favorevole, partono senza particolari divari. Il problema non sta nell’uso degli strumenti, su cui gli studenti sono allineati, bensì sul discernimento, sulla selezione e comprensione delle innumerevoli infor{p. 76}mazioni a disposizione. È indubbio che la disponibilità e l’accessibilità delle informazioni riguardano prioritariamente i fornitori, mentre è indiscutibile che la selezione, l’utilizzo e soprattutto la loro comprensione investono l’ambiente di vita e la scuola.
Più è alta la frammentazione, e a volte la contrapposizione, fra scuola e ambiente di vita, più è impegnativo e complesso il compito di impostare un percorso formativo ed educativo. Inoltre l’idea di un’istruzione scolastica strettamente legata all’epistemologia delle discipline e di un’educazione familiare fortemente indirizzata verso i valori è tanto insostenibile quanto impraticabile, sia perché le conoscenze oggi non sono più riconducibili esclusivamente alle mura scolastiche sia perché i valori non sono estranei alle conoscenze. Questo, per la scuola, non significa assumere tutte le richieste che investono gli aspetti più disparati della vita degli studenti, bensì assumersi la responsabilità delle scelte del progetto formativo ed educativo della persona. D’altra parte, dobbiamo ricordare che l’ambiente di vita con le sue risorse e la famiglia con le sue aspettative connotano fortemente gli esiti formativi ed educativi degli studenti. Proprio per questi motivi la scuola, se lasciata da sola, non potrà mai migliorare i risultati in quanto essi non dipendono esclusivamente dalla sua azione [6]
.
b) Nel Meridione
I risultati portano a una contraddizione che dobbiamo assumere e risolvere. Intendiamo evidenziare che per raggiungere alcuni risultati minimi e favorire il successo formativo, in particolare negli ambienti di vita deprivati delle risorse socioeconomiche e caratterizzati da una forte presenza di devianza sociale in cui molte scuole al Sud sono insediate, avremmo bisogno della collaborazione di tutti gli ambienti {p. 77}di apprendimento mentre la scuola, il più delle volte, di fatto è sola. All’opposto negli ambienti favorevoli lo studente ha un surplus di stimoli e di opportunità fra di loro coerenti e integrati. La stessa scuola insediata in contesti sfavorevoli parte con un forte svantaggio e non può contare su alcun apporto. A dimostrazione basterebbe portare in evidenza la discontinuità dei docenti e/o dei dirigenti, altissima nelle scuole collocate in ambienti sfavorevoli e bassa negli ambienti favorevoli. Non vi è dubbio che tutti ambiscano a lavorare in ambienti favorevoli, non vi è dubbio che lo Stato dovrebbe favorire la presenza in ambienti sfavorevoli delle migliori professionalità ma, di fatto, questo non avviene. In questi casi i problemi vengono moltiplicati in quanto all’ambiente di vita si assommano i problemi dell’ambiente scolastico che, in buona parte, sono un derivato del primo ambiente. I risultati degli studenti in contesti svantaggiati non sono comparabili ai risultati in contesti avvantaggiati e pertanto si cercano comparazioni con scuole in contesti simili, con una certa forzatura in quanto i contesti di vita non sono mai simili. Inoltre, se chiediamo alle scienze dure di venirci incontro, individuando un indice di stato socioeconomico che possa far corrispondere i contesti, queste ci propongono quattro livelli: basso, medio basso, medio alto, alto [7]
. Ovviamente questa è già una differenziazione, anche se possiamo convenire che dinanzi alla molteplicità dei contesti sociali è una notevole riduzione della complessità. Per correttezza dobbiamo poi riportare che non stiamo considerando la variabile scuola. Infatti mentre sosteniamo la molteplicità del sociale, in parallelo dovremmo fare la stessa operazione con la scuola, invece di considerarla un monolite uguale in tutti i contesti. E così potremmo continuare con altre variabili, fra cui i docenti, prima richiamati, che sono da considerare determinanti rispetto ai risultati. In sostanza vogliamo sostenere che l’analisi e l’interpretazione delle {p. 78}complessità, extra moenia e intra moenia, che determinano i risultati scolastici, fatte con i numeri hanno un loro valore e molti limiti. Questo, in realtà, vale per qualunque situazione sociale, ma ancor più per la scuola e soprattutto per la scuola meridionale insediata in quei particolari contesti che i numeri non riescono a comprendere.
c) Per questi motivi
Le difficoltà insite nei tentativi di rilevazione dell’ambiente di vita e, in molti casi, la mancata corrispondenza fra le interpretazioni artificiali del centro e il vissuto quotidiano delle persone nei contesti reali determina inevitabilmente fenomeni di arroccamento difensivo. Ora, per quanto possiamo chiedere ai numeri, sappiamo bene che la realtà, soprattutto in situazioni devianti dalla normalità, sarà sempre più complessa. Questa consapevolezza non deve portarci allo smarrimento del cammino intrapreso bensì a una maggiore attenzione e a un’analisi sempre più raffinata, altrimenti dovremmo sostenere il paradosso che l’unica interpretazione possibile dell’ambiente di vita appartiene solo a chi vive lo stesso ambiente. Pertanto, nel momento stesso in cui chiediamo alle scienze dure di applicarsi con maggiore attenzione dobbiamo comunque intraprendere in parallelo un percorso di ascolto delle persone all’interno dei propri contesti. Per questi motivi non possiamo affidarci solo all’egemonia odierna di una valutazione fredda fatta di numeri e dati, ma abbiamo bisogno di far sentire alle persone che lavorano in ambienti difficili un approccio caldo, di ascolto, di dialogo, di sostegno, tipico di una scuola mediterranea.
Le scuole in contesti problematici, a partire dal Meridione, oltre a essere ascoltate devono essere sostenute nella loro missione con un piano specifico [8]
che permetta loro di gestire, con responsabilità, proprio quegli aspetti che sfuggono ai numeri ma che determinano il miglioramento. Ovvero dobbiamo creare le condizioni affinché queste
{p. 79}scuole possano «rimuovere gli ostacoli che impediscono l’uguaglianza» [9]
e compensare almeno in parte le carenze del contesto con professionalità competenti e motivate, offerte formative mirate e qualificate, ambienti di apprendimento ricchi e stimolanti, in sostanza una scuola piena di bellezza come dovrebbe essere ogni realtà educativa e ancor più una scuola mediterranea.
Note
[2] Le analisi che seguono sono in parte riprese da un contributo dell’autore: Le «non cognitive skills» nella scuola, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di), Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni, valori, Bologna, Il Mulino, 2021.
[3] L. Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, Raffaello Cortina, 2017, p. 92.
[4] N. Bottani, Requiem per la scuola?, Bologna, Il Mulino, 2013.
[5] L. Milani e Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1996.
[6] Per approfondimenti vedi M. Rossi-Doria (a cura di), Genitori e insegnanti, Roma, Astrolabio, 2018: «La scuola cambia per misurarsi con un mondo molto più variegato, multietnico, dove la domanda “cosa e come insegnare” non trova più risposte condivise».
[7] ESCS è la denominazione internazionale dell’indicatore dello status socioeconomico-culturale dello studente. Vedi approfondimento nel box 1 Il peso del contesto all’interno del paragrafo Gli inciampi sulla scuola del Mezzogiorno.
[8] Vedi par. 3.1, Un’autonomia modificata e ampliata.
[9] Costituzione, art. 3: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».