Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c3
Innanzitutto è necessario un passaggio di politica scolastica. In questi anni, e precisamente a partire dal 2013, con il d.p.r. 80, che titola Sistema nazionale di valutazione, abbiamo costruito un’infrastruttura per il miglioramento, introducendo nella scuola strumenti definiti «strategici» che sono diventati parte sostanziale dell’organizzazione e della progettazione scolastica [29]
. Con questi strumenti si è portata, intenzionalmente, l’attenzione sull’organizzazione della scuola all’interno di un sistema nazionale, con un quadro di riferimento comune, fino ad allora assente. Ora, dopo aver rafforzato l’organizzazione scuola, pur con le necessarie manutenzioni e regolazioni che richiederà nel tempo, dobbiamo portare l’attenzione sulle persone e in particolare sui protagonisti della scuola: studenti e docenti. Dobbiamo farlo con un’idea che prenda corpo attraverso un metodo di lavoro che valorizzi i processi di insegnamento-apprendimento orientati a valorizzare le competenze dello studente. L’orientamento scolastico e l’autorientamento personale, che da tempo abbiamo indebitamente accantonato, oggi sono da riportare all’attenzione proprio perché
{p. 127}portano al centro del processo formativo lo studente con le sue competenze, attitudini, aspirazioni, le scelte di vita.
Inoltre, siccome l’orientamento necessita di continuità, apre necessariamente a un dialogo fra i diversi gradi scolastici e con l’università e il mondo del lavoro. La stessa dispersione, male endemico della nostra scuola e in particolare del Meridione, è determinata in buona parte dalla mancanza di percorsi integrati che accompagnino lo studente dal primo ciclo al secondo ciclo fino a università e/o mondo del lavoro. Anche per questi motivi il PNRR contempla «la riforma del sistema di orientamento» con un’attenzione particolare alla scuola secondaria di secondo grado «al fine di accompagnare gli studenti nella scelta consapevole di prosecuzione del percorso di studi o di ulteriore formazione professionalizzante (ITS), propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro» [30]
.
Per sostenere questo processo abbiamo bisogno di strumenti come, ad esempio, il curriculum dello studente che, per norma, «raccoglie tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro» [31]
. Uno strumento fra i possibili che, prima di ogni formula o tecnicismo, pone l’attenzione sul percorso formativo ed educativo dello studente. Nulla di nuovo nel momento in cui diciamo: la centralità dello studente. Infatti questa è un’affermazione di principio che troviamo nell’incipit di ogni discorso sulla scuola, anche se l’innovazione vera sta nell’uscire dalla retorica per darle un corpo vivo con metodologie e strumenti di lavoro.
Gli strumenti per noi sono un «pretesto» per orientare, sostenere e accompagnare il miglioramento. Nella razionalità della burocrazia di memoria weberiana le persone si identificano necessariamente in un ruolo all’interno di un’organizzazione, ma in realtà sappiamo che, anche all’interno di istituzioni forti e consolidate come le scuole, le persone hanno bisogno di conoscere, di capire, di condividere. In questo senso gli strumenti sono «un pretesto» per attivare {p. 128}e orientare i processi di miglioramento nelle comunità professionali. Quando gli strumenti promuovono riflessività già introducono il cambiamento finalizzato al miglioramento, ma con la consapevolezza che [32]
:
– il cambiamento avviene più facilmente se si realizza in un gruppo e in particolare dentro un’organizzazione di cui si riconosce il valore e si condividono le finalità;
– il cambiamento avviene quando si intravede un beneficio personale e collettivo, pertanto è importante ricercare gli elementi favorevoli e contenere quelli sfavorevoli, che comunque permangono in qualunque cambiamento;
– il cambiamento avviene attraverso il comportamento individuale e si realizza mediante norme culturali che ogni persona deve comprendere, interpretare e rigenerare, ovvero fare proprie.
Come si può notare non stiamo pensando a un cambiamento incrementale [33]
che si realizza operando nel tempo alcune modifiche alle prassi interne a un’organizzazione, bensì a un cambiamento trasformazionale che si rende necessario quando abbiamo un cambiamento di paradigma. In questo caso si passa dal cambiamento delle priorità e dei traguardi [34]
per il miglioramento dei risultati dell’organizzazione al cambiamento del modo di vedere, di pensare, di vivere l’organizzazione. Paradossalmente oggi abbiamo molti strumenti a sistema per orientare la scuola come organizzazione ma non abbiamo strumenti di orientamento per le persone e in particolare per il vero protagonista dei processi di apprendimento: lo studente.{p. 129}

3. L’orientamento e la personalizzazione

In merito all’orientamento, riportiamo due norme e due linee guida che attraverso la stessa data di origine documentano meglio di qualunque altro ragionamento quanto questo tema sia stato accantonato pur essendo attuale. Per le norme, ci riferiamo alla Direttiva n. 487/1997 e al d.p.r. 275/1999. Per quanto siano passati oltre vent’anni alcuni passaggi restano comunque significativi:
1. Direttiva n. 487 del 6 agosto 1997 (Orientamento delle studentesse e degli studenti). È rivolta alle scuole di ogni ordine e grado e definisce l’orientamento come un processo che accompagna lo studente in tutto l’arco della vita e «costituisce parte integrante dei curricoli di studio e [...] del processo educativo e formativo fin dalla scuola dell’infanzia» ed è funzionale all’acquisizione degli strumenti necessari per vivere in una società complessa; esso si realizza sia nella didattica orientativa sia nelle attività aggiuntive.
2. D.p.r. 275/1999, Regolamento sull’autonomia. Prevede che la scuola definisca il Piano dell’offerta formativa in cui «i docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e dell’attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento» e «la determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento» [35]
.
Negli anni, abbiamo poi avuto una proliferazione di documenti, ma a noi preme richiamare in particolare due linee guida:
1. Linee guida MIUR del 2009. Piano nazionale di orientamento: Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita. C.M. 43 del 15.4.2009 e Allegati. Queste Linee guida (corredate da sei documenti tematici) definiscono l’orientamento come processo continuo che mette in grado la persona di «identificare i suoi interessi, le sue capacità, competenze, attitudini, opportunità e risorse e metterle {p. 130}in relazione con i vincoli e i condizionamenti, prendere decisioni in modo responsabile in merito all’istruzione, alla formazione, all’occupazione...» e precisano inoltre che esso «è una modalità educativa permanente e trasversale che attraversa tutti gli ordini e gradi di scuola e tutte le discipline». In particolare è auspicata l’individuazione di una «strategia organizzativa e operativa di un sistema integrato di orientamento nazionale, che sia in grado di dare risposte unitarie e coerenti ai bisogni espressi da ogni persona lungo tutto l’arco della vita».
2. Linee guida MIUR del 2014. Linee guida nazionali per l’orientamento permanente. Documento del 19.2.2014. Viene richiamata la «centralità del sistema scolastico [...] luogo insostituibile nel quale ogni giovane deve acquisire e potenziare le competenze di base e trasversali [...] necessarie a sviluppare la propria identità, autonomia, decisione e progettualità» e il fatto che «senza questo “zoccolo” di competenze è difficile pensare di poter innestare con successo gli ulteriori processi di transizione, di consulenza, di professionalizzazione, di cambiamento, di successivi apprendimenti». Punti fondamentali sono:
i) un Piano di orientamento da inserire nel POF con l’indicazione degli standard minimi di orientamento;
ii) l’orientamento formativo o didattica orientativa per lo sviluppo delle competenze orientative di base... ma anche delle abilità trasversali comunicative, metacognitive;
iii) una figura di sistema (tutor) con il compito di «organizzare/coordinare le attività interne di orientamento e relazionarsi con il gruppo di docenti dedicati».
Da ultimo citiamo un documento recente, il Parere autonomo espresso dal Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) in materia di orientamento scolastico reso nell’adunanza del 18 gennaio 2018. Il CSPI considera l’orientamento scolastico un «fattore di notevole incidenza per il contrasto alla dispersione scolastica, per il miglioramento dell’efficacia della proposta didattica e formativa e la promozione della cittadinanza attiva e dell’inclusione sociale». Inoltre assume come base le Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, diffuse dal MIUR nel 2014 e {p. 131}prima richiamate. In particolare il CSPI definisce i seguenti principi fondamentali:
– l’orientamento lungo tutto il corso della vita è un diritto permanente di ogni persona, che si esercita in forme e modalità diverse e specifiche a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni;
– l’orientamento non è più solo lo strumento per gestire la transizione tra scuola, formazione e lavoro, ma assume un valore permanente nella vita di ogni persona;
– l’orientamento ha una funzione centrale e strategica nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo degli studenti;
– è necessario definire un coerente sistema integrato, unitario e responsabile di orientamento centrato sulla persona e sui suoi bisogni;
– il sistema scolastico è centrale nell’ambito del sistema integrato, in quanto costituisce il luogo insostituibile nel quale ogni soggetto acquisisce e potenzia le competenze di base e trasversali per l’orientamento.
In sintesi, rimettere a tema l’orientamento significa riportare in superficie gli elementi costitutivi del servizio scolastico «centrato sulla persona e sui suoi bisogni». Tant’è che lo stesso PNRR, che nei prossimi anni investirà la scuola in modo significativo, prevede una riforma del sistema di orientamento con: «l’introduzione di moduli di orientamento formativo [...] nella scuola secondaria di primo e secondo grado, al fine di incentivare l’innalzamento dei livelli di istruzione» [36]
. Nella speranza che, in particolare nella scuola mediterranea, si possa realizzare il passaggio da un’accezione informativa dell’orientamento, molto diffusa e poco impegnativa, a una con valenza formativa, supportata dai processi di insegnamento all’interno di una didattica coerente.
In merito alla personalizzazione, dobbiamo innanzitutto ricordare che tutte le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione sono dotate di autonomia didattica
{p. 132}e organizzativa [37]
. Questa intenzionalità è confermata dalla Riforma del sistema di istruzione e formazione (legge 53/2003) che esplode i poteri di autonomia didattica e organizzativa delle scuole con l’introduzione dei Piani di studio personalizzati in quanto elemento portante dell’intero provvedimento [38]
. I Piani di studio personalizzati sono il legame fra l’autonomia scolastica e i bisogni formativi ed educativi degli studenti. Infatti sono il percorso didattico che la scuola personalizza nella progettazione, nei processi di insegnamento e nella valutazione formativa, per confluire poi all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa. In effetti già il Regolamento sull’autonomia prevede che la scuola possa «attivare percorsi didattici individualizzati» da riportare nel Piano dell’offerta formativa (art. 4, comma 2, lettera c, d.p.r. 275/1999).
Note
[29] Si tratta di Rapporto di autovalutazione, Piano di miglioramento, Piano triennale dell’offerta formativa, Rendicontazione sociale.
[30] Piano nazionale di ripresa e resilienza, p. 185.
[31] Legge 13 luglio 2015, n. 107, art. 1, comma 28.
[32] Si veda il contributo di K. Levin al cambiamento nei gruppi.
[33] Vedi i modelli che si rifanno al ciclo PDCA conosciuto come ciclo di Deming (PDCA, acronimo dall’inglese Plan-Do-Check-Act, in italiano «Pianificare, Fare, Verificare, Agire») oppure ciclo DMAIC (acronimo dall’inglese Define, Measure, Analyze, Improve e Control, in italiano «Definisci, Misura, Analizza, Migliora e Controlla») si riferiscono a strumenti per migliorare i processi di un’organizzazione.
[34] Il Rapporto di autovalutazione si conclude con l’individuazione delle priorità e dei traguardi.
[35] Art. 8, comma 4, d.p.r. 8 marzo 1999, n. 275.
[36] Piano nazionale di ripresa e resilienza, Missione 4: Istruzione e ricerca. Riforma 1.4: La riforma del sistema di orientamento.
[37] D.p.r. 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), titolo I, capo II.
[38] Legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale).