Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c3
In merito alla personalizzazione, dobbiamo innanzitutto ricordare che tutte le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione sono dotate di autonomia didattica
{p. 132}e organizzativa [37]
. Questa intenzionalità è confermata dalla Riforma del sistema di istruzione e formazione (legge 53/2003) che esplode i poteri di autonomia didattica e organizzativa delle scuole con l’introduzione dei Piani di studio personalizzati in quanto elemento portante dell’intero provvedimento [38]
. I Piani di studio personalizzati sono il legame fra l’autonomia scolastica e i bisogni formativi ed educativi degli studenti. Infatti sono il percorso didattico che la scuola personalizza nella progettazione, nei processi di insegnamento e nella valutazione formativa, per confluire poi all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa. In effetti già il Regolamento sull’autonomia prevede che la scuola possa «attivare percorsi didattici individualizzati» da riportare nel Piano dell’offerta formativa (art. 4, comma 2, lettera c, d.p.r. 275/1999).
In sintesi la scuola è autonoma proprio al fine di contestualizzare l’offerta formativa e di personalizzare i piani di studio: il primo passaggio pone l’attenzione sui bisogni formativi del territorio, il secondo sui bisogni formativi dello studente, ma comunque tutti e due si staccano da un approccio centralistico indifferenziato per introdurre un processo di decentramento contestualizzato e personalizzato.
Questo impianto, che nasce con l’autonomia di progettazione (1999) e si amplifica con la possibile personalizzazione (2003), viene confermato (2015) dalla legge di Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione [39]
che, proprio all’articolo 1, comma 1, riporta: «Per affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento {p. 133}[...] la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche».
In realtà questo filo conduttore, interno alle tre norme fondamentali sopra riportate, è più intenzionale che reale, infatti i paradigmi culturali e politici da cui partono queste riforme sono distanti e soprattutto le scuole, non avendo avuto risorse e strumenti di gestione, hanno continuato a lavorare all’interno di un canone consolidato in cui il livello di personalizzazione, essendo difficilmente realizzabile, resta semplicemente un principio.
Nelle scuole permane il problema del passaggio dal piano di studi generale (collegato con l’indirizzo) al piano di studi personalizzato (collegato con il singolo studente), in quanto il primo è normato e indifferenziato al fine di garantire pari opportunità, il secondo è differenziato per ogni studente al fine di garantire le migliori opportunità. Di fatto, in questi anni, abbiamo assistito a un’enfasi sulla progettualità collegata all’offerta formativa e a un oblio sulla progettualità legata alla personalizzazione, anche se i Piani di studio personalizzati sono normativamente previsti e continuamente richiamati. Nella stessa Ordinanza ministeriale per lo svolgimento dell’esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado si trova regolarmente scritto che sono ammessi gli studenti che abbiano «la frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato».
Anche nella scuola secondaria di primo grado abbiamo continui richiami alla personalizzazione, con tanto di norme e di processi lasciati all’incuria del tempo. Ad esempio tutti sappiamo che per norma a ogni studente deve essere rilasciato un consiglio di orientamento (personalizzato) sul percorso di formazione da intraprendere nel secondo ciclo. Questo consiglio negli anni è diventato un adempimento avulso da un reale percorso di autorientamento e orientamento. A documentazione del fatto che tale consiglio sia da riconsiderare e rivitalizzare, basterà ricordare che la sua genesi avviene con il d.p.r. 362 del lontano 14 maggio 1966: «il Consiglio di classe esprime, per gli ammessi all’esame, un consiglio di orientamento sulle scelte successive dei singoli candidati, {p. 134}motivandolo con un parere non vincolante. Tale consiglio dovrà essere verificato in sede di esame». Tale processo ha visto da subito un fiorire di iniziative innovative, con metodi e strumenti collegati alla diffusa letteratura sull’orientamento [40]
, ma negli ultimi anni abbiamo vissuto una progressiva regressione verso una sterile pratica rutinaria. Questa perdita di interesse per l’orientamento rientra all’interno di un cambiamento di paradigma che ha coinvolto tutti i processi formativi ed educativi. Infatti, come abbiamo già avuto modo di argomentare e documentare, in questi anni vi è stata una particolare attenzione sui processi di misurazione e standardizzazione a scapito di un approccio pedagogico, già debole, verso la persona e la personalizzazione. Lo stesso modello attraverso cui esprimere il consiglio di orientamento, lasciato alla libera iniziativa della singola scuola, documenta meglio di ogni altra considerazione l’abbandono in cui è caduto questo tema: infatti, si trovano regolarmente consigli generici per l’iscrizione a percorsi di studio del secondo ciclo, raramente analisi o autoanalisi sulle attitudini e sulle competenze, quasi mai gli interessi dello studente e le intenzioni dei genitori. Tant’è che il consiglio di orientamento espresso dal Consiglio di classe corrisponde solo nel 60% dei casi alle effettive iscrizioni svolte dai genitori [41]
.
In sintesi proprio il consiglio, che riassume in sé l’efficacia del progetto formativo fra scuola e famiglia, oggi necessita di essere riconsiderato ma all’interno di un processo di {p. 135}orientamento in cui lo studente diviene il protagonista. Infatti i Consigli di classe devono dare un’indicazione per il prosieguo degli studi e i genitori devono iscrivere il figlio a un percorso formativo per l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione, ma la realizzazione dell’effettivo successo formativo sta nello studente, nelle sue attitudini, vocazioni, passioni, motivazioni, in sintesi nel suo progetto di vita. Solo recuperando la centralità dello studente, e non altro, l’orientamento assume una funzione strategica nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo.
Proprio per questi motivi, abbiamo bisogno di un progetto di orientamento organico e integrato che accompagni lo studente durante tutto il percorso formativo e educativo. Infatti siamo convinti che il successo formativo dello studente nella scuola secondaria di secondo grado si costruisce all’interno della scuola secondaria di primo grado, così come quest’ultimo nasce all’interno della scuola primaria. Solo a livello esemplificativo abbiamo portato l’attenzione fra i diversi gradi delle scuole secondarie, ma l’orientamento è parte organica di qualunque percorso formativo ed è inscindibile da ogni progetto educativo finalizzato allo sviluppo integrale e armonico della persona. Da qui l’orientamento, in quanto compito istituzionale della scuola, è efficace e significativo nel momento in cui parte dalla persona per realizzare le aspirazioni, gli interessi, le potenzialità, i talenti della stessa persona.
Potremmo dire, con un po’ di leggerezza, riprendendo un famoso aforisma di Oscar Wilde, che la scuola è una cosa ammirevole, ma bisognerebbe ricordarsi ogni tanto che niente che valga la pena di sapere può essere insegnato. Come avviene per tutti gli aforismi, abbiamo una forzatura intenzionale con una sintesi destabilizzante, ma allo stesso tempo abbiamo la rappresentazione immediata e lampante di una verità continuamente rimossa: se la scuola si dimentica dello studente nulla che valga la pena di sapere può essere appreso.
Note
[37] D.p.r. 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), titolo I, capo II.
[38] Legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale).
[39] Legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti).
[40] Alla fine degli anni Ottanta, utilizzando la dotazione organica provinciale dei soprannumerari, sono state introdotte nella scuola nuove figure professionali per supportare il lavoro dei docenti in termini di consulenza e di gestione di alcuni servizi, fra queste: l’orientatore, lo psicopedagogista, il documentalista, il bibliotecario. Le stesse università avevano al loro interno percorsi di specializzazione, fra cui il consigliere di orientamento scolastico. Cfr. in particolare M.L. Pombeni, V. Ariosi e A. Ciacco, L’orientamento dalla parte dell’insegnante, Firenze, La Nuova Italia, 1987.
[41] Vedi Rapporto di autovalutazione, indicatore 3.4.c.2: «Corrispondenza tra consiglio di orientamento e scelte effettuate». Il consiglio di orientamento non è vincolante, viene formulato dal Consiglio di classe e consegnato alle famiglie in vista delle iscrizioni alla scuola secondaria di secondo grado che avvengono nel mese di gennaio.