Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c7
È proprio la differenza su tale ultimo, centrale, aspetto che pare spiegare il ben più drammatico esito che la questione della privazione automatica del diritto di voto dei detenuti ha avuto, in sede giudiziaria, in Russia [29]
. Come detto, anche la Russia è stata condannata da Strasburgo per violazione dell’art. 3 del Protocollo n. 1 CEDU con la sentenza Anchugov e Gladkov, in circostanze molto simili a quelle che avevano caratterizzato il caso Hirst nel Regno Unito. Tuttavia, nella situazione della Russia una differenza fondamentale era data dal fatto che la privazione automatica del voto per i detenuti si trovava sancita non già nella legislazione ordinaria, ma in una disposizione della Costituzione [30]
. Non sorprende dunque che la questione dell’esecuzione della sentenza della Corte EDU nel caso Anchugov e Gladkov sia stata portata di fronte alla Corte costituzionale russa; né sorprende che quest’ultima Corte, nella sentenza resa il 16 aprile 2016, si sia espressa molto nettamente per l’impossibilità di dare attuazione nell’ordina
{p. 167}mento russo alla decisione di Strasburgo, data la contrarietà del dispositivo della sentenza Anchugov e Gladkov all’art. 32(2) della Costituzione [31]
. Molto interessante però, ai nostri fini, è considerare alcuni passaggi della dialettica sviluppatasi tra le corti di Strasburgo e di San Pietroburgo nel caso di specie. La Corte EDU, nel rendere la propria sentenza nel 2013, aveva ben presente la circostanza che la privazione del diritto di voto fosse oggetto di una regola stabilita dalla Costituzione russa e, consapevole delle difficoltà che ciò avrebbe sollevato, aveva invitato gli organi competenti, e in particolare la Corte costituzionale, a esplorare le vie possibili per risolvere la questione, ivi compresa un’interpretazione armonizzata con la Convenzione, tale da coordinare gli effetti dei due strumenti ed evitarne il conflitto:
The Court notes the Government’s argument that the restriction complained of is enacted in a chapter of the Russian Constitution, amendments to or revision of which may involve a particularly complex procedure (…). [T]here may be various approaches to addressing the question of the right of convicted prisoners to vote. In the present case, it is open to the respondent Government to explore all possible ways in that respect and to decide whether their compliance with Article 3 of Protocol No. 1 can be achieved through some form of political process or {p. 168}by interpreting the Russian Constitution by the competent authorities – the Russian Constitutional Court in the first place – in harmony with the Convention in such a way as to coordinate their effects and avoid any conflict between them [32]
.
Da parte sua, la Corte costituzionale russa aveva risposto in maniera intransigente a questo invito di Strasburgo, chiarendo che l’interazione tra l’ordinamento della CEDU e quello costituzionale russo era impossibile in condizioni di subordinazione (del secondo rispetto al primo) e che un dialogo tra i due sistemi doveva basarsi sul rispetto da parte della Corte EDU dell’identità costituzionale nazionale russa [33]
. Ancor più interessante è notare come, nella logica seguita dalla Corte costituzionale russa, si ribaltino i termini di quell’interpretazione armonizzata che, sola, avrebbe potuto garantire la compatibilità tra i due ordinamenti in conflitto. In altri termini, secondo la Corte costituzionale russa, la sentenza della Corte EDU e l’art. 3 del Protocollo n. 1 CEDU dovevano interpretarsi conformemente alla Costituzione russa, e non già il contrario:
Implementation in the legal system of Russia of the Judgment of the European Court of Human Rights in the case of Anchugov and Gladkov v. Russia and, therefore, also of the interpretation of Article 3 of Protocol No. 1 to the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms carried out thereby is admissible, if it conforms to the provisions of the Constitution of the Russian Federation, pertaining to the fundamental principles of the constitutional order and of the legal status of the individual in {p. 169}Russia. Since it is the Constitution of the Russian Federation which sets the parameters of such implementation, the interpretation of Article 32 (Section 3) of the Constitution of the Russian Federation by the Constitutional Court of the Russian Federation in the spirit of the interpretation of Article 3 of Protocol No. 1 to the Convention by the European Court of Human Rights may not go beyond the bounds outlined by the requirements of the logic of legal interpretation [34]
.
Due sono le considerazioni che possono trarsi dal caso appena analizzato. La prima, relativamente ovvia, è che quando, in situazioni caratterizzate dall’intreccio di diversi ordinamenti, entrano in gioco questioni di identità costituzionale la dialettica rischia di complicarsi enormemente, fino a portare alla totale incomunicabilità tra i soggetti coinvolti. In tale senso, il diverso peso identitario-costituzionale attribuito al nodo della privazione del diritto di voto ai detenuti ben spiega il diverso esito del confronto tra le due Corti supreme nazionali, britannica e russa, e la Corte EDU. La seconda osservazione, che sembra più interessante in una prospettiva di interlegalità, riguarda il fatto che, in situazioni di «contro-costituzionalismo» estremo come quella considerata, l’efficacia delle tecniche dialogiche elaborate nel contesto del confronto tra Corti per favorire il bilanciamento tra i diversi valori giuridici in competizione si trova ad essere pressoché annichilita. L’esito del caso russo dimostra che il ricorso alla tecnica dell’interpretazione conforme può risultare distorto fino al punto di favorire, anziché l’armonizzazione tra gli ordinamenti in gioco, l’opposto effetto della prevalenza di uno di essi sull’altro: ovvero proprio uno degli effetti dai quali un approccio basato sull’interlegalità intende rifuggire.

3. Contro-costituzionalismo «à l’italienne»? Il caso delle pensioni svizzere in una prospettiva di lungo periodo

Fiumi di inchiostro sono corsi per descrivere i modi e le forme con cui la Corte costituzionale italiana – negli alti {p. 170}e bassi della giurisprudenza – ha cercato di attutire i colpi delle prescrizioni convenzionali nell’ordinamento interno. Senza voler ripercorrere in questa sede le linee fondanti della complessa relazione fra l’ordinamento giuridico italiano e il sistema convenzionale, possiamo però accennare ad alcuni elementi di tensione che emergono nei punti di intersezione fra più legalità e che, sia pur in una versione temperata, à l’italienne, si ricollega all’analisi dei precedenti casi da noi definiti come esempi di «contro-costituzionalismo».
Anche nel contesto italiano, infatti, ci si è interrogati sul vincolo interpretativo che discende dall’ordinamento convenzionale in capo ai giudici ordinari e costituzionali: si allude qui alla vexata quaestio riguardo i confini di tale dovere [35]
, legato com’è all’interpretazione della convenzione quale essa vive nella giurisprudenza della sua Corte, unico organo abilitato a chiarirne il contenuto [36]
. Una prima possibile fonte di tensione ricade, così, sull’obbligo di interpretazione convenzionalmente conforme nel momento in cui il vincolo internazionale cui adeguarsi non risulti univoco: in {p. 171}altri termini, quando si può definire la chiarezza del disposto convenzionale tale da poter generare un dovere in capo ai giudici nazionali? [37]
Come noto, la Corte costituzionale in tal senso, a partire dalla ben nota sentenza n. 49/2015, ha cercato di predisporre una sorta di road map volta a specificare i criteri di individuazione del diritto vivente europeo [38]
.
Un altro punto di tensione nel dipanarsi dei rapporti fra le diverse legalità qui in esame si può aprire in fase di confronto con i diktat della Corte di Strasburgo: in virtù anche della rilevata differente natura delle due giurisdizioni, la Consulta potrebbe reclamare – e ha reclamato – un ulteriore margine di apprezzamento delle decisioni adottate a Strasburgo per poter essa stessa effettuare un proprio bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti all’interno dell’ordinamento nel suo complesso. Un bilanciamento – come vedremo nell’analisi del caso che segue – di cui la Corte si fa garante, rivendicandone l’esclusiva [39]
.
{p. 172}
Note
[29] In generale, sull’atteggiamento di resistenza dell’ordinamento russo rispetto all’attuazione delle sentenze della Corte EDU, cfr. A. Matta e A. Mazmanyan, Russia: In Quest for a European Identity, in Popelier, Lambrecht e Lemmens (a cura di), Criticism of the European Court of Human Rights, cit., pp. 481 ss.
[30] Cfr. l’art. 32, cap. 2, sez. 3, della Costituzione russa, riportato (in traduzione inglese) nella sentenza della Corte EDU, Anchugov and Gladkov v. Russia, cit., par. 30: «3. (…) citizens detained in a detention facility pursuant to a sentence imposed by a court shall not have the right to vote or to stand for election».
[31] Cfr. Costitutional Court of the Russian Federation, Judgment of 16 April 2016 No. 12-P/2016 in the case concerning the resolution of the question of possibility to execute the Judgment of the European Court of Human Rights of 4 July 2013 in the case of Anchugov and Gladkov v. Russia in accordance with the Constitution of the Russian Federation in respect to the request of the Ministry of Justice of the Russian Federation (traduzione inglese non ufficiale disponibile al sito della Corte costituzionale russa: www.ksrf.ru/en/ Decision/Judgments/Documents/2016_April_ 19_12-P.pdf). Tra i diversi commenti alla sentenza cfr. P. Pustorino, Russian Constitutional Court and the Execution «à la carte» of ECtHR Judgments, in «QIL-Questions of International Law», 32, 2016, pp. 5 ss.; I. Kleimenov, Judgment of the Constitutional Court of the Russian Federation no 12-P/2016: Refusal to Execute Judgements of ECHR or the search for compromise between Russian and International Law?, in «QIL-Questions of International Law», 32, 2016, pp. 19 ss.
[32] Corte EDU, Anchugov and Gladkov v. Russia, cit., par. 111 (corsivo aggiunto).
[33] Cfr. Costitutional Court of the Russian Federation, Judgment of 16 April 2016 No. 12-P/2016, cit., par. 1.2: «The Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms as an international treaty of the Russian Federation is an integral part of its legal system, and, therefore, the State is obliged to execute a judgment of the European Court of Human Rights (…). At the same time, the interaction of the European conventional and the Russian constitutional legal orders is impossible in the conditions of subordination, so far as only a dialogue between different legal systems is a basis of their appropriate balance, and the effectiveness of norms of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms in the Russian legal order in many respects depends on the respect of the European Court of Human Rights for the national constitutional identity» (corsivo aggiunto).
[34] Ibidem, par. 4.4 (corsivo aggiunto).
[35] Basti qui esemplarmente ricordare che sin dalla sentenza n. 348/2007 la Corte ha affermato che «si deve (…) escludere che le pronunce della Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalità delle leggi».
[36] Non a caso, infatti, autorevole dottrina, ha descritto l’opera esegetica compiuta dalla Corte di Strasburgo nel tempo come costitutiva di un vero e proprio «diritto interpretato» in materia di diritti fondamentali (F. Ost, Originalità dei metodi di interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, in M. Delmas-Marty [a cura di], Verso un’Europa dei diritti dell’uomo, Padova, CEDAM, 1994, pp. 277 ss.): S. Lonati, Metodi di interpretazione della Corte Edu ed equo processo, in «Giurisprudenza Costituzionale», 2015, p. 250 sottolinea, inoltre, come una delle caratteristiche portanti di questa interpretazione è volta «allo scopo di tutelare l’individuo e, qualora siano ammissibili più interpretazioni, occorre privilegiare quella che assicura maggiori garanzie al ricorrente». Non è possibile in questa sede scendere nel dettaglio di questo affascinante tema, per tutti si veda G. Repetto, Argomenti comparativi e diritti fondamentali in Europa. Teorie dell’interpretazione e giurisprudenza sovranazionale, Napoli, Jovene, 2011. Si noti, per inciso, che queste possibili crepe dell’architettura predisposta per raccordare i due sistemi giuridici nasce anche dal fatto che – a differenza di quanto avviene nel sistema euro-unitario – non è previsto un rinvio «pregiudiziale» alla Corte di Strasburgo sull’interpretazione della norma convenzionale.
[37] Come è stato osservato, si cela in questa domanda la preoccupazione «che, in qualche occasione, ci si possa ritrovare a essere… “più realisti del re”», rischiando di far discendere da una sentenza isolata della Corte di Strasburgo un vincolo interpretativo, «ovvero a impugnare ed eventualmente annullare in via definitiva norme nazionali ritenute contrastanti con la CEDU sulla sola base di indirizzi giurisprudenziali controversi ed “effimeri” della Corte di Strasburgo, magari di singole sentenze destinate a essere “smentite” in breve tempo» (V. Sciarabba, La Corte Edu tra Corte costituzionale e giudici comuni, in «Questione giustizia», 2019, p. 205).
[38] Come noto, infatti, il giudice costituzionale ha specificato che, perché la giurisprudenza EDU possa assurgere a vera e propria risorsa ermeneutica, essa debba essere «consolidata» (così soddisfacendo una serie di indici in parte identificati dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 49/2015, p.to 7) oppure trovi espressione in una sentenza-pilota. Senza poter scendere nel dettaglio di questa problematica, tale affermazione della Corte non è passata senza critiche, come esemplarmente mostra la risposta della Corte EDU a questa presa di posizione della Consulta: si veda a riguardo la sentenza 28 giugno 2018, GIEM e altri c. Italia, nel momento in cui osserva che «the Court would emphasise that its judgments all have the same legal value. Their binding nature and interpretative authority cannot therefore depend on the formation by which they were rendered» (ibidem, par. 252).
[39] Come osserva C. Pinelli, «Valutazione sistematica» vs. «valutazione parcellizzata»: un paragone con la Corte di Strasburgo, in «Giurisprudenza Costituzionale», 2012, p. 4229, la sentenza n. 264/2012 si distingue per «l’esplicita affermazione di una riserva esclusiva di bilanciamento, la quale costituirebbe l’autentico elemento differenziale con la tutela apprestata a Strasburgo».