Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c2
2. Non vi è responsabilità senza autonomia, maggiore è l’autonomia delle scelte e maggiore è la responsabilità dei risultati.
{p. 94}
3. La sola responsabilità dei risultati senza la responsabilità delle scelte non promuove il miglioramento bensì il controllo.
4. A garanzia della qualità del servizio pubblico abbiamo bisogno di un quadro comune di riferimento e di un solido Sistema nazionale di valutazione.

4. Le competenze per la persona

a) Analisi
«Non scholae, sed vitae» è l’iscrizione che troviamo all’ingresso di molte scuole, nei loro loghi o, come oggi va per la maggiore, nel motto che indica la «visione». L’espressione è l’abbreviazione di una citazione di Seneca: «Non scholae sed vitae discimus» («non impariamo per la scuola ma per la vita»). Siccome siamo interessati alla «definizione della situazione» e alla conseguente narrazione, crediamo sia significativo riportare che la vera citazione di Seneca diceva l’inverso: «Non vitae, sed scholae discimus» [30]
. A questo punto, se a qualcuno è venuta la curiosità di conoscere cosa effettivamente abbia detto Seneca, riportiamo la traduzione del passaggio citato all’interno dell’Epistola n. 106 a Lucilio:
L’ingegnosità si consuma in questioni superflue e che non rendono virtuosi, ma eruditi. La saggezza è più accessibile, anzi, più semplice: per avere una mente disposta al bene non occorre molta dottrina. Noi, invece, come sperperiamo tutto il resto per fini inutili, così ci comportiamo con la filosofia. Soffriamo per i nostri eccessi letterari come in ogni altro campo: non per la vita impariamo, ma per la scuola.
Potremmo definire questo un esempio da manuale, in quanto abbiamo una modificazione delle affermazioni interne a un documento storico, oramai relegato a oggetto di studio per pochi, mentre per molti si è accreditata la trasformazione della citazione per corrispondere alla rappresentazione della realtà che si intende avvalorare.{p. 95}
A questo punto, non importa cosa abbia detto effettivamente Seneca, in quanto il messaggio accreditato all’interno della semantica sociale è: la scuola finalizzata alla vita. Così è avvenuto per la trasformazione dell’auctoritas Seneca e, nel nostro piccolo, per la narrativa intorno alla scuola meridionale.
In realtà «il caso Seneca» a noi interessa in quanto dalla citazione riportata si può notare che il vero tema dell’Epistola non riguarda la scuola bensì la ricerca della saggezza. L’apprendimento non è per la scuola e nemmeno per la vita, ma per la saggezza della persona a cui «non occorre molta dottrina» o «questioni superflue».
Questa è anche la nostra tesi: le competenze non sono per la scuola, non sono per la vita, non sono per il lavoro, non sono per la salute, ma sono per la persona. Al contrario, l’enfasi odierna sulle competenze è per lo sviluppo dell’economia, per la salvaguardia della salute, per i risultati della scuola da comparare fra i diversi paesi che hanno programmi e ordinamenti diversi. Finalità encomiabili ma che spostano l’attenzione dalla persona alle funzioni sociali. A solo titolo esemplificativo, se passiamo in rassegna le diverse enunciazioni delle competenze che si sono susseguite negli anni, possiamo facilmente verificare che riportano la preposizione per, che in grammatica collega due elementi della stessa frase e, per quanto ci riguarda, collega le competenze a uno scopo:
– le competenze per il lavoro [31]
;
– le competenze per la vita [32]
;
– le competenze per l’apprendimento permanente [33]
;{p. 96}
– le competenze trasversali per l’orientamento [34]
.
Siccome la finalità della scuola è lo sviluppo integrale e armonico della persona [35]
, le competenze sono per la persona.
Non vi è contrapposizione fra persona e ambiente di vita purché la persona abbia il primato. Infatti promuovendo la formazione delle competenze a partire dalla persona si costruiscono le migliori competenze per il lavoro e in definitiva per il Paese. Se poi a qualcuno sembra che tali argomentazioni siano semplicemente speculative basterà pensare alla differenza che passa fra un processo di insegnamento aperto ai bisogni della persona o condizionato dai bisogni economici.
Gli economisti si sono interessati della scuola come volano per il capitale umano [36]
e per il capitale sociale ed economico. L’espressione «capitale umano» in letteratura indica l’insieme di conoscenze, capacità, competenze professionali e relazionali possedute in genere dall’individuo, acquisite dapprima mediante l’istruzione scolastica e a seguito attraverso l’esperienza nel lavoro. Le componenti del capitale umano determinano la qualità della prestazione erogata, {p. 97}concorrendo ad aumentare la produttività e i risultati [37]
. Tant’è che il capitale umano è considerato un patrimonio per la singola impresa e per l’economia del Paese in generale.
Da notare che, già nel 1776, il famoso filosofo ed economista scozzese, Adam Smith, considerato il padre della scienza economica, incluse il valore delle abilità nella definizione di capitale, affermando che «l’abilità acquisita di un lavoratore può essere considerata alla stessa luce di una macchina o di uno strumento utilizzato per il commercio che facilita e riduce il lavoro e che, sebbene costi una certa spesa, ripaga tale spesa con un profitto» [38]
.
Un’affermazione figlia della prima industrializzazione, che considerava il lavoratore alla stregua di una macchina. Oggi tale affermazione è inaccettabile, ma è significativa nel momento in cui evidenzia che l’analisi economica, già nel suo nascere, considerava la spesa per le abilità del lavoratore un buon investimento. Attualmente le analisi sono molto più sofisticate. Heckman [39]
, premio Nobel per l’Economia, con i suoi studi ha messo in luce il nesso tra abilità cognitive e un insieme di altre caratteristiche globalmente definite come abilità non cognitive (non cognitive skills) [40]
. Queste ultime, nel tempo, saranno le competenze che caratterizzeranno la vita delle persone e faranno la differenza nel successo professionale. Un approccio, per quanto affascinante, ancora improntato dall’economia, che intende promuovere le competenze delle persone per rispondere alle necessità del mercato del lavoro, anche se apre uno scenario inedito e interessante per la scuola.{p. 98}
Infatti, le non cognitive skills partono dalle competenze disciplinari che sono, e restano, la base di riferimento per i processi di insegnamento e apprendimento a scuola, per aprirsi ad altre competenze per la vita. Dobbiamo solo constatare, con amarezza, che questo tema – come anticipato sopra – da anni è presente nella scuola con le competenze per il lavoro (ISFOL 1993); le competenze per la vita (OMS 1993); le competenze chiave per l’apprendimento permanente (UE 2006); le competenze chiave di cittadinanza (Ministero Istruzione 2010); i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (Ministero Istruzione 2018); le competenze di educazione civica (Ministero Istruzione 2019), eppure inizia a prendere consistenza solo nel momento in cui gli economisti e gli organismi economici internazionali intraprendono studi e possibili rilevazioni sulle cosiddette non cognitive skills. A tale riguardo, nel 2015 il World Economic Forum ha pubblicato New Vision Education con lo scopo di definire le competenze essenziali del XXI secolo, fra cui la comunicazione, la creatività, la persistenza e la collaborazione [41]
. La stessa Organization for Economic Co-operation and Development (Ocse) ha intrapreso un percorso per lo studio e la rilevazione delle Social and Emotional Skills [42]
accanto alla storica rilevazione PISA [43]
.
Per quanto l’attenzione alla globalità della persona sia da sempre presente nell’approccio etico sociale conosciuto come «personalismo» e nell’«umanesimo pedagogico» che ha avuto risonanza mondiale con la scuola di Montessori, fino alla missione di don Milani a Barbiana, di fatto è l’economia a fare da veicolo per le innovazioni nella scuola. Prima o poi dovremo fermarci a riflettere su una domanda: come mai
{p. 99}nella «roccaforte della pedagogia centrata sulla persona» [44]
gli studi più approfonditi e gli scenari più solidi per la riforma della scuola sono realizzati da economisti? [45]
Resta il fatto che la scuola di domani sarà chiamata a promuovere strategie di apprendimento efficaci con alla base solide competenze cognitive, supportate da nuove competenze non cognitive.
Note
[30] «Non impariamo per la vita ma per la scuola»: Lettere a Lucilio, libri diciassettesimo-diciottesimo, 106, 12.
[31] ISFOL (1993 e 1998). Le competenze sono: diagnosticare le caratteristiche dell’ambiente e del compito; relazionarsi, mettersi in relazione adeguata con l’ambiente; affrontare, fronteggiare, predisporsi ad affrontare l’ambiente e il compito.
[32] OMS (1993). Le competenze per la vita (life skills) sono: consapevolezza di sé; gestione delle emozioni; gestione dello stress; comunicazione efficace; relazioni efficaci; empatia; pensiero creativo; pensiero critico; prendere decisioni; risolvere problemi.
[33] UE (2006). La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 individua otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, finalizzate all’acquisizione di conoscenze che permangono nel tempo e che sono necessarie a ogni cittadino per riuscire a inserirsi con successo all’interno dell’ambito sociale e lavorativo. Esse sono: comunicazione nella madrelingua; comunicazione nelle lingue straniere; competenza matematica e competenze di base in scienze e tecnologia; competenza digitale; imparare a imparare; competenza sociale e civica; spirito d’iniziativa e imprenditorialità; consapevolezza ed espressione culturale. Queste competenze verranno poi aggiornate con la Raccomandazione del Consiglio UE del 22 maggio 2018 relativa a Competenze chiave per l’apprendimento permanente.
[34] Con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, all’art. 1, comma 785, sono introdotti i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO); con il d.m. 774 del 4 settembre 2019 sono definite le Linee guida in merito ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
[35] «Nella consapevolezza della relazione che unisce cultura, scuola e persona, la finalità generale della scuola è lo sviluppo armonico e integrale della persona». Vedi Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, cit., p. 13.
[36] Cfr. P. Cipollone e P. Sestito, Il capitale umano, Bologna, Il Mulino, 2010; I. Visco, Investire in conoscenza, Bologna, Il Mulino, 2009; G. Vittadini, Capitale umano, Milano, Guerini e Associati, 2004.
[37] Cfr. Treccani, Dizionario di economia e finanza, voce Capitale umano, Roma, 2012.
[38] A. Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Edinburgh, 1776. Vedi T. Agasisti, L. Ribolzi e G. Vittadini, Definire e misurare il capitale umano: un tentativo di sintesi, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di), Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni, valori, cit.
[39] J.J. Heckman e T. Kautz, Formazione e valutazione del capitale umano, cit.
[40] Vedi il Caso di studio n. 2: La disconnessione fra «cognitive skills» e «non cognitive skills».
[42] O.P. John e F. De Fruit, Social and Emotional Skills Framework for the Longitudinal Study of Skills Development in Cities, Paris, Oecd, 2015.
[43] Programme for International Student Assessment, meglio noto con l’acronimo PISA, è un’indagine internazionale promossa dall’Ocse nata con lo scopo di valutare con periodicità triennale il livello di istruzione dei principali paesi industrializzati. L’indagine riguarda le competenze in madre lingua, matematica e scienze dei quindicenni.
[44] «Queste spinte hanno egemonizzato anche in Italia – pure storicamente una delle roccaforti della pedagogia centrata sulla persona – gli scenari scolastici degli ultimi decenni. Il movimento ispirato al principio dell’efficacia scolastica (school effectiveness) che si è sviluppato specialmente nei paesi anglosassoni dopo gli anni Settanta intorno all’intersezione di comportamentismo/costruttivismo e pratiche manageriali costituisce il tentativo in larga parte riuscito di creare un modello scolastico basato – detto un po’ schematicamente – su efficienza organizzativa e performance di apprendimento, l’una e le altre sottoposte alla vigilanza di rigorose e sofisticate prassi valutative», G. Chiosso e O. Grassi, Oltre l’egemonia del cognitivo, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di), Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni, valori, cit., p. 37.
[45] A tale riguardo lo studio su basi scientifiche che ha avuto maggior impatto nelle riforme degli ultimi anni è, probabilmente, il Quaderno bianco sulla scuola, promosso ed edito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero della Pubblica Istruzione nel settembre 2007. L’analisi è statistico-economica e gli estensori sono economisti.