Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c14
Sebbene la dimensione della prevenzione e del contrasto alla corruzione sia caratterizzata da una complessa trama di fonti di diversa emanazione e valenza giuridica, è comunque possibile distinguere i due piani su cui è intervenuta la strategia internazionale: quello delle norme a portata generale in funzione dissuasiva ed il piano delle norme settoriali finalizzate ad innalzare il costo delle condotte corruttive [38]
. È nell’alveo di questo duplice ordine che si possono indivi
{p. 395}duare i principali profili d’intervento di quel coherent and comprehensive public-integrity system [39]
oggetto delle volontà di coordinamento internazionale [40]
.
In primo luogo, l’interesse si è concentrato sull’organizzazione della pubblica amministrazione nazionale, valorizzando i sistemi risk based [41]
finalizzati a contenere, per l’appunto, il rischio corruttivo sul breve-medio termine: in altre parole, non si tratta più di assecondare la logica del mero adempimento formale del dettato legislativo, quanto piuttosto di creare occasioni costruttive che razionalizzino l’ente tanto sul piano organizzativo, quanto su quello delle modalità di svolgimento delle sue attività [42]
. Tuttavia, una simile strategia può dirsi efficace solo là dove siano garantiti i principi di imparzialità, integrità, competenza ed accountability dei componenti delle pubbliche amministrazioni, investendo, {p. 396}in special modo, nella formazione di competenze specifiche in settori particolarmente esposti al rischio di infiltrazioni corruttive.
In questo senso, sia l’OCSE [43]
che la Convenzione delle Nazioni Unite, hanno dedicato specifica attenzione all’adozione di norme e/o codici di condotta che favoriscano l’integrità, l’onestà e la responsabilità dei funzionari pubblici, nonché di un assetto disciplinare efficace nella prevenzione dei conflitti di interesse e nell’eventuale violazione delle norme di settore. Analogamente, l’Unione europea ha sancito che l’integrità del singolo componente della pubblica amministrazione costituisce un principio generale di good governance, rappresentando altresì uno dei pilastri nella costruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni [44]
. Quest’ultima impostazione è stata inoltre alimentata ed arricchita dalla diffusa richiesta presente nelle carte internazionali – di natura più o meno cogente – di adottare misure volte a favorire la segnalazione da parte dei dipendenti di un ente di condotte di corruzione delle quali si venga a conoscenza nell’esecuzione delle proprie funzioni (si richiama qui il fenomeno del cd. Whistleblowing) [45]
.{p. 397}
Il punto di congiunzione di questi orientamenti si sostanzia nel più generale principio di trasparenza amministrativa, il quale, nella prospettiva della prevenzione della corruzione, non costituisce solamente un fine – nella misura in cui permette di diffondere la conoscibilità amministrativa – ma soprattutto un mezzo di contrasto avverso gli accordi illeciti e le violazioni delle regole del libero mercato [46]
. A presidio di un simile principio, i tavoli internazionali hanno approntato strumenti di diversa natura che vanno dalla mera richiesta di elaborare principi e criteri in materia [47]
, sino all’obbligo, ad esempio, di garantire il diritto di accesso alle informazioni sull’organizzazione, il funzionamento e i processi decisionali [48]
. A questo proposito, è bene notare che nell’ambito regionale europeo il principio di trasparenza possiede una valenza di vera e propria portata costituzionale, riconfermato nella Carta dei diritti fondamentali e specificato nel Trattato sul funzionamento dell’Unione, secondo il quale, al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile [49]
, consentendo il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, degli organi, degli organismi e agenzie in generale, indipendentemente dalla forma in cui sono prodotti [50]
. La {p. 398}dinamica del principio di trasparenza, peraltro, conferma tutta la complessità amministrativa del processo di integrazione tra ordinamento europeo ed ordinamenti nazionali, là dove i principi applicabili all’amministrazione dell’Unione sovente tendono a dilatarsi ed applicarsi al diritto domestico di derivazione comunitaria, finendo per contaminare e fertilizzare anche gli ordinamenti degli Stati membri [51]
.
In ultimo, si registra una tendenza internazionale volta a favorire l’istituzione di organismi indipendenti deputati alla prevenzione e contrasto della corruzione [52]
, propensione non pienamente condivisa a livello europeo che ne offre solo spunti indiretti [53]
, nonostante le sollecitazioni inserite nelle direttive in materia [54]
. In altre parole, sebbene l’Unione {p. 399}europea non sia estranea ad esperienze di sistemi istituzionali complessi in materia di dati personali [55]
, tutela della concorrenza nel mercato interno [56]
e gestione delle comunicazioni elettroniche [57]
, non si è convenuto di introdurre soluzioni analoghe anche nel campo della maladministration.

5. I limiti strutturali e pratici della strategia internazionale

Il progressivo stratificarsi delle non poche norme di hard e soft law in materia di anticorruzione si propone ai singoli ordinamenti su più livelli (regionale, continentale, spesso addirittura universale) e coinvolge sia profili strutturali-istituzionali che organizzativo-funzionali, allo scopo di perseguire principalmente due obiettivi: da un lato, scongiurare conflitti di norme nello spazio ed accrescere la fiducia reciproca degli Stati attraverso la cooperazione giudiziaria [58]
; dall’altro, colmare eventuali lacune di tutela e creare le premesse per un adeguato livello di enforcement delle regole repressive. Ciononostante, l’interazione tra il carattere intrinsecamente territoriale del diritto penale e l’indole globalizzata dell’economia ha provocato delle difficoltà di non poco momento nel soddisfare le spinte armonizzatrici provenienti dal contesto
{p. 400}internazionale. Sul punto, ciò che viene primariamente in considerazione sono quegli evidenti limiti strutturali ostativi a delineare una fattispecie concettualmente sufficiente del fenomeno corruttivo: difatti, l’eterogeneità dei modelli politico-ideologici e la disomogeneità giuridico-culturale degli Stati frustra l’ambizione di immaginare una definizione universalmente accettata, tanto da finire per riflettere le mutevoli concezioni che lambiscono il pericoloso confine tra ciò che è eticamente disapprovato e ciò che è penalmente rilevante [59]
. Di conseguenza, sebbene sia pacifico che il nucleo portante dell’atto corruttivo consista nell’abuso di un potere delegato per un guadagno privato [60]
, gli attori internazionali hanno preferito tratteggiare solamente i contorni di alcune forme di corruzione [61]
. Il risultato di un approccio tanto parziale quanto cauto non solo comporta frequenti difficoltà di recepimento ma, permanendo differenze rilevanti tra ordinamenti in punto di disciplina e trattamento punitivo dei fatti di corruzione, offre altresì il fianco a storture applicative di non poco momento. Tutto considerato, discende un reticolo di disposizioni collocate a differenti livelli nella gerarchia delle fonti, oppure in rapporti orizzontali e di interferenza, non sempre precisamente delineato e foriero di ulteriori criticità. In primo luogo, emerge l’imperituro dibattito circa la legitti{p. 401}mazione del diritto di produzione regionale e internazionale: sul punto, non rileva solamente la nota riserva concernente la legittimazione di tipo democratico che, almeno a livello dell’Unione europea, potrebbe dirsi parzialmente superata [62]
, quanto piuttosto affiora con più preoccupazione il nodo della legittimazione sostanziale della fonte extra-nazionale, giacché il rispetto delle sue prescrizioni spesso si riduce alla necessità di onorare un vincolo assunto in un foro sovrastatuale [63]
.
Note
[38] Così anche F. Di Cristina, Prevenire la corruzione e l’illegalità negli appalti pubblici: verso una nuova via europea?, in A. Del Vecchio e P. Severino (a cura di), Il contrasto alla corruzione nel diritto interno e nel diritto internazionale, Padova, CEDAM, 2014, pp. 325 ss., 328-330.
[39] Punto II delle Recommendations on Public Integrity, 26 gennaio 2017, C(2017)5, indirizzate alla costruzione di un sistema pubblico di integrità; esse sostituiscono le Recommendations on Improving Ethical Conduct in the Public Service del 1998.
[40] In questo senso – e a titolo esemplificativo – se la Convenzione di Merida esige espressamente che gli Stati collaborino nel quadro delle organizzazioni internazionali e regionale (Convenzione di Merida, art. 5, co. 4.), così l’Unione europea ha introdotto una clausola espressa (Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, 23 maggio 1969, art. 26: «Pacta sunt servanda. Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede») che vincola l’Unione e ciascuno Stato membro al rispetto ed alla reciproca assistenza nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati (Trattato sull’Unione europea, art. 4 comma 3: «In virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati»).
[41] OECD, Trust in Government Ethics Measures in OECD Countries, 2000, https://www.eocd.org/gov/ethics/48994450.pdf. Sul processo applicato nell’ordinamento italiano in seguito all’entrata della legge 190/2012: OCSE, Rapporto sull’integrità in Italia. Rafforzare l’integrità nel settore pubblico, ripristinare la fiducia per una crescita sostenibile, disponibile su keepeek.com, 2013. Sui modelli di compliance (privatistici e pubblicistici): N. Parisi, Assessment of the effectiveness of anti-corruption measures for the public sector and for private entities, in «Rule of Law and Anti-Corruption Journal», 2018.
[42] Cfr. N. Parisi, La prevenzione della corruzione nel modello internazionale ed europeo, in «Federalismi», 2019, p. 17.
[43] Significativo al proposito è quanto emerge dai lavori del cosiddetto «tavolo SPIO» (Senior Public Integrity Officials Network), istituito entro il Directorate for Public Governance, in grado di far circolare tra i trentasei Stati parte dell’Organizzazione le migliori prassi in materia di modelli di integrità dell’amministrazione pubblica nazionale.
[44] European Commission, Quality of Public Administration. A Toolbox for Pratictioners, 2017.
[45] Convenzione di Merida, art. 33: introduce, ancorché in modo non vincolante, una disposizione generale a favore dell’inserimento di misure appropriate a scongiurare trattamenti ingiustificati nei confronti dei whistleblowers. Convenzione Civile sulla Corruzione del Consiglio d’Europa, art. 9: obbliga le parti contraenti a dotarsi di una legislazione a protezione dei whistleblowers. Ancora, l’OCSE ha manifestato il suo interesse per il fenomeno del whisleblowing attraverso le Guidelines for Multinational Entreprises (Paris, 2000) e i Principles of Corporate governance (Paris, 2004), nei rapporti redatti annualmente dai Punti di contatto nazionali (PCN) sull’attuazione delle guidelines, nonché nel quadro dei lavori del suo Working group on Bribery dove emerge l’esigenza che gli Stati si dotino di una normativa di portata generale specificamente indirizzata a promuovere il ruolo whistleblower. Analogamente, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha adottato 29 principi per il tramite della raccomandazione 7 (2014) su cui si è pronunciata anche l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, con un rapporto (del 19 maggio 2015, doc. 13791) e con la raccomandazione 2073 (2015). In ultimo, L’Unione europea ha adottato una disciplina di portata generale tramite la proposta di direttiva del 23 aprile 2018, COM(2018)218 def. sulla quale è intervenuto l’accordo politico di PE e Consiglio il 12 marzo 2019.
[46] Cfr. Parisi, La prevenzione della corruzione nel modello internazionale ed europeo, cit., p. 20.
[47] Cfr. le già citate Recommendations on Public Integrity, 26 gennaio 2017, C(2017)5, in sostituzione delle Recommendations on Improving Ethical Conduct in the Public Service del 1998.
[48] United Nation, High-level Political Conference for the Purpose of Signing the United Nation Convention Against Corruption (UNCAC), cit., artt. 7, co. 1; 9, co. 1; 10; 13, co. 1, lett. a.
[49] TUE, art. 15, c. 1.
[50] TFUE, art. 15, co. 3: «Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma del presente paragrafo».
[51] Sul punto cfr. E. Chiti, La formazione del sistema amministrativo europeo, in M.P. Chiti (a cura di), Diritto amministrativo europeo, Milano, Giuffrè, 20182, pp. 47 ss.
[52] La Convenzione penale sulla corruzione elaborata dal Consiglio d’Europa richiede un simile adempimento ai fini di coordinare l’azione di repressione (Convenzione penale sulla corruzione, Strasburgo, 1999, art. 20: «Ciascuna Parte adotta le misure necessarie per garantire la specializzazione di persone o di enti nella lotta contro la corruzione. Questi devono disporre, nel rispetto dei principi fondamentali del sistema giuridico della Parte, dell’indipendenza necessaria per poter esercitare le loro funzioni efficacemente e liberi da qualsivoglia pressione illecita. Le Parti provvedono affinché il personale degli enti summenzionati disponga di una formazione e di risorse finanziarie adeguate all’esercizio delle loro funzioni letto in correlazione con l’Art. 21 rubricato Cooperazione tra autorità nazionali») mentre la Convenzione di Merida ne sancisce l’obbligo (Convenzione di Merida, artt. 36 e 46.).
[53] In quest’ottica, la dottrina amministrativista ha rilevato una sinergia tra le norme in tema di prevenzione della corruzione e quelle inerenti alle procedure di evidenza pubblica. Così, individuando, sia pure in maniera indiretta, una fonte di legittimazione dell’autorità di prevenzione della corruzione sul diritto europeo: cfr. S. Valaguzza, Normativa sull’evidenza pubblica e sull’anticorruzione: prospettive a confronto, in G. Della Torre (a cura di), La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione. Atti del LXI Convegno di Scienze dell’Amministrazione, Milano, Giuffrè, 2016, pp. 703 ss.
[54] Ci si riferisce, solo esemplificativamente, al «pacchetto» di misure anticorruzione adottate dalla Commissione europea: Doc. COM(2011) 308 def.; e alla Relazione della stessa Commissione sulla lotta alla corruzione nell’Unione europea, doc. COM(2014) 38 def.
[55] Cfr. la Direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995 e il Regolamento (che l’ha sostituita) (UE) 2016/679 del 27 aprile 2016. Per considerazioni in materia: N. Parisi, Anac and the Italian Model for the prevention of corruption. Best practices, challenges and gaps, in G. Bellantuono e F. Lara (a cura di), Legal Conservations between Italy and Brazil, Trento, Editoriale Scientifica, 2018, pp. 17 ss.
[56] Cfr. il regolamento 1/2003/CE del 16 dicembre 2002. Sul punto: S. Cassese, L’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel «sistema» delle autorità indipendenti, in «Giornale dir. amm.», 2011, pp. 102 ss.
[57] Commissione europea, Direttiva 2002/21/CE, disponibile su eur-lex.europa.eu, 2002.
[58] Cfr. A. Bernardi, Il diritto penale tra globalizzazione e multiculturalismo, in «Riv. dir. pub. Com.», 2002, pp. 485 ss., 490: «la cooperazione penale, per essere sufficientemente efficace ed effettiva, sembra necessariamente postulare un certo livello di armonizzazione tra le normative penali dei singoli Stati».
[59] Sul punto, S.R. Salbu, Foreign Corrupt Practices Act as a Threat to Global Harmony, in «Mich. J. Int’l L. J.»,1999, pp. 419 ss., 423.
[60] Cfr. World Bank, Helping Countries Combat Corruption: The Role of the World Bank, 1997, p. 8; Transparency International, The Anti-Corruption Plain Language Guide, Berlin, 2009, p. 14. In dottrina, cfr. J.W. Williams e E. Beare, The Business of Bribery: Globalization, Economic Liberalization, and the «Problem» of Corruption, in Critical Reflections on Transnational Organized Crime, Money Laundering, and Corruption, Toronto, University of Toronto Press, 2003, pp. 88 ss., 117.
[61] Ad esempio, «pagamenti illeciti» (ONU), ovvero «corruzione di pubblici ufficiali stranieri in operazioni economiche internazionali» (OCSE). Cfr. Explanatory Notes to Convention, § 2. I la Relazione esplicativa della convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea del 26 giugno 1997, in cui si afferma che «pur variando da uno Stato all’altro, la definizione dei reati di corruzione rende possibile rinvenire in essi elementi comuni che rendono possibile una definizione comune».
[62] Cfr. Mongillo, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale. Effetti, potenzialità e limiti di un diritto penale «multilivello» dallo stato-nazione alla globalizzazione, cit., p. 464.
[63] Cfr. ibidem, p. 36.