Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c3
Riguardo al «quando» si realizza la collaborazione, si è osservato come il coinvolgimento dei lay actors e di altri attori non pubblici possa riguardare non solo la fase di produzione/fornitura di servizi tout court, ma anche quelle precedenti del design e del management [14]
e la successiva fase di assessment [15]
.
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La collaborazione, quindi, può estendersi lungo tutto il ciclo di vita di un intervento pubblico: durante l’identificazione del problema e delle priorità (co-commissioning), nella progettazione dell’intervento (co-design), nella produzione ed erogazione di beni e servizi (co-delivery), fino a giungere alla fase retrospettiva di monitoraggio e valutazione (co-assessment) [16]
.
Ovviamente, la logica d’azione associata alle pratiche collaborative varierà a seconda della fase in cui essa ha luogo, non rimanendo necessariamente confinata alla semplice compartecipazione del singolo utente alla fornitura di un servizio a cui è interessato (user coproduction), ma arrivando a riguardare la definizione delle priorità collettive per un determinato territorio (o porzione di esso), la programmazione di attività strategiche, o la messa a punto di dispositivi di monitoraggio civico capaci di innescare benefici collettivi e processi di empowerment dell’intera società [17]
.
Incrociando le due dimensioni fin qui illustrate, è possibile operare una mappa classificatoria degli strumenti utilizzabili nell’ambito delle pratiche di collaborazione tra amministrazioni locali e cittadini (tab 1.3). Trattandosi di pratiche basate sull’adesione volontaria di cittadini e organizzazioni private, la gamma di strumenti coercitivi (authority) utilizzabili da parte degli enti locali è giocoforza limitato, esulando dalla possibilità di stabilire obblighi. Tuttavia alcuni dispositivi riconducibili alla categoria dell’authority possono essere usati nelle diverse fasi delle policy: ad esempio, in fase di individuazione delle priorità di intervento, le amministrazioni locali possono vincolare le azioni di sostegno e promozione che intendono intraprendere, o ancora stabilire delle regole esplicite che i partecipanti alla collaborazione devono seguire; in fase di progettazione, solitamente, la collaborazione nel {p. 119}design di progetti e interventi è disciplinata da specifici regolamenti emanati dai comuni dove sono definiti i requisiti per la partecipazione, ed è spesso accompagnata da strumenti di natura pattizia che codificano responsabilità e oneri per tutte le parti coinvolte; in fase di delivery, invece, i comuni possono utilizzare la propria capacità regolatoria stabilendo espliciti divieti, concedendo permessi o adottando meccanismi di certificazione/accreditamento degli attori che si candidano ad erogare servizi per la collettività; infine, per quanto concerne il monitoraggio e la valutazione delle attività intraprese, la collaborazione tra amministrazione e cittadini potrebbe concretizzarsi nella messa a punto di procedure di controllo partecipato, in linea con il criterio del controllo civico diffuso esplicitamente riconosciuto dalla riforma Madia della p.a. (l. 124/2015 e successivi decreti attuativi).{p. 120}
Tab. 1.3. Classificazione degli strumenti per collaborare, ed esempi di referenti empirici
Priority setting
Design
Delivery
Assessment
Authority
Restrizioni e vincoli agli ambiti di collaborazione
Regolamenti
Divieti, permessi, certificazione, accreditamento
Procedure di controllo partecipato
Organization
Nuovi uffici e strutture, acquisizione di nuove competenze interne o esterne
Nuovi uffici e strutture, acquisizione di nuove competenze interne o esterne
Nuovi uffici e strutture, acquisizione di nuove competenze interne o esterne
Cabine di regia, osservatori partecipati
Treasure
Allocazione partecipata delle risorse (es. bilancio partecipativo)
Bandi, avvisi, contest e premi
Incentivazione; concessione di spazi e risorse
Incentivi, premi/retribuzioni per controllo civico
Nodality
Campagne informative, assemblee civiche, crowdsourcing
Consultazioni pubbliche, assistenza tecnica
Albi, registri, cataloghi, piattaforme per incontro domanda-offerta
Report, dispositivi per mappatura e monitoraggio civici, crowdsensing
 
 
 
 
 
Fonte: elaborazione propria
Guardando agli strumenti di natura organizzativa (organization), sia per la fase di identificazione delle priorità che per quelle di progettazione, produzione e monitoraggio dei servizi i comuni possono rafforzare la propria macchina amministrativa istituendo servizi, uffici, osservatori o comitati di monitoraggio ad hoc, creare specifiche agenzie o assegnare il compito di facilitare la collaborazione con i cittadini a fondazioni/società a cui partecipano, predisporre delle sedi di confronto istituzionalizzate, o ancora dotarsi di specifiche professionalità/expertise con posizioni a termine o tramite contratti di consulenza con singoli esperti o con organizzazione di ricerca specializzate nell’accompagnamento e nella facilitazione di esperienze partecipative.
Sul versante delle risorse finanziarie (treasure), i comuni possono favorire forme di collaborazione con la cittadinanza in fase di identificazione delle priorità di intervento, riservando ad esempio parte del budget alla costruzione partecipata del bilancio annuale, come nel caso dei bilanci partecipativi [18]
.
In fase di design, possono mettere a bando contributi per progetti e interventi promossi da cittadini e organizzazioni, attingendo alle risorse provenienti da quei programmi nazionali (ad esempio i Piani Industria 4.0; il PON Metro riservato alle città metropolitane) o europei (ad esempio Horizon 2020) che prevedono linee di finanziamento per promuovere {p. 121}l’innovazione sociale ed economica; possono prevedere pratiche di co-progettazione; o ancora ideare dei contest – con relativi premi – finalizzati a premiare le migliori idee progettuali. Riguardo alla fornitura di servizi, possono prevedere forme di incentivazione o cofinanziamento per gruppi di cittadini o imprese che intendano sperimentare attività di coproduzione/condivisione, o intraprendere azioni con potenziali ricadute in termini di innovazione sociale; così come possono prevedere sgravi o bonus fiscali con le medesime finalità, o concedere spazi e occasioni per promuovere un coinvolgimento attivo dei cittadini nella cura dei beni comuni.
Infine, riguardo alle risorse di tipo informativo (nodality), nella fase di formulazione dei problemi e di identificazione delle priorità, le amministrazioni locali possono predisporre campagne di sensibilizzazione della cittadinanza, oppure raccogliere suggerimenti e opinioni dal basso tramite assemblee civiche, consultazioni pubbliche e apposite piattaforme di crowdsourcing [19]
. Consultazioni pubbliche finalizzate al reperimento di informazioni non note all’amministrazione possono essere utilizzate anche in fase di design dell’intervento pubblico, mentre dall’altro lato un supporto informativo può essere fornito dall’amministrazione stessa, sotto forma di assistenza tecnica o di consulenze mirate, a quei cittadini, singoli o associati, che abbiano intenzione di portare avanti progetti innovativi di collaborazione. Gli enti locali possono poi esercitare una funzione di nodality nella fase di delivery, avvalendosi della propria posizione di nodo centrale nella rete di relazioni presenti sul territorio e predisponendo dispositivi che favoriscano l’incontro tra domanda e offerta di servizi; così come possono utilizzare risorse di tipo informativo per il monitoraggio e la valutazione degli stessi, tramite strumenti classici come i report e le rilevazioni periodiche della soddisfazione dei cittadini, o sfruttando le potenzialità legate alla diffusione di dispositivi mobili connessi ai social per predisporre {p. 122}dispositivi istituzionali di crowdsensing [20]
, con funzione di mappatura del territorio e delle problematiche legate al funzionamento dei servizi.
Come è possibile evincere dalla carrellata fin qui illustrata, gli strumenti per innescare, sviluppare e sostenere pratiche collaborative orientate alla condivisione di beni e alla coproduzione di servizi sono dunque molteplici, presuppongono l’attivazione di risorse differenti, includono dispositivi sia tradizionali che più innovativi e, soprattutto, non si escludono a vicenda. Al contrario, in linea con quanto evidenziato da buona parte della letteratura sugli strumenti di policy, l’azione amministrativa richiede solitamente l’utilizzo di un mix di policy tools [21]
, il cui assemblaggio non è necessariamente frutto di scelte basate su esplicite (e coerenti) teorie causali, ma può dipendere piuttosto dall’intreccio di altri fattori quali la fattibilità politica, la compatibilità con la legacy e con le caratteristiche dell’ecosistema urbano, il sopraggiungere di soluzioni che precedono i problemi (si pensi, ad esempio, ai vari bandi di finanziamento europeo finalizzati all’innovazione nelle città), l’emulazione di best practices maturate in altri contesti o, più in generale, «la contaminazione tra strumenti [...] nella misura in cui ogni meccanismo viene traslato in settori di policy diversi e applicato a differenti livelli di governo, mutando nel significato e negli effetti attesi» [22]
. Analizzare come i governi locali combinano e calibrano gli strumenti per governare la collaborazione alla luce della classificazione qui esposta può dunque aiutarci non solo a mettere ordine nella pluralità di manifestazioni empiriche del fenomeno, ma anche a ragionare attorno alle condizioni che possono favorire l’adozione di determinate strategie rispetto ad altre, nonché alla congruenza con gli scopi a cui le pratiche collaborative rispondono.
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Note
[14] V. Pestoff e T. Brandsen, Public governance and the third sector: Opportunities for co-production and innovation?, in S.P. Osborne (a cura di), The New Public Governance: Emerging Perspectives on the Theory and Practice of Public Governance, London, Routledge, 2010, pp. 223-237; V. Pestoff, Towards a Paradigm of Democratic Participation: Citizen Participation and Co-Production of Personal Social Services in Sweden, in «Annals of Public and Cooperative Economics», n. 2/2009, pp. 197-224.
[15] T. Bovaird, Beyond Engagement and Participation: User and Community Coproduction of Public Services, in «Public Administration», n. 5/2007, pp. 846-860.
[16] T. Nabatchi, A. Sancino e M. Sicilia, Varieties of Participation in Public Services: The Who, When, and What of Coproduction, in «Public Administration Review», n. 5/2017, pp. 766-776.
[17] A.J. Meijer, Networked Coproduction of Public Services in Virtual Communities: From a Government-Centric to a Community Approach to Public Service Support, in «Public Administration Review», n. 4/2011, pp. 598-607.
[18] I bilanci partecipativi rappresentano esperienze di coinvolgimento dei cittadini nella costruzione delle politiche e nella programmazione territoriale tramite la loro partecipazione alle decisioni che riguardano l’allocazione delle finanze pubbliche (o di parte di esse) nelle diverse voci di budget delle amministrazioni locali. Le prime esperienze pionieristiche hanno interessato alcune città brasiliane (tra cui il caso più celebre di Porto Alegre) a partire dalla fine degli anni Ottanta, per poi diffondersi in tutto il Brasile negli anni Novanta, e in molti paesi europei dagli anni Duemila in poi. Al di là della comune etichetta nominale, tuttavia, sono numerose le differenze che contraddistinguono il panorama mondiale dei bilanci partecipativi, e in particolare il contesto europeo, caratterizzato da un’impostazione prevalentemente top-down, da quello del Sud America, dove l’avvio delle esperienze ha avuto origine dal basso, su stimolo e richiesta della cittadinanza attiva. Sul punto, si veda Y. Sintomer e G. Allegretti, I bilanci partecipativi in Europa. Nuove esperienze democratiche nel vecchio continente, Roma, Ediesse, 2009.
[19] D. Hilgers e C. Ihl, Citizensourcing: Applying the Concept of Open Innovation to the Public Sector, in «International Journal of Public Participation», n. 1/2010, pp. 67-88.
[20] H.K. Liu, Crowdsourcing: Citizens as coproducers of public services, in «Policy Internet», n. 13/2021, pp. 315-331.
[21] M. Howlett, Designing Public Policies: Principles and Instruments, New York, Routledge, 2011.
[22] Capano e Lippi, Gli strumenti di governo stanno cambiando?, cit., p. 25.