Giuseppe Antonelli, Giacomo Micheletti, Anna Stella Poli (a cura di)
Verso il museo multimediale della lingua italiana
DOI: 10.1401/9788815410283/c4

Alberto Garlandini Il museo della lingua italiana negli scenari di cambiamento globale post-pandemia

Notizie Autori
Alberto Garlandini – già presidente dell’ICOM International dal 2020 al 2022 – è presidente dell’ICOM Foundation; presidente dell’ICOM International Museum Research and Exchange Centre di Shanghai Cina; presidente del governing board dell’«International Journal of Intangible Heritage», Seul, Corea; presidente dell’Associazione Abbonamento Musei; presidente del Comitato scientifico del MUSE – Museo delle Scienze di Trento. Museologo, ha all’attivo più di 200 pubblicazioni scientifiche in italiano, inglese e francese sul tema dei musei e della gestione del patrimonio culturale. Suoi saggi sono stati tradotti in coreano e mandarino. Ha ricoperto e tuttora ricopre numerosi incarichi istituzionali, in Italia e all’estero, e figura nell’editorial board di importanti riviste accademiche.
Abstract
Nel 2021 l’International Museum Day dell’ICOM1 è stato dedicato a Il futuro dei musei: ripartire e reinventarsi. Mentre cominciamo a vedere la fine del tunnel dell’emergenza Covid- 19, i musei si interrogano su come affrontare la «nuova normalità» del post-pandemia. La lingua è indiscutibilmente una parte decisiva dell’identità e del patrimonio immateriale di una comunità, di un gruppo sociale, di un popolo. La lingua è testimonianza di civiltà. La museologia ci consegna una visione del museo in cui il patrimonio culturale è memoria attiva e impegno civile, utile sia per interpretare il presente, sia per progettare il futuro. Il museo tradizionalmente inteso come istituto della specializzazione disciplinare e della conservazione delle collezioni si è trasformato in un complesso melting pot di competenze, di conoscenze, di discipline, di professionalità e di attività. Il lockdown, il distanziamento e i protocolli sanitari di sicurezza hanno ferito la vita sociale e le relazioni interpersonali. Hanno impedito eventi e manifestazioni collettive, religiose e laiche, che sono parte essenziale dell’identità e della diversità delle nostre comunità. Rilanciare il patrimonio immateriale identitario delle comunità, riannodare i fili di una comunicazione sociale interrottasi bruscamente sono importanti compiti dei musei. Il successo della comunicazione digitale dei musei in tempo di lockdown è stato più il frutto di un impegno straordinario nell’innovazione tecnologica e culturale da parte di quanti lavorano nei musei che di nuovi investimenti (che tuttora latitano).
Nel 2021 l’International Museum Day dell’ICOM [1]
è stato dedicato a Il futuro dei musei: ripartire e reinventarsi. Mentre cominciamo a vedere la fine del tunnel dell’emergenza Covid-19, i musei si interrogano su come affrontare la «nuova normalità» del post-pandemia. Per essere all’altezza delle sfide globali e rafforzare i rapporti con le comunità, i musei devono sapersi ripensare e rinnovare. È nel quadro di questa sfida che si colloca il progetto del Museo multimediale della lingua italiana (MULTI) che discutiamo in questo volume.
Contribuisco alla riflessione collettiva portando il mio punto di vista di museologo presidente dell’ICOM, l’organizzazione mondiale dei musei e dei professionisti museali [2]
. Nella prima parte del mio testo affronto il tema della lingua come testimonianza di civiltà; quello del museo della lingua italiana come centro della relazione tra beni materiali e beni immateriali, in particolar modo evidenziando come la trasmissione di valori e saperi possa concretizzarsi nella vita quotidiana. Nella seconda parte inserisco il progetto del MULTI nella moderna visione del museo come istituto {p. 42}della contemporaneità, nel quale la memoria è strumento di interpretazione del presente e di progettazione del futuro. Nella terza parte rifletto sul museo della lingua italiana come istituto di partecipazione e di innovazione nello scenario del post-pandemia. L’ultima parte del testo è dedicata al museo della lingua italiana nel mondo della rivoluzione digitale e dell’ibridazione.

1. Il museo della lingua italiana: patrimonio culturale materiale e immateriale

Inizio il mio contributo raccontando un’esperienza personale. Alcuni anni or sono, durante una visita professionale in Giappone per conferenze e incontri, un amico di un museo locale mi portò a visitare un tradizionale tempio shinto, affascinante per bellezza e storia [3]
. Per più di un millennio la principale struttura in legno del tempio è stata ricostruita senza soluzione di continuità ogni quaranta o cinquant’anni, con le stesse forme e sapienze tecniche, usando di volta in volta nuovi materiali lignei.
La conoscenza e la pratica della ricostruzione del tempio si sono mantenute tramandandosi da una generazione all’altra insieme ai valori dello shintoismo. Col passare dei secoli la comunità ha continuato a mantenere in vita queste conoscenze e questi valori come parte del proprio patrimonio culturale e identitario. I materiali lignei che compongono il tempio nel presente stato non hanno in sé valore storico, eppure il tempio è considerato, a ragione, parte significativa del patrimonio culturale non solo della comunità locale, ma anche del Giappone.
Il caso del tempio shinto è un buon punto di partenza per riflettere sul museo della lingua italiana che stiamo progettando. Il tempio è uno straordinario esempio di universitas facti: nella sua complessità è contemporaneamente {p. 43}parte del patrimonio culturale materiale, immateriale e vivente della comunità [4]
.
La lingua è indiscutibilmente una parte decisiva dell’identità e del patrimonio immateriale di una comunità, di un gruppo sociale, di un popolo. La lingua è testimonianza di civiltà. La Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO [5]
ci dice che il patrimonio immateriale è multiforme: comprende i linguaggi, le tradizioni e le espressioni orali, le arti dello spettacolo, la musica e la danza popolari, le consuetudini sociali, i riti e le feste, gli stili di vita, i saperi, l’enogastronomia e l’artigianato tradizionali, i sistemi di valori e gli orientamenti religiosi. Tale Convenzione va letta in relazione con la Dichiarazione e la Convenzione UNESCO sulla diversità culturale [6]
. La tutela e la promozione delle diversità sono parte fondamentale della missione di ogni museo oggi.
Nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO sono inseriti nove beni italiani, come il cantu a tenore sardo, la fabbricazione dei violini di Cremona, la dieta mediterranea, l’arte dei muri a secco [7]
. Presupposto indispensabile per la conservazione di tali pratiche è che esse rimangano attive nella quotidianità delle comunità, continuino a concretizzarsi nella vita delle persone di oggi come si concretizzarono in quella delle passate generazioni. {p. 44}Questo vale ovviamente anche per la lingua italiana e per il museo a essa dedicato.

2. Il museo della lingua italiana: un museo innovativo nel XXI secolo

La museologia ci consegna una visione del museo in cui il patrimonio culturale è memoria attiva e impegno civile, utile sia per interpretare il presente, sia per progettare il futuro. Il museo tradizionalmente inteso come istituto della specializzazione disciplinare e della conservazione delle collezioni si è trasformato in un complesso melting pot di competenze, di conoscenze, di discipline, di professionalità e di attività. La gestione dei musei è per sua natura interdisciplinare. Occorre fare sintesi e pratica comune affinché il museo possa rispondere positivamente alle nuove e pressanti richieste dei cittadini, delle comunità, delle autorità. I musei sono istituti dell’interrelazione tra oggetti museali, tra persone e reperti, tra collezioni e comunità, tra luoghi e paesaggi.
Col passare del tempo le tradizionali funzioni dei musei, cioè l’acquisizione, la conservazione, la ricerca, la comunicazione e l’esposizione del patrimonio, si sono ampliate enormemente. Al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile, essi sono diventati un hub di partecipazione, di dialogo interculturale, di inclusione, di continua interazione con le comunità. I musei vivono nella contemporaneità e i temi della contemporaneità sono i temi dei musei.
I musei valorizzano le collezioni, ma si occupano anche del patrimonio materiale e immateriale diffuso nel territorio, così come del paesaggio che li circonda. È il concetto di «museo diffuso», caro alla museologia italiana. Non a caso il concetto di museo diffuso è stato al centro della Conferenza generale dell’ICOM, tenutasi a Milano nel 2016, che aveva come tema il rapporto tra musei e paesaggi culturali.
Il ruolo sociale dei musei non è una scoperta recente. Se ne parla almeno dal novembre 1972, quando si tenne la Conferenza sul ruolo dei musei nella società contemporanea organizzata dall’ICOM e dall’UNESCO a Santiago {p. 45}del Cile [Do Nascimento, Trampe e Dos Santos 2012]. In quell’evento, passato alla storia della museologia come la «Tavola Rotonda di Santiago del Cile», venne proposta, per la prima volta in modo organico, la visione del museo come un istituto al servizio della società, inserito nella vita e nello sviluppo delle comunità.
La tavola rotonda si focalizzò sul ruolo sociale del museo e sulla necessità di una democratizzazione della cultura. La dichiarazione finale propose una visione olistica e multidisciplinare del museo: un’istituzione che coopera con le comunità locali, che ne favorisce la partecipazione attiva, ne promuove lo sviluppo e la qualità di vita. Tale visione sociale del museo è alla base della missione dell’ICOM e al centro del suo Codice etico per i musei [8]
, così come della Raccomandazione UNESCO del 2015 sul ruolo dei musei [9]
, frutto della collaborazione con l’ICOM.
In una valutazione di lungo periodo possiamo considerare la tavola rotonda di Santiago come una delle radici della Convenzione europea di Faro [10]
, e in particolare della proposta di costituire comunità di patrimonio e di coinvolgere le comunità nell’identificazione delle eredità culturali materiali e immateriali da conservare e valorizzare. È a questa visione sociale di museo che guarda il museo della lingua italiana.
{p. 46}
Note
[1] L’ICOM ha istituito la Giornata internazionale dei musei (IMD) nel 1977 per promuovere la conoscenza delle attività dei musei. Ogni anno, il 18 maggio, i musei programmano attività straordinarie e discutono il tema scelto dall’ICOM. La partecipazione alla Giornata internazionale dei musei è cresciuta di anno in anno: nel 2020 si è svolta solo online e ha raggiunto oltre 83 milioni di utenti sui social media.
[2] L’ICOM è una organizzazione non governativa fondata nel novembre 1946 durante la prima Conferenza dell’UNESCO. È composta da 50.000 professionisti e musei provenienti da 140 paesi e comprende 174 comitati nazionali e internazionali, alleanze regionali e organizzazioni affiliate. L’ICOM stabilisce standard etici e professionali, sviluppa programmi di capacity building e di formazione, combatte il traffico illecito di beni culturali, protegge il patrimonio in pericolo. Per ulteriori informazioni, si veda https://icom.museum/en/ (ultimo accesso: gennaio 2023).
[3] Si veda la Itsukushima Shinto Shrine inserita nella World Heritage List dell’UNESCO: https://whc.unesco.org/en/list/776/ (ultimo accesso: gennaio 2023).
[4] Le relazioni tra patrimonio materiale e patrimonio immateriale sono uno dei temi salienti trattati nell’«International Journal of Intangible Heritage», la rivista accademica e professionale in lingua inglese pubblicata dall’ICOM e dal National Folk Museum of Korea: si veda https://www.ijih.org/ (ultimo accesso: gennaio 2023).
[5] Si veda https://www.unesco.beniculturali.it/convenzione-2003/ (ultimo accesso: gennaio 2023).
[6] UNESCO, Universal Declaration on Cultural Diversity, 2001, http://portal.unesco.org/en/ev.php-URL_ID=13179&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html (ultimo accesso: gennaio 2023).
[7] Gli altri beni italiani nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, alcuni in qualità di beni transnazionali, sono le feste delle grandi macchine a spalla, la vite ad alberello di Pantelleria, la falconeria, l’arte del «pizzaiuolo» napoletano, la Perdonanza Celestiniana, l’alpinismo, la transumanza.
[8] Si veda http://www.icom-italia.org/codice-etico-icom/ (ultimo accesso: gennaio 2023).
[9] UNESCO, Recommendation Concerning the Protection and Promotion of Museums and Collections, 2015, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000246331 (ultimo accesso: marzo 2023).
[10] Consiglio d’Europa, Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, Faro, 27 ottobre 2005: http://www.musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione-di-Faro.pdf (ultimo accesso: gennaio 2023).