Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c1
In questo scenario, la categoria dell’interlegalità introduce uno spostamento di prospettiva. Non si occupa degli aspetti di relazione «verticale» fra diritto interno ed altri ordinamenti, e delle soluzioni tecniche con le quali sono definiti i rispettivi ambiti applicativi (si pensi ad esempio alla discussione sul rango della legge di esecuzione della Convenzione EDU; od alla discussione sulla paralisi di effetti in malam partem derivanti dalla ritenuta incompatibilità di norme interne con direttive europee). Essa addita quelle situazioni nelle quali, indipendentemente dal tipo di relazione astratta fra gli ordinamenti, rispetto al caso concreto tutti devono essere considerati; la loro concorrenza si colloca allora, piuttosto, su un piano orizzontale privo, come ormai più volte ricordato, di criteri incondizionati, comunque denominati – gerarchia, primauté, riserva di competenza, ecc. – in base ai quali sia possibile definire una volta per tutte quale sia destinato a prevalere. È proprio l’interlegalità a suggerire che in gioco non è il primato tra l’una e l’altra fonte, tra l’uno e l’altro ordinamento, ma la questione stessa nella sua sostanza, e il tema in essa centrale di una regolazione e di una decisione non unilaterali [31]
.
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5. Dentro l’interlegalità: una ricerca in corso

I saggi contenuti in questo volume sviluppano gli elementi teorici dell’interlegalità, ne concettualizzano lo scenario generale e riflettono sulle sue implicazioni e potenzialità. Come si è ricordato, la ricerca sulla interlegalità ha avuto inizio altrove [32]
. Gli scritti raccolti nel libro che qui si introduce si pongono in quel solco e intendono proseguirlo e svilupparlo. L’obiettivo, in particolare, è quello di mostrare dell’interlegalità la valenza o il vantaggio esplicativo, nonché proporre le ragioni per le quali il suo paradigma dovrebbe essere adottato.
Il volume è diviso in tre parti. Nella prima, dedicata a L’interlegalità e la trasformazione del diritto, si presenta il complessivo quadro di riferimento della interlegalità: nella sua costruzione teorica, attraverso l’elaborazione proposta dal capitolo di Gianluigi Palombella ed Enrico Scoditti; nella specifica prospettiva del caso, la cui rilevanza nella teoria dell’interlegalità è spiegata e discussa da Alberto di Martino; nella sua più ampia dimensione storica, ricostruita da Alberto Spinosa. La seconda e la terza parte, invece, si misurano con la decisione e la regolazione, due momenti del funzionamento degli ordinamenti giuridici nei quali l’interlegalità emerge con particolare chiarezza e forza, e che richiedono di essere esaminati separatamente. Alla decisione, in particolare, sono dedicati i capitoli della parte seconda: questa si apre con una riflessione di Paola Parolari sulla interlegalità come metodo nella decisione giurisdizionale {p. 25}del caso e con la discussione dei rapporti tra interlegalità e culture of justification, proposta da Orlando Scarcello; prosegue con uno scritto di Maurizio Arcari e Stefania Ninatti sulle dinamiche giurisdizionali del contro-costituzionalismo, con un’indagine di Raffaele Bifulco e Chiara Gentile sulla efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali e con un’analisi di Sümeyye Elif Biber su interlegalità e tecnologie di sorveglianza; si chiude con i capitoli di Sofia Milone sull’utilizzo del metodo dell’interlegalità da parte del giudice nell’applicazione delle cause di giustificazione e di Gabriel Encinas sul rapporto tra interlegalità e proporzionalità. La terza e ultima parte discute la rilevanza e le possibili applicazioni della interlegalità nella regolazione. Dopo un primo capitolo di Edoardo Chiti sui modi nei quali l’interlegalità si presenta e può operare nei processi di attuazione amministrativa delle politiche pubbliche, sono presi in esami alcuni specifici ambiti o problemi: in particolare, Sümeyye Elif Biber e Nedim Hogic applicano la prospettiva dell’interlegalità a quelli che definiscono gli «Stati online», mentre Roberta De Paolis ne esplora le potenzialità rispetto all’anticorruzione, Gaia Fiorinelli ricostruisce la «regolazione interlegale» del cyberspace e Giulia Priora quella della proprietà intellettuale. Negli ultimi due capitoli, le lenti dell’interlegalità sono utilizzate da Tleuzhan Zhunussova per leggere il rapporto tra diritti umani e tutela ambientale e da Alessandro Bufalini per gettare nuova luce sui rapporti tra Corte penale internazionale e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Ne emerge un quadro ricco e variegato, capace di restituire la complessità del mondo interlegale e la molteplicità delle sue manifestazioni, ma anche di sfruttare la microdinamica dell’interlegalità per mettere a fuoco i problemi che quotidianamente gli operatori giuridici di questo primo scorcio del XXI secolo si trovano ad affrontare. La ricerca, naturalmente, non vuole concludersi con questo volume. Il mondo dell’interlegalità, del resto, non è di quelli che possono essere razionalizzati una volta per tutte. Se gli studiosi sin qui impegnati nella sua esplorazione si stanno facendo geografi, ricostruendone un poco {p. 26}alla volta la mappa e il disegno complessivi, questa nuova geografia concerne i modi in cui l’interlegalità può essere governata, l’armamentario tecnico che impone a istituzioni politiche, amministrazioni e corti, la sua incidenza su principi e regole consolidate.
Note
[31] La materia penalistica, a ben vedere, se da un certo punto di vista può entrare in crisi di identità che esigono messe a punto sui confini (sia qui sufficiente richiamare M. Donini e L. Foffani [a cura di], La «materia penale» tra diritto nazionale ed europeo, Torino, Giappichelli, 2018), offre esempi particolarmente significativi per l’interlegalità, forse proprio perché, da un lato, la pretesa degli ordinamenti «esterni» assume carattere particolarmente dirompente delle regole sulle fonti; dall’altro lato, perché l’incidenza sui diritti umani da parte del potere istituzionale degli attori sulla scena internazionale – dagli Stati alle stesse Nazioni Unite quando esercitano poteri sanzionatori con ripercussioni sugli individui – esibisce in azione il diritto nella sua dimensione globale: diritto delle organizzazioni internazionali, diritto internazionale dei diritti umani, principi fondamentali degli ordinamenti «civili», regole di ius cogens, diritto nazionale. In vari ed eterogenei campi queste interferenze emergono con frequenza. Un primo esempio è quello dell’immigrazione di massa. Qui accade di constatare varie situazioni di rilevanza interlegale, dal tema delle espulsioni (cfr. A. di Martino e B. Occhiuzzi, Condannato ma protetto contro espulsione. Un’intersezione fra diritto penale e della protezione internazionale, in «Diritto Immigrazione Cittadinanza», 2018, pp. 1 ss.) al conflitto tra le norme internazionali sul dovere di soccorso in mare dei naufraghi migranti e le fattispecie incriminatrici interne. Ancora, in tutt’altro orizzonte esistenziale, viene in considerazione la pluralità delle fonti della compliance aziendale (ad esempio in materia di corruzione), e soprattutto il tema dei rapporti tra le varie pretese di qualificazione avanzate dagli ordinamenti nazionali sulle vicende legate alla condotta transnazionale delle corporations (anche quando sono il semplice terminale di catene di fornitura), soprattutto allorché si verifichino condotte od eventi che chiamano in causa il diritto penale.
[32] Con la riflessione avviata da Gianluigi Palombella e Jan Klabbers, i cui risultati sono stati presentati nel volume The Challenge of Inter-legality, cit.