Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c6
Ma è il contributo offerto da Lewin, Lippitt e White [1939] – che a tutt’oggi trova ambiti di applicazione sia nel contesto educativo in senso stretto, sia in quello organizzativo manageriale – a essere di particolare interesse per noi. La ricerca di questi autori era volta a individuare gli effetti di tre tipi di stili di leadership dei docenti sul clima di classe di un gruppo di ragazzi dai 10 agli 11 anni. I tre stili sono denominati: autoritario, democratico e permissivo o del laissez faire. Con il primo si fa riferimento a uno stile in cui il docente stabilisce unilateralmente attività, tempi e modi di realizzazione, assegna il lavoro agli alunni, determina attività e gestisce il gruppo; nel secondo il docente incoraggia e aiuta sia i singoli, sia il gruppo, agevola e incoraggia la discussione, lascia autonomia nella divisione dei compiti e nell’organizzazione del lavoro; infine nell’ultimo il docente lascia al gruppo la libertà completa di decidere rispetto a mezzi e fini, non interviene nelle dinamiche di gruppo, si esprime solo se sollecitato. Quello studio mise l’accento sul ruolo del leader (in qualsiasi contesto) nella creazione di un clima sociale di gruppo. Tale clima ha effetti sul gruppo nella sua totalità e su ciascuno dei componenti, determinandone i risultati. Gli esiti della ricerca indicarono che lo stile migliore era quello democratico, sia sotto il profilo dell’autonomia e del morale del gruppo, sia per quanto riguardava l’efficienza e la produttività. Più recentemente, Serafini [2002] ha proposto di considerare tre tipi d’insegnante, non difformi
{p. 202}dal modello di Lewin e colleghi: l’insegnante-compagno, connotato come figura incoraggiante, affettuosa che pone l’enfasi sul gioco e il piacere; l’insegnante-sperimentatore, qualificato come colui/colei che insegna a studiare, a fare ricerca, a sperimentare, quindi orientato più al metodo che al contenuto; e infine l’insegnante-guida, descritto come colui/colei che insegna con sistematicità, che intrattiene con gli allievi un rapporto distaccato, rigido, autoritario. Un ulteriore contributo in sintonia con quelli appena menzionati può essere desunto dalla classificazione proposta negli anni Novanta da Kellerhals e Montandon [1991; 1992]: gli stili maternalista, autoritario e autorevole-contrattualista venivano definiti dalle autrici sulla base della maggiore presenza in essi di funzioni espressive o strumentali – intendendo con le prime riferirsi a relazioni fondate sull’emotività, l’affetto, l’empatia; le seconde invece sono funzionali in senso materiale al raggiungimento di un risultato, sono operative, concrete, ma non sono fini in sé. Quest’ultima tassonomia era stata originariamente intesa – almeno in forma prevalente – come relativa alle relazioni genitori-figli. Tuttavia, in ragione della crescente delega da parte della famiglia alla scuola anche del compito educativo e di socializzazione normativa, oltre che didattico, abbiamo ritenuto utile e legittimo importare questo contributo anche nell’ambito degli stili di insegnamento in ambito scolastico. È dunque a queste distinzioni che il nostro lavoro si è ispirato, non in modalità deduttiva, cioè partendo dalle tipologie e cercando di verificarne la presenza nei record della nostra ricerca, ma piuttosto come forme concettuali che sono apparse particolarmente adeguate a interpretare coerentemente i dati delle nostre osservazioni.
È evidente che nella pratica non è quasi mai dato di rinvenire tipi puri, quanto piuttosto una miscellanea di tratti derivati dai diversi stili, ma pur sempre con un fattore dominante. Questa prevalenza di uno stile può essere utilizzata per classificare i docenti rispetto alle competenze osservate.
Un ulteriore passaggio consiste nel mettere in relazione questi stili di insegnamento con le competenze socio-emozionali. Ciò può essere fatto in due sensi. Il presente capitolo presenta un breve excursus che riguarda il nesso con le SES {p. 203}degli insegnanti che sono state oggetto di osservazione: le capacità organizzative, l’energia, la creatività, la resistenza allo stress e la cooperazione. Nel prossimo capitolo (cap. 7) tenteremo d’istituire una connessione degli stili di insegnamento con le SES osservate negli alunni.
Mettendo in relazione gli stili educativi dei docenti e le competenze oggetto della nostra indagine, emerge un quadro che può essere schematizzato nella tabella 6.1. In essa abbiamo unito i tre stili indicati da Lewin e colleghi con quelli di Kellerhals e Montandon. Pare che due di essi possano essere sovrapposti: lo stile autoritario è presente in entrambe le tipologie; quello democratico di Lewin corrisponde a quello autotevole-contrattualista di Kellerhals e Montandon; restano invece da trattare come a sé stanti gli stili del laissez faire e quello maternalista. Quest’ultimo risulta essere di particolare rilevanza, vista la fascia di età della popolazione scolastica osservata; la scuola primaria infatti contiene in sé ancora una forte componente di affettività, molto più accentuata rispetto ai cicli superiori della scuola.
Con riferimento alla popolazione docente osservata, possiamo proporre quanto illustrato nella tabella 6.1. Concordemente con le tesi più diffuse in letteratura, anche la nostra indagine conferma che il tipo autoritario e quello del laissez faire risultano essere non soltanto problematici a livello generale, ma scarsamente efficaci per l’attivazione delle SES di interesse per la ricerca. Questi due stili deprimono creatività ed energia degli insegnanti ed escludono (evidentemente per ragioni diverse) la loro capacità di cooperazione {p. 204}con i colleghi. Lo stile autoritario salvaguarda parzialmente le capacità organizzative (a condizione, tuttavia, che non si verifichino situazioni di competizione tra pari) e la resistenza allo stress (che in questo caso si qualifica più che altro come forte orientamento al controllo). Si conferma altresì l’efficacia dello stile democratico-contrattualista, sia rispetto al team docente, sia nella creazione e nel mantenimento dello spazio educativo. I docenti autorevoli sono regolarmente riconosciuti dai bambini come giusti, equilibrati, comprensivi, esigenti e capaci di ascoltare. Le osservazioni svolte in aula nei vari momenti della giornata hanno confermato questo insieme di qualità, sia durante la didattica in senso stretto, sia durante le pause della ricreazione, sia nelle uscite, come anche nel rapporto con le famiglie e nella gestione di situazioni di difficoltà (scolastica, relazionale oppure personale ed emotiva) che coinvolgevano uno o più allievi.
Tab. 6.1. Stili educativi e competenze socio-emozionali degli insegnanti
Organizzazione
Energia
Creatività
Resistenza allo stress
Cooperazione
Stile autoritario
+
+
Stile maternalista
+
+
+
Stile democratico-contrattualista
+
+
+
+
+
Stile del laissez faire
 
 
 
 
 
 
Rispetto alle specifiche competenze osservate, questa categoria di docenti mostra di avere un’elevata capacità organizzativa, declinata sia all’interno dell’aula, sia nella relazione con i colleghi della classe, sia nell’interclasse e sia più in generale con le attività dell’istituto. Ne deriva anche una spiccata capacità di collaborazione, che evidenzia un’ottima capacità di riflessione critica sul proprio operato e un’apertura nei confronti delle proposte e metodi altrui. Quanto alle competenze denominate energia e creatività, questi docenti ne manifestano la pratica specialmente nei contesti di apprendimento; la loro capacità autocritica e riflessiva li induce a individuare costantemente metodi innovativi per favorire l’apprendimento, a creare occasioni anche personalizzate per l’apprendimento da parte di bambini in condizione di ritardo o svantaggio. E quindi anche rispetto alla resistenza allo stress mostrano una buona capacità di gestione delle situazioni difficili.
Un commento a parte merita lo stile maternalista. All’interno del segmento della scuola primaria, il rapporto tra alunni e insegnanti (prevalentemente di sesso femminile) è improntato a una forte carica affettiva: la relazione insegnante-alunno presenta tratti del maternage ed è fortemente protettiva. Questo stile mostra tratti di debolezza rispetto a {p. 205}competenze organizzative e resistenza allo stress, ma è correlato a elevati livelli di cooperazione, energia e creatività. Queste ultime caratteristiche sono anche riconducibili a un ruolo docente in cui sono centrali le dimensioni dell’aiuto, della cura, del sostegno.

3. Come si distribuiscono stili di insegnamento e competenze

Ma come si distribuiscono questi docenti tra le classi e le scuole che abbiamo osservato? I nostri dati ci dicono che non esiste una scuola in cui i docenti presentino in misura maggiore o minore queste qualità a livello aggregato; si tratta sempre di qualità individuali, che non appaiono dipendenti dai diversi contesti organizzativi. Anzi, l’osservazione partecipante all’interno delle tre scuole selezionate per gli studi di caso ha messo in luce come docenti con queste caratteristiche siano presenti in ogni contesto scolastico, accanto ad altri (talora nella stessa classe) che ne sono del tutto sprovvisti.
L’insegnante è centrale, anzi di più ma è ben difficile imparare le SES e l’empatia con i bambini. Insegnante ci nasci. Talvolta ci sono insegnanti non fenomenali dal punto di vista delle conoscenze, e si cerca di aggiornarli; questo è più facile. Però hanno capacità spiccate, infondono il piacere dello studio, sono sereni, comunicativi. Questo è quello che sviluppa e sostiene le competenze, oltre che gli apprendimenti (Intervista a DS scuola Ginestra).
Analogamente, non ci sono fattori di coorte che ci inducano a pensare che i docenti con maggiore esperienza siano anche maggiormente competenti o abbiano avuto modo di apprendere dall’esperienza; o che quelli più giovani siano maggiormente aperti.
Sulle skills e sulla didattica in generale c’è prima di tutto un fattore personale, perché hai scelto il mestiere, quanto ci investi; se ti piace insegnare, anche se vai in pensione, ti formi, sei attivo, alcuni non guardano l’orario... altri invece hanno scelto per inerzia, o perché era comodo ai loro tempi, o perché non hanno trovato altro e c’è stato un momento in cui la scuola assorbiva di tutto (Intervista a DS scuola Camelia).{p. 206}
In ogni caso l’insegnante porta con sé un metodo, uno stile, definisce una relazione e da questi fattori esitano gli apprendimenti, il clima di classe, l’acquisizione della parte cognitiva e non cognitiva.
Lo stile di insegnamento che purtroppo nessuno insegna è il nodo cruciale, molti sono insegnanti nati, altri insegnanti diventati, o che non hanno più tanta voglia o non l’hanno mai avuta (Intervista a DS scuola Camelia).
Possiamo, invece, avanzare alcune ipotesi sul nesso tra stili di insegnamento, competenze dei docenti e caratteristiche delle classi, soprattutto con riferimento al posizionamento sociale degli alunni e delle loro famiglie. Un elemento che pare interferire in modo significativo sia con le pratiche didattiche, sia con la socializzazione normativa, sia infine con apprendimenti e valutazioni è proprio la collocazione delle famiglie all’interno del sistema di stratificazione sociale.
Le osservazioni hanno riguardato, lo ricordiamo, 5 classi quinte: due nella scuola Camelia, una nella scuola Ginestra e due nella scuola Gelsomino. In ogni classe vigeva il modello delle due insegnanti d’aula, con suddivisione delle discipline tra area umanistico-letteraria-artistica e area tecnico-scientifica. Di ognuna delle scuole i capitoli 3, 4 e 5 hanno illustrato in dettaglio le caratteristiche ed evidenziato punti di forza e fattori di criticità.
Nelle due sezioni della scuola Gelsomino sono state individuate due coppie di insegnanti: le prime due caratterizzate rispettivamente da uno stile autoritario e uno stile democratico-contrattualista; le altre due da uno stile maternalista e uno stile democratico-contrattualista. Prendendo in esame il primo team docente, in cui l’insegnante con stile autoritario è assegnata alla sfera umanistico-letteraria e l’insegnante con stile democratico-contrattualista alla sfera scientifica e di lingue straniere, possiamo dire che la divergenza tra stili di insegnamento e di relazione con la classe produce una tensione latente nel team docente. Non vi è compensazione tra stili in quanto il rapporto tra le insegnanti di classe è solo formalmente cooperativo, non è orientato
{p. 207}all’assunzione condivisa di responsabilità e non c’è innovazione concordata nella didattica, soprattutto per effetto della rigidità dell’insegnante di area umanistica. Formalmente il team è efficace, si rispetta il curricolo, il timing di lavoro è coerente con gli obiettivi formativi ma l’investimento su competenze non cognitive è residuale e lasciato nelle mani della docente di area scientifica. Nella seconda classe della scuola Gelsomino si verifica una dinamica opposta: a partire da due stili di insegnamento del tutto diversi (maternalista per la docente di area scientifica; democratico-contrattualista per la docente di area umanistica) vi è grande cooperazione, ma all’insegna della sottomissione della docente (anche più giovane di età) di area scientifica alla collega di lunga esperienza. Tuttavia, questa dinamica non influenza il clima di classe: si osserva un eccesso di affettività nella docente junior, ma compensato dall’autorevolezza e dalla grande capacità di ascolto, sia verso la collega sia verso gli alunni, della docente senior.