Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c1
Per quanto concerne la valutazione degli impatti dell’alta formazione digitale, il noto modello di Kirkpatrick [21]
suggerisce di considerare almeno quattro piani interconnessi. In primo luogo, l’analisi si sofferma sulla reazione emotivo-affettiva dei partecipanti che aderiscono al progetto formativo. Si valutano, in seguito, gli apprendimenti delle conoscenze e delle competenze acquisite e l’applicazione delle stesse nei contesti produttivi. Si possono, infine, esplorare i cambiamenti organizzativo-istituzionali e socioeconomici che ne derivano a livelli via via più elevati con conseguenze macroeconomiche in termini di trasformazione produttiva. Provando a ragionare secondo lo schema appena accenna
{p. 41}to, si coglie – anche solo in maniera impressionistica – la traiettoria di un cambiamento non lineare che, a partire dall’attrazione dei talenti passa per l’acquisizione delle competenze richieste nei lavori a più alto valore aggiunto e l’applicazione del sapere acquisito nella produzione. La motivazione dei partecipanti è il primo effetto da considerare secondo una causalità che prevede una fase di apprendimento del sapere teorico-pratico cui segue l’applicazione delle competenze ai problemi odierni dell’industria tecnologica e manifatturiera [22]
. Ciascun passaggio della catena di causazione stilizzata richiede un focus a sé stante: occorre comprendere, ad esempio, perché i discenti partecipano a un corso di formazione che non eroga crediti formativi universitari o professionali [23]
; che tipo di lavoro ottengono e svolgono i formati una volta terminato il periodo di studio e in che modo le competenze vengono applicate nei contesti produttivi. E soprattutto, la sequenza appena delineata è da ricostruire nel contesto dell’economia regionale, distante dai centri di agglomerazione dei sistemi produttivi nord-europei. Si tratta di un contesto in cui oltre ai dati preoccupanti sui tassi di disoccupazione giovanile e sui NEET, la capacità di innovazione del tessuto produttivo è inferiore agli standard europei più avanzati [24]
.
Se si seguono i flussi delle risorse finanziarie investite, le sfide da affrontare nell’analisi degli impatti non sono meno rilevanti. Gli investimenti dei gruppi multinazionali puntano a Mezzogiorno per formare le competenze utili alla transizione digitale. E, tuttavia, la mobilità del lavoro più qualificato e l’ambiguità degli effetti sulla produttività in contesti meno tecnologicamente avanzati possono attenuare le ricadute occupazionali e di sviluppo proprio al Sud. I processi di trasformazione produttiva dell’Industria 4.0 {p. 42}hanno una genesi e un’evoluzione non facilmente prevedibili: i rendimenti degli investimenti in conoscenza possono non materializzarsi nel contesto di prossimità per effetto dell’iniezione di fondi strutturali pubblici o privati.
Secondo lo schema tradizionale degli interventi di riqualificazione infrastrutturale, gli esiti attesi si dispiegano secondo una catena di risultati che conducono a un graduale cambiamento degli assetti urbani, con l’aumento del valore degli immobili e l’attrazione di ulteriori investimenti produttivi. Diversamente, la creazione, la diffusione e l’applicazione del sapere scientifico e digitale, in particolare, si sviluppano secondo percorsi «emergenti» [25]
. Lo spazio digitale offre opportunità insperate: permette di analizzare problemi e sviluppare dinamiche relazionali in una pluralità di siti fisici e virtuali in un contesto g-local, ove le connessioni avvicinano regioni avanzate e in ritardo di sviluppo all’interno di aree (urbane o rurali) del Nord e del Sud del mondo [26]
.
Occorre, quindi, indagare le collaborazioni tra l’università e le imprese ed esplorare le complementarità economico-organizzative e i potenziali effetti di sviluppo regionale pur in presenza di sistemi produttivi a bassa interdipendenza [27]
(cfr. capp. 6 e 7). Non si può acriticamente assumere che la sola presenza di un’istituzione scientifica e le relative ricadute innovative e tecnologiche, favorite dalla creazione di scuole e incubatori, possano generare un valore economico e sociale per i luoghi e le comunità. Chiunque si rechi in visita al campus di San Giovanni si imbatte in un’area urbana che stenta a stare al passo con la reputazione internaziona{p. 43}le che il polo tecnologico universitario ha costruito in un arco temporale sorprendentemente breve. Mentre il polo «parla» al mondo del digitale a livello globale [28]
, l’ambiente circostante ha ancora bisogno di interventi di rigenerazione urbana, di inclusione sociale, di risanamento ambientale al fine di scongiurare degrado e criminalità.
Come esperienza di innovazione, il polo tecnologico di San Giovanni sfida i disegni tradizionali di valutazione laddove essi assumono un impatto lineare a partire da micro-azioni che si propagano nell’ambiente circostante. Il caso in esame mette in discussione anche i disegni valutativi di livello macro che ipotizzano radicali trasformazioni del contesto in misura corrispondente alle risorse finanziarie trasferite dall’alto.
Al fine di impostare il disegno di una valutazione dell’investimento in innovazione, una teoria del cambiamento da indagare empiricamente potrebbe dipanarsi secondo una «sequenza invertita di sviluppo» – parafrasando Hirschman [29]
. L’innovazione delle Big Tech precipita nei mille rivoli della formazione in aula, incontra il fiume carsico del sapere accademico – nell’ecosistema di San Giovanni – e viaggia sulle gambe dei discenti delle accademie verso il mare aperto del mercato del lavoro, ove la conoscenza si applica all’industria. Fuor di metafora: le interdipendenze tra interventi strutturali e investimenti in conoscenza possono prodursi anche al di là del contesto di prossimità. Il cambiamento è da osservarsi nelle iniziative puntuali che progrediscono dal basso e nei flussi di spesa che dall’alto investono il contesto regionale, ma anche e soprattutto negli effetti «emergenti» [30]
che si radicano soltanto {p. 44}in alcune relazioni sociali. Occorre addentrarsi nelle dinamiche collaborative tra università e imprese ove esplorare i processi di creazione del valore; un valore da consolidare nel tempo, rafforzando la sostenibilità delle soluzioni che producono innovazione e sviluppo.

3. Il disegno dello studio

Al fine di decodificare la complessità dell’esperienza di co-innovazione delle academy, la scienza della complessità e l’economia evolutiva propongono un pensiero sistemico aperto. L’organizzazione di un fenomeno complesso è frutto di situazioni interdipendenti che emergono, si adattano e si radicano in alcuni contesti. Gli effetti osservabili non si aggregano semplicemente addizionando gli elementi costitutivi [31]
.
Per spiegare la performance innovativa delle academy, i principi della scienza della complessità orientano l’analisi sulle complementarità che emergono nelle collaborazioni tra l’università e le imprese. La ricerca indaga la trama di connessioni non definibili come la somma delle attività e degli attori coinvolti [32]
. I capitoli che seguono esaminano {p. 45}l’insieme delle interazioni produttive dirette e indirette [33]
tra università e imprese e ricostruiscono le dimensioni dell’«emergenza» e del «radicamento» [34]
nelle interdipendenze osservate, in cui si genera valore sociale per diversi gruppi di destinatari e attori collettivi.
L’analisi si concentra su un livello meso – come rappresentato nella figura 1.4 – per esaminare la genesi e l’evoluzione dell’esperienza di innovazione del polo tecnologico di San Giovanni. Un modello di inferenza causale di livello meso [35]
ha il vantaggio di poter considerare tanto i micro-fondamenti dei processi di causazione – nella relazione tra x2 e y1 – quanto le interazioni sociali che, propagandosi nel tempo e nello spazio, possono generare impatti di livello aggregato (macro) – nella relazione tra x1 e y2. La lente valutativa di livello meso permette di intercettare il cambiamento individuale (micro) a partire dagli apprendimenti dei partecipanti e di indagare le conseguenze di scala più elevata, frutto delle collaborazioni tra l’università e le imprese. Ricostruendo la sequenza di sviluppo rappresentata in figura 1.4 (x1x2y1y2), l’analisi identifica gli effetti sociali della formazione digitale sulla base del coinvolgimento di diversi gruppi di attori e beneficiari e, con la tecnica del Social Return on Investment (SROI), ne stima il valore economico-finanziario prodotto. Diversamente dalla maggior parte dei costi degli investimenti, che hanno un valore di mercato, l’analisi dei rendimenti sociali pone numerose sfide sul piano della misurazione. In mancanza di valori di mer
{p. 46}cato, l’analisi ricorre a valutazioni contingenti che stimano i benefici percepiti dagli attori coinvolti, verificandone gli effetti correlati (cfr. cap. 5) [36]
.
Note
[21] D. Kirkpatrick, Revisiting Kirkpatrick’s Four-level-model, in «Training & Development», 1, 1996, pp. 54-57; cfr. anche S. Kurt, Kirkpatrick Model: Four Levels of Learning Evaluation, in «Educational Technology», 2016, https://educationaltechnology.net/kirkpatrick-model-four-levels-learning-evaluation/.
[22] Sull’attrazione dei talenti, cfr. E. Cadorin, M. Klofsten e H. Löfsten, Science Parks, Talent Attraction and Stakeholder Involvement: An International Study, in «Journal of Technology Transfer», 46, 2021, pp. 1-28.
[23] La Cisco, la Digita e l’Aerotech Academy erogano certificazioni professionali valide nel mercato del lavoro.
[24] Cfr. European Innovation Scoreboard (RIS) 2021 e più oltre cap. 6.
[25] Cfr. SIAMPI, Social Impact Assessment Methods for Research and Funding Instruments through the Study of Productive Interactions between Science and Society, Final Report, 2011.
[26] Cfr. S. Iammarino, A. Rodriguez-Pose e M. Storper, Regional Inequality in Europe: Evidence, Theory and Policy Implications, in «Journal of Economic Geography», 19, 2019, pp. 273-298. Cfr. anche Rybnicek e Königsgruber, What Makes Industry-university Collaboration Succeed?, cit.
[27] Istat, Rapporto annuale 2018. La situazione del Paese, Roma, Istituto nazionale di statistica, 2018.
[28] Il programma delle accademie dell’Università di Napoli partecipa e giunge in finale nell’ambito del concorso Regiostars 2020 della Commissione europea ed è stato riconosciuto come esempio di istituzione universitaria che innova dal programma HEInnovate dell’OCSE che valorizza l’innovazione universitaria in Europa e nel mondo.
[29] A.O. Hirschman, The Strategy of Economic Development, New Haven, Conn., Yale University Press, 1958.
[30] Cfr. J. De Haan, How Emergence Arises, in «Ecological Complexity», 3, 2006, pp. 293-301. L’esistenza di risultati emergenti scompagina l’impianto metodologico che distingue la valutazione d’impatto dalla valutazione delle performance organizzative.
[31] D. Byrne, Evaluating Complex Social Interventions in a Complex World, in «Evaluation», 19, 3, 2013, pp. 217-228; G. Westhorp, Using Complexity-consistent Theory for Evaluating Complex Systems, in «Evaluation», 18, 4, 2012, pp. 405-420; W.B. Arthur, Complexity and the Economy, Oxford, Oxford University Press, 2014; D. Colander e R. Kupers, Complexity and the Art of Public Policy. Solving Society’s Problems from the Bottom up, Princeton, Princeton University Press, 2014; D. Helbing e A. Kirman, Rethinking Economics Using Complexity Theory, Social Science Research Network, 11 July 2013.
[32] W. Elsner, Why Meso? On «Aggregation» and «Emergence», and why and how the Meso Level is Essential in Social Economics, in «Forum for Social Economics», 36, 1, 2007, pp. 1-16, https://doi.org/10.1007/ s12143-007-0001-3; cfr. J. Jost, N. Berschinger e E. Olbrich, Emergence, in «New Ideas in Psychology», 28, 2010, pp. 265-273.
[33] Cfr. anche SIAMPI, Social Impact Assessment Methods, cit.; S. de Jong, K. Barker, D. Cox, T. Sveinsdottir e P. Van den Besselaar, Understanding Societal Impact through Productive Interactions: ICT Research as a Case, in «Research Evaluation», 23, 2, 2014, pp. 89-102.
[34] Termini tecnici nell’ambito delle scienze sociali, noti in inglese con le espressioni emergence e embeddedness. Cfr. M. Reynolds, E. Gates, R. Hummelbrunner, M. Marra e B. Williams, Towards Systemic Evaluation, in «Systems Research and Behavioral Science», 33, 2016, pp. 662-673.
[35] Elsner, Why Meso?, cit.; cfr. anche M. Marra, Assessing Meso-Level Dimensions of Complex Policies, in «Rivista Italiana di Politiche Pubbliche», 14, 2014, pp. 141-166 e Ead., Meso Evaluation for SDGs’ Complexity and Ethics, in «Ethics, Policy & Environment», 2021, doi: 10.1080/21550085.2021.1940450.
[36] L’analisi prende in considerazione gli effetti di displacement, dead-weight e di drop-off. Cfr. J. Nicholls et al., A Guide to Social Return on Investment, London, Office of the Third Sector, Cabinet Office, 2009.