Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c1
Il nostro approccio è al tempo stesso più orientato all’analisi di che cosa funziona e perché e assai meno ambizioso
{p. 16}in termini di generalizzazione. Anzitutto, non svolgiamo uno studio longitudinale, che abbracci più fasi dello sviluppo psico-sociale. Inoltre, ovviamente non ignoriamo la grande rilevanza, nel costruire il carattere delle persone e le loro competenze socio-emozionali, di fattori esogeni rispetto alle istituzioni scolastiche, quali le dotazioni innate, le variabili relative alla famiglia e alla comunità nelle sue varie dimensioni. In questa particolare ricerca, tuttavia, intendiamo concentrarci sulla comprensione di quale possa essere il contributo specifico di alcuni fattori endogeni alle dinamiche della scolarizzazione. La nostra scelta non è dettata da un’ipotesi teorica che sostenga la maggiore importanza relativa della scuola rispetto alle altre agenzie educative e socializzative. Ancora meno implica l’idea che queste possano operare efficacemente in assenza di reciproche relazioni positive di mutuo rafforzamento. Al contrario, l’alleanza educativa rimane l’orizzonte del nostro lavoro. Si tratta semplicemente di concentrarsi qui su ciò che la scuola specificamente può fare – il che comporta, certamente, presupporre che la sua rilevanza educativa non sia comunque trascurabile, tanto sul piano empirico-descrittivo quanto su quello di policy, ossia della normatività sociale attualmente condivisa.
Infine, ci concentriamo sull’emergere di SES a partire da dotazioni precedenti delle medesime SES e attraverso processi educativi a esse legati (self-productivity), e non ci occupiamo di come le SES possano contribuire al miglioramento di altre competenze (cross-productivity), per esempio quelle scolastico-disciplinari, tipicamente rappresentabili nella nozione di «riuscita scolastica», misurata attraverso voti e/o test standardizzati. Quest’ultima limitazione è stata decisa sostanzialmente a causa della peculiare situazione legata alla pandemia che ha investito la società italiana tra inverno e primavera del 2020. Per varie ragioni, essa ha reso non disponibili, o comunque poco affidabili, i dati sulla riuscita in tutta la seconda parte dell’anno scolastico (2019-2020) in cui si è svolta l’indagine sul campo.
Un’ultima precisazione riguarda la distinzione tra dimensione esplicita e implicita dell’insegnamento. Buona parte delle ricerche empiriche in merito alle SES si occupa {p. 17}di valutare l’efficacia di programmi direttamente rivolti all’apprendimento socio-emotivo [3]
(SEL). Le scuole che noi abbiamo studiato sono certamente coinvolte in molteplici progetti extradisciplinari. Questa partecipazione sarà oggetto della nostra analisi. Tuttavia, nessuno di quei progetti potrebbe essere classificato propriamente come programma SEL. La nostra attenzione è andata, quindi, principalmente alla dimensione implicita, cioè all’effetto che varie dimensioni dell’organizzazione e dell’esperienza scolastica possono avere sulle SES. Al di là della semplice situazione fattuale che abbiamo trovato nelle scuole oggetto della nostra indagine, vi è in questa impostazione anche una scelta teorico-concettuale. Un esteso corpus di ricerca empirica dimostra che le SES emergono efficacemente quando sono insegnate e «manifestate» attraverso modelli di ruolo e sono applicate a diverse situazioni, così da poter essere impiegate nei repertori di azione quotidiani di adulti e giovani alunni. Ciò comporta certamente:
a) l’importanza di programmi educativi espliciti, sia di carattere universalistico, cioè rivolti a tutti gli studenti, sia mirati a studenti a rischio o che già manifestano problemi comportamentali nel campo sociale ed emozionale; tuttavia, ciò non esaurisce affatto il raggio d’azione del SEL, che comprende anche:
b) l’integrazione del SEL nel curriculum di studi, in aree disciplinari e di contenuto specifico oppure in altre attività, creando opportunità di autonomia, esperienze positive, promozione dell’engagement;
c) la coltivazione di relazioni interpersonali positive centrate sullo studente. Quando si parla di apprendimento socio-emotivo, si fa riferimento almeno a due aspetti: da un lato, le SES costituiscono il contenuto e l’obiettivo di programmi di apprendimento, mentre dall’altro esse sono dimensioni delle relazioni educative, tra insegnanti e alunni. Da quest’ultimo punto di vista, sono il medium attraverso il {p. 18}quale viene dischiusa agli alunni la ricerca del proprio posto nel mondo, entrando in contatto con grandi idee e scopi onde scoprire le proprie idee e i propri scopi. Ciò significa che la dimensione socio-emotiva delle relazioni educative e le relative competenze sono strettamente intrecciate – anche attraverso gli stili d’insegnamento – con lo sviluppo della riflessività personale dei giovani, con la scoperta di valori, l’identificazione di premure e l’assunzione di impegni [Archer 2000; 2003];
d) lo sviluppo a vari livelli di politiche, pratiche e strutture legate al clima scolastico e di servizi di sostegno agli studenti. Ciò coinvolge una cultura organizzativa che promuova tutto questo, per esempio valori, norme e aspettative chiare, politiche della disciplina eque e giuste, approcci riparativi alla risoluzione dei conflitti;
e) lo sviluppo del senso di comunità educativa;
f) l’integrazione di classi e scuole in sistemi di supporto multilivello.
In ultima istanza, la nostra tesi fondamentale è che il SEL vada interpretato, e agito, nell’ambito complessivo dei processi di socializzazione. Sotto questo profilo, è noto che lo sviluppo socio-emozionale è il risultato di «un maelström di molteplici forze concorrenti» [Elias et al. 2015, 35]. È indispensabile quindi incorporare queste competenze in un framework che diventi parte delle identità degli alunni e ciò richiede il coordinamento di emozioni, cognizione e comportamento nel tempo.
Tutto ciò spiega il titolo di questo volume. Il nostro obiettivo generale consiste nell’osservare il cambiamento delle SES tra l’inizio e il termine di un anno scolastico e nello studiare in profondità alcuni processi interni alle scuole, caratterizzanti il loro ambiente educativo, ipotizzando meccanismi e fattori efficaci nel sostenere e promuovere tali competenze. Non si tratta di valutare l’impatto di specifici progetti per l’apprendimento socio-emotivo, ma di esaminare la scuola come ecosistema socio-educativo favorevole all’emergere e alla crescita delle competenze in questione.{p. 19}

2. «Rationale», definizione e quadro di riferimento concettuale

2.1. Perché ha senso studiare le SES

Ogni ricerca ha un suo assunto di rilevanza. Perché ha senso porsi le domande che abbiamo formulato e intraprendere l’indagine corrispondente?
Il nostro lavoro s’inserisce in un panorama di studi vasto e multidisciplinare, entro cui si svolgono programmi di ricerca differenti, ognuno dotato di sue logiche fondamentali. Il retroterra sociale e culturale di questa intrapresa è complesso. Come abbiamo anticipato, le SES rappresentano un modo per (ri)concettualizzare la formazione integrale della persona e la sua relazione con il mondo. Non a caso, vari studiosi si riferiscono a esse come a un revival nel discorso educativo dell’interesse per il bambino «tutto intero» (whole child). In questo senso, il tema tocca intuitivamente il nucleo centrale del fenomeno educativo, al di là del contesto contemporaneo, e nel tempo è stato oggetto di un passaggio dall’implicito all’esplicito. Lo sviluppo socio-emotivo e caratteriale dei bambini e dei giovani avviene sempre, in tutte le scuole del mondo, anche inconsapevolmente, quindi in modo incontrollato. La ragione è semplice: è impossibile mettere insieme adulti e bambini per lungo tempo, senza che ciò influisca sulle competenze sociali ed emotive degli alunni e sul tipo di persone che essi diventano [Elias et al. 2015, 33]. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, tuttavia, tale nocciolo educativo è divenuto oggetto di un processo riflessivo esplicito, sviluppatosi in parziale polemica rispetto all’enfasi allora crescente sui test disciplinari standardizzati, ma con l’ambizione di portare il discorso al di là dei confini, teorici e operativi, delle concezioni umanistiche classiche [4]
. Il tema si è successivamente affermato {p. 20}come un focus centrale del nuovo discorso dell’educazione e della sua personalizzazione.
A livello internazionale, un ampio panorama di ricerche ha da tempo illustrato gli esiti positivi per le persone e per la società che ci si aspetta dalle SES [5]
. In sintesi, si potrebbe riassumere che più alti livelli di SES sono correlati a effetti positivi:
a) sul rendimento scolastico;
b) nel contrasto alla devianza e a numerosi comportamenti a rischio;
c) sul successo professionale;
d) su vari life outcomes – relativi alla salute e alla riuscita in sfere di vita anche non lavorativa – e in ultima istanza sul benessere psicologico complessivo.
Più analiticamente, si osserva che questi effetti, in special modo quelli sulla riuscita scolastica, i) funzionano in modo cumulativo, autoincrementandosi dalla prima infanzia fino all’età adulta; in relazione a ciò, ii) gli esiti attesi sono sia a breve che a lungo termine; infine, iii) riguardano un insieme molto ampio di comportamenti e capacità di prestazione, da quelle relative alla produttività nel lavoro in compiti specifici, alla sfera comportamentale in vari ambiti della vita, fino alla salute e al benessere della persona e infine al suo contributo al benessere e alla produzione di beni collettivi – come nel
{p. 21}caso di civismo, empatia e capacità d’interagire in contesti multiculturali.
Note
[3] Cfr. per esempio Kechagias [2011]; si vedano anche le utili rassegne in alcuni grandi testi di riferimento, come Weissberg, Durlak, Domitrovich e Gullotta [2015, parti II e III].
[4] Importante fu qui il contributo di Elias; nello stesso gruppo diede vita anche a CASEL (Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning, si veda soprattutto CASEL [2013; 2017]) come espressione organizzativa del proprio interesse di ricerca.
[5] Riassumiamo qui, in estrema sintesi e in termini molto generali, i maggiori risultati di un corpus di ricerca empirica molto ampio. Oltre agli autori citati nel testo, l’evidenza che riportiamo si basa su rassegne e meta-analisi concernenti gli outcomes delle competenze socio-emotive. Tra queste ricordiamo la prima, grande analisi di Durlak et al. [2011] e tre importanti studi successivi [Sklad et al. 2012; Taylor et al. 2017; Wiglesworth et al. 2016], che hanno riportato risultati sostanzialmente concordi rispetto alla prima. Due di queste indagini sono focalizzate sugli esiti a breve termine degli interventi SEL, con dati provenienti da ricerche svolte poco dopo la conclusione dei programmi [Durlak et al. 2011; Wiglesworth et al. 2016]. Le altre due, invece, sono centrate sugli effetti a lungo termine delle competenze socio-emotive, a partire da dati raccolti nei periodi di follow-up degli interventi [Sklad et al. 2012; Taylor et al. 2017]. Per uno studio comparativo specificamente orientato alla situazione europea, molto utile è anche la rassegna analitica degli interventi di SEL presenti nei curricula delle scuole in area UE presentata in Cefai et al. [2018].