Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c7
Sviluppare imprenditorialità interna permette di creare e rafforzare know-how, esplorando ed elaborando le informazioni acquisite all’esterno. Nelle fasi successive, l’integrazione tra conoscenze interne ed esterne avviene attraverso la cura delle risorse umane e la formazione della manodopera qualificata e attraverso gli investimenti e le collaborazioni di R&S. Sulla base dell’indagine qualitativa sull’innovazione del campione di imprese selezionate, la tabella 7.1 eviden{p. 156}zia i meccanismi di apprendimento che si attivano con le collaborazioni, i costi, i benefici e le condizioni abilitanti del contesto. Le collaborazioni con l’università – come già sottolineato nel capitolo 6 – possono indurre apprendimento e innovazione a patto che l’azienda sia in grado di sostenere i costi necessari ad assorbire le conoscenze esterne e ad adattarle alle proprie esigenze produttive. I benefici attesi sono legati alla presenza di condizioni di contesto che facilitano la mobilità dei lavoratori, l’avanzamento
¶{p. 157}tecnologico interno, la produttività dei sistemi territoriali, il radicamento delle relazioni di fiducia, il coordinamento delle collaborazioni. Man mano che le imprese sviluppano capacità imprenditoriali interne per sfruttare e creare nuove idee diventano importanti i fattori contestuali, come la coesione all’interno dei settori, l’efficienza dei cluster o l’apertura dei concorrenti alla cooperazione e la stessa presenza dell’università.
Meccanismi di apprendimento
|
Costi delle
collaborazioni
|
Benefici delle
collaborazioni
|
Condizioni abilitanti
del contesto
|
Learning by
hiring
|
Formazione on the job
|
Nuove conoscenze all’interno dell’azienda
|
Tecnologie e competenze digitali già esistenti in azienda
Mobilità del lavoro aziendale
Mercato del lavoro regionale efficiente e fluido
|
Learning by
networking
|
Sponsorizzazioni.
Divulgazione di conoscenza tacita a terzi
Creazione di conoscenza inadeguata rispetto alle esigenze produttive
|
Innovazione aperta
Soluzioni ai problemi interni di produzione e organizzazione
|
Grado ed efficacia del coordinamento delle attività produttive a livello territoriale da parte delle associazioni di categoria, delle istituzioni di governo del territorio e attraverso piattaforme digitali
|
Learning by
training
|
Costo della formazione
|
Applicazione delle conoscenze al processo produttivo
|
Consapevolezza dei bisogni di formazione della forza lavoro
|
Learning by
partnering
|
Costo del capitale e spesa corrente per le collaborazioni didattiche/formative
|
Co-produzione del capitale umano secondo le esigenze dell’azienda
|
Grado e intensità delle complementarità tra aziende e università
Esperienze pregresse di cooperazione
Fiducia
|
Sharing
R&D
|
Costo del capitale e spesa corrente per le collaborazioni scientifiche
|
Lancio di un nuovo prodotto o sperimentazione di nuove tecnologie
|
Radicamento degli ecosistemi
Grado elevato di interdipendenza
|
|
|
|
|
3. Il traino dell’università
Nelle relazioni collaborative, i partner condividono competenze, attività, risorse organizzative e finanziarie che vengono mobilitate per la creazione e lo sfruttamento della conoscenza. Lo scambio di risorse avviene nelle relazioni di rete, ma dipende anche e soprattutto dalla relativa capacità di assorbimento dei flussi di conoscenza esterna e di adattamento ai contesti produttivi territoriali. All’interno dei sistemi produttivi meno innovativi, le PMI tendono a investire in innovazione manageriale e marketing, attingendo in misura minore a fonti di conoscenza scientifica e tecnologica. La capacità di innovare da parte delle imprese è, sovente, legata al talento di stabilire legami con gli altri attori del territorio
[12]
. L’analisi del contesto regionale in cui operano le imprese rimane, quindi, imprescindibile per comprendere come le aziende acquisiscano le conoscenze esterne che contribuiscono al processo di innovazione
[13]
. ¶{p. 158}Poiché la natura e l’intensità delle relazioni collaborative con l’università risentono del contesto territoriale, le pressioni competitive possono indurre gli attori a concentrarsi sui costi delle collaborazioni e sui benefici di breve termine piuttosto che sulla sostenibilità del valore creato attraverso la cooperazione scientifica, che richiede tempi mediamente più lunghi e la capacità di investire per fini non immediatamente commerciali.
L’analisi delle collaborazioni tra le imprese selezionate nello studio e l’Università di Napoli evidenzia i meccanismi di apprendimento che intervengono attraverso il reclutamento, l’aggiornamento, il networking, le partnership per la formazione continua e la ricerca applicata. Si tratta di modalità di interazione che possono generare innovazioni nel processo o nel prodotto in quanto rispondono a diverse esigenze di digitalizzazione. Per le aziende con una più elevata capacità tecnologica e imprenditoriale, le politiche d’innovazione possono sostenere le strategie di ibridazione tra user e producer innovation
[14]
. Facilitando la capacità delle imprese ad attingere a flussi di conoscenze esterne, l’università può contribuire a rafforzare anche le loro conoscenze interne. Come già affermato precedentemente, le imprese hanno bisogno di una base di know-how per poter co-creare con l’università e gli altri attori scientifici e tecnologici del territorio. E l’università può sostenere l’investimento in conoscenza foriero di almeno due tipi di benefici: in primo luogo, può promuovere la capacità delle aziende di riconoscere il sapere tacito nella collaborazione con i partner; in secondo luogo, può sostenere la capacità delle imprese di assimilare le conoscenze esterne per sviluppare imprenditorialità all’interno dell’organizzazione.
Sviluppare conoscenze interne e acquisire conoscenze esterne a supporto dei processi di innovazione non sono strategie complementari
[15]
. Combinare fonti di conoscenza interne ed esterne è costoso e rischioso e potrebbe richiedere ¶{p. 159}un certo lasso di tempo per intraprendere le strategie in sequenza. Più lungo è il tempo necessario per ideare soluzioni tecnologiche adeguate e individualizzate, maggiori sono le possibilità che i concorrenti si avvantaggino sul mercato in considerazione dei rischi legati alla debolezza della domanda, alle carenze di risorse umane o finanziarie, nonché alle condizioni economiche mutevoli. Occorre, quindi, sviluppare una propensione al rischio a favore dell’innovazione sia nel settore pubblico che in quello privato
[16]
. Per questo motivo, una politica sensibile ai tempi e ai contesti è chiamata a sostenere processi di co-creazione della conoscenza in cui modulare la natura delle collaborazioni e l’intensità delle relazioni – specialmente nelle circostanze in cui la cooperazione avviene tra aziende (livello organizzativo) e dirigenti e ricercatori (livello individuale).
Una politica di innovazione trainata dall’università interviene sui meccanismi di appropriazione e protezione legale dell’investimento in conoscenza, incentivando le forme di co-creazione
[17]
per ridurre i costi. Ciò significa sostenere la spesa in R&S ma anche migliorare il coordinamento tra gli attori, erogare formazione con sperimentazioni nei luoghi della produzione al fine di accrescere le competenze dei lavoratori, degli imprenditori e dei ricercatori.
Diventa allora importante differenziare tra imprese a basso e alto rendimento, piccole e medie imprese e grandi gruppi industriali e tecnologici nonché tra imprese e regioni che ricevono sostegni finanziari attraverso politiche di innovazione o di welfare. Si fa strada la consapevolezza che esista una relazione stretta tra le capacità di assorbimento delle imprese e il potenziale imprenditoriale di livello regionale
[18]
. Ciò significa osservare e sperimentare come si integrano le conoscenze esterne e interne nell’ambito di ¶{p. 160}più settori, tradizionali ed emergenti, al fine di realizzare analisi trasversali a livello aziendale, settoriale e territoriale. Estendere i confini dei processi di innovazione al di là delle capacità di assorbimento delle singole imprese, ma anche e al di là di una visione basata sulle risorse e sulle ricadute della conoscenza nei sistemi produttivi locali può contribuire a superare un approccio di natura dicotomica che separa le collaborazioni tecno-scientifiche di livello micro dalla spesa pubblica e dagli investimenti in R&S di livello macro.
Note
[12] R.D. Fitjar e A. Rodríguez-Pose, Networking, Context and Firm-level Innovation: Cooperation through the Regional Filter in Norway, Papers in Evolutionary Economic Geography (PEEG) 1516, Utrecht University, Department of Human Geography and Spatial Planning, Group Economic Geography, 2015.
[13] P. McCann e R. Ortega-Argilés, Smart Specialization, Regional Growth and Applications to European Union Cohesion Policy, in «Regional Studies», 49, 8, 2015, pp. 1291-1302; J.-L. Hervás-Oliver, M.D. Parrilli, A. Rodríguez-Pose e F. Sempere-Ripoll, The Drivers of SME Innovation in the Regions of the EU, in «Research Policy», 50, 9, 2021, doi 10.1016/j.respol.2021.104316.
[14] Von Hippel, Free Innovation, cit.
[15] Audretsch e Belitski, The Limits to Collaboration across Four of the Most Innovative UK Industries, cit.
[16] M. Mazzucato, The Value of Everything, London, Penguin, 2019.
[17] R. Caiazza, M. Belitski e D.B. Audretsch, From Latent to Emergent Entrepreneurship: The Knowledge Spillover Construction Circle, in «The Journal of Technology Transfer», 45, 2, 2020, pp. 1-11.
[18] Audretsch, Lehmann, Menter, Wirsching, Intrapreneurship and Absorptive capacities, cit.