Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c1
Sia la fase ascendente di elaborazione e di firma, sia quella discendente di attuazione di tali atti internazionali continuano formalmente a restare un mero appannaggio del livello statale; gli stessi trattati raramente vincolano soggetti ulteriori rispetto agli Stati firmatari [13]
, lasciando alla normativa interna i rapporti tra Stato centrale ed enti territoriali.
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Sebbene formalmente esclusi dall’impianto sovranazionale del sistema di tutela tradizionale dei diritti umani e dai rapporti con la Comunità internazionale, alcune corti hanno però considerato gli enti locali responsabili dell’implementazione dei diritti sanciti in quelle Carte, in quanto livello più a contatto con la comunità [14]
, così come hanno inizialmente riconosciuto l’accesso alla giustizia europea ad alcune città, ammettendo i loro ricorsi [15]
, a conferma dell’attivismo del formante giurisprudenziale rispetto a quello legislativo.
Al di là dei casi segnalati di inadempimento degli obblighi internazionali, gli enti locali stanno sempre più acquisendo un ruolo da protagonisti nella tutela dei diritti umani. Non ci riferiamo solamente ai casi di città che si vincolano, mediante le loro politiche locali, a trattati o convenzioni non ratificate a livello statale [16]
o di città che manifestano la volontà di continuare a osservare accordi internazionali non più vincolanti per lo Stato centrale, come nel caso del movimento Climate Mayor [17]
. Da tempo si sta affermando un (human) right-based approach alle {p. 19}politiche locali che porta al ripensamento di alcune categorie tradizionali dello studio dei diritti umani e di alcuni paradigmi che hanno finora guidato i rapporti centro-periferia nella promozione e nell’attuazione degli stessi e consente di «operare una “rivisitazione locale” dei diritti umani» [18]
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L’espansione del catalogo dei diritti – dall’iniziale enfasi sui diritti civili e politici per giungere al riconoscimento dei diritti della natura e di tutti degli esseri viventi – e dei diversi soggetti tutelati in specifici trattati (minori, donne, disabili…), congiuntamente ai processi di decentramento in atto da alcuni decenni in tutto il mondo, ha rafforzato il potenziale delle città nell’implementazione di tutte le categorie di diritti.
Come ben sintetizzato dall’ex Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, il lavoro quotidiano di implementazione degli standard dei diritti umani consacrati nei trattati ratificati a livello statale «resta sulle spalle degli enti locali e regionali»; le autorità locali sono infatti «direttamente responsabili per i servizi relativi a: salute, istruzione, abitativi, di fornitura dell’acqua, lotta all’inquinamento e, in molti casi, tassazione. Queste questioni riguardano i diritti umani, non ultimi i loro diritti sociali» [19]
. Oramai in tutto il mondo sempre più città basano le loro politiche, la pianificazione urbanistica [20]
e la programmazione [21]
sulle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani.{p. 20}
Nonostante le diverse dimensioni e approcci «they all hold the promise of strengthening social justice at the local level, and realizing abstract human rights ideals» [22]
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Ciò si spiega perché i governi locali «sono molto di più di mini-nations» [23]
e possono fare molto di più che aggiungere un livello di protezione nella scala di attuazione dei diritti umani: essi sono laboratori sperimentali per politiche sul cambiamento climatico, sulle tematiche dell’immigrazione – come dimostrano i casi delle città santuario [24]
– sull’applicazione delle tecnologie ICT ai servizi locali, oltre che sulle pratiche di partecipazione e di collaborazione con la propria comunità (v. cap. 2). Innovano l’approccio ai diritti umani invertendo il paradigma tradizionale di implementazione verticale delle norme internazionali contenute nei trattati e talvolta lo superano interagendo, orizzontalmente, con città di altri Stati (v. infra § 3.1). Con il loro pragmatismo scardinano la classica contrapposizione tra titolari di diritti e titolari di doveri istituzionali, perché agiscono trasversalmente ponendo in contatto più soggetti (membri della comunità, formazioni sociali, istituzioni, stakeholders…).
Sebbene le città siano tra i soggetti che per ultimi si sono integrati nel sistema di tutela dei diritti umani, «intervenire dove gli stati hanno fallito» è divenuto un argomento centrale nella letteratura che sostiene le human rights cities [25]
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Il termine human rights city è stato utilizzato per la prima volta dalla NGO The People’s Movement for Human Rights Learning (PDHRE), un’organizzazione fondata nel 1989 che ha collaborato con varie autorità locali in tutto il mondo per {p. 21}la creazione di un metodo di formazione delle HR cities, la cui prima esperienza si fa risalire alla città di Rosario, in Argentina. PDHRE definisce una human rights city «a city or a community where people of good will, in government, in organizations and in institutions, try and let a human rights framework guide the development of the life of the community» [26]
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Questa nuova categoria trae linfa da alcune esperienze innovative, in primis, la città di Rosario, con l’accordo siglato nel 1997 tra le istituzioni locali e 35 organizzazioni in rappresentanza dei più diversi volti della comunità; Montréal, con la già citata Montréal Charter; Bogotà, con l’innovativo esperimento di monitoraggio dell’attuazione dei diritti umani nei vari barrios della città [27]
. Una delle più recenti incorporazione di nuovi diritti in una fonte normativa locale (anche se in una città di dimensioni enormi) è la nuova Constitución di Città del Messico, il cui spirito è
proclamar una nueva forma de concebir y vivir la cuidad, desde la que se integren tanto los derechos civiles, políticos, económicos, sociales, culturales y ambientales, reconocidos y garantizados constitucionalmente; así como, los instrumentos y tratados internacionales de los derechos humanos ratificados por el Estado mexicano [28]
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I tratti più innovativi riguardano il riconoscimento dei diritti dei pueblos indígenas, la «composición pluricultural, plurilingüe y pluriétnica» della città, il benessere degli abitanti compatibilmente con un equilibrio ecologico e nel rispetto della natura e di tutti gli esseri viventi, nonché i numerosissimi richiami allo sviluppo sostenibile, frutto di sperimentazioni dal basso (v. infra § 4.1.1).{p. 22}
Oltre a singole esperienze, la dottrina ricerca gli elementi determinanti in una serie di Carte e di Dichiarazioni internazionali promosse dai principali network che mantengono in connessione le città e le supportano nell’attuazione dei diritti umani, tra i quali ricordiamo lo United Cities and Local Governments (UCLG) e il già richiamato Congress of Local and Regional Authorities.
La European Charter for the Safeguarding of Human Rights in the City, adottata a Saint Denis nel 2000, riecheggia le teorie di Lefebvre sulla città come spazio collettivo [29]
e il right of urban life come diritto collettivo, ma va oltre, affermando nuovi diritti legati alla città, che emergono dalle trame delle Dichiarazioni sui diritti umani, quali un «harmonious city development» (art. XIX) e un «movement and tranquillity in the city» (art. XX).
Nelle Carte sottoscritte negli ultimi vent’anni emergono i tratti caratterizzanti le HR cities, gli impegni minimi nei confronti della comunità nella prestazione dei servizi locali e una serie di diritti connessi alla dimensione urbana.
L’impegno delle città per la promozione e l’attuazione dei diritti umani si esplica sia sul piano organizzativo, sia su quello competenziale o su entrambi, come dimostra l’esempio di Barcellona, una delle prime città europee ad aver fatto propria la prospettiva dei diritti umani nelle politiche locali. Dall’inizio degli anni Novanta quando il Sindaco Maragall creò il Civil Rights Commissioner, divenuto poi Civil Rights Department (CRD) per affrontare il cambiamento della composizione razziale, etnica e religiosa della città a seguito delle nuove migrazioni, l’organizzazione dei servizi e dei dipartimenti si è ispirata ai valori delle Carte sui diritti umani (es. il CRD ha poi istituito l’ufficio per la non discriminazione e l’ufficio per gli affari religiosi) e più recentemente sono stati creati servizi per promuovere i diritti di alcune categorie di soggetti più deboli (donne e comunità LGBT) [30]
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Note
[13] Nel Convention on the Rights of the Child del 1989 vari soggetti sono vincolati: «public or private social welfare institutions, courts of law, administrative authorities or legislative bodies» (art. 3).
[14] In Assanidze v. Georgia [ECHR], Application no. 71503/01, 8 Aprile 2004 la Corte conferma che l’espressione «governmental organisation» negli Stati decentrati non si riferisce solo ad autorità nazionali. In Oneryildiz vs Turkey [ECHR], Application no. 48939/99, 30 Novembre 2004, la Corte afferma che il diritto alla vita è stato violato dalle autorità locali turche per non avere vigilato sulle costruzioni poi crollate in una zona pericolante della città.
[15] Sentenza del 13 dicembre 2018, Ville de Paris, Ville de Bruxelles e Ayuntamiento de Madrid/Commissione, T-339/16, T-352/16, e T-391/16, poi annullata dalla Corte di Giustizia a gennaio del 2022.
[16] Es. Convention on the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women e Convention on the Rights of the Child, da parte di alcune città statunitensi, nonostante la mancata ratifica a livello federale: M.F. Davis, Cities, human rights and accountability: The United States experience, in B. Oomen, M. Davis e M. Grigolo (a cura di), Global Urban Justice: The rise of human rights cities, Cambridge, Cambridge University Press, 2016, pp. 23-43. Oppure casi come la Montréal Charter of Rights and Responsibilities che fornisce una maggiore protezione dei diritti economici e sociali rispetto alla legge nazionale canadese: B. Frate, Human rights at a local level: The Montréal experience, in Oomen, Davis e Grigolo (a cura di), Global Urban Justice, cit., pp. 64-80.
[17] Un network bipartisan (ad oggi composto da più di 400 sindaci) contrario alla decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dagli Accordi di Parigi, formalmente notificata alle Nazioni Unite nel 2019.
[18] G. Tieghi, Human Rights Cities: lo Human Rights-Based Approach per la governance locale, in «DPCE online», n. 3/2019, p. 1935.
[19] Discorso tenuto nel 20th Session of the Congress of Local and Regional Authorities del 2011, riportato nell’introduzione di T. Van Lindert e D. Lettinga (a cura di), The Future of Human Rights in an Urban World. Exploring Opportunities, Threats and Challenges, Netherlands, Amnesty International, 2014, p. 8.
[20] Per un impatto dei diritti umani sulla regolazione e pianificazione urbanistica: A. Klen-Amin e R. Abubakar, Human rights in the New Urban Agenda, in N.M. Davidson e G. Tewari (a cura di), Law and the New Urban Agenda, London, Routledge, 2020, pp. 105 ss.
[21] The Congress of Local and Regional Authorities raccomanda a tutti i suoi membri «examine local government budgets from a human rights perspective so that human rights are given appropriate attention when priority needs are being decided» CoE CLRA, Resolution 296 (2010). Per alcuni esempi di città fuori dal Consiglio d’Europa, come es. Dane County, in Wisconsin che ha adottato un Right to Housing Resolution nel 2012 si rinvia a C. Soohoo, Human Rights Cities: Challenges and Possibilities, in Oomen, Davis e Grigolo (a cura di), Global Urban Justice, cit., pp. 20-21.
[22] E. van den Berg e B. Oomen, Towards a Decentralization of Human Rights: The Rise of Human Rights Cities, in Van Lindert e Lettinga (a cura di), The Future of Human Rights in an Urban World, cit., p. 11.
[23] C. Soohoo, Human Rights Cities: Challenges and Possibilities, cit., p. 273.
[24] Per i casi negli Stati Uniti: T.M. Massaro e S. Milczarek-Desai, Constitutional cities: Sanctuary Jurisdictions, Local Voice and Individual Liberty, in «Columbia Human Rights Law Review», n. 50/2018, pp. 2 ss.
[25] Lo ricorda B. Oomen, Introduction: The promise and challenges of human rights cities, in Oomen, Davis e Grigolo (a cura di), Global Urban Justice, cit., p. 2.
[26] Human Rights Learning and Human Rights Cities, Achievements Report, 2007.
[27] G. Allegretti, R. Lombera, V. Huerta, M. Fricaudet e A. Luévano, The Rights approach through the Bogotà humana development plan: Towards a new construction of the public sphere, Bogotà, Alcaldía de Bogotà et al., 2015.
[28] AA.V.V., El Derecho a la Ciudad en la Constitución de la Ciudad de México. Una propuesta de interpretación, Ciudad de México, Instituto de investigaciones parlamentarias, 2017, p. 42.
[29] H. Lefebvre, Le droit à la ville, Paris, Anthropos, 1968.
[30] M. Grigolo, Building the “city of rights”: The human rights policy of Barcelona, 2011, reperibile nella pagina web dell’autore http://www.michele-grigolo.com.