Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c4
La didattica innovativa con le multinazionali tecnologiche prende il largo in meno di cinque anni (2016-2020) e promette non solo di crescere ulteriormente, ma di pervadere la didattica tradizionale con una pedagogia sempre più attenta alle esigenze dei discenti. Il riconoscimento della Commissione europea della buona pratica nella spesa dei fondi strutturali, dell’innovatività della didattica digitale inclusiva nonché l’attenzione dell’OCSE ai processi di collaborazione con le imprese sviluppati con le accademie, suggellano un lavoro scientifico e didattico di lungo corso, riconosciuto a livello europeo e internazionale a beneficio del territorio [11]
.
{p. 94}
La dedizione ai valori della ricerca e l’adesione a una missione di sviluppo forgiano un investimento in conoscenza condotto in un quartiere socialmente degradato. Il campus di San Giovanni è il risultato di un’operazione che ha inteso radicare i corsi universitari in una periferia ad alto tasso di disoccupazione giovanile e criminalità al fine di decongestionare l’area occidentale della città e insediare i laboratori di ricerca applicata in un ex centro manifatturiero in cui riattivare le collaborazioni con l’industria.
La storia della costruzione del polo è, quindi, da un lato, l’epica narrazione di una visione di trasformazione socioeconomica di lunga durata e, dall’altro, il racconto di un’operazione compiuta in sordina, in virtù di una delega tacita della politica regionale ai vertici dell’istituzione universitaria. La posizione decentrata dell’università – lontana dai riflettori della comunicazione mediatica – assicura ai decisori universitari gradi di libertà insperati. È grazie all’isolamento del gruppo dirigente dalla pressione politica locale che la visione condivisa dei problemi e delle soluzioni all’interno dell’istituzione universitaria beneficia di uno spazio di sperimentazione inaspettatamente ampio e fecondo. La distanza è uno schermo che protegge le decisioni più sfidanti dal gioco politico quotidiano, che sovente fiacca la programmazione e la gestione delle opere infrastrutturali. E la lontananza dai problemi pressanti che costringono a una continua esposizione comunicativa, con il rischio di ampie oscillazioni nella strategia adottata, offre l’opportunità di applicare – senza veti né riserve – competenza e immaginazione nelle iniziative intraprese. Il ruolo pubblico del gruppo dirigente universitario, defilato rispetto alle scadenze del ciclo elettorale, impermeabile alle lusinghe affaristiche {p. 95}di dubbia provenienza, scoraggia le mire criminali nella gestione degli appalti e la commercializzazione della conoscenza nel breve periodo.
La coesione del gruppo dirigente spiega la capacità di mantenere l’attenzione costante sulla missione di ricerca, sviluppo e formazione, puntando sulla responsabilità di scelte, anche impopolari, facendo fronte a imprevedibili emergenze sul percorso di attuazione. Quando la retorica della terza missione non aveva ancora pervaso il discorso tecnico-politico-valutativo in ambito universitario, la politica dei vertici accademici è orientata ai risultati, ancorché centralizzata. Le decisioni sono assunte da «quattro uomini chiusi in una stanza», ma le scelte di investimento devono fare i conti con il merito delle collaborazioni avviate e gli impatti sociali attesi e osservati.
L’assegnazione dei ruoli e delle funzioni operative premia la capacità di iniziativa dei docenti e dei ricercatori sulla base della verifica dei risultati conseguiti. Si valutano gli effetti delle collaborazioni su più livelli. I percorsi formativi sono sottoposti a un processo di revisione annuale per comprenderne i risultati in termini di apprendimento e inserimento lavorativo. L’allocazione dello spazio all’interno del campus premia coloro che utilizzano i locali assegnati, ridistribuendoli in base alle esigenze emergenti. Come già sottolineato nel capitolo 3, non tutte le imprese interessate hanno accesso all’ecosistema. La gestione delle convenzioni lascia, in seno al polo di San Giovanni, maggiore autonomia ai docenti che intraprendono azioni di terza missione con le imprese che intendono stabilire collaborazioni durature. Si afferma e si legittima, inoltre, uno stile di problem solving che supera il formalismo delle procedure amministrative previste per l’istituzione e la riforma dei corsi di formazione continua; un risultato apprezzabile in considerazione dei vincoli cui è sottoposta l’offerta formativa nel sistema universitario nazionale.
Con l’ingresso delle multinazionali tecnologiche e manifatturiere avanzate nell’ambito delle accademie e dei laboratori congiunti, l’attenzione ai risultati diventa inderogabile al fine di evitare gli errori. Il gruppo dirigente universitario {p. 96}dimostra di essere all’altezza di interagire con i colossi globali dell’hi-tech non recependo passivamente le loro richieste, ma dialogando alla pari, nella consapevolezza che la collaborazione impone responsabilità, costi e compromessi che co-evolvono in ragione dei risultati raggiunti.

3. Motivazione e valutazione dei rischi

Contrariamente alle aspettative di fallimento e ai tipici ostacoli alla percezione del cambiamento che caratterizzano l’arretratezza dei contesti meno sviluppati, lo stile decisionale universitario dimostra una consapevole fiducia nelle capacità dell’istituzione accademica, l’apertura agli indizi della rivoluzione digitale e alle intuizioni di cambiamento di un gruppo leader di ingegneri dalla solida etica del lavoro.
Eppure, proprio nelle fasi di avvio degli accordi negoziali con la multinazionale Apple e le altre imprese tecnologiche, la motivazione a condurre in porto i partenariati avrebbe potuto avallare uno stile decisionale fondato sulla «motivazione-che-sorpassa-la-comprensione», parafrasando Hirschman [12]
. La motivazione a collaborare con i colossi del digitale poteva essere così pressante da favorire comportamenti dipendenti, con l’importazione di soluzioni preconfezionate per risolvere i problemi che progressivamente sarebbero emersi sul cammino. Come nota Hirschman [13]
, la comprensione di un problema e la motivazione ad aggredirlo sono due input necessari al processo decisionale politico e al problem solving, ma la sequenza temporale può anche essere sfasata. La comprensione può dare il via alla motivazione ma in altre situazioni la motivazione a risolvere il problema può precedere la comprensione adeguata del problema, con esiti fallimentari. Sostiene Hirschman:
Possiamo definire immediatamente tue tipi ideali di vie o di stili di problem solving: nel primo, i progressi della comprensione {p. 97}tendono a stimolare la motivazione; nel secondo, al contrario la motivazione corre in testa alla comprensione. Naturalmente è anche possibile concepire una via ideale o equilibrata in cui comprensione e motivazione – ovvero, per dirla in termini alquanto diversi, possibilità di realizzare il cambiamento e aspirazione a realizzarlo – marciano di pari passo… [Ma] Un apprendimento autentico verrà talvolta impedito non soltanto dall’impazienza dei policy makers locali di balzare su una soluzione bell’e fatta, ma anche dall’insistente offerta di aiuto e consiglio da parte di outsiders potenti, preoccupati (dal punto di vista dei loro interessi) delle conseguenze di una crisi prolungata [14]
.
Nell’esperienza del polo tecnologico di San Giovanni si scorge la «mano che nasconde» – il meccanismo di transizione attraverso il quale le autorità responsabili imparano ad assumere rischi, andando incontro, con un’inventiva che stimola l’azione, ai costi sopraggiunti e non sufficientemente previsti in fase ex ante [15]
. Le prime reazioni alle dinamiche collaborative nell’ambito del polo hanno indubbiamente il carattere di misure tampone, ma aprono la strada a una maggiore comprensione dei problemi della co-innovazione [16]
. La valutazione delle carenze, delle priorità e degli incentivi sottesi alle collaborazioni, seppur implicitamente, permette agli organi decisionali universitari di comprendere man mano i rischi delle partnership, riconoscendo le lacune rispetto agli obiettivi strategici e le soluzioni utili a colmare e prevenire le lacune identificate, sia attraverso l’allocazione delle risorse sia attraverso la revisione della strategia.
Nelle fasi di avvio dei processi di collaborazione, i rischi investivano le aspettative di ruolo dei partner [17]
. Nella prima edizione dell’Apple Developer Academy, il rischio principale era legato al completamento delle strutture e delle procedure {p. 98}atte ad accogliere le attività di formazione. In prima battuta, si approntano le aule e i locali per ospitare la formazione in linea con una visione fortemente interattiva. L’allestimento della sala con i sedili girevoli – una vera e propria novità in termini di design e funzionalità – supera le iniziali resistenze della società multinazionale, garantendo ai partecipanti la possibilità di lavorare in gruppo in molteplici configurazioni formali e informali. I locali aperti con i tavoli componibili, gli schermi touch, le lavagne e i divani che arredano con colori vivaci gli ambienti insonorizzati del campus accomodano le esigenze di una didattica che coinvolge i discenti non solo in attività di apprendimento, ma anche in occasioni ludiche e sociali [18]
. Anche la selezione dei tutor d’aula assicura la verifica delle competenze tecniche e delle capacità interpersonali nella conduzione dei gruppi.
La capacità di venire incontro alle esigenze dei partner prende corpo nella gestione dei processi organizzativi [19]
e nella cura dei dettagli che garantiscono la condivisione delle risorse finanziarie, organizzative e umane, secondo
{p. 99}una comune visione e comprensione dei problemi e delle soluzioni [20]
. L’università asseconda le priorità di ciascun partner, non necessariamente rilevanti per gli altri partner. Motivati a creare fiducia e reciprocità nelle relazioni bilaterali, i vertici dell’istituzione universitaria investono risorse che avrebbero potuto anche generare costi irrecuperabili. Rispettano l’accordo di riservatezza con Apple, che richiede il riserbo assoluto su tutti i materiali didattici nei contratti con i collaboratori; rispettano e soddisfano l’esigenza di Deloitte di coinvolgere i tutor d’aula e le imprese satelliti nei processi di apprendimento basati sull’interazione tra pari, direttamente nei luoghi della produzione. Il prendersi cura delle relazioni sostiene le soluzioni e i rimedi ai problemi della co-innovazione, per assicurare i vantaggi attesi. E i vantaggi non tardano ad arrivare. Anzi i benefici si rafforzano vicendevolmente secondo un circuito virtuoso che consolida gli accordi ed estende il campo delle collaborazioni per la formazione [21]
, forti dei successi conseguiti, in termini di iscritti e occupati alla fine dei corsi.
Note
[11] Nel 2019 la Commissione europea riconosce la buona pratica di spesa dei fondi strutturali e nel 2020 con il sistema delle academy è selezionato tra i progetti finalisti al premio Regiostars. Analogamente l’OCSE include l’esperienza dell’Università di Napoli tra i casi-studio delle istituzioni universitarie più innovative a livello internazionale. Cfr. M. Marra, Digital Academies for Inclusive Learning, case study prepared for OECD-European Commission HEInnovate Program, 2020, https://heinnovate.eu/sites/default/files/Digital%20Academies%20for%20Inclusive%20Learning_University%20of%20Naples_0.pdf.
[12] Hirschman, Come far passare le riforme, cit.
[13] Ibidem.
[14] Ibidem.
[15] A.O. Hirschman, Development Projects Observed, Washington DC, Brookings Institution, 1967.
[16] È questa la risposta adattiva di Schumpeter, cui egli contrapponeva la risposta creativa che sfrutta l’emergere del problema per galvanizzare le energie e aprire una varietà di possibili corsi di azione.
[17] R. Adner, Ecosystem as Structure: An Actionable Construct for Strategy, in «Journal of Management», 43, 1, 2019, pp. 39-58.
[18] L’Academy si sviluppa al terzo piano dell’edificio su un unico, ampio open space di 4.500 mq e accoglie, secondo una modalità formativa fortemente collaborativa, spazi di tre categorie: Laboratory (di varie dimensioni), i cosiddetti Collaborative pods, ovvero luoghi di relax, confronto e scambio caratterizzati da sedute informali, e una Main classroom con 200 posti a sedere. Le attività che si svolgono all’interno delle diverse tipologie di spazio richiedono la disponibilità di attrezzature informatiche innovative per la progettazione, presentazione, visualizzazione e revisione delle applicazioni: workstation, dispositivi analogico-digitali, schermi HD, writable glass walls, in molti casi inseriti all’interno di chassis metallici di diverso colore, definiti totem. Cfr. S. Russo Ermolli, La digitalizzazione dei flussi informativi per la fase operativa: il caso della Apple Developer Academy, in «Techné», 18, 2019, pp. 235-245.
[19] Successivamente all’inaugurazione dell’academy, è stato condotto un lavoro di ricerca che ha inteso dare risposta alla specifica esigenza dell’ateneo di sviluppare soluzioni di facility management, finalizzate a ridurre tempi e costi e a migliorare l’efficienza complessiva dell’intera fase operativa. L’impegno del gruppo di ricerca si è concentrato pertanto sul fornire una simulazione delle potenzialità dei sistemi informativi digitalizzati per lo sviluppo di: space management, utile a posizionare, gestire e tracciare gli spazi assegnati e gli elementi ad essi correlati; asset management, per supportare la fase di gestione e uso delle academy, intese come sistema edificio/impianti; piano di manutenzione. Cfr. ibidem.
[20] Cfr. V. Rosenau (a cura di), Public-private Policy Partnerships, Cambridge, Mass., MIT Press, 2000. Cfr. anche M. Marra, Knowledge Partnerships for Development: What Challenges for Evaluation?, in «Evaluation and Program Planning», 27, 2004, pp. 151-160, doi: 10.1016/j.evalprogplan.2004.01.003.
[21] M. Granovetter, Economic Action and Social Structure: The Problem of Embeddedness, in «American Journal of Sociology», 91, 3, 1985, pp. 481-510.