Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c8
L’aspetto organizzativo si è rivelato cruciale in tempi di emergenza sanitaria. In questo specifico frangente infatti gli aspetti organizzativi si sono declinati a tre livelli: in primo luogo si sono strutturati a livello centrale, ossia nella cabina di regia presieduta dal dirigente scolastico (a sua volta in collegamento con l’Ufficio scolastico regionale e provinciale). In questa sede si è trattato di pianificare la didattica in tempi di distanziamento sociale. Hanno fatto parte di questa
{p. 288}cabina di regia quindi sia le figure strumentali di ogni singolo plesso, sia i tecnici su cui grava il compito di predisporre piattaforme, procedure e accessi per la didattica a distanza. Sono stati oggetto di organizzazione e riorganizzazione sia gli aspetti informatici della didattica a distanza, sia i contenuti delle lezioni rispetto ai piani curricolari, sia il planning settimanale riguardante le ore di collegamento per singola classe. Quindi questo primo livello ha riguardato le linee guida generali all’interno di ogni singola scuola, in relazione alle sue caratteristiche, dotazioni strumentali e tecniche, nonché caratteristiche dell’utenza e del corpo docente.
Il secondo livello coinvolto nell’organizzazione è stato quello relativo all’interclasse: si è trattato in questo caso di avviare un piano di coordinamento tra le classi quinte e le loro insegnanti al fine di individuare un format comune da applicare nella didattica a distanza. In questa fase si sono uniti un aspetto formale riguardante quantità di ore settimanali di collegamento, di dislocazione nelle diverse fasce orarie, divisione del lavoro tra docenti della stessa classe per area disciplinare e per attività in compresenza. In un momento successivo si sono aggiunte anche indicazioni in merito agli aspetti valutativi, come da indicazioni ministeriali recepite poi dagli uffici scolastici regionali.
Infine il terzo livello organizzativo ha riguardato le singole classi, ma non soltanto per aspetti di programmazione oraria e contenutistica, quanto piuttosto per metodi didattici, tipi di interazione con i bambini, relazioni con le famiglie, presa in carico degli alunni con bisogni speciali o con caratteristiche individuali di maggiore fragilità sia rispetto agli apprendimenti sia rispetto all’interazione con i pari, evidentemente molto compromessa dal distanziamento sociale.
Complessivamente le scuole hanno dato prova di buone capacità organizzative: la complessa macchina di ogni Istituto Comprensivo si è attivata in modo specifico in relazione alle proprie priorità e urgenze. Possiamo individuare tre gruppi di scuole raggruppate per tipo di risposta organizzativa all’emergenza sanitaria.
Il primo gruppo riguarda le scuole che hanno agito all’insegna della tempestività, dell’efficacia e dell’efficienza. Sono {p. 289}le scuole che già disponevano di risorse tecnico-informatiche avanzate, la cui utenza non presentava particolari fattori di criticità a cominciare dalla disponibilità di dispositivi digitali, e con una discreta esperienza pregressa delle insegnanti e dei bambini durante la didattica tradizionale nell’utilizzo di tablet, pc e altre risorse tecnologiche.
Nel secondo gruppo confluiscono le scuole con caratteristiche diametralmente opposte: utenza complessa per esiguità di risorse tecnologiche, fragilità economica, limitate risorse culturali che consentissero di affiancare i figli nella didattica a distanza; limitate risorse anche all’interno della scuola e scarsa familiarità con i dispositivi elettronici durante la didattica tradizionale.
Infine il terzo gruppo che si è caratterizzato per una netta cesura tra due fasi: un esordio critico caratterizzato da un forte disorientamento e una carenza di risorse tecnologiche, seguito da un’attivazione forte e concertata tra docenti che hanno individuato modalità, contenuti e strumenti praticabili e adeguati per alunni e famiglie.
Altrettanto rilevante si è rivelata la capacità di cooperazione, che ha favorito, ove presente, la realizzazione della didattica a distanza e la conservazione, nei limiti del possibile, degli aspetti relazionali tipici dell’interazione d’aula.
La cooperazione si è realizzata su due diversi livelli: il primo è stato quello tra docenti, e ha mostrato maggiore facilità a prendere forma in soluzioni concrete nei casi in cui il team docente già lavorava in modalità cooperativa. Molto complessa e critica invece la situazione delle scuole nelle quali la coppia delle insegnanti aveva rapporti soltanto formali e il metodo didattico e quello educativo tendevano a essere completamente divergenti. Tuttavia, in ragione delle peculiarità della didattica a distanza (in cui da una parte si accentua il distanziamento tra insegnanti e alunni ma dall’altra si accorcia quello tra insegnanti e genitori che diventano a tutti gli effetti parte integrante della relazione educativa, quando non addirittura sostituti dei figli o competitor degli insegnanti), l’altro asse lungo il quale ha preso forma la cooperazione è stato proprio quello tra insegnanti e genitori.{p. 290}
Anche in questo caso è stata la pregressa qualità della relazione (e la presenza di una più o meno solida alleanza educativa) con le famiglie a fare la differenza. Nel caso in cui tale relazione sia stata caratterizzata da conflitto, prevaricazione da parte delle famiglie, ripetuta critica nei confronti dell’operato delle insegnanti, anche nella didattica a distanza tali caratteristiche sono emerse. Ne è derivata un’ulteriore compromissione della relazione scuola-famiglia, una diminuzione della motivazione delle insegnanti e della percezione della propria autoefficacia, e un arroccamento esclusivamente sul livello esecutivo e sulla regolarità formale della propria attività professionale.
Nei casi in cui invece il rapporto scuola-famiglia sia stato fondato su collaborazione e delega fiduciaria, tale clima si è riproposto anche nella didattica a distanza, anche con un notevole investimento supplementare da parte delle insegnanti per venire incontro (e spesso in soccorso) a famiglie le cui dotazioni tecnologiche erano quasi inesistenti, le risorse culturali esigue e il capitale economico molto vincolante. La scuola in questo caso ha predisposto misure di supporto quali la distribuzione di tablet (in possesso della scuola o ordinati ad hoc con i fondi ministeriali a ciò preposti) alle famiglie sprovviste di dispositivi idonei alla fruizione della didattica a distanza.
Infine il gruppo di scuole caratterizzate nella didattica in presenza da un rapporto distante e scarsamente partecipativo da parte delle famiglie ha mostrato andamenti controversi: da una parte un disinteresse persistente e un’accentuazione della distanza rispetto alla scuola; dall’altra invece una parziale riscoperta della scuola e del suo valore, come a rendersi conto per la prima volta di ciò che la scuola rappresenta sia materialmente, sia simbolicamente nella vita dei figli.
Le prime due competenze esaminate, organizzazione e cooperazione, profondamente legate tra loro come si è visto, hanno anche evidenziato legami con energia e resistenza allo stress. La situazione di generale difficoltà e soprattutto la sua elevata imprevedibilità ha compromesso, almeno nella fase iniziale, l’energia delle docenti. Ha prevalso infatti nella fase confusa e caotica della chiusura delle scuole un senso {p. 291}di disorientamento, ulteriormente alimentato dalla mancanza di indicazioni su un’eventuale ripresa. Le diverse capacità di reazione e riorganizzazione delle scuole, anche a livello centrale, prima ancora che di singola classe, hanno avuto un impatto significativo sulle risorse delle docenti. A questa fase di disorientamento ha fatto seguito, nella maggior parte dei casi, una reazione di contrasto e un successivo adattamento al nuovo stato di cose. Tuttavia le motivazioni alla base di questa capacità di resistenza allo stress sono state diverse tra le insegnanti: per alcune si è trattato di una competenza che ha trovato il suo fondamento nel senso di responsabilità e la professionalità nello svolgimento del proprio lavoro, acuito dalla rappresentazione sociale sulla scuola e i suoi limiti. Si è trattato, in questi casi, di una risposta sia individuale, sia istituzionale.
Per altre invece la capacità di reazione è stata indotta dal timore di critiche, soprattutto da parte delle famiglie, con cui l’interazione era divenuta forzatamente più assidua e dalle quali provenivano continue richieste, critiche, commenti sull’adeguatezza del ruolo.
Infine per altre si è trattato di un’attivazione rivolta alla protezione dei bambini, divenuti la priorità assoluta, tanto più nei casi in cui il paracadute familiare non era così protettivo. In condizioni di fragilità pregressa, la chiusura delle scuole faceva correre il serio rischio ad alcuni bambini di essere completamente esclusi dalla scuola, e per suo tramite anche dalle relazioni con i pari.
È evidente che in una situazione emergenziale diffusa, dalla durata imprevedibile, con scenari altrettanto imprevedibili la competenza che più di tutte ha sofferto è stata la creatività: le risorse delle insegnanti sono state convogliate verso aspetti dapprima tecnici e organizzativi, successivamente verso una sorta di autovalutazione e autocorrezione man mano che la didattica procedeva al fine di raggiungere la massima efficacia possibile, e infine verso aspetti nuovamente organizzativi e gestionali legati non soltanto alla chiusura di un anno scolastico, ma di un ciclo di cinque anni, e delle relative incombenze anche in termini di continuità con il ciclo successivo. Poche le risorse residue per {p. 292}mettere in campo la creatività, né nella didattica né nelle relazioni.

9. Dentro le scuole: quanto contano le competenze socio-emozionali?

Anche nell’eterogeneità delle caratteristiche socio-culturali dell’utenza delle scuole (e conseguentemente anche degli stimoli cui i bambini vengono esposti fuori dalla scuola e che possono contribuire a sviluppare competenze), i dirigenti convergono sulla rilevanza del tema delle SES. I contenuti curricolari, indispensabili, non sono però più ritenuti sufficienti a preparare gli alunni, sia in vista della transizione alla scuola media inferiore, sia in riferimento alle molteplici sfide cui sono esposti in ambito familiare, tra pari, e anche nel tempo libero e di gioco ormai costellato di attività, sovraccaricato di ansie da prestazione e fortemente condizionato anche da modelli che promanano dai media. È ritenuto cruciale avere una visione complessiva del benessere infantile, che superi la dimensione esclusivamente curricolare («L’obiettivo è sempre anche di lavorare sullo sviluppo psicologico ed educativo. C’è sempre grande attenzione e sensibilità nella progettazione per l’ascolto dei bambini, e in questo il tema delle competenze socio-emotive è cruciale», Intervista a dirigente scuola Azalea). La socializzazione alle competenze è inoltre essenziale per rafforzare i processi di apprendimento («perché sono proprio le competenze sociali ed emotive che consolidano e stabilizzano gli apprendimenti; il problema è l’acquisizione di competenza, non solo l’apprendimento. E queste competenze sono fondamentali per questo. Un ambiente sereno, di condivisione, produce migliori apprendimenti e apprendimenti plastici che si moduleranno nei diversi ambienti e questo prima lo si fa e meglio è», Intervista a dirigente scuola Primula).
Quanto al secondo punto, ossia la formazione specifica dei docenti su questo tema, i dirigenti concordano rimarcando la mancanza di preparazione sull’argomento e la difficoltà
{p. 293}a far acquisire una diversa prospettiva educativa ai docenti («Il fabbisogno formativo degli insegnanti è molto elevato perché i docenti hanno enormi problemi della gestione d’aula. Sono bravi come conoscenze ma non sanno fronteggiare le sfide dei bambini che sono adolescenti molto prima e meno che mai sanno fronteggiare le famiglie», Intervista a dirigente scuola Gelsomino). A questo si aggiungono le caratteristiche individuali che rendono un docente sensibile a dimensioni diverse da quelle strettamente curricolari e altri invece poco motivati («L’insegnante è centrale, anzi di più ma è ben difficile imparare le SES e l’empatia con i bambini. Insegnante ci nasci. Talvolta ci sono insegnanti non fenomenali dal punto di vista delle conoscenze, e si cerca di aggiornarli; questo è più facile. Però hanno capacità spiccate, infondono il piacere dello studio, sono sereni, comunicativi. Questo è quello che sviluppa e sostiene le competenze, oltre che gli apprendimenti», Intervista a dirigente scuola Ginestra). E il ruolo dell’insegnante si potenzia o depotenzia in riferimento anche al tipo di relazione con le famiglie. La relazione scuola-famiglia sarà oggetto di approfondimento negli studi di caso che si tratteranno oltre, ma è evidente che anche qui ne viene sottolineata l’importanza ai fini di un risultato educativo che vada oltre la valutazione e la performance («L’insegnante fa ciò che può peraltro, perché se non ha il sostegno della famiglia è difficilissimo», Intervista a dirigente scuola Corniolo).
Note