Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c3
Le risorse messe in campo dall’amministrazione raramente sono di tipo squisitamente monetario; di solito, infatti, il sostegno economico del comune (treasure) si concretizza nel comodato d’uso gratuito di spazi pubblici, nel garantire eventuali coperture assicurative, o nella messa a disposizione dei mezzi necessari a espletare le attività previste dal patto. Alle risorse impiegate per il sostegno materiale ai patti si aggiungono poi le risorse di tipo organizzativo e di nodality necessarie a dare concreta attuazione allo strumento e a gestire le relazioni con la cittadinanza: un ufficio appositamente dedicato (l’Ufficio cittadinanza attiva), una piattaforma online (Partecipa) per la presentazione delle proposte e dove vengono messe a disposizione tutte le informazioni (liberamente consultabili) sui patti attivi e conclusi, nonché il ruolo di accompagnamento, promozione e facilitazione delle pratiche collaborative
{p. 128}svolto dalla Fondazione innovazione urbana – FIU (ex Urban center), fondata e partecipata dal Comune e dall’Università di Bologna.
Proprio la FIU, nel corso del 2022, ha coordinato il laboratorio civico promosso dal Comune di Bologna e dal Forum del terzo settore che ha portato, attraverso 7 focus group tematici ad invito, 2 assemblee pubbliche e 6 laboratori nei quartieri, alla stipula di un nuovo patto per l’amministrazione condivisa tra Comune di Bologna, terzo settore e reti civiche cittadine, e all’adozione di un nuovo «Regolamento sulle forme di collaborazione tra soggetti civici e amministrazione per lo svolgimento di attività di interesse generale e per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani» che supera quello del 2014, in modo da creare un’unica cornice normativa che comprenda tutti i soggetti, le forme di sostegno e di collaborazione civica previste dall’amministrazione comunale [31]
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Torino e il bilancio deliberativo – La città di Torino è stata tra le prime, in Italia, a ricorrere all’istituto del bilancio partecipativo per la progettazione e la realizzazione di opere pubbliche di riqualificazione urbana, proponendone una particolare declinazione che coniuga la dimensione partecipativa (con incontri aperti a tutta la cittadinanza) per fare emergere le idee sul territorio con un momento più propriamente deliberativo (con partecipazione più ridotta e procedure molto strutturate di funzionamento) finalizzato ad elaborare le proposte progettuali da realizzare con il budget messo a disposizione dal comune [32]
. Il primo ciclo di bilancio deliberativo della {p. 129}città, realizzatosi nell’arco del 2014, è stato premiato nel 2015 come World Best Practice dall’International Observatory on Participatory Democracy [33]
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A differenza di quanto accade con i Patti di collaborazione, che codificano il ruolo dei cittadini attivi nella produzione (delivery) di attività o servizi rivolti all’interesse comune, nel bilancio deliberativo la collaborazione tra amministrazione e cittadini prende vita nella fase di definizione delle priorità (priority setting) e del disegno degli interventi (design) di cui poi l’amministrazione stessa si farà carico per l’attuazione.
Lo strumento principale che consente di attivare l’iniziativa è senz’altro quello finanziario (treasure): per le due edizioni 2014-2016 e 2017-2018 l’amministrazione comunale ha messo a disposizione 1 milione di euro da destinare agli interventi decisi con i cittadini di due circoscrizioni (nella prima edizione la circoscrizione 7, alle porte del centro urbano, mentre nel secondo la circoscrizione 1 – centro) oltre alle risorse necessarie a gestire e accompagnare i percorsi di partecipazione.
La realizzazione del coinvolgimento dei cittadini presuppone in effetti l’attivazione di altri tipi di risorse, in primo luogo sul piano organizzativo (organization): da questo punto di vista, fondamentale si è rivelata la collaborazione con l’Università di Torino (in particolare con il Laboratorio di politiche). Sia l’ideazione che la conduzione delle due edizioni del bilancio sono state infatti affidate a ricercatori dell’università esperti nel settore della partecipazione e delle tecniche di fa{p. 130}cilitazione dei processi deliberativi, che hanno al contempo preso parte alla cabina di regia posta a coordinamento del processo assieme all’assessore al bilancio, ai consiglieri di circoscrizione e ad alcuni funzionari e tecnici del comune.
La cabina di regia è l’organismo istituzionale che dà il via al processo, redigendo dall’alto un documento informativo con un’illustrazione del bilancio della città, una descrizione dettagliata del percorso partecipativo e alcune informazioni di base sulle caratteristiche del territorio su cui saranno realizzati gli interventi. Il documento informativo serve come base per gli incontri territoriali aperti a tutti i residenti delle circoscrizioni interessate, primo passo per la definizione delle priorità di intervento. Gli incontri si configurano a tutti gli effetti come strumento di nodality: da un lato, è in questa sede che i cittadini ottengono informazioni e si fanno un’idea del processo e delle sue possibili ricadute; dall’altro, lo scopo degli incontri è quello di generare informazioni e conoscenze utili alla riqualificazione urbana grazie alla discussione con i residenti (assistiti da facilitatori professionisti di Avventura urbana) e all’elaborazione di una «mappa delle esigenze del territorio» su cui concentrare le fasi successive del processo.
Sempre sul versante della nodality, gli incontri con la cittadinanza sono accompagnati dalla creazione di una piattaforma web [34]
finalizzata a consentire la partecipazione anche a chi non può recarsi fisicamente alle riunioni, così come a rendere conto passo per passo, e in maniera trasparente, delle tappe e dei risultati del processo. Sulla base della mappatura effettuata, una commissione deliberativa composta da un numero ristretto di cittadini estratti a sorte tra i partecipanti agli incontri della prima fase (con l’esclusione di persone con cariche elettive o ruoli di vertice in enti e associazioni) decide poi, con una serie di riunioni a cui partecipano anche i tecnici comunali, un paniere di progetti fattibili ed economicamente equivalenti (costo massimo: 500mila euro per ciascuna edizione) da pubblicare sulla piattaforma e da esporre nei luoghi ad alta frequentazione della circoscrizione, che sono sottoposti al voto (elettronico o cartaceo) di tutti i cittadini residenti con {p. 131}almeno 16 anni di età. Il progetto vincitore è poi quello che l’amministrazione comunale si impegna a realizzare, informando costantemente gli abitanti dei luoghi di intervento con camminate di quartiere e incontri aperti finalizzati anche a meglio dettagliare le opere stabilite dalla commissione.
Alla luce di alcune criticità emerse durante la prima edizione del bilancio deliberativo, l’amministrazione comunale (in accordo con l’università) ha in parte ricalibrato il mix di strumenti adottati: in primo luogo, anziché lasciare nelle mani della commissione deliberativa la scelta della localizzazione degli interventi sull’intero territorio della circoscrizione, nella seconda edizione la cabina di regia istituzionale decide di delimitare fin dall’inizio le aree su cui potranno essere realizzati gli interventi, mettendo in campo uno strumento – per quanto soft – di authority volto a circoscrivere la collaborazione su aree con problemi di sotto-utilizzo. In secondo luogo, sul versante dell’organizzazione, viene individuata fin da subito una squadra di tecnici e funzionari del comune da coinvolgere in tutte le fasi del processo, e per questo sottoposti ad alcune iniziative formative preliminari sullo stile di interazione da adottare con la cittadinanza. Sul piano della nodality, considerate le difficoltà a coinvolgere attivamente le fasce di residenti più giovani durante la prima edizione, si prevede che uno degli incontri territoriali sia loro dedicato e svolto in un liceo vicino all’area di intervento. Infine, per aumentare la legittimità percepita delle decisioni prese a porte chiuse dalla commissione deliberativa, la funzionalità della piattaforma web viene estesa anche alla fase di progettazione, consentendo ai cittadini interessati ma non rappresentati all’interno della commissione di avanzare suggerimenti e di tenere traccia di quanto di volta in volta deciso.
Nel momento in cui scriviamo gli interventi decisi nelle due tornate di bilancio deliberativo sono in fase di attuazione. {p. 132}

3.2. Collaborare per l’economia circolare

Capannori e la strategia Zero Waste – Il Comune di Capannori è stata la prima comunità non solo in Italia, ma anche in Europa, ad aderire alla Zero Waste International Alliance, con apposita delibera comunale emanata nel 2007. Obiettivo della strategia Zero Waste è quello di andare oltre la logica del semplice riciclo dei materiali derivanti dalla raccolta differenziata, puntando a una riduzione a monte della produzione dei rifiuti grazie a iniziative volte a finalizzare il riuso delle materie scartate, in un’ottica di economia circolare.
A Capannori l’attenzione verso il problema della riduzione dei rifiuti nasce però dal basso già nel corso degli anni Novanta, con un movimento locale formatosi contro la decisione da parte della Provincia di Lucca di costruire un inceneritore nei pressi del territorio comunale. Complici la disponibilità dell’amministrazione comunale e il successivo ingresso dell’animatore del movimento «No inceneritore» nelle istituzioni (prima come consigliere comunale, successivamente come presidente dell’azienda comunale per la gestione dei rifiuti solidi urbani), negli anni successivi si avvia in maniera del tutto pionieristica un progetto pilota per la raccolta differenziata porta a porta, che a partire del 2005 viene introdotta a tappe nelle varie frazioni del comune, cominciando dalle più piccole dove è più facile (e meno oneroso) il monitoraggio e l’eventuale sperimentazione di soluzioni innovative. Nel 2012 in alcune frazioni comincia ad essere introdotta la tariffazione puntuale, completata nel 2013. Da allora Capannori ha ottenuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale ed europeo, l’ultimo dei quali è la certificazione europea secondo lo standard di Zero Waste City, attribuita dalla Mission Zero Academy nell’estate del 2022, primo comune in Italia.
La strategia seguita dal Comune di Capannori, oltre all’approccio graduale verso la progressiva riduzione dei rifiuti pro-capite sopra accennato, si caratterizza per la messa a punto di un sistema abbastanza articolato di strumenti volti a promuovere un atteggiamento collaborativo della cittadinanza, favorendone l’adesione volontaria alle decisioni intraprese dall’amministrazione. Molta attenzione è stata dedicata al
{p. 133}versante dell’organizzazione (organization): nel 2010 nasce infatti il Centro ricerca rifiuti zero, costituito da un gruppo di esperti in tema di rifiuti e inserito nella rete internazionale Zero Waste, che oltre a realizzare ricerche finalizzate all’innovazione dei sistemi di raccolta contribuisce alla condivisione e promozione di buone pratiche di acquisto, produzione e consumo presso la cittadinanza (nodality). Importanti sono poi le collaborazioni strutturate con la rete associativa presente sul territorio (ad es. la Caritas), che hanno consentito di aprire centri del riuso ed empori solidali dove i cittadini possono conferire beni e materiali non più utilizzati ma ancora in buono stato o recuperabili (ad es. piccoli elettrodomestici, materiale tessile e di pelletteria, giocattoli ecc.), come alternativa alla discarica. Dall’altro lato, sempre sul piano organizzativo, anche la prossimità del comune con la società di gestione dei rifiuti a totale partecipazione pubblica che gestisce il servizio in regime di in-house (anziché in appalto) ha reso probabilmente più semplice introdurre innovazioni nel servizio e potenziare la raccolta porta a porta, aumentando il numero dei ritiri, così come rendendo più agevole il conferimento alle isole ecologiche, in modo da minimizzare i disagi per gli utenti [35]
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Note
[31] Fondazione innovazione urbana, Un nuovo patto per l’amministrazione condivisa, Bologna, 2022.
[32] La democrazia partecipativa e quella deliberativa, nonostante siano spesso considerate come due fenomeni contigui e alternativi o complementari al modello della democrazia rappresentativa, sono contraddistinte da numerose differenze sul piano sia teorico-concettuale che empirico. La democrazia partecipativa ricomprende tutte quelle pratiche e quei dispositivi volti a coinvolgere (seguendo comunque metodi di tipo aggregativo o negoziale) i cittadini nelle scelte pubbliche che interessano l’intera collettività, ponendo l’accento sulla capacità della partecipazione di affinare le facoltà umane e al contempo di incrementare qualità ed equità delle decisioni; la teoria della democrazia deliberativa, invece, si riferisce a un processo dialogico il quale, basandosi sull’argomentazione imparziale in condizioni di uguaglianza, inclusione e trasparenza, è in grado di trasformare le preferenze individuali e di giungere a decisioni comuni (e idealmente unanimi) orientate al bene pubblico. Per una discussione estesa di affinità e differenze tra i due concetti, si rinvia a B. Gbikpi, Dalla teoria della democrazia partecipativa a quella deliberativa: quali possibili continuità?, in «Stato e Mercato», n. 1/2005, pp. 97-130; L. Bobbio, La democrazia deliberativa nella pratica, in «Stato e Mercato», n. 1/2005, pp. 67-88.
[33] Si veda S. Ravazzi e G. Pomatto (a cura di), Partecipare alle scelte pubbliche. L’esperienza del Bilancio deliberativo di Torino, Report 2019, a cui si rinvia per una descrizione più dettagliata del progetto e dei suoi risultati.
[35] Sui diversi margini negoziali dei Comuni rispetto ai gestori dei servizi in house o in appalto, si rinvia a R. Dehoog, Competition, Negotiation, and Cooperation: Three Models for Service Contracting, in «Administration and Society», n. 3/1990, pp. 317-340.