Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c1
Infine, per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo [56]
e per fronteggiare le conseguenze della pandemia mediante l’implementazione dei Piani nazionali di attuazione del Next Generation EU, il coinvolgimento degli enti territoriali (regioni e governi locali) è indispensabile. Molte città europee hanno integrato le strategie di ripresa economica post-Covid con «approcci orientati alla transizione verde»: dagli investimenti sull’economia circolare di Amsterdam, alla transizione digitale ed equa di Barcellona, al modello di città «a 15 minuti» promosso da Parigi [57]
, contribuendo così a delineare un profilo di città che esce dalla pandemia con sembianze eco-solidali. Le città europee del post-pandemia elaborano dunque politiche urbane ambientali e di contrasto al cambiamento climatico usufruendo dei Piani nazionali in un’ottica di solidarietà. Orientano le loro azioni a dichiarazioni internazionali che pongono obiettivi climatici con ripercussioni globali, anche se su scala urbana. Agiscono implementando tanto documenti di soft law europeo come normative statali, bilanciando l’uso di strumenti di promozione con altri di attuazione. Non mancano spunti di originalità nella elaborazione di nuovi metodi, strumenti o entità, come nel caso francese della Convention Citoyenne pour le Climat, un’assemblea di cittadini istituita nell’ottobre 2019 dal governo nazionale, che riunisce 150 cittadini estratti a sorte dalla popolazione francese allo scopo di «definire misure strutturali per raggiungere, in uno spirito di giustizia sociale, una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 (rispetto al 1990)» [58]
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2.3.1. Circular city

Gli obiettivi del Green Deal europeo insistono sul passaggio da un modello di economia lineare a un modello di economia circolare e rigenerativo, grazie al quale la crescita economica non comporta danni ambientali e sfruttamento delle risorse. Un modello che consenta di trasformare «l’Unione europea in una società giusta e prospera», la cui realizzazione richiede un cambio di paradigma nel rapporto cittadini-autorità e una governance multilivello della transizione.
Le città assumono un ruolo fondamentale per il raggiungimento di questi obiettivi e diventano circular nel momento in cui promuovono questa transizione, mediante le loro funzioni e in modo integrato
in collaboration with citizens, businesses and the research community. […] Through this transition, cities seek to improve human well-being, reduce emissions, protect and enhance biodiversity, and promote social justice, in line with the Sustainable Development Goals [59]
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Nella prospettiva urbana, il Green Deal europeo segna un passaggio importante dall’economia collaborativa all’economia circolare.
Se nella Comunicazione del 2015 «L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare» c’è un generico riferimento agli enti territoriali impegnati nell’attuazione [60]
, per prevenire la produzione di rifiuti alimentari e far fronte all’eterogeneità delle situazioni nei vari Paesi e regioni, nella Comunicazione del 2020 «Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva» [61]
le città diventano le protagoniste.{p. 34}
Sono diversi i settori e gli ambiti urbani nei quali la circolarità può trovare applicazione: dalla gestione dei rifiuti a quella idrica, al ciclo di vita degli ambienti.
Uno dei punti principali della Comunicazione riguarda infatti le strategie per la circolarità e la prevenzione dei rifiuti («4. Meno rifiuti, più valore»), ma il ruolo delle città è rilevante anche nella realizzazione delle politiche a sostegno della transizione verde e del rafforzamento dell’inclusione sociale (uno speciale riferimento viene fatto al piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali) [62]
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3. Le città connesse

Le città si stanno sempre più affermando come laboratori di innovazioni replicabili ai livelli superiori di governo. Se nel diritto urbanistico «non è una novità che strumenti nati dal basso (a livello regionale o addirittura comunale) siano poi stati recepiti dal legislatore o dalla pubblica amministrazione nazionali» [63]
, la differenza, nell’era della connectivity, sta nella modalità di elaborazione e di sperimentazione di questi strumenti, posto che le città, sempre più frequentemente, definiscono i propri indirizzi politico-amministrativi ispirandosi ai contenuti degli accordi siglati con altre città e alle Carte dei diritti recepite negli strumenti normativi e amministrativi locali (v. supra, § 2.1).
Con il diffondersi dalla paradiplomazia le città stanno sviluppando strumenti di dialogo orizzontale – tra città di Stati diversi – preferendoli talvolta a quelli tipici del dialogo verticale con i propri enti territoriali intermedi e con lo Stato.
Lo studio di questi fenomeni non può quindi esaurirsi nell’analisi dei rapporti centro-periferia, ma richiede un raggio {p. 35}d’azione più ampio, che si estenda, ad esempio, all’analisi dei principi e dei valori condivisi da città appartenenti a contesti normativi, culturali ed economici diversi come tenteremo di evidenziare nel § 3.2, esaminando la Sharing City Declaration del 2018. Nel caso di specie, l’economia collaborativa, intesa come un fenomeno globale, nato e studiato nella sua manifestazione più evidente delle grandi piattaforme statunitensi, pone alle città europee molte sfide per riuscire a bilanciare gli effetti di questi nuovi modelli economici con la promozione dei diritti socio-economici e la coesione sociale a livello locale, nonché con il perseguimento della solidarietà richiesta dall’Unione europea a tutti i soggetti istituzionali.

3.1. La paradiplomacy

Una delle rappresentazioni più attuali del ruolo delle città nella global governance è fornito dalla paradiplomacy, termine coniato dalla dottrina a partire dagli anni Ottanta [64]
, le cui attività sono considerate «a natural consequence of globalization and the perforation of the traditional notion of sovereign state» [65]
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Dal XX secolo, infatti, lo sgretolamento dello Stato-Nazione non si è manifestato solamente al suo interno – nella cessione di potere a favore degli enti sub-statali nelle attività economiche e sociali sul territorio – ma pure all’esterno, mediante l’incremento delle relazioni internazionali delle città, delle regioni e di altri enti territoriali. Le relazioni internazionali e diplomatiche sono sempre state intese come una tipica competenza esclusiva dello Stato centrale/Federazione, la cui implementazione è affidata ai ministri degli affari esteri.
Questa visione stato-centrica è ancorata a un evento storico: il primo congresso diplomatico che portò alla Pace di Westfalia nel 1648, e si è sviluppata sulla base delle risultanze di quell’evento, nel quale gli Stati-Nazione vennero considerati gli unici attori sulla scena internazionale. È noto, invece, che la culla della moderna diplomazia sia riconducibile alle città-stato, i cui esempi sono vari e si espandono su un lasso di tempo piuttosto ampio (ricordiamo solo i primi casi di ambasciatori inviati dalla Grecia, nel III secolo a.C., per presentare ai romani le condizioni di un trattato di pace, o alle prime missioni di rappresentanza all’estero di alcune città italiane come Venezia o Milano) [66]
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Oggigiorno, gli studiosi delle relazioni internazionali affermano che, come è stato nell’antichità e nel Medio Evo, «in the digital age cities have returned as actors on the international system», come dimostra il Smart City Sweden case, un esempio di paradiplomazia basato sull’innovativo modello svedese della «tripla elica», che mette in relazione tre settori: università, industria e (tutti i livelli di) governo per creare città sostenibili [67]
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Il protagonismo di alcune città è supportato anche dalla loro significativa capacità economica [68]
, che le rende global players oltre i confini territoriali e le abilita a promuovere le proprie agende internazionali autonomamente, senza l’intervento dello Stato centrale e non più in contrasto con esso.
Proprio negli Stati federali si è passati da un atteggiamento di mal tolleranza da parte del governo centrale delle attività di paradiplomacy degli Stati membri, a uno positivo di supporto, confermato anche negli aspetti formali del protocollo (in più occasioni sindaci e governatori sono stati ricevuti o, a loro volta, hanno ricevuto rappresentanze internazionali con lo stesso protocollo riservato ai capi di Stato).
Sul piano del diritto positivo, la diplomazia sta diventando sempre più una prerogativa decentrata riconosciuta, in alcuni casi, a livello costituzionale, più frequentemente a livello legislativo o, in assenza di un quadro normativo, è affidata alle pratiche e all’esperienza riprese dal livello di governo superiore [69]
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La politica estera degli enti territoriali di livello intermedio, tendenzialmente, rappresenta la proiezione all’esterno delle competenze legislative e amministrative loro attribuite (salute, istruzione, trasporti, cultura, turismo o sicurezza pubblica, tra le principali).
Per gli enti locali, invece, le attività di paradiplomazia si collocano necessariamente al di fuori delle competenze amministrative attribuite loro in via legislativa. Essendo però la paradiplomazia sempre più orientata verso i bisogni dei cittadini, essa trae legittimazione proprio dalla vocazione degli enti locali come quelli più a contatto con la comunità, sempre
{p. 38}pronti a farsi portavoce delle nuove esigenze e, in un mondo globalizzato, a sperimentare nuove politiche a beneficio della popolazione, anche in collaborazione tra loro (come ben affermato dall’ex Sindaco di New York Mike Bloomberg)
Note
[56] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Il Green Deal europeo, COM (640)2019.
[57] Croci, Molteni, Il Green Deal e il Recovery Plan, cit., p. 379.
[59] Definizione disponibile nella pagina della Circular Cities Declaration: https://circularcitiesdeclaration.eu.
[60] COM (2015) 614.
[61] COM (2020) 98.
[62] «L’iniziativa urbana europea proposta e le iniziative Intelligent Cities Challenge e Circular Cities and Regions Initiative forniranno un’assistenza fondamentale alle città. L’economia circolare sarà tra i settori prioritari del Green City Accord» punto 5 «Mettere la circolarità al servizio delle persone, delle regioni e delle città».
[63] Buoso, Da Leonia a Ecotopia: il contributo delle città alla tutela dell’ambiente, cit., p. 263.
[64] Il termine appare per la prima volta, in via incidentale, nell’articolo di I.D. Duchacek, The International Dimension of Subnational Sub-Government, in «Publius. The Journal of Federalism», n. 4/1984, viene poi sviluppato e differenziato dall’altro termine – protodiplomacy – riferito sempre a una serie di attività diplomatiche e di sviluppo delle relazioni internazionali degli enti sub-statali preparatorie e finalizzate a una futura secessione dallo Stato di appartenenza. La dottrina consolida poi il termine e il concetto: P. Soldatos, An explanatory framework for the study of federated states as foreign-policy actors, in H. Michelmann e P. Soldatos (a cura di), Federalism and international relations. The role of subnational units, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 34-53 e P. Soldatos, Cascading subnational Paradiplomacy in an Interdependent and Transnational World, in D.M. Brown e E.H. Fry (a cura di), States and Provinces in the International economy, Berkeley, Institute of Governmental Studies Press, 1993. In letteratura si possono incontrare altri termini che presentano sfumature sostanziali, tra i quali: «subnational foreign affairs» «substate diplomacy» «multilayered diplomacy» «local government external action» «local diplomacy» «local foreign policy» «microdiplomacy» «city diplomacy».
[65] R. Tavares, Paradiplomacy: Cities and states as global players, New York, Oxford University Press, 2016, p. 9.
[66] Per un excursus: R. Marchetti, City Diplomacy. From City-States to Global Cities, Ann Arbor, University of Michigan Press, 2021.
[67] «Sweden has used its cities to build hubs that contribute to the creation of its own ecosystems and where the interrelationships of the three sectors have resulted in companies with high levels of innovation»: M. Torres Jarrín, City diplomacy theory and practice of paradiplomacy: Smart city Sweden case, in P. Astroza, G. Laschi, N. Oddone e M. Torres Jarrín (a cura di), Over the Atlantic. EU and Latin American relations: Between diplomacy and paradiplomacy, in corso di pubblicazione, pp. 99 e 104.
[68] Alcune si classificano tra le trenta maggiori economie del mondo in base al Pil: Tavares, Paradiplomacy, cit., tab. 1.1, pp. 3 ss.
[69] Se la tendenza negli Stati federali è di interpretare la paradiplomazia come un «symptom of the process of decentralization of modern federal states» (Tavares, Paradiplomacy, cit., p. 47), pure negli Stati unitari o con un regionalismo debole, agli enti territoriali sono considerati i nuovi attori internazionali. In Francia, ad esempio, nel 2010, il ministro degli Affari esteri ha pubblicato il «French Guidelines for the International Action of Local Authorities» per orientare gli enti territoriali nella decentralizzazione della cooperazione internazionale.