Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c5

Capitolo quinto La scuola Camelia: equilibri imperfetti

Notizie Autori
Giulia Maria Cavaletto insegna Metodologia della ricerca sociale nell’Università di Padova e Sociologia dell’educazione nell’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni recenti: Emerging Platform Education? What Are the Implications of Education Processes’ Digitization? (2020), Overcoming the STEM Gender Gap. From School to Work (2020), Democrazia. Le sfide del presente tra rappresentanza e partecipazione (2020).
Abstract
Ultimo istituto preso in esame è la scuola Camelia, situata in una circoscrizione popolata principalmente dal ceto medio e caratterizzata da una media presenza di stranieri e un livello di istruzione che si attesta anch’esso ad un livello medio-basso. Anche qui si procede considerano anzitutto le caratteristiche della scuola, quali in questo caso un’autonomia più ampia delle figure educative e relazioni con le famiglie mediamente soddisfacenti. Si procede poi alla lettura delle risposte date nei questionari, dove è possibile delineare un quadro relativo alle percezioni degli studenti in merito alla quotidianità scolastica e domestica, al rapporto instaurato con gli insegnanti e con gli altri compagni e alla didattica a distanza. Sulla base di queste osservazioni si riflette, infine, sui modi in cui le competenze socio-emotive siano state effettivamente sviluppate o meno, sia da parte degli alunni che da parte degli insegnanti.

1. La scuola e il suo territorio

La scuola è collocata all’interno della Circoscrizione 3 della città di Torino, caratterizzata da un profilo socio-demografico di piccolo ceto medio, dipendente e autonomo, e classi operaie. Fanno parte della Circoscrizione i quartieri Cit Turin, Borgo San Paolo, Borgata Lesna, Cenisia e Pozzo Strada. I residenti nel territorio presentano titoli di studio medi e bassi, la presenza degli stranieri si attesta su valori medi rispetto alla città ma le etnie presenti (prevalentemente provenienti da Romania, Albania, Est Europa, Cina; in misura minore etnie africane) sono ben insediate e integrate nel territorio e si caratterizzano per progetti migratori stabilizzati. Tuttavia, la presenza di oltre il 30% di alunni stranieri rende impegnativo il percorso didattico ed educativo. Sono anche presenti famiglie in condizioni di fragilità, assistite dai Servizi sociali territoriali. C’è una piccola quota di residenti che appartiene a classi medio-alte, residenti al confine del quartiere con altre porzioni di città (il quartiere Crocetta in cui ha sede il Politecnico). La storia del quartiere ha visto un’evoluzione significativa nelle caratteristiche dei suoi residenti e nella sua vocazione economica: dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta fu tra i quartieri operai, con una forte identità e un chiaro riconoscimento da parte del resto della città. Poi l’avvio delle migrazioni e il progressivo insediarsi di etnie di «altrove».
La scuola fa parte di un Istituto Comprensivo, cui appartengono una scuola dell’infanzia, due primarie e due medie inferiori. Nel 2020, in vista dell’anno scolastico 2020-2021 c’è stato un ulteriore accorpamento di un’ulteriore scuola {p. 164}primaria, che ha ingrandito ulteriormente le dimensioni, già molto ampie, della scuola. Le classi quinte della primaria Camelia sono 4, tutte hanno risposto al questionario e due hanno aderito alla fase della ricerca che prevedeva l’osservazione in aula. La numerosità delle etnie (nella scuola se ne contano complessivamente 25 circa) crea problemi di continuo adattamento e decodifica tra culture: non soltanto c’è il problema dell’accoglienza e integrazione (e delle relative misure didattiche, come le attività di L2, per incrementare le possibilità di apprendimento e di integrazione) da parte della scuola, ma anche l’onere per la scuola stessa di farsi mediatrice e interprete tra culture diverse. Purtroppo al riguardo, la scuola dispone di risorse limitate e comunque inadeguate a far fronte alla complessità della sua utenza e dei relativi bisogni; a parte l’adesione al PON, tutte le altre attività sono realizzate per iniziativa da parte delle docenti di classe, che hanno pieno mandato autonomo in tal senso, in relazione al profilo dei propri alunni. Tuttavia, in assenza di risorse finanziarie dell’istituto e delle famiglie, la strada prediletta dalla scuola è quella dell’adesione a proposte formative ed educative gratuite (dal Catalogo di ITER, Istituzione Torinese per l’Educazione Responsabile, alle offerte di associazioni, ASL, altri enti pubblici del territorio). I progetti investono sempre tutte le classi, non c’è una sezione che sia densa di attività e una invece completamente priva, in sostanza si può dire che l’intera scuola abbia adottato una filosofia inclusiva che tenta di offrire le stesse opportunità a tutti i suoi studenti.
La scuola ha una dirigente di lungo corso che ha conoscenza approfondita della scuola e dei suoi bisogni. Tra le insegnanti c’è un limitato turnover, comunque in media con l’andamento dei trasferimenti tra IC della città. Il rapporto tra dirigente e docenti è fondato sulla delega fiduciaria: ci sono alcune linee guida da parte della dirigenza, condivise a inizio anno e in alcuni momenti specifici (salvo situazioni che richiedano un intervento ad hoc o emergenziali); da quel momento le attività vengono programmate e gestite in autonomia dalle insegnanti, sia all’interno dell’interclasse delle quinte, sia all’interno della singola classe.{p. 165}
La scuola non gode, a detta delle insegnanti, di una buona reputazione, a causa soprattutto dalla forte presenza di alunni stranieri, benché la loro presenza non produca rallentamenti nel programma o problemi di integrazione. La quota di alunni stranieri si attesta intorno al 30%, moltissimi di prima generazione e anche numerosi non parlanti, spesso esito di ricongiungimento con i familiari. Molti sono di seconda generazione senza nessun tipo di problema né linguistico né di integrazione. Questa forte concentrazione di stranieri scoraggia l’iscrizione da parte delle famiglie italiane del territorio, in particolar modo se esse dispongono di medie risorse sul piano culturale ed economico.
Questo nasce come quartiere operaio anche con una forte identità in questo senso, oggi è anche molto popolato di stranieri, con il tempo è cambiata la composizione demografica. Raccoglie famiglie anche di livello medio-alto per la vicinanza al Politecnico e a una parte del quartiere Crocetta, ma con prezzi delle abitazioni meno elevati e quindi più accessibili, ma anche un po’ più deprivata per la prossimità con l’area del quartiere S. Paolo, che è sempre stato un quartiere operaio per eccellenza. Circa il 30% dei nostri alunni sono stranieri, è una scuola molto radicata sul territorio, collabora con la circoscrizione e le famiglie mediamente sono collaborative sotto questo aspetto, nel senso che partecipano alle iniziative che noi proponiamo. C’è anche un elemento generazionale, per esempio abbiamo numerosi casi di genitori che abitavano già qui nel quartiere quando erano bambini e sono venuti a scuola qui, e ora ci mandano i loro figli, poi purtroppo la reputazione è che ci siano troppi stranieri, per cui ci sono alcune fughe verso la Crocetta e quindi la scuola non ha un potere attrattivo per allievi da fuori quartiere, almeno non italiani e di certe classi sociali. Nel passaggio dalla materna alla primaria si cercano di fare azioni di supporto per le famiglie cercando di favorire la conoscenza e l’integrazione come risorsa. I giochi matematici della Bocconi per esempio sono stati vinti da bambini stranieri, un marocchino al primo posto, che adesso è al Galileo Ferraris e anche lì va benissimo, ha voti eccellenti. L’immagine mediatica è un’altra, queste cose non si dicono mai. Quindi il nostro impegno è anche cercare di accompagnare le famiglie, oltre ai bambini, in questo percorso di integrazione e scoperta in positivo della diversità (Intervista alla dirigente scolastica, aprile 2019).{p. 166}
La scelta di exit attuata da parte dei residenti rispetto alla scuola del territorio produce una concentrazione di situazioni di difficoltà e svantaggio, che richiedono una notevole capacità di ascolto, dialogo e intervento da parte della scuola e dei suoi insegnanti. Non è da confondere tuttavia una condizione di svantaggio socio-culturale con una relazione problematica con la scuola: indipendentemente dalle loro caratteristiche ascritte, le famiglie intrattengono una discreta relazione con gli insegnanti e spaziano dalla relazione cooperativa e fondata sulla fiducia al completo disinteresse e distacco, causato prevalentemente da un’inadeguatezza nelle risorse culturali minime per dialogare con l’istituzione scolastica da cui si genera una delega completa alla scuola, eliminando in tal modo del tutto il problema della costruzione di un rapporto tra agenzie di socializzazione. La relazione con le famiglie è dunque uno degli elementi meritevoli di attenzione e per certi versi costituisce anche un fattore di criticità:
[...] mi parla della consegna delle pagelle che è avvenuta la scorsa settimana. Alcune famiglie non si sono nemmeno presentate nei giorni che erano stati indicati sul diario dei bambini e sul registro elettronico almeno 10 giorni prima. La mancanza di partecipazione dei genitori è grave in sé ma è anche un segnale molto negativo verso il bambino che recepisce un messaggio di disinteresse da parte della famiglia nei suoi riguardi. [...] mi dice che in generale le famiglie qui sono abbastanza rispettose e collaborative, stimano le insegnanti, però non mancano casi di chi invece è saccente e poco collaborativo con la scuola (da Note etnografiche scuola Ginestra, pp. 23-24).
L’alleanza educativa non c’è per nulla, lo dicono alcuni ma poi nei comportamenti la sconfessano. Una vera collaborazione con la scuola non c’è. Qui competizione non c’è, il rapporto è abbastanza equilibrato. Per la maggior parte dei genitori non c’è tanto interesse o non c’è interesse adeguato. Però non si accetta il rimprovero per esempio sulle regole e sulla condotta, che sono davvero il punto dolente del rapporto con le famiglie. La mancanza di regole e la scuola non come autorevole determinano la situazione attuale (Intervista alla dirigente, pp. 5-6).{p. 167}
Le trasformazioni sociali e culturali del tessuto dei residenti, e la conseguente svalutazione della scuola sul territorio, di cui si è detto poc’anzi, hanno contribuito a polarizzare gli insegnanti su due gruppi: coloro che mantengono alta la motivazione e l’impegno (coloro che interpretano il ruolo di insegnanti come una missione), e coloro che sono diventati semplici esecutori di un programma curricolare (coloro che sono divenuti burocrati). Anche questi aspetti saranno messi a fuoco in modo più dettagliato nelle pagine che seguono.

2. I bambini, la loro scuola, il loro tempo

Le classi che hanno partecipato al questionario sono quattro, e attraverso di esso sono state raccolte le risposte di 61 alunni, di cui 27 maschi e 34 femmine. L’82% dei bambini dichiara di essere nato in Italia, i restanti in altri paesi prevalentemente del Sud America e del Sud-est asiatico. Il quartiere è infatti densamente popolato di stranieri ma con scarse presenze africane, prevalgono cinesi, peruviani, brasiliani e romeni. Le famiglie risiedono prevalentemente nel quartiere in cui ha sede la scuola, con qualche provenienza da fuori quartiere per esigenze connesse all’occupazione dei genitori (questo è quanto riferito dalle insegnanti). I bambini che hanno frequentato la scuola primaria per cinque anni nella stessa scuola sono il 67,2%, l’11,5% sono in questa scuola da un anno o meno, il 6,6% da due anni, il 9,8% da tre, il 4,9% da quattro. Questo andamento indica che nelle classi c’è un avvicendamento non trascurabile dei componenti: arrivi e partenze (spesso per motivi migratori e occupazionali delle famiglie) condizionano sia l’operato delle insegnanti sia il clima di classe e le relazioni tra bambini. Un nuovo arrivo o una partenza nel corso dell’anno, o più di una, causano sempre un momento di instabilità all’interno della classe: nel caso degli arrivi si lavora nell’ottica sia dell’integrazione, sia dell’allineamento curricolare; nel caso delle partenze si rimodulano alcune relazioni tra pari e si elabora la perdita di un componente di un gruppo.
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