Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c14
Il progressivo stratificarsi delle non poche norme di hard e soft law in materia di anticorruzione si propone ai singoli ordinamenti su più livelli (regionale, continentale, spesso addirittura universale) e coinvolge sia profili strutturali-istituzionali che organizzativo-funzionali, allo scopo di perseguire principalmente due obiettivi: da un lato, scongiurare conflitti di norme nello spazio ed accrescere la fiducia reciproca degli Stati attraverso la cooperazione giudiziaria [58]
; dall’altro, colmare eventuali lacune di tutela e creare le premesse per un adeguato livello di enforcement delle regole repressive. Ciononostante, l’interazione tra il carattere intrinsecamente territoriale del diritto penale e l’indole globalizzata dell’economia ha provocato delle difficoltà di non poco momento nel soddisfare le spinte armonizzatrici provenienti dal contesto
{p. 400}internazionale. Sul punto, ciò che viene primariamente in considerazione sono quegli evidenti limiti strutturali ostativi a delineare una fattispecie concettualmente sufficiente del fenomeno corruttivo: difatti, l’eterogeneità dei modelli politico-ideologici e la disomogeneità giuridico-culturale degli Stati frustra l’ambizione di immaginare una definizione universalmente accettata, tanto da finire per riflettere le mutevoli concezioni che lambiscono il pericoloso confine tra ciò che è eticamente disapprovato e ciò che è penalmente rilevante [59]
. Di conseguenza, sebbene sia pacifico che il nucleo portante dell’atto corruttivo consista nell’abuso di un potere delegato per un guadagno privato [60]
, gli attori internazionali hanno preferito tratteggiare solamente i contorni di alcune forme di corruzione [61]
. Il risultato di un approccio tanto parziale quanto cauto non solo comporta frequenti difficoltà di recepimento ma, permanendo differenze rilevanti tra ordinamenti in punto di disciplina e trattamento punitivo dei fatti di corruzione, offre altresì il fianco a storture applicative di non poco momento. Tutto considerato, discende un reticolo di disposizioni collocate a differenti livelli nella gerarchia delle fonti, oppure in rapporti orizzontali e di interferenza, non sempre precisamente delineato e foriero di ulteriori criticità. In primo luogo, emerge l’imperituro dibattito circa la legitti{p. 401}mazione del diritto di produzione regionale e internazionale: sul punto, non rileva solamente la nota riserva concernente la legittimazione di tipo democratico che, almeno a livello dell’Unione europea, potrebbe dirsi parzialmente superata [62]
, quanto piuttosto affiora con più preoccupazione il nodo della legittimazione sostanziale della fonte extra-nazionale, giacché il rispetto delle sue prescrizioni spesso si riduce alla necessità di onorare un vincolo assunto in un foro sovrastatuale [63]
.
A rendere meno limpida la congerie di obblighi di incriminazione di fonte sovranazionale e internazionale contribuiscono due ulteriori fattori: se per un verso si tratta di disposizioni radicate su formulazioni essenziali [64]
– là dove spetta poi agli ordinamenti interni rispondere alle esigenze di determinatezza e comprensibilità del precetto [65]
– per altro, esse risentono della concorrenza della normativa di soft law [66]
e dell’emersione di nuove forme di autoregolamentazione e co-regolamentazione attuata dagli attori privati (cd. industry self-regulation [67]
). Inoltre, in tempi recenti si sono sviluppati orientamenti che spostano la lotta alla corruzione sul terreno {p. 402}della cooperazione pubblico-privato, chiamando le imprese a concludere degli accordi transattivi (deferred prosecution agreements) con le autorità giudiziarie per favorire la prevenzione, individuazione e repressione delle dinamiche corruttive, in cambio di notevoli vantaggi procedurali [68]
. Si tratta di un inedito cambio di rotta che accoglie strategie bottom-up le quali, pur avendo il merito di voler recuperare dalla stessa dinamica criminale i termini per una strategia cooperativa efficace, finiscono purtroppo per frammentare ancora di più il panorama normativo entro cui si dispiegano gli sforzi in materia di anticorruzione.

6. L’interlegalità come «bandolo del molteplice»

La corruzione internazionale e le complesse dinamiche della sua regolazione rappresentano un epifenomeno particolarmente significativo di quella porosità legale [69]
entro cui i tradizionali concetti della sovranità statale perdono la loro funzione orientativa [70]
. In buona sostanza, a fronte della proliferazione di regimi extra-statali ed organizzazioni internazionali, ciò a cui il fenomeno corruttivo fa da cartina di tornasole è proprio il fallimento di una concezione conchiusa della legalità, là dove, viceversa, gli spazi giuridici risultano talmente sovrapposti e compenetrati da non poter più ignorare che we live in between [71]
. Tuttavia, come è stato anticipato in {p. 403}principio, l’approccio sinora adottato in tema di prevenzione e contrasto alla corruzione ha registrato dei pericolosi vuoti di efficienza, lasciando emergere la necessità di superare le divergenze tra le norme che presidiano il fenomeno, la loro astrattezza ed il rischio di risultati parziali o unilaterali. Simili obiettivi sembrano potersi perseguire attraverso una strategia regolatoria globale la quale, lungi dall’accogliere una legalità aprioristica e conchiusa, inauguri un itinerario più aperto che parta dalle caratteristiche del caso concreto, radicandosi cioè su di una prospettiva inter-legale. Una soluzione di questo tipo potrebbe essere sviluppata nel seno di un soggetto regolatore globale capace di dare voce ai regolatori dei vari Stati membri in tema di anticorruzione, nonché di elaborare criteri che consentano una convergenza verso modelli in grado di dialogare reciprocamente. In quest’ultimo senso viene dunque in considerazione la possibilità – ed opportunità – di immaginare la creazione di un’agenzia globale decentrata [72]
che, ancorandosi all’approccio dell’interlegalità, permetterebbe di sfuggire al rischio di una disciplina non uniforme dovuta a tutte le possibili modalità di interazione delle varie «legalità» interessate al contrasto della corruzione.
In definitiva, l’indipendenza istituzionale, la composizione ibrida e il margine operativo comune ed integrato del sistema delle agenzie [73]
, ben risponderebbe alla necessità di «gestire» il fenomeno criminale in modo coerente alla sua fenomenologia, nonché di «risolvere» quell’intreccio di molteplici obblighi – nazionali, internazionali, sovranazionali [74]
– di cui l’interlegalità rappresenta il bandolo del «molteplice».
Note
[58] Cfr. A. Bernardi, Il diritto penale tra globalizzazione e multiculturalismo, in «Riv. dir. pub. Com.», 2002, pp. 485 ss., 490: «la cooperazione penale, per essere sufficientemente efficace ed effettiva, sembra necessariamente postulare un certo livello di armonizzazione tra le normative penali dei singoli Stati».
[59] Sul punto, S.R. Salbu, Foreign Corrupt Practices Act as a Threat to Global Harmony, in «Mich. J. Int’l L. J.»,1999, pp. 419 ss., 423.
[60] Cfr. World Bank, Helping Countries Combat Corruption: The Role of the World Bank, 1997, p. 8; Transparency International, The Anti-Corruption Plain Language Guide, Berlin, 2009, p. 14. In dottrina, cfr. J.W. Williams e E. Beare, The Business of Bribery: Globalization, Economic Liberalization, and the «Problem» of Corruption, in Critical Reflections on Transnational Organized Crime, Money Laundering, and Corruption, Toronto, University of Toronto Press, 2003, pp. 88 ss., 117.
[61] Ad esempio, «pagamenti illeciti» (ONU), ovvero «corruzione di pubblici ufficiali stranieri in operazioni economiche internazionali» (OCSE). Cfr. Explanatory Notes to Convention, § 2. I la Relazione esplicativa della convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea del 26 giugno 1997, in cui si afferma che «pur variando da uno Stato all’altro, la definizione dei reati di corruzione rende possibile rinvenire in essi elementi comuni che rendono possibile una definizione comune».
[62] Cfr. Mongillo, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale. Effetti, potenzialità e limiti di un diritto penale «multilivello» dallo stato-nazione alla globalizzazione, cit., p. 464.
[63] Cfr. ibidem, p. 36.
[64] Si pensi, ad esempio, alla Convenzione OCSE del 1997 ed ai concetti, ivi utilizzati, di «esercizio di funzioni pubbliche», «operazioni economiche internazionali», «vantaggio indebito», «impresa pubblica», ecc. Spetta dunque agli ordinamenti interni rispondere alle esigenze di determinatezza e comprensibilità del precetto.
[65] Si pensi, ad esempio, alla Convenzione OCSE del 1997 e ai concetti, ivi utilizzati, di «esercizio di funzioni pubbliche», «operazioni economiche internazionali», «vantaggio indebito», «impresa pubblica», ecc.
[66] Ancora prima dell’emanazione della Convenzione ONU del 2003 e la Raccomandazione OCSE del 2009, registrava il fenomeno S. Manacorda, La corruzione internazionale del pubblico agente. Linee dell’indagine penalistica, Napoli, Jovene, 1999, pp. 231 ss.
[67] Si tratta di produzioni normative condizionate dall’appartenenza a determinate associazioni e dall’accettazione contrattuale di norme standardizzate all’interno di processi di negoziazione. Cfr. OECD, Industry Self Regulation: Role and Use in Supporting Consumer Interests, in «OECD Digital Economy Papers», 2015, n. 247.; J.P. Mendoza, J.L. Wielhouwer e H.C. Dekker, Industry Self-regulation Under Government Intervention, in «Journal of Quantitative Criminology», 2019, pp. 1 ss.
[68] I quali, a seconda degli ordinamenti di appartenenza, possono assumere la forma del patteggiamento, di cause di non punibilità, sospensione condizionale della pena, archiviazione del procedimento, ecc.
[69] Cfr. B. de Sousa Santos, Toward a New Legal Common Sense. Law, Globalization and Emanicpation, Cambridge, Cambridge University Press, 2002, p. 437.
[70] Cfr. J. Klabbers e G. Palombella, Introduction. Situating Interlegality, in Iid. (a cura di), The Challenge of Inter-legality, 2019, p. 6: «Clearly, the old Westphalian state system, built around keywords such as sovereign equality, national democracy, dualism, hierarchy, and state consent, no longer did the trick».
[71] Cfr. B. De Sousa Santos, Beyond Neoliberal Governance: The World Social Forum As Subaltern Cosmopolitan Politics and Legality, in B. De Sousa Santos e C.A. Rodriguez-Garavito (a cura di), Law and Globalization from Below, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, pp. 29 ss.
[72] A livello europeo si veda il fenomeno dell’«agentification»: E. Chiti, The Agencification Process and the Evolution of the EU Administrative System, in P. Craig e G. de Búrca (a cura di), The Evolution of EU Law, III ed., Oxford, Oxford University Press, 2021, pp. 123 ss.
[73] Sul punto, M. Shapiro, Independent agencies, in P. Craig e G. De Búrca (a cura di), The Evolution of EU Law, II ed., Oxford, Oxford University Press, 2011, pp. 111 ss., 113; C. Harlow, Deconstructing Government, in «Yearbook of European Law», 2005, pp. 57 ss.
[74] Cfr. di Martino, Interlegality and Criminal Law, cit., p. 258.