Connessioni virtuose
DOI: 10.1401/9788815371126/c6
Come
¶{p. 129}era da attendersi, il livello
di maturità tecnologica delle imprese selezionate è funzione della dimensione aziendale
(cfr. tab. A2 in appendice) e del settore di appartenenza. Le medie imprese
tecnologiche, ma anche le grandi imprese manifatturiere, presentano il più alto livello
tecnologico a differenza delle piccole imprese manifatturiere che hanno mediamente una
dotazione tecnologica inferiore. E le interviste suggeriscono che ad un punteggio alto o
medio-alto corrisponde un alto livello di qualificazione delle risorse umane. La qualità
e la preparazione delle risorse umane è particolarmente elevata nelle aziende
tecnologiche e nelle aziende manifatturiere avanzate di media e grande dimensione.
Diversamente, le microimprese manifatturiere sono classificate nella fascia più bassa
delle scale di innovazione cui corrispondono anche severe carenze di personale
qualificato.
Per quanto concerne le
collaborazioni scientifiche, sulla base delle interviste condotte si può affermare che
le interazioni che le imprese intraprendono con l’università variano in maniera
significativa. Come evidenziato nella tabella 6.3, le collaborazioni avvengono
attraverso i ) l’assunzione di tirocinanti, ii
) la sponsorizzazione e la partecipazione agli eventi e alle fiere per l’innovazione
aperta, iii ) l’aggiornamento dei propri dipendenti,
iv) la progettazione di iniziative di formazione a favore dei
propri dipendenti o v) la realizzazione di laboratori congiunti per
specifici progetti di ricerca applicata. Le diverse forme di interazione tra le imprese
selezionate e l’università possono attivare processi di innovazione attraverso la
capacità di fare rete, la mobilità del lavoro, l’identificazione delle carenze cognitive
e tecnologiche da colmare con la formazione dei dipendenti o con accordi di cooperazione
per creare percorsi formativi e di R&S. Mentre il prossimo capitolo approfondisce i
meccanismi di apprendimento che le interazioni produttive possono innescare nelle
relazioni tra università e imprese, il paragrafo che segue esamina, dal punto di vista
quantitativo, l’importanza delle caratteristiche aziendali e delle collaborazioni
scientifiche nei processi di innovazione.¶{p. 130}
Forme di
collaborazione |
Meccanismi di
apprendimento |
Assunzione di tirocinanti durante
e alla fine del percorso formativo all’interno delle academy
specialmente da parte delle start-up digitali e delle imprese di
servizi avanzate (ad es. Graded) |
Learning by
hiring |
Partecipazione alle iniziative
annuali (come fiere aziendali, hackathon, bootcamp e roadshow) delle
academy da parte delle start-up digitali e delle PMI innovative (ad
es. Accenture) |
Learning by
networking |
Formazione dei propri dipendenti
nei percorsi delle academy dedicati ai professionisti (ad es. Citel
Group) |
Learning by
training |
Co-produzione di corsi di
formazione aperta e continua al di fuori dei tradizionali corsi di
laurea (ad es. CyberHackAcademy di Accenture) |
Learning by
co-teaching |
Creazione di laboratori congiunti
per progetti di ricerca applicata (ad es. Axa
Matrix) |
Learning by
partnering |
3. Fattori aziendali e collaborazioni, di Vincenzo Alfano
Al fine di spiegare il grado di
maturità tecnologica raggiunto dalle imprese del campione, attraverso una cluster
analysis, le 54 imprese selezionate sono raggruppate in base alle seguenti variabili
dicotomiche:
- DFem: l’impresa ha una donna come amministratore delegato o titolare;
- DGrande: l’impresa è di grandi dimensioni;
- DLaurea: il titolare o l’AD ha un titolo di studio di livello universitario e/o post-laurea;
- CollPolo: l’impresa collabora con l’università;
- IntCollPolo: l’impresa ha manifestato durante l’intervista l’intenzione di collaborare con l’università;
- DMani: l’impresa opera nel settore manifatturiero;
- DIT: l’impresa opera nel settore IT;
- DServizi: l’impresa opera nel settore dei servizi;
- In.MISE: l’indice di innovazione del MISE, cui si è già fatto cenno sopra.¶{p. 131}
Le variabili
Coll e IntColl rappresentano le
collaborazioni o le intenzioni a collaborare che le imprese riportano nelle interviste
con riferimento a iniziative intraprese con l’Università di Napoli «Federico II»
nell’ambito del polo tecnologico di San Giovanni. Considerando la classificazione delle
collaborazioni scientifiche (e delle disponibilità alla collaborazione) della tabella
6.3 e le variabili precedentemente elencate, l’analisi di cluster identifica due casi
residuali (con una sola impresa) e tre gruppi di imprese alquanto omogenee per settore e
dimensione (cfr. in appendice figg. A3 e A4). La cluster analysis
conferma le risultanze dell’analisi qualitativa.
Il primo cluster è composto da
aziende di servizi, per lo più di grandi dimensioni, con un processo di produzione
orientato all’innovazione (pari a circa 2 per l’indice del MISE), che non è frutto di
collaborazioni scientifiche con l’università o altri agenti tecnologici. Né le aziende
appartenenti a questo cluster sono particolarmente propense a stabilire in futuro
relazioni di collaborazione con gli attori del mondo della ricerca scientifica.
L’innovazione in questo tipo di imprese, avviene nelle dinamiche interne alla catena del
valore, nell’ambito dei rapporti con i clienti e i fornitori. Il secondo cluster include
prevalentemente aziende manifatturiere, ove l’innovazione è orientata a migliorare il
processo, i prodotti e, più in generale, la capacità organizzativa dell’impresa. Le
aziende del cluster in esame appartengono all’industria meccanica, chimica e di
trasformazione agroalimentare. La variabilità all’interno del cluster è, però, elevata
sia in relazione alle dimensioni dell’azienda sia rispetto al livello di innovazione.
L’indice MISE varia tra 0 e 3 e dalle interviste condotte emerge che le imprese
appartenenti a questo cluster sono interessate a collaborare con fornitori
specializzati, per rispondere alle richieste dei committenti più esigenti e sono
interessate a sviluppare investimenti in R&S da condividere con il polo tecnologico
di San Giovanni. Il che suggerisce che si tratta di imprese non ancora autonome sul
piano della strategia di innovazione, alla ricerca di collaborazioni scientifiche per
accelerare la digitalizzazione ed elevare la propria performance innovativa. Infine, il
terzo cluster è costituito ¶{p. 132}dalle PMI più innovative e dalle
start-up digitali, con collaborazioni già attive con l’università. Le realtà produttive
appartenenti a questo gruppo riportano intensi rapporti di cooperazione con l’università
nella creazione di valore basato sulla conoscenza che si concentra nelle fasi
antecendenti alla commercializzazione del prodotto e nel reclutamento di personale
qualificato con competenze hi-tech
[13]
.
Per completare l’analisi, tramite
un modello di regressione, abbiamo stimato l’impatto di alcune caratteristiche delle
imprese sull’indice di innovazione. Nonostante la ridotta numerosità del dataset,
riteniamo che sia interessante, come complemento alle precedenti analisi, investigare,
in una cornice quantitativa, anche le determinanti dell’innovazione nel nostro campione.
Al fine di spiegare il livello di maturità tecnologica raggiunta dalle imprese del
campione selezionato, l’equazione [1] considera la variabile Inn –
vale a dire, uno dei cinque indici di innovazione presentati sopra – dipendente dalle
variabili esplicative incluse nella cluster analysis
[14]
:
[1]
Inn =
a +
b1DFem +
b2DGra +
b3DLaurea +
b4DMani +
b5CollPolo +
e
Come mostrato nella tabella 6.4,
per quattro dei cinque indici d’innovazione considerati, la collaborazione con il polo
¶{p. 133}tecnologico di San Giovanni rappresenta un fattore rilevante
(statisticamente significativo) associato ad un più elevato grado di maturità
tecnologica e digitale. In considerazione delle ridotte dimensioni del campione, il
risultato è un riscontro interessante dell’impatto della collaborazione scientifica
sulle performance innovative delle imprese esaminate
[15]
. Le altre covariate del modello evidenziano che il grado di maturità
tecnologica è associato alla leadership femminile e all’elevata dimensione aziendale,
mentre, sorprendentemente, il titolo di studio del proprietario non è una variabile influente
[16]
. Evidentemente l’istruzione, mediamente già elevata nelle imprese familiari
di seconda o terza generazione, non incide tanto quanto la componente femminile nella
compagine proprietaria, particolarmente incline a realizzare investimenti in tecnologia
e innovazione digitale. Infine, come era da
¶{p. 134}attendersi, le
imprese nel settore manifatturiero sono meno innovative delle aziende di servizi e delle
aziende IT.
Note
[13] Riducendo l’eterogeneità registrata all’interno dei cluster a due sole componenti principali, la figura A1 in appendice mostra che il livello di maturità dell’innovazione e il titolo di studio del proprietario o dell’amministratore delegato non hanno un impatto sulla prima componente; avere una donna come proprietario o essere un’azienda manifatturiera sono condizioni che generano un impatto negativo sulla dimensione in esame. Diversamente, essere una grande impresa, in particolare, nel settore IT, e collaborare o essere disponibili a collaborare con l’università sono variabili associate a un coefficiente positivo per la componente in esame. Tutte le variabili hanno un coefficiente positivo per la seconda componente principale, tranne due, vale a dire, l’essere un’azienda nel settore dei servizi e la volontà di collaborare con l’università. La varianza associata con la seconda componente è elevata per due variabili: l’indice dell’innovazione e la dummy che discrimina rispetto a un elevato livello d’istruzione del proprietario. Cfr. figura A3 in appendice.
[14] Le statistiche descrittive sulle variabili sono presentate in appendice.
[15] Considerando la ridotta dimensione del campione, l’R2 è interessante e suggerisce che il modello è robusto.
[16] È statisticamente significativa solo nella specificazione 3, al 10%, e 5, al 5%.