Mita Marra
Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c4
La capacità di venire incontro alle esigenze dei partner prende corpo nella gestione dei processi organizzativi [19]
e nella cura dei dettagli che garantiscono la condivisione delle risorse finanziarie, organizzative e umane, secondo
{p. 99}una comune visione e comprensione dei problemi e delle soluzioni [20]
. L’università asseconda le priorità di ciascun partner, non necessariamente rilevanti per gli altri partner. Motivati a creare fiducia e reciprocità nelle relazioni bilaterali, i vertici dell’istituzione universitaria investono risorse che avrebbero potuto anche generare costi irrecuperabili. Rispettano l’accordo di riservatezza con Apple, che richiede il riserbo assoluto su tutti i materiali didattici nei contratti con i collaboratori; rispettano e soddisfano l’esigenza di Deloitte di coinvolgere i tutor d’aula e le imprese satelliti nei processi di apprendimento basati sull’interazione tra pari, direttamente nei luoghi della produzione. Il prendersi cura delle relazioni sostiene le soluzioni e i rimedi ai problemi della co-innovazione, per assicurare i vantaggi attesi. E i vantaggi non tardano ad arrivare. Anzi i benefici si rafforzano vicendevolmente secondo un circuito virtuoso che consolida gli accordi ed estende il campo delle collaborazioni per la formazione [21]
, forti dei successi conseguiti, in termini di iscritti e occupati alla fine dei corsi.
Oltre a comprendere i rischi delle azioni intraprese congiuntamente, l’università apprende a valutare le aspettative dei partner in relazione agli altri attori, ai ruoli assegnati e ai flussi di attività. Stabilire, ad esempio, a chi dovesse spettare il compito di accompagnare i discenti nell’inserimento lavorativo e quali attività fossero da predisporre a monte del processo formativo – come la selezione dei mentor – comporta la necessità di condividere impegni e responsabilità, interpretando le attese implicite e i comportamenti di fatto. Piuttosto che rimedi a problemi pressanti, comincia a farsi strada l’idea di una politica delle collaborazioni che crei un’organizzazione duratura nel tempo.{p. 100}
E nel tempo i ruoli mutano: non tutte le funzioni vengono identificate o eseguite, e non tutti i ruoli vengono delineati in maniera adeguata. Alcuni ruoli, funzioni e questioni rimangono ambigui: ad esempio, come si reclutano le potenziali nuove imprese da affiliare all’ecosistema; in che modo si distribuiscono i vantaggi creati all’interno dell’ecosistema, rispetto ai nuovi o potenziali entranti; in che modo le priorità nell’allocazione delle risorse mutano e in che misura la crescita dell’offerta formativa può incontrare e saturare la domanda di formazione a livello regionale. Si tratta di temi che richiedono uno stile decisionale di tipo reform-mongering – per citare nuovamente Hirschman [22]
– astuto e ingenuo, capace di convincere gli innovatori a oltranza e i più conservatori, stringendo alleanze, avanzando compromessi, agitando ora soluzioni radicali, ora ragionando sulla necessità di mutui sacrifici.
Nelle concitate fasi della costruzione delle partnership prevale un approccio di problem solving che dimostrandosi efficace – vale a dire, avendo introdotto azioni appropriate per problemi e difficoltà risolvibili – cede il passo a una politica via via più consapevole e competente, ma anche più complessa da perseguire. Rispetto alle scelte compiute, si apre una fase decisionale, in cui i responsabili riconoscono non solo le lacune che derivano da aspettative incoerenti rispetto alle posizioni assegnate all’interno dell’ecosistema ma anche le carenze che investono le aspettative sui ruoli effettivamente svolti. Il gruppo dirigente è chiamato a riconoscere le funzioni più sfaccettate che richiedono lo sforzo di affrontare i problemi pressanti e i problemi trascurati [23]
, non meno urgenti o recalcitranti – come, ad esempio, le pressioni competitive che possono portare gli attori chiave a concentrarsi sui benefici a breve termine a scapito della sostenibilità del valore prodotto nel lungo periodo. Coloro che hanno gestito le relazioni con i partner, hanno assunto la responsabilità di concludere accordi di collaborazione, avviare processi organizzativi e risolvere problemi ricorrenti {p. 101}ed estemporanei. Lo stile decisionale innovativo scaturisce dalla graduale comprensione dei rischi della co-innovazione unitamente alla motivazione a risolvere i problemi con un occhio costantemente attento ai risultati delle scelte assunte. Il gruppo dirigente contribuisce, in maniera non ideologica, a forgiare una politica dell’innovazione basata sulla valutazione delle priorità, degli incentivi e dei rischi delle partnership per la formazione digitale. Ingaggiando un dialogo serrato con i grandi gruppi tecnologici mondiali, la leadership universitaria offre l’opportunità ad attori tradizionalmente in concorrenza di cooperare per condividere saperi tecnici, organizzativi, contestuali, non ancora codificati e sfruttabili sul piano commerciale. Fa fronte alle priorità e alle attese dei partner, valutando le lacune e le incoerenze nelle aspettative e nelle prestazioni rese. È una politica che, affrontando i problemi pressanti della co-innovazione, innesta germogli di cambiamento nel processo decisionale dell’istituzione universitaria, ponendo le basi per un’innovazione di governance tanto cruciale quanto le altre innovazioni pedagogiche, tecno-strutturali e tecnologiche sperimentate nel polo tecnologico di San Giovanni.
Note
[19] Successivamente all’inaugurazione dell’academy, è stato condotto un lavoro di ricerca che ha inteso dare risposta alla specifica esigenza dell’ateneo di sviluppare soluzioni di facility management, finalizzate a ridurre tempi e costi e a migliorare l’efficienza complessiva dell’intera fase operativa. L’impegno del gruppo di ricerca si è concentrato pertanto sul fornire una simulazione delle potenzialità dei sistemi informativi digitalizzati per lo sviluppo di: space management, utile a posizionare, gestire e tracciare gli spazi assegnati e gli elementi ad essi correlati; asset management, per supportare la fase di gestione e uso delle academy, intese come sistema edificio/impianti; piano di manutenzione. Cfr. ibidem.
[20] Cfr. V. Rosenau (a cura di), Public-private Policy Partnerships, Cambridge, Mass., MIT Press, 2000. Cfr. anche M. Marra, Knowledge Partnerships for Development: What Challenges for Evaluation?, in «Evaluation and Program Planning», 27, 2004, pp. 151-160, doi: 10.1016/j.evalprogplan.2004.01.003.
[21] M. Granovetter, Economic Action and Social Structure: The Problem of Embeddedness, in «American Journal of Sociology», 91, 3, 1985, pp. 481-510.
[22] Hirschman, Come far passare le riforme, cit., p. 193.
[23] Ibidem.