Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/p2
Evidentemente, l’obiettivo del presente lavoro non consiste nel mettere a confronto il polo tecnologico di San Giovanni dell’Università di Napoli con la Silicon Valley, lo stato di New York, il corridoio di Boston o altre esperienze [30]
pur significative e rilevanti sul piano delle interazioni
{p. 23}produttive tra accademia e industria. È noto che la rivoluzione digitale nasce negli Stati Uniti da più di un trentennio e nell’economia globale i vantaggi competitivi non sono facilmente appropriabili, se non a scapito di importanti acquisizioni sul piano dei diritti umani e della democrazia. Ad un più accurato esame dei templi mondiali dell’innovazione digitale, sono emerse le debolezze e le retoriche, che non ne diminuiscono il potere di influenza sui mercati globali, sui governi nazionali e sulle vite individuali [31]
.
L’obiettivo del presente volume è più modesto e consiste nel comprendere in che modo le recenti esperienze di innovazione (digitale) si contaminano con altre culture che, a lungo sedimentate nella storia dei luoghi, reagiscono in maniera imprevedibile ai dirompenti progressi della tecnologia. Se l’eterogeneità dei contesti, sovente, è sinonimo di divario digitale – e, nelle aree più depresse, di doppio divario digitale [32]
– la diversità delle storie locali è anche segno di ricchezza e indizio di creatività rispetto alle forze omologatrici del capitalismo tecnologico globale [33]
. Riconoscere la genesi e le traiettorie di sviluppo dell’innovazione made in Sud può rafforzare la consapevolezza dei cambiamenti in corso e la capacità politico-economica di padroneggiarli in un’epoca di rinnovato interesse e di impulso agli investimenti a favore del Mezzogiorno d’Italia.
Una motivazione geopolitica suggerisce, inoltre, di ricostruire i processi di innovazione nei contesti near shore rispetto alle economie emergenti di Cina, India, Brasile e {p. 24}Russia. Con una presenza più radicata nelle regioni del Sud e dell’Est Europa [34]
, i colossi dell’economia digitale sono alla ricerca di investimenti vantaggiosi a basso rischio, al fine di ampliare le opportunità di penetrazione nei mercati periferici. Per quanto lo scenario possa presentare ambiguità e incertezze, esso serba anche opportunità di sviluppo [35]
e di crescita per le regioni italiane ed europee meno avanzate. Le opportunità di sviluppo investono anche i paesi nord-africani, medio-orientali e centro-asiatici, a patto che siano disposti ad orientare – come suggerito dal caso esaminato in questo volume – gli investimenti a favore dell’innovazione verso la formazione digitale per l’imprenditorialità, l’inclusione e la sostenibilità sociale e democratica.

L’organizzazione del volume

Il volume ricostruisce la «vicenda» del polo tecnologico come un intervento integrato complesso – infrastrutturale, cognitivo e sociale insieme. Il disegno della ricerca si fonda su un approccio critico-realista. Lo studio presuppone che molti degli aspetti quantitativi da valutare possano essere osservati attraverso indicatori verificabili. Tuttavia, le cause, le conseguenze e i rimedi sottostanti richiedono un esame critico del contesto sociale in cui si verificano i processi di innovazione. Il contesto disvela una pluralità di strati strutturali e istituzionali, indagati attraverso la lente interpretativa delle politiche pubbliche, ricostruendo, cioè, le finalità, i metodi, gli attori, le istituzioni, le culture e l’economia politica delle esperienze di co-innovazione. L’intenzionalità delle iniziative intraprese, il processo decisionale, le scelte compiute e le logiche che le sottendono, {p. 25}nonché le reazioni degli attori sono le dimensioni salienti del metodo adottato che prova a caratterizzare (e ove possibile a misurare) il cambiamento osservato nella pratica e nel suo significato.
La valutazione dell’impatto sociale dell’alta formazione intrapresa dall’università in collaborazione con alcune delle Big Tech di livello mondiale è il tema che affronto esplicitamente nel disegno dello studio nel capitolo 1 e nell’analisi dei risultati del capitolo 5. La ricostruzione della genesi, del funzionamento e della politica dell’ecosistema dell’innovazione riguardano i capitoli 2, 3 e 4. L’esplorazione del contesto produttivo territoriale e dei processi di innovazione nelle imprese si dipana nei capitoli 6 e 7. Il capitolo 8 trae le conclusioni sul ruolo dell’università e sugli approcci valutativi da sostenere alla luce delle evidenze raccolte.
Con l’affermarsi delle funzioni di terza missione dell’università – sottoposte a verifica nell’ambito della Valutazione della Qualità della Ricerca dall’Anvur – il tema dell’impatto sociale dell’università entra prepotentemente nell’agenda politica degli atenei e dei dipartimenti universitari in ragione delle premialità associate agli esiti della valutazione [36]
. Rimangono controverse, però, le scelte metodologiche e le metriche della valutazione. Se il dibattito è polarizzato tra la valorizzazione della ricerca scientifica e la promozione dell’impegno sociale delle istituzioni universitarie, il discorso pubblico è caratterizzato da esperienze e modelli d’oltreoceano. Lo sforzo è, quindi, di delineare un {p. 26}quadro di riferimento che orienti i ricercatori e i valutatori che operano alle latitudini euro-mediterranee [37]
.
Nel presente volume, la valutazione delle attività di terza missione è un tema trasversale: emerge nella ricostruzione degli esiti delle iniziative di formazione continua, nella discussione delle potenzialità di crescita dell’ecosistema dell’innovazione e nel dibattito sul ruolo imprenditoriale e sociale dell’università e sui relativi metodi di verifica. Il volume intende perorare l’idea di una valutazione come critica costruttiva delle scelte politiche e di investimento, contro la mentalità burocratica dell’adempimento ma anche contro i tecnicismi della misurazione e degli algoritmi per i soli addetti ai lavori. Come ho già argomentato altrove [38]
, stigmatizzo entrambi gli approcci, che sviliscono la funzione democratica di verifica e apprendimento dall’esperienza che la valutazione offre per migliorare le politiche e gli investimenti con finalità sociale. Il processo della valutazione esige di abbandonare le posizioni aprioristiche sul metodo più rigoroso per affrontare la complessità dei programmi e dei contesti. Nei laboratori «a cielo aperto», gli esiti degli interventi diventano ambigui e incerti. Chi ha esperienza di valutazione sul campo, è consapevole che non esistono né programmi di successo né fallimenti definitivi [39]
. Valutare significa esplorare criticamente le luci e le ombre degli interventi, coscienti che ogni esperienza di valutazione non può che essere provvisoria, parziale e, fondamentalmente, umile quanto alle risultanze cui perviene [40]
. Eppure, non per {p. 27}questo motivo, lo sforzo valutativo risulta meno importante sia sul piano conoscitivo che politico.
Da un punto di vista conoscitivo, il presente volume offre informazioni di prima mano sugli effetti delle iniziative della co-innovazione promosse dall’università. Da un punto di vista politico, l’analisi incoraggia la ricerca delle soluzioni ai problemi della co-innovazione messi a fuoco nei capitoli che seguono, idealmente suddivisi in due parti. I capitoli 1, 2, 3, 4 e 5 osservano criticamente le partnership tra l’università e i colossi tecnologici e industriali e le conseguenze che ne scaturiscono. I capitoli 6, 7 e 8 indagano i processi di innovazione delle imprese e dell’istituzione universitaria, al fine di comprendere se, come e perché le collaborazioni scientifiche possano rispondere alle esigenze di digitalizzazione, in particolare delle PMI, e accelerare la trasformazione dei sistemi produttivi territoriali verso l’Industria 4.0.
Il capitolo 1 ricostruisce l’esperienza di innovazione del polo tecnologico di San Giovanni sulla scorta delle informazioni quali-quantitative raccolte attraverso la ricerca sul campo. Il capitolo presenta il disegno dello studio valutativo e le scelte metodologiche compiute ipotizzando sequenze parziali o invertite di sviluppo di scala variabile. Al fine di decodificare la complessità di un investimento ad alta intensità di conoscenza, la scelta metodologica adotta una prospettiva di livello meso. L’analisi punta l’attenzione sulle relazioni di collaborazione all’interno e all’esterno dell’ecosistema digitale secondo una teoria del cambiamento che stima il valore prodotto a partire dalle motivazioni e dalle percezioni degli attori coinvolti nella ricerca.
Il capitolo 2 ricostruisce la logica dell’intervento di rigenerazione urbana che l’università intraprende nelle aree industriali dismesse. Alle opere infrastrutturali di riqualificazione fanno seguito gli investimenti in formazione digitale, con cui l’università rinnova il sapere tacito e tecno-scientifico, un tempo radicato nelle attività produttive presenti nell’area orientale della città. Il focus dell’analisi è sulla multidisciplinarietà della conoscenza creata e diffusa nei processi di coordinamento con gli attori. Il modello
{p. 28}pedagogico che pone il discente al centro dei percorsi di formazione continua è indagato come meccanismo di apprendimento esperienziale delle competenze tecniche e trasversali. Se la rottura degli schemi disciplinari pervade la gestione integrata degli interventi di rigenerazione urbana, l’impegno di elevare le aspirazioni di imprenditorialità, autorealizzazione ed emancipazione dei giovani discenti destruttura le aspettative di fallimento e gli ostacoli alla percezione del cambiamento – sintomi endemici dei contesti in ritardo di sviluppo.
Note
[30] Vale la pena richiamare l’importante esperienza dell’unica Big Tech europea situata in Germania. Si tratta della SAP localizzata a Walldorf, una piccola città, a sud di Francoforte, con oltre 23 miliardi di euro di fatturato, 85.000 dipendenti e una valutazione di oltre 110 miliardi di euro. Cfr. https://www.lastampa.it/esteri/la-stampa-in-english/2017/08/08/news/why-europe-only-has-one-giant-tech-company-and-what-it-means-for-the-continent-1.34433245.
[31] I.A. Bremmer, The Technopolar Moment. How Digital Powers Will Reshape the Global Order, in «Foreign Affairs», November-December 2021.
[32] J. van Dijk e K. Hacker, The Digital Divide as a Complex and Dynamic Phenomenon, in «The Information Society», 19, 4, 2003, pp. 315-326, doi: 10.1080/01972240309487.
[33] A. Appadurai e N. Alexander, Failure, Cambridge, Polity Press, 2019.
[34] Cfr. Castelreagh Associates, Going Places: South-east Europe’s Tech-sector, 2019, https://castlereagh.net/going-places-south-east-europes-tech-sector/.
[35] A.O. Hirschman, National Power and the Structure of Foreign Trade, Berkeley, University of California Press, 1980; trad. it. Potere nazionale e commercio estero, Bologna, Il Mulino, 1987.
[36] Nella Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) 2004-2010, l’Anvur ha introdotto il concetto di «terza missione» come «apertura verso il contesto socioeconomico mediante la valorizzazione e il trasferimento delle conoscenze», in una concezione più attuale che include, oltre alle attività di valorizzazione economica della ricerca, anche iniziative dal valore socioculturale ed educativo. In quell’occasione sono stati definiti alcuni indicatori, associati non solo al trasferimento tecnologico ma anche alle attività delle scienze umane che hanno un impatto sulla società, come i musei scientifici e gli scavi archeologici. Tuttavia, il monitoraggio svolto durante la VQR ha mostrato una scarsa maturità degli indicatori di terza missione e, pertanto, l’Anvur ha scoraggiato il loro uso nella formula di assegnazione della quota premiale del FFO. Cfr. https://www.anvur.it/attivita/temi/.
[37] M. Guerrero, J.A. Cunningham e D. Urbano, Economic Impact of Entrepreneurial Universities’ Activities: An Exploratory Study of the United Kingdom, in «Research Policy», 44, 3, 2015, pp. 748-764. Cfr. anche S. Appe, N. Rubaii, S. Líppez-De Castro e S. Capobianco, The Concept and Context of the Engaged University in the Global South: Lessons from Latin America to Guide a Research Agenda, in «Journal of Higher Education Outreach and Engagement», 21, 2, 2017, pp. 7-36.
[38] M. Marra, Valutare la valutazione. Adempimenti, ambiguità e apprendimenti nella PA italiana, Bologna, Il Mulino, 2017.
[39] H. Preskill e T.T. Catsambas, Reframing Evaluation through Appreciative Inquiry, Thousand Oaks, Sage, 2006.
[40] M. Patton, Developmental Evaluation, New York, The Guilford Press, 2011.