Verso il museo multimediale della lingua italiana
Riflessioni, esperienze, linguaggi

Il volume prende le mosse dalle riflessioni presentate durante un seminario intitolato "Per un museo della lingua italiana". Un dibattito a più voci su patrimonio culturale immateriale e tecnologie digitali in cui riflessioni teoriche e suggestioni legate al contesto storico-culturale si alternano con il racconto di alcune rilevanti esperienze museografiche internazionali. Una riflessione collettiva che ha contribuito a porre le basi per la realizzazione di un innovativo progetto finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca e portato avanti dalle università di Pavia, di Napoli L'Orientale e della Tuscia: il MULTI – Museo multimediale della lingua italiana, disponibile in rete a partire da giugno 2023.

è ordinario di Storia della lingua italiana all'Università di Pavia. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino ricordiamo "L'italiano nella società della comunicazione 2.0" (2016, II ed.).

è assegnista di ricerca all'Università di Pavia, dove ha conseguito un dottorato in Scienze del testo letterario e musicale.

è assegnista di ricerca all'Università di Pavia. Insegna editing della poesia contemporanea allo IULM. Ha un dottorato in filologia contemporanea, con una tesi sulla traduzione poetica.

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Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2023
Isbn edizione digitale: 9788815410283
DOI: 10.978.8815/410283
Licenza: CC BY-NC-ND

Pubblicazione a stampa: 2023
Isbn edizione a stampa: 9788815382535
Collana: Percorsi
Pagine: 312

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I CAPITOLI

DOI | 10.1401/9788815410283/c1
Giacomo Micheletti e Anna Stella Poli

Un coro di voci per il progetto MULTI – Museo multimediale della lingua italiana

Negli ultimi cinque anni (complice anche l’emergenza pandemica, che in campo tecnologico ha impresso una repentina accelerazione a fenomeni già in corso) il rapporto tra istituzioni museali e comunicazione digitale ha conosciuto un notevole sviluppo a livello globale. Gli ultimi tre decenni, segnati da un avanzamento radicale sul piano tecnologico-comunicativo, passeranno alla storia anche per l’evoluzione (altrettanto radicale) che numerose istituzioni del sistema culturale occidentale hanno dovuto intraprendere in risposta alle sfide poste dalla rivoluzione digitale, dall’avvento del World Wide Web nel già remoto 1991 ai dispositivi di ultima generazione e alle nuove «realtà» (virtuale, aumentata, mista) che essi portano in dote. È in questo scenario tecnologico-comunicativo sinteticamente schizzato, tanto vasto quanto mutevole, che si colloca la proposta del progetto MULTI – Museo multimediale della lingua italiana, che vede coinvolte l’Università di Napoli L’Orientale, l’Università della Tuscia e l’Università di Pavia nell’ideazione e realizzazione di un museo virtuale dedicato alla storia della lingua italiana. Il presente volume raccoglie una selezione degli interventi che il 28 maggio 2021 hanno visto confrontarsi sul tema, in modalità telematica e in un’ottica giocoforza interdisciplinare, specialiste e specialisti provenienti dai territori dell’antropologia, della museologia, della filosofia e della linguistica; un dibattito arricchito dalle testimonianze (tanto più preziose, perché fondate sulla concreta esperienza di lavoro) di alcuni «addetti ai lavori» internazionali.
Pagine | 7 - 16
DOI | 10.1401/9788815410283/c2
Lucilla Pizzoli

Raccontare la lingua italiana in un museo: ieri e oggi

Alla Società Dante Alighieri si era iniziato a lavorare in quegli anni a un importante progetto espositivo e Giovanni Nencioni, allora presidente dell’Accademia della Crusca e vicepresidente della Dante, aveva chiesto la collaborazione di Luca Serianni per poter realizzare un allestimento che celebrasse e promuovesse la lingua italiana, assecondando le finalità statutarie dell’istituzione. La crescente sensibilità nei confronti della lingua come componente culturale e comestrumento di comunicazione e di inclusione ha rappresentato infatti, in questi ultimi anni, il clima ideale per la nascita di molti nuovi progetti dedicati alla promozione delle lingue, tra cui diversi musei. In questo tipo di strutture è fondamentale che venga particolarmente curata l’elaborazione dei testi, sia scritti (indicazioni sul percorso, didascalie, pannelli, commenti, istruzioni d’uso del materiale didattico), sia audio-video (installazioni sonore, documentari, audioguide) per favorire in ogni modo uno scambio con il pubblico efficace dal punto di vista comunicativo, anche attraverso un apparato grafico di grande impatto; allo stesso modo deve essere potenziata al massimo l’interattività, intesa come possibilità di agire sul materiale disponibile sottoponendo richieste e soddisfacendo curiosità.
Pagine | 19 - 27
DOI | 10.1401/9788815410283/c3
Vito Lattanzi

Patrimonio culturale e rivoluzione digitale: il posto del museo

Le competenze convocate per affrontare il tema di questo seminario sono diverse e, del resto, le domande che solleva il progetto di Museo multimediale della lingua italiana (MULTI) richiedono differenti prospettive di analisi. Il costituendo Museo multimediale della lingua italiana, proprio per le caratteristiche di immaterialità che lo contraddistinguono, si colloca indubbiamente in una dimensione al confine tra il museo tradizionale e il post-museo o museo del futuro che dir si voglia. Questa idea di museo, integrata alla nozione di patrimonio e così differente da quella più tradizionale di museo costituito da un edificio, da una collezione e da un pubblico, ha aperto nuove prospettive alla museografia contemporanea e gli stessi manuali di museologia ne hanno dovuto riconoscere la portata innovativa. Se le cose stanno in questi termini non può meravigliare che negli ultimi anni la definizione di museo sia stata messa in discussione e da più parti se ne proponga l’aggiornamento, al fine di trovare una rappresentazione più adeguata e coerente con le mutate condizioni della contemporaneità. Uno degli sforzi che il museo della lingua italiana dovrà fare è quello di giocare con una delle parole chiave del museo, la conservazione del patrimonio, guardando alla sua dimensione processuale e dinamica, aperta al domani. L’espressione allude alla nostra capacità di traghettare nel futuro ciò che vale la pena di salvare del passato, perché possano realizzarsi le migliori condizioni di vita per le future generazioni. Grazie alle potenzialità che il digitale offre, tutto questo sarà evidentemente tradotto e realizzato in modo spettacolare, «immersivo» come si suol dire oggi, cercando cioè di coinvolgere il visitatore dal punto di vista anche emozionale.
Pagine | 29 - 39
DOI | 10.1401/9788815410283/c4
Alberto Garlandini

Il museo della lingua italiana negli scenari di cambiamento globale post-pandemia

Nel 2021 l’International Museum Day dell’ICOM1 è stato dedicato a Il futuro dei musei: ripartire e reinventarsi. Mentre cominciamo a vedere la fine del tunnel dell’emergenza Covid- 19, i musei si interrogano su come affrontare la «nuova normalità» del post-pandemia. La lingua è indiscutibilmente una parte decisiva dell’identità e del patrimonio immateriale di una comunità, di un gruppo sociale, di un popolo. La lingua è testimonianza di civiltà. La museologia ci consegna una visione del museo in cui il patrimonio culturale è memoria attiva e impegno civile, utile sia per interpretare il presente, sia per progettare il futuro. Il museo tradizionalmente inteso come istituto della specializzazione disciplinare e della conservazione delle collezioni si è trasformato in un complesso melting pot di competenze, di conoscenze, di discipline, di professionalità e di attività. Il lockdown, il distanziamento e i protocolli sanitari di sicurezza hanno ferito la vita sociale e le relazioni interpersonali. Hanno impedito eventi e manifestazioni collettive, religiose e laiche, che sono parte essenziale dell’identità e della diversità delle nostre comunità. Rilanciare il patrimonio immateriale identitario delle comunità, riannodare i fili di una comunicazione sociale interrottasi bruscamente sono importanti compiti dei musei. Il successo della comunicazione digitale dei musei in tempo di lockdown è stato più il frutto di un impegno straordinario nell’innovazione tecnologica e culturale da parte di quanti lavorano nei musei che di nuovi investimenti (che tuttora latitano).
Pagine | 41 - 49
DOI | 10.1401/9788815410283/c5
Telmo Pievani

Intrecciare linguaggi espositivi per un museo della lingua italiana

Tutto ciò di cui noi parliamo quando parliamo di virtuale è un mezzo per comunicare qualcosa, e quel qualcosa va organizzato: va trovato un modo per organizzare i contenuti vastissimi, versatili e di estremo interesse che riguardano il patrimonio della lingua italiana (le sue storie, la sua unicità, i saperi, la facoltà stessa del linguaggio, i contesti). Dopo la pandemia, però, diventa necessario cominciare a valutare questa ipotesi. L’interdisciplinarità dovrebbe permeare il racconto espositivo e, soprattutto (più difficile), dare un valore euristico alla storia: cioè fare capire come, per comprendere un certo fenomeno, un solo punto di vista non basti, ma sia necessario illuminarlo da angoli diversi. Si tratta insomma di creare un contesto che susciti interesse e motivazione, in qualche modo giocando, perché no, sull’ignoranza del visitatore: uno strumento fondamentale, in grado di generare stupore e meraviglia, le quali però – va detto – non devono mai essere il fine in sé della comunicazione. C’è un risvolto negativo, tuttavia, che può riguardare la mescolanza dei linguaggi ed è stato finora poco sottolineato, ed è l’aspetto estetico. Può sembrare un elemento superficiale, ma non lo è affatto: spesso viene sottovalutato, o considerato per ultimo. Meno ovvio, meno facile è affrontare l’obsolescenza propriamente tecnologica, che oggi procede velocissima. Bisogna considerare che il modo di concepire fenomeni come la realtà virtuale, la realtà aumentata, la gamification ecc., diffuso fino a pochi anni fa, oggi sembra vintage. O si gioca sul vintage, allora, in modo autoironico (ed è una possibilità), oppure bisogna affrontare l’invecchiamento rapido di un museo di questo tipo, prevedendo sin da subito una manutenzione evolutiva pluriennale. Sarebbe bello, insomma, se questo museo virtuale facesse poi succedere degli eventi reali, degli incontri in luoghi magari poco visitati, negletti, legati alla storia della lingua italiana e alla formidabile ricchezza delle collezioni museali italiane, uniche al mondo.
Pagine | 51 - 57
DOI | 10.1401/9788815410283/c6
Nadia Cannata

Rappresentare l’idea della lingua attraverso il tempo, lo spazio e le culture: esperienze passate e nuovi progetti

Un museo della lingua italiana, come qui si progetta, deriva il suo carattere necessariamente e anzitutto dai confini delimitati dal titolo che si è scelto. MULTI, estensione digitale del MUNDI, il Museo nazionale dell’italiano che si viene costruendo a Firenze, si dichiara, appunto, una rappresentazione della lingua italiana, senza ulteriori specificazioni. La lingua scritta è forse lo strumento primario nella formazione di una tradizione culturale, la quale a sua volta dà sostanza a una identità riconosciuta. Negli ultimi vent’anni sono stati fondati diversi musei dedicati alle lingue: molti in Europa, almeno sei in Italia. La maggioranza di essi è dedicata a lingue cosiddette «minoritarie», e ha lo scopo di salvaguardare un patrimonio percepito come a rischio di dispersione. Esiste poi una seconda categoria di musei, che sono quelli dedicati alla lingua come fenomeno culturale e sociale: gli esempi più interessanti sono Mundolingua a Parigi e Planet Word a Washington. Infine, recentissimo è il progetto dell’Università di Cambridge, diretto da Wendy Ayers-Bennet e finanziato dall’ARHC (Arts and Humanities Research Council, un soggetto pubblico), che ha lanciato un museo pop-up, cioè itinerante e allestito in brevissimo tempo in luoghi pubblici (centri commerciali, negozi, ristoranti), con lo scopo di diffondere informazioni e soprattutto interesse per le lingue, per la coscienza della propria identità linguistica e il multilinguismo. A questo proposito, se è possibile fornire un suggerimento in questa sede, dall’esperienza di queste recentissime forme museali, grazie alle quali è possibile immaginare e allestire esposizioni innovative e impossibili in un museo tradizionale, si trae anche e senz’altro l’indicazione che è fondamentale coltivare un legame forte con il museo fisico, sia per accrescerne la conoscenza e la diffusione, sia – e direi soprattutto – per poter assicurare la conservazione nella memoria e nella tradizione culturale dell’oggetto che il museo è nato anzitutto per rappresentare e custodire.
Pagine | 59 - 72
DOI | 10.1401/9788815410283/c7
Ann B. Friedman

Bringing Words to Life at Planet Word

I’m Ann Friedman, the founder of Planet Word in Washington, DC, the world’s first interactive museum dedicated to words and language. In our physical museum, we divided the broad topic of words and language into three main categories: how humans acquire language and the amazing variety of those 6.000 living languages; what we can do with words; the power of words in advertising and people’s lives. Then we specified six core values that all our exhibits had to embody to. They had to be some combination of fun, playful, unexpected, meaningful, motivational, or inclusive. To bring all these words to life for visitors (just like you’ll have to do virtually) we used lots of technology: voice-recognition technology, motion activation, and projection technology, sound, animation, and compelling color and design. Visitors would talk to the museum, and it would talk back. And every visitor would leave the museum having written a little, read a little, spoken, and listened – every part of the language arts.
Pagine | 75 - 79
DOI | 10.1401/9788815410283/c8
Marília Bonas

Choices and challenges in (re)constructing the Museum of Portuguese Language

The Museum of Portuguese Language was open in first place in 2006. In nine years of existence we have had around four million visitors, and it has been described as one of the four best museums in Latin America. We focused so much on the educational issue. Our choice was about a narrative celebration of Portuguese language, presenting it without any conflict about the presence of this language in the Brazilian territory. Our idea is to present, show and teach to the public a very big challenge: that Portuguese language was not something spontaneous and «natural» during the history and the development of Brazil, but something that was imposed by colonialism. In this exhibition, we also have an area which focuses on variations, accents and differences of the Brazilian Portuguese. It’s important to understand what is Brazil: Brazil is an enormous country, with many differences, a varied country, with many identities, and we are now living a very bad economic and sanitary crisis. It’s a very complicated moment, so I think that the museum should understand how to react and how to connect with the society and its problems.
Pagine | 81 - 84
DOI | 10.1401/9788815410283/c9
Marilza de Oliveira

Content and Assembly of Estação da Luz Museum of Portuguese Language

When thinking about a language museum, three images immediately come to mind. The first recalls the cemetery game used by the character Oliveira, in Julio Cortázar’s Hopscotch. The second resembles the character gallery in Thomas Mann’s The Buddenbrooks, whose dialects and accents map social, generational, and even temperamental distinctions. The third one refers to the heated debates in family life in Family Lexicon. The three dashed landscapes point to different perspectives for the construction of a language museum and can compose renewable modules to ensure the content is up to date. The cornerstone of the creation of the São Paulo Museum of Portuguese Language was laid by Jarbas Mantovani, director of the Roberto Marinho Foundation, who was looking for researchers on the history of the Portuguese language to implement the idea of building a museum dedicated to our language. The dialogue with the building’s architectural structure was reinforced using columns in which totems were placed and next to which were screens whose content referred to the linguistic and cultural contribution to the support of the Portuguese language in Brazil. The research work on linguistic loans was based on some semantic fields: fashion; food; fights and sport; ritualistic practices, games, dances and shows; architecture and housing; human relationships and behavior; economy, trade, and politics; technology. Considering language as mortar led us to three types of linguistic research for the museum: the first involved meaning extensions; the second dealt with the baggage we carry and the third with the history we have created. The visitor is led to understand that he is constantly operating with rules or schemes that are unconsciously acquired. Hopefully, he will gain confidence about his language ability with this exercise.
Pagine | 85 - 96
DOI | 10.1401/9788815410283/c10
Rita Librandi

La sfida audace dei musei virtuale e fisico della lingua italiana

Causa e conseguenza delle nuove funzioni svolte dai musei è stata la nascita, sostenuta da un ragguardevole successo di pubblico, dei cosiddetti musei del patrimonio immateriale, che coinvolgono tradizioni popolari, risorse della vita materiale, storia della musica, del cibo e così via, senza escludere, ovviamente, la lingua. Più o meno negli stessi anni in cui va mutando l’idea di museo, un’altra importante novità ne agevola la trasformazione: l’apertura al multimediale, favorita non solo dalla necessità di interagire con il pubblico, indipendentemente dalla sua età, ma anche dal fatto che l’immaterialità è raccontata sia da oggetti, sia e più spesso da suoni, video, narrazioni per immagini, testimonianze audio. Il desiderio di incidere sulla percezione linguistica dei parlanti attraverso le immagini, la comunicazione diretta, il racconto breve ma scientificamente corretto è stato, infatti, all’origine di una grande mostra allestita nel 2003 a Firenze presso la Galleria degli Uffizi, e curata da Luca Serianni e da alcuni degli studiosi oggi protagonisti dei progetti del MULTI e del MUNDI. Le conversazioni intorno alla lingua, che si svolgano dal vivo o, oggi più frequentemente, attraverso i social network, coinvolgono spesso emotivamente gli interlocutori, anche perché è difficile scindere lo strumento principale della nostra socializzazione dalle nostre personali esperienze di vita; le discussioni, tuttavia, affrontano quasi sempre gli stessi argomenti e mettono in evidenza opinioni sedimentate nel tempo e quasi mai verificate sul piano storico o scientifico. Può un museo della lingua italiana riuscire a scardinare i luoghi comuni e a favorire nella nostra comunità parlante una nuova percezione linguistica? La risposta sarà affermativa solo se si eviterà l’eccesso di semplificazione: un luogo comune, infatti, nasce da un indebito processo di generalizzazione, dal ricondurre a unitarietà persone e azioni distinte da sfumature molteplici.
Pagine | 99 - 105
DOI | 10.1401/9788815410283/c11
Stefano Telve

La città della lingua

Negli ultimi otto anni il numero dei musei a livello mondiale è aumentato del 60% circa. Nonostante la sua lunga carriera, il museo è dunque tutt’altro che un’istituzione invecchiata. È del resto fin troppo ovvio constatare quanto l’oggetto museo, col passare del tempo e delle epoche, si sia periodicamente rigenerato, riempiendosi di altro e rivestendosi di nuovo. Il compito è però assolto solo se quanto è conservato e documentato saprà anche essere valorizzato e comunicato. Il presupposto perché ciò avvenga è dato, nel caso del museo fisico o, come anche si dice, reale, dalla sua dimensione spaziale: un luogo raccolto di contatto e di incontro che, attraverso varie e originali soluzioni, consente di coinvolgere i visitatori in un’esperienza di conoscenza e di emozione che li renda effettivamente partecipi della visita e consapevoli di essere parte di una comunità definita. La città rappresenta perfettamente il museo disperso della lingua: il visitatore la potrà attraversare e vivere come singolo individuo, con la sua personale parole, e come essere sociale, con la sua langue condivisa, scegliendo a suo piacimento un certo percorso di visita e, lungo questo, le tappe e le soste che vorrà fare, con i tempi che desidera.
Pagine | 107 - 110
DOI | 10.1401/9788815410283/c12
Mirko Volpi

Com'è fatto il MULTI

Dopo i preziosi inquadramenti teorici e il racconto di altre esperienze di musealizzazione di un patrimonio culturale immateriale qual è una lingua, che costituiscono il cuore di questo volume e di questo seminario, vediamo finalmente più da vicino come è fatto e come è fruibile il MULTI Museo multimediale della lingua italiana. Il MULTI è un museo multimediale e interattivo che ha come obiettivo quello di raccontare la lingua italiana e la sua storia, rendendole accessibili a un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile. Centrale, come anticipato, e determinante nella delineazione stessa del sito e della sua architettura, è il ruolo della narrazione; il MULTI si sviluppa dunque, all’interno della macrometafora della città della lingua, come un racconto della lingua italiana attraverso una serie di vere e proprie «visite guidate». Le schermate del sito, cioè di ognuno dei sei Percorsi previsti, oltre all’Atrio, presentano elementi immersivi, sempre funzionali a un più coinvolgente sviluppo della narrazione: l’impostazione generale si basa su una grafica fullscreen («a tutto schermo») con l’utilizzo di elementi animati (video o sfondi, ad esempio) e statici (le immagini, principalmente) e il ricorso alla parallasse, dove cioè tali elementi si muovono in modo indipendente (ossia senza comandi da parte dell’utente) per conferire profondità alla schermata. Un ulteriore livello di contenuto del MULTI è invece rappresentato dalla sezione che raccoglie gli Articoli: approfondimenti di media lunghezza, in cui si affrontano questioni legate a quelle trattate nei vari Percorsi, ma con un occhio particolare alla contemporaneità, a temi dell’attualità sollecitati dal racconto del passato e del presente della lingua italiana.
Pagine | 111 - 122
DOI | 10.1401/9788815410283/c13
Giuseppe Antonelli

Il museo della lingua italiana: le molte facce di un’idea

Questo volume testimonia, attraverso una serie di contributi specifici, il percorso che il MULTI – Museo multimediale della lingua italiana ha fatto dalla sua ideazione alla sua realizzazione. La prima fase della ricerca si è concentrata prevalentemente sul versante teorico legato alla musealizzazione di un patrimonio culturale immateriale come la lingua in un contesto virtuale come quello della rete. La seconda fase è stata dedicata alla concreta costruzione di un museo multimediale che potesse rappresentare l’applicazione pratica di quanto emerso dalla riflessione teorica, coinvolgendo visitatori e visitatrici di tutto il mondo in un’affascinante esperienza immersiva. Il percorso del MULTI si inserisce in quello molto più lungo che ha già fatto e continuerà a fare l’idea di un grande museo della lingua italiana. Nel frattempo, prendendo spunto dall’inaugurazione del museo di Firenze, Rai 5 ha prodotto le prime due puntate di un documentario intitolato Etimo – Per il museo della lingua italiana. Un viaggio pensato per mostrare e raccontare quegli oggetti che hanno fatto la storia della lingua italiana ma non potranno far parte della collezione permanente del MUNDI, perché più o meno indissolubilmente legati ai luoghi in cui sono conservati. nuova sfida è ora quella della convergenza fra tutte le declinazioni di quest’unica idea, per dar vita a un unico complesso museale integrato in cui queste varie realizzazioni diventino le facce di un unico progetto poliedrico.
Pagine | 123 - 126