Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c1
Durante il mandato del Sindaco Maurice Armitage, tra il 2016 e il 2019, l’amministrazione locale ha intrapreso una strategia per promuovere la transizione urbana verso la sostenibilità e la trasformazione urbana in ecobarrios [91]
, in collaborazione con il Departamento Administrativo de Gestión del Medio Ambiente (DAGMA) di Cali e la Mesa de trabajo Ecobarrios de Santiago de Cali, legata al Sistema Municipal de Áreas Protegidas (SIMAP). L’interazione di queste entità pubbliche ha portato alla creazione di un sistema di ecobarrios «a tappe» [92]
, sostenuto anche dall’Ambasciata di Francia, che ha consentito di arricchire questo processo da una prospettiva internazionale (l’ecobarrio San Antonio è stato certificato con il timbro EcoQuartier, rilasciato ai quartieri ecologici in Francia dal Ministero della transizione ecologica e solidale).
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L’esperienza degli ecobarrios di Cali è un esempio di processo di transizione «socioecológica en contextos urbanos, para promover la sostenibilidad y la resiliencia» [93]
, fondato su principi costituzionali e legislativi, quali il buen vivir e la partecipazione delle comunità indigene, già positivizzati, da alcuni anni, nei Paesi andini. Si tratta quindi di un recepimento e un’attuazione a livello locale, mediante un processo bottom-up e non di imposizione legislativa statale di principi ispiratori della nuova forma di stato in via di definizione in quel «segmento culturale dell’America latina».
Gli ecobarrios di Città del Messico nascono per conciliare le esigenze abitative con quelle di un ambiente salubre. Come in altre metropoli, l’espansione della città ha comportato una serie di problemi sociali legati all’aumento del costo degli immobili e delle locazioni, costringendo gli abitanti a trasferirsi a grandi distanze dai luoghi di lavoro o a vivere in agglomerati urbani non sicuri, costruiti su parte del suolo di conservazione della città. La gentrificazione, oltre a rappresentare una delle cause principali dell’elevato livello di ingiustizia sociale che caratterizza Città del Messico come altre grandi capitali, ha delle conseguenze negative sull’assetto geologico dell’area urbana. La percentuale di suolo di conservazione (dove la città si ricarica di acqua dal sottosuolo e di ossigeno nelle aree verdi) è stata asfaltata o ricoperta di cemento interrompendo il naturale approvvigionamento idrico.
L’iniziale scontro tra movimenti sociali a sostegno della tutela delle risorse naturali e di altri impegnati nella lotta per garantire abitazioni dignitose, specialmente alle fasce svantaggiate della popolazione urbana, si è convertito in un dialogo fruttifero con le istituzioni locali e ha portato alla costituzione di alcuni ecobarrios finanziati.{p. 54}
Le proposte di autogestione di alcuni servizi pubblici e di sperimentazione di eco-tecniche e strumenti comunitari per ridurre l’inquinamento del suolo da parte di queste comunità urbane sono state recepite dall’amministrazione locale.
Nel 2006 è stata infatti creata la Secretaría de Desarrollo Rural y Equidad de Comunidades (SEDEREC) che porta avanti vari programmi a sostegno delle attività degli ecobarrios.
Questa specifica segreteria, assieme alla già esistente Secretaría de Medio Ambiente y Recursos Naturales (SEMARNAT), ha supportato la creazione e lo sviluppo di una serie di sistemi ciclici (quello alimentare con gli orti urbani; quello dell’acqua con biofiltri e altri sistemi di trattenimento dell’acqua piovana; quello dei rifiuti con il riciclo; quello energetico, ecc.) all’interno degli ecobarrios. Il Governo di Città del Messico, dunque, ha riconosciuto il valore dell’approccio bottom-up ai servizi alla comunità locale mediante l’implementazione di queste «cellule urbane» con l’obiettivo di sviluppare la resilienza in tutta la grande città.

4.2. L’amministrazione condivisa (rinvio)

In più occasioni, nelle pagine precedenti, si è fatto riferimento a varie forme di collaborazione della comunità con le istituzioni locali su differenti tematiche che concorrono a enfatizzare il carattere di una città (green, sostenibile, smart, human rights, ecc.).
Alcune pratiche di rigenerazione urbana, incentrate sulla collaborazione tra pubblico e comunità/collettività, sono state elevate a elementi determinanti da parte della dottrina per proporre un modello di città – la co-city – che punta a «favorire la transizione delle città e soprattutto dei quartieri verso un ecosistema collaborativo urbano/metropolitano» [94]
(v. supra, § 2.2). Gli elementi distintivi che concorrono a delineare il neo-paradigma dell’amministrazione condivisa, nonché i principali strumenti normativi e amministrativi al {p. 55}suo servizio, saranno approfonditi nel secondo capitolo, con particolare riferimento all’ordinamento giuridico italiano.
Il leading case di Bologna, la prima città ad approvare il «Regolamento per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani» e a sperimentare i patti di collaborazione, sollecita alcune riflessioni di teoria generale e di taglio comparativo, non solo per la dilagante tendenza isomorfica all’interno del territorio italiano – già di per sé sufficiente per apprestare un’analisi comparativa interna – ma perché in molte città europee ed extraeuropee si sta sviluppando quella «onda regolatoria locale» [95]
che porta i comuni a dare una disciplina giuridica a questi nuovi fenomeni.
Si tratta di profonde trasformazioni con ricadute su alcuni pilastri che reggono le società democratiche moderne, quali la cittadinanza, la rappresentanza, la responsabilità politica.
Nella categoria di cittadini attivi si possono infatti includere anche i non cittadini, i cittadini minori di età, i cittadini-residenti e non residenti, andando quindi oltre le categorie giuridiche utilizzate finora per l’esercizio di determinati diritti di partecipazione. Per prendersi cura dei beni comuni e della città non è (più) necessario essere eletti e ricoprire cariche pubbliche: chiunque può proporre all’ente pubblico una pratica di co-amministrazione dei beni comuni, esercitando una nuova forma di partecipazione nella sfera dell’amministrazione. Infine, la responsabilità, finora collegata unicamente alla rappresentanza politica, è ora ascrivibile a chi – cittadino non eletto – agisce anche a nome della collettività per prendersi cura di un bene comune.
L’interesse da parte della dottrina e dei policy makers locali di altri Paesi, sempre attenti alla circolazione di best practices anche oltre i confini, riporta alle considerazioni introduttive sul come fare comparazione, sebbene i Paesi nei quali il «modello italiano» sta riscontrando maggior successo appartengano allo stesso prototipo burocratico-amministrativo (come sono Fran{p. 56}cia e Spagna) e quindi a un contesto piuttosto omogeneo [96]
.
Nemmeno la dottrina che studia il livello sovranazionale è indifferente e sta lanciando uno sguardo europeo su questo modello tentando di individuare nel diritto pattizio i riferimenti minimi per «legittimare la creazione di percorsi simili negli ordinamenti degli altri Stati», tra i quali il principio di solidarietà (art. 2 TUE), il concetto di autonomia (art. 4(2) TUE), il richiamo ai diritti fondamentali (art. 6 TUE), il principio di partecipazione (artt. 10(3) e 11(2) TUE) [97]
.
Sul piano teorico, l’amministrazione condivisa è stata supportata da tutti i formanti che operano negli ordinamenti giuridici [98]
: legislativo (dalla Costituzione – art. 118, c. 4 – da alcune leggi regionali e dai regolamenti degli enti locali); giurisprudenziale (vari Tribunali ordinari si sono espressi a favore delle forme di co-gestione dei beni comuni, riconoscendosi talvolta valore giuridico a situazioni di iniziale illegittimità, anche se il più rilevante è avvenuto con la sentenza 131/2020 della Corte costituzionale); dottrinale, che ha contribuito a creare la categoria sulla base della teoria del diritto della città.
Il carattere «rivoluzionario» di questo modo di fare amministrazione, basato sul diverso rapporto fra politica, amministrazione e cittadini rompe con il passato portando da un «rapporto fra le istituzioni ed i cittadini di tipo verticale, bipolare, gerarchico ed unidirezionale ad uno orizzontale, multipolare, paritario e circolare» [99]
. Per questi motivi, per il diritto comparato, si tratta di qualcosa di più di un «quarto modello di attività amministrativa» che, nel diritto interno, ben può essere analizzato a fianco dell’attività autoritativa, consensuale e di diritto privato della pubblica amministrazione (v. cap. 2, § 1). Contestualizzato nel più ampio modello di organizza{p. 57}zione burocratica-amministrativa (francese) e contrapposto al (altro) modello (anglosassone e alla cultura del give back) questo modo di fare amministrazione concorre a sgretolare il formante culturale (forse il crittotipo) centralista, formalista della pubblica amministrazione, che è nata al servizio del re e non del cittadino. Forse questo passaggio spiega, da un lato, l’aspetto innovativo di questo fenomeno, come testimoniano le parole di una consigliera di un piccolo Comune del centro Italia: «I patti di collaborazione sono una sorta di rivoluzione copernicana per comuni come il nostro, in cui l’azione amministrativa è stata da sempre indirizzata ed esercitata da pochi, quando non da uno solo» [100]
. Dall’altro però sono evidenti le difficoltà di integrare il modello in tutti i rami dell’amministrazione pubblica e di accoglierlo come nuovo paradigma da parte di tutti i pubblici poteri (in particolare, dall’autorità giudiziaria).

5. Itinerario bibliografico

Sul diritto delle città, si rinvia all’orientamento bibliografico del capitolo secondo. In questa sede si sottolineano alcune tra le principali opere collegiali di diritto straniero sul tema delle città, intesa questa come entità diversa dall’ente locale: E. Hirsch Ballin, G. van der Schyff, M. Stremler e M. De Visser (a cura di), European Yearbook of Constitutional Law 2020. The City in Constitutional Law, Berlin, Springer, 2021; il numero del «Anuario de Gobierno Local», intitolato Más allá de la autonomía local: de la despoblación rural al poder de las ciudades, Madrid-Barcelona, Institut de Dret Públic-Fundación Democracia y Gobierno Local, 2019; per un approccio giurisprudenziale al tema si veda la rassegna delle sentenze della Corte Suprema de Justicia de la Nación de Messico: A. Rabasa Salinas, P.Y. Barragán Montes e R.G. Medina Amaya, Derecho a la ciudad, Ciudad de México, Centro de estudios constitucionales SCJN, 2022; sulla città
{p. 58}come nuovo paradigma territoriale, nella prospettiva del diritto costituzionale: R. Hirschl, City, State Constitutionalism and the Megacity, Oxford, OUP, 2020.
Note
[91] La programmazione con obiettivo 2023 è contenuta in Alcaldía de Santiago de Cali, Departamento Administrativo de Gestión del Medio Ambiente, Corporación Autónoma Regional del Valle del Cauca y Centro Internacional para la Agricoltura Tropical, Plan Integral de Gestión del Cambio Climático (PICC) de Santiago de Cali, 2020, nella pagina web dell’ente locale (www.cali.gov.co).
[92] La prima tappa – Aguacatal e San Antonio – è stata implementata mediante un accordo tra DAGMA, la Corporación Autónoma Regional del Valle del Cauca (CVC) che è l’autorità ambientale dipartimentale e l’Università del Valle.
[93] M.A. Giraldo Villera, Proceso de transición socioecológica hacia la sostenibilidad a escala barrial. Ecobarrios San Antonio y Aguacatal de Santiago de Cali, Colombia, Bogotá, Externado de Colombia, 2019, pp. 2 e 22 ss., disponibile all’indirizzo della editorial: https://bdigital.uexternado.edu.co.
[94] Iaione, Le politiche pubbliche al tempo della sharing economy, cit., p. 44.
[95] P. Chirulli e C. Iaione, Introduzione, in P. Chirulli e C. Iaione (a cura di), La Co-Città. Diritto urbano e politiche pubbliche per i beni comuni e la rigenerazione urbana, Napoli, Jovene, 2018, p. 4.
[96] Si vedano, ad esempio, gli scritti di M. De Donno e J.B. Auby, Communs dans le droit italien: les «beni comuni» et «patti di collaborazione», in «Chemins Publics», n. 26/04/2021.
[97] C. Salati, La libertà dei cittadini attivi oltre lo Stato: prime considerazioni sull’amministrazione condivisa in Unione europea, in Pizzolato, Rivosecchi e Scalone (a cura di), La città oltre lo stato, cit., p. 87.
[98] Sacco, Legal Formants: A Dynamic Approach to Comparative Law, cit., pp. 343 ss.
[99] G. Arena, Cittadini attivi, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 29.
[100] Moira Rotondo, Consigliera comunale del Comune di Pontecorvo (FR), nel Rapporto 2019 di Labsus.