Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c1
Nel modello sharing city i governi locali agiscono come sostenitori e facilitatori dei soggetti (singoli o organizzazioni) che operano nel campo della sharing economy per promuovere pratiche innovative nel tessuto economico urbano. La sharing city trae linfa dall’analisi empirica; si caratterizza per la spontaneità delle proposte innovative delle città che vengono studiate con un approccio bottom-up. Nella variante sharing, le città possono promuovere forme di dialogo con le piattaforme che offrono servizi individuali, tipica espressione della c.d. gig economy, o di mediazione tra queste e i rappresentanti di parti sociali (come dimostrano i casi Airbnb e Uber, le cui attività hanno un impatto significativo sulla pianificazione urbanistica e sulla regolazione dei trasporti locali di molte
{p. 28}grandi città, vista la diffusione del fenomeno noto come urban touristification). In questi casi, le amministrazioni pubbliche locali tendono a evitare l’uso di strumenti coercitivi e agiscono facendo leva sulla cooperazione tra i diversi attori (principalmente privati), stimolando il rispetto dei principi di solidarietà e di trasparenza dell’attività delle piattaforme, senza intervenire direttamente sul piano della regolazione normativa (es. la Carta dei diritti fondamentali del lavoro nel contesto urbano, promossa dal Comune di Bologna, § 3.2).
Nel modello co-city, l’obiettivo primario è di «favorire la transizione delle città e soprattutto dei quartieri verso un ecosistema collaborativo urbano/metropolitano in cui la cura e la rigenerazione delle città, i bisogni delle persone e le prospettive dell’economia locale vengano affrontati, soddisfatti o coltivati facendo leva su strategie centrate sull’intelligenza civica e la collaborazione tra pubblico, privato e comunità/collettività» [44]
. Le co-cities offrono terreno fertile per lo sviluppo di dinamiche di governance collaborativa (v. cap. 3). In questo modello, infatti, l’elemento comunitario è preponderante; le forme di collaborazione tra pubblico e privato sono maggiormente regolate da parte dell’amministrazione locale; l’approccio metodologico cambia a seconda dello strumento utilizzato e della diffusione delle pratiche di isomorfismo (es., il proliferare dei regolamenti sui beni comuni e dei conseguenti patti di collaborazione richiede un primo approccio deduttivo della normativa e un secondo approccio di analisi empirica delle soluzioni proposte nei vari patti di collaborazione).

2.3. Green, eco, zero-carbon city e le altre sfumature di verde della sostenibilità

Il rapporto tra la città e l’ambiente è particolarmente complesso: «da sempre, ontologicamente e iconograficamente, la città è stata il luogo contrapposto alla natura» [45]
.{p. 29}
I dati scientifici e statistici dimostrano che, sebbene occupino meno del 3% della superficie terrestre globale, le città «sono ritenute responsabili di quote rilevanti di emissioni di gas serra (60-80%), consumo di energia (80%), consumo di materiali (60-80%), produzione di rifiuti (50%) e consumo di cibo (70%)» [46]
, oltre a presentare alti livelli di inquinamento collegabili a morti premature. Ciò nonostante, per il ruolo che le città stanno esponenzialmente assumendo nel contesto europeo e internazionale di lotta al cambiamento climatico e di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, esse stanno evolvendo «da luogo anti-natura a centro di tutela dell’ambiente» [47]
.
La città si presenta quindi, da un lato, come problema per l’ambiente e, dall’altro, come laboratorio di innovazioni per proposte di governance urbana collaborativa, capaci di integrare questioni sociali a tematiche ambientali, grazie alle sperimentazioni di tecnologie ICT applicate ai servizi pubblici.
Bypassando le caratteristiche della smart cities come paradigma scientifico, è sufficiente rilevare che la sostenibilità della città è una delle varie finalità della smartness in senso strumentale. È stato infatti affermato che
aumentare la sostenibilità ambientale della città è un fine integrato e coessenziale del concetto di “smartness” e comprende declinazioni come sustainable city, eco city, green city, zero-carbon city, health city [48]
.{p. 30}
Vista la complessità della materia, è particolarmente difficile ricondurre gli effetti della crisi ambientale e del climate change sulle città, nonché riportare i tentativi di regolazione a categorie analitiche, per cui per descrivere le tante sfumature di verde, qui più che in altri ambiti, le etichette si sono moltiplicate.
Una sintesi è fornita dai recenti documenti internazionali ed europei che considerano le città tra i principali attori da coinvolgere nella transizione verso modelli di sviluppo sostenibile.
La città sostenibile è dunque promossa da vari network [49]
e formalizzata in vari atti favorevoli a un approccio place based e di sviluppo urbano integrato, nei quali si punta a un incremento dell’inclusione sociale per tentare di arginare le diseguaglianze sociali prodotte dagli squilibri ambientali [50]
.
Tra i 17 Sustainable Development Goals (SDG) dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata il 25 settembre 2015, uno è direttamente riferibile alle città (n. 11 «Città e comunità sostenibili») e molti altri hanno un forte impatto sulle politiche urbane (dalle sfide globali contro la povertà alla diseguaglianza, dal cambio climatico al degrado ambientale) [51]
.
The New Urban Agenda, adottata nella Conferenza UN Habitat III di Quito del 2016, condivide una visione di città {p. 31}
to promote inclusivity and ensure that all inhabitants, of present and future generations, without discrimination of any kind, are able to inhabit and produce just, safe, healthy, accessible, affordable, resilient and sustainable cities [52]
.
I temi prioritari per rendere le città più inclusive e sostenibili, individuati dalla EU Urban Agenda, adottata con il Patto di Amsterdam del 2016, toccano le politiche urbane, in connessione con altri livelli di governo (territoriali e nazionali), quali: la mobilità urbana, la qualità dell’aria, la povertà urbana, ecc.
La nuova Carta europea di Lipsia concernente «Il potere trasformativo delle città per un bene comune» del 2020, rinnova e specifica gli obiettivi della precedente Carta del 2007 sulle città europee sostenibili [53]
, enfatizzando l’importanza dell’approccio multi-livello e multi-stakeholder.
La Commissione europea ha lanciato alcune EU Missions [54]
e ha elaborato una serie di strategie su singoli temi per aiutare le città a raggiungere gli obiettivi della sostenibilità ambientale. Di particolare interesse risulta la Comunicazione «Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. Riportare la natura nella nostra vita» (COM/2020/380), con la quale la Commissione invita le città europee di almeno 20.000 abitanti a
elaborare entro la fine del 2021 piani ambiziosi di inverdimento urbano, che includano misure intese a creare in città boschi, parchi e giardini accessibili e ricchi di biodiversità, orti, tetti e pareti verdi, strade alberate, prati e siepi […] limitare pratiche dannose per la biodiversità (Punto 2.2.8) [55]
.{p. 32}
Infine, per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo [56]
e per fronteggiare le conseguenze della pandemia mediante l’implementazione dei Piani nazionali di attuazione del Next Generation EU, il coinvolgimento degli enti territoriali (regioni e governi locali) è indispensabile. Molte città europee hanno integrato le strategie di ripresa economica post-Covid con «approcci orientati alla transizione verde»: dagli investimenti sull’economia circolare di Amsterdam, alla transizione digitale ed equa di Barcellona, al modello di città «a 15 minuti» promosso da Parigi [57]
, contribuendo così a delineare un profilo di città che esce dalla pandemia con sembianze eco-solidali. Le città europee del post-pandemia elaborano dunque politiche urbane ambientali e di contrasto al cambiamento climatico usufruendo dei Piani nazionali in un’ottica di solidarietà. Orientano le loro azioni a dichiarazioni internazionali che pongono obiettivi climatici con ripercussioni globali, anche se su scala urbana. Agiscono implementando tanto documenti di soft law europeo come normative statali, bilanciando l’uso di strumenti di promozione con altri di attuazione. Non mancano spunti di originalità nella elaborazione di nuovi metodi, strumenti o entità, come nel caso francese della Convention Citoyenne pour le Climat, un’assemblea di cittadini istituita nell’ottobre 2019 dal governo nazionale, che riunisce 150 cittadini estratti a sorte dalla popolazione francese allo scopo di «definire misure strutturali per raggiungere, in uno spirito di giustizia sociale, una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 (rispetto al 1990)» [58]
.
{p. 33}
Note
[44] Iaione, Le politiche pubbliche al tempo della sharing economy, cit., p. 44.
[45] E. Buoso, Da Leonia a Ecotopia: il contributo delle città alla tutela dell’ambiente, in F. Pizzolato, G. Rivosecchi e A. Scalone (a cura di), La città oltre lo stato, Torino, Giappichelli, 2022.
[46] E. Croci e T. Molteni, Il Green Deal e il Recovery Plan: un nuovo quadro per una rinconversione urbana sostenibile, circolare e smart, in G.F. Ferrari (a cura di), Le smart cities al tempo della resilienza, Milano-Udine, Mimesis, 2021, pp. 375-376, citando, a sua volta, l’elaborazione GREEN Bocconi sui dati ONU 2016, UNEP 2016 e FAO 2017. Si vedano anche i dati riportati in OECD, Cities and Climate Change, Parigi, OECD Publishing, 2010, pp. 29 ss.
[47] Buoso, Da Leonia a Ecotopia, cit., p. 257.
[48] L. Marin, Il patto globale per l’ambiente e le smart cities, in Ferrari (a cura di), Smart city. L’evoluzione di un’idea, cit., 2020, p. 36, richiamando A.P. Lara, E. Moreira Da Costa, T.Z. Furlani e T. Yigitcanlar, Smartness that matters: Towards a comprehensive and human-centred characterisation of smart cities, «Journal of open Innovation: Technology, Market and Complexity», n. 2/2016, pp. 1-13.
[49] Si segnala, in particolare, il Patto dei sindaci, l’iniziativa promossa nel 2008 dalla Commissione europea che, ad oggi, supera le 10.000 adesioni e ad aprile 2021 ha adottato una visione di neutralità climatica al 2050. Informazioni reperibili su www.pattodeisindaci.eu.
[50] Soluzioni integrali che «considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali»: Papa Francesco (J.M. Bergoglio), Laudato si’. Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Roma, Dehoniana, 2015.
[51] La Convenzione di Parigi del 2015 (preceduta da importanti Dichiarazioni come quella di Stoccolma del 1972 e di Rio de Janeiro del 1992) ha dato un impulso importante alle sfide sociali per il cambiamento climatico. Dopo l’Agenda ONU 2030, il Patto globale per l’ambiente (The Global Pact for Environment), i cui negoziati sono stati lanciati con la Risoluzione dell’Assemblea Generale ONU del 10 maggio 2018, ha aperto il cammino per superare la frammentarietà del diritto internazionale e adottare la prospettiva dei diritti umani in tema ambientale.
[52] The New Urban Agenda, UN Habitat, 2017, reperibile all’indirizzo dell’organizzazione: https://habitat3.org.
[53] Leipzig Charter on Sustainable European Cities approvata dagli Stati membri dell’Unione europea il 2 maggio 2007, aggiornata durante il meeting informale dei ministri responsabili per lo sviluppo urbano e territoriale (30/11/2020).
[54] Particolarmente importante è la Mission Climate-neutral and smart cities al 2030 con la quale sono state selezionate 100 città europee destinatarie di un finanziamento per rinnovare la pianificazione e la progettazione urbana per rendere la città sostenibile, resiliente e neutrale per il clima. Le città italiane selezionate sono: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma, Torino.
[55] Per facilitare il lavoro alle città, la Commissione ha previsto una piattaforma UE per l’inverdimento urbano, nell’ambito di un nuovo Green City Accord con le città e i sindaci e in stretto coordinamento con il Patto europeo dei sindaci. Tali piani hanno avuto un ruolo centrale nella scelta della Capitale verde europea 2023, ricaduta su Tallin.
[56] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Il Green Deal europeo, COM (640)2019.
[57] Croci, Molteni, Il Green Deal e il Recovery Plan, cit., p. 379.