Giorgia Pavani, Stefania Profeti, Claudia Tubertini
Le città collaborative ed eco-sostenibili
DOI: 10.1401/9788815410221/c1
Dopo la Sharing Cities Declaration del 2018 altre iniziative sono state portate avanti per rafforzare le reti tra le città e promuovere la transizione da un’economia lineare a un’economia circolare nei contesti urbani, in ottemperanza del Green Deal e degli indirizzi europei in tema di circular economy. Tra queste si segnala la European Circular Cities Declaration promossa da una serie di stakeholders e di associazioni di città, supportata dall’International Council for Local Environmental Initiatives (ICLEI), lanciata nel 2020 e aperta alla sottoscrizione delle città che condividono i principi dell’economia circolare e si identificano nel modello di circular city [76]
(v. supra § 2.3.1).
{p. 43}
Una tendenza recente, avvertita dagli studiosi di paradiplomacy, è rappresentata dall’incremento di accordi bilaterali tra città (bilateral city agreements) piuttosto strutturati, nella forma e nella sostanza, che vanno ben oltre la formula del gemellaggio (già supportata dal programma Europe for Citizens) o dei sister city agreements tipici del dopoguerra, siglati tra città di Stati diversi.
Si tratta di accordi a sostegno di politiche urbane condivise tra città che presentano un tessuto socioeconomico simile e/o un’esperienza storica di partecipazione della popolazione ai processi decisionali dell’ente locale.
Un esempio è l’Accordo firmato dai Sindaci delle Città di Bologna e di Barcellona a novembre del 2018, sul presupposto che
le città, protagoniste dei cambiamenti sociali, economici, ambientali e tecnologici, sono il livello di governo in grado di individuare le soluzioni più efficaci per i cittadini e di proporre nuove forme di governance più aperte e democratiche.
Queste premesse muovono dalla valorizzazione dell’autonomia locale e dall’importanza del rapporto tra l’ente locale e la propria comunità, al punto di vedere
nella dimensione municipale della politica e nel protagonismo delle città la migliore risposta alle disuguaglianze create dai processi di globalizzazione e al riaffiorare dei nazionalismi e del sovranismo.
A queste considerazioni, se ne aggiungono altre sul potenziamento del ruolo delle città all’interno dell’Unione europea – che «rafforzerebbe la stessa Unione riavvicinandola ai cittadini» – pienamente in linea con l’attuale programma Erasmus+ e le priorities della Commissione Europea 2019-2024, volto ad affrontare la limitata partecipazione dei cittadini ai processi democratici dell’Unione e ad «aiutarli a {p. 44}superare le difficoltà di impegnarsi e partecipare attivamente alle loro comunità o alla vita politica e sociale dell’Unione».
Le due città si impegnano a collaborare nei settori di intervento che ricadono nelle competenze tipiche degli enti locali sia italiani sia spagnoli, quali la cultura, le politiche abitative, la democrazia partecipativa, il turismo, tutte declinate in un’ottica inclusiva e solidale, di accoglienza e di non discriminazione, per cui si promuovono «progetti per una cultura di prossimità», un «turismo sostenibile», politiche per «favorire l’accesso ad un’abitazione dignitosa, sicura ed economica per tutti». A queste competenze si aggiungono ambiti di intervento nuovi per l’ente locale, come sono la valorizzazione dell’economia collaborativa «quale contributo importante alla crescita e all’occupazione dei territori, se promossa e sviluppata in modo responsabile, sostenibile ed etico» e lo sviluppo di azioni per «un uso pubblico dei dati, basato su una strategia etica e responsabile e al servizio dei cittadini».
Nell’accordo figura anche la «femminilizzazione della politica» che sembra andare oltre la mera attuazione del principio di parità di genere sancito a livello costituzionale e legislativo nei rispettivi Paesi [77]
. L’impegno consiste nel «mettere in campo un governo della città più femminile, sia dal punto di vista dell’accesso ai ruoli di responsabilità e pari opportunità, che nell’affermazione di valori e pratiche di governo fondate sul protagonismo femminile».
Gli impegni assunti per adempiere ai principi di solidarietà e di inclusione che emergono dai documenti appena richiamati evocano il dovere, da parte dei pubblici poteri, e quindi anche del livello locale, di «promuovere condizioni di eguaglianza degli individui e dei gruppi sociali» per rendere effettivo il principio di eguaglianza sostanziale (art. 9.2 Costituzione spagnola) e di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impedi{p. 45}scano la partecipazione dei cittadini alla vita politica, economica e culturale dei Paesi (art. 9.2 Costituzione spagnola e art. 3, c. 2 Costituzione italiana). Un impegno, nei confronti di tutte le componenti della Repubblica (e quindi, prioritariamente, per gli enti locali, ex art. 114 Costituzione italiana), di garantire e promuovere i di- ritti inviolabili dell’uomo in base al combinato disposto degli articoli 2 e 3, c. 2 della Costituzione italiana [78]
.
Di fronte alla sempre più massiccia presenza delle piattaforme digitali nel contesto urbano e alle diseguaglianze economiche che vanno aumentando nelle città (con un impatto maggiore delle diseguaglianze rilevate a livello nazionale [79]
), proprio la città risulta il livello di governo più indicato per rimuovere i (nuovi) ostacoli e promuovere politiche di condivisione in una nuova ottica dell’attività amministrativa.

4. Nascita di modelli collaborativi e solidali

Classificare nuovi fenomeni sociali e giuridici che nascono in continenti lontani e in contesti urbani e culturali diversi e si diffondono seguendo logiche differenti dalla circolazione dei modelli di diritto positivo è una delle tante sfide che le città offrono al diritto comparato.
Secondo la dottrina
un modello può essere inteso come Rechtstypus (tipo giuridico) cioè individuato attraverso la comparazione e dunque recante in sé i caratteri comuni a più ordinamenti; oppure come Rechtsideal (tipo ideale o ideale giuridico), quel modello cioè che risponde a degli archetipi ideali [80]
.{p. 46}
In questo paragrafo si esamineranno due modelli in fieri che traggono linfa da esperienze di collaborazione della pubblica amministrazione locale con la propria comunità: da un lato, una forma di amministrazione eco-sostenibile, in cui il privato sollecita il pubblico (gli ecobarrios) e, dall’altro, un cambio di paradigma del modo di amministrare (l’amministrazione condivisa), in cui il privato co-amministra con il pubblico.

4.1. Dai movimenti sociali all’organizzazione delle comunità urbane

A partire dagli anni Settanta, alcune comunità di giovani iniziarono a sperimentare una forma di vita alternativa ai valori economici e sociali che caratterizzavano l’occidente industrializzato, basata su una diversa condivisione dei luoghi da abitare e una ritrovata armonia dell’uomo con la natura.
Questo nuovo paradigma di vita in comunità gettò il seme per la nascita degli eco-villaggi, oramai diffusi a migliaia in tutto il mondo e riuniti in network regionali e internazionali creati da specialisti impegnati nello studio della crisi ambientale.
Nella definizione data dal network più rappresentativo (Global Ecovillage Network-GEN) [81]
, gli eco-villaggi sono definiti come una comunità inizialmente rurale poi anche urbana, progettata dai loro abitanti attraverso «processi partecipativi di proprietà locale in tutte e quattro le dimensioni della sostenibilità (sociale, culturale, ecologica ed economica) per rigenerare i propri ambienti sociali e naturali» [82]
.
Gli stessi fondatori di GEN stentano a individuare con certezza il primo eco-villaggio insediatosi nel rispetto dei {p. 47}principi ispiratori, in particolare della preservazione dell’ambiente, vista la rapida diffusione di queste esperienze tra gli anni Sessanta e Settanta. Si possono però individuare alcune esperienze pionieristiche quali:
- Findhorn in Scozia, fondato nel 1962, esempio di conversione delle terre aride di una cittadina della costa in un luogo verde e fertile, i cui edifici sono stati costruiti con materiale naturale;
- The Farm a Summertown, in Tennessee, fondato nel 1971 (il primo dei quasi 150 eco-villaggi presenti negli Stati Uniti), sede di un centro di ricerche sulle nuove tecnologie ambientali (The Ecovillage Training Center) e di una casa editrice specializzata in temi relativi alla salute e all’ambiente;
- Tuggelite, in Svezia, fondato nel 1984 come risultato delle ricerche di un gruppo di accademici e organizzazioni ambientalistiche sulla conservazione delle risorse naturali.
Di fronte alla – apparentemente – irreversibile tendenza verso l’urbanizzazione a livello mondiale, la dottrina si è interrogata su come generalizzare il modello degli eco-villaggi e trasferire gli «elementi determinanti» nel contesto urbano [83]
.
Nasce quindi una nuova categoria di organizzazione delle comunità urbane: gli ecobarrios. A differenza degli eco-villaggi, che solitamente vengono creati fuori dai centri urbani e in contesti naturali, gli ecobarrios sono piccole cellule nelle grandi città che contribuiscono, dall’interno, a un processo di rigenerazione della città stessa. Ciò può avvenire mediante un’ampia serie di attività e iniziative che vanno dalla gestione degli orti urbani, al lavoro comunitario, alla cura del verde urbano ad altre dirette a sostenere economie post-carbone e post-combustibile fossile (v. § successivo) [84]
.
Questi movimenti sociali e le relative forme organizzative della comunità locale possono essere tanto indifferenti come molto rilevanti per le istituzioni locali. L’ente locale più a contatto con la comunità – solitamente il comune – può riconoscere le organizzazioni e sostenere le loro attività, finanziare
{p. 48}progetti, fino a fare propri i principi ispiratori e le buone pratiche per regolarle a livello locale. In questo senso, gli eco-villaggi e le rispettive evoluzioni possono considerarsi un esempio di «reale decentramento e autodeterminazione locale che dà maggiore trasparenza al ruolo delle amministrazioni locali nella distribuzione delle risorse» [85]
. Non solo, esperienze di questo tipo si presentano come un «potente strumento nella narrativa emergente per l’azione collettiva per la difesa del territorio e il diritto alla città» [86]
. La nascita di queste forme di organizzazione della comunità locale dipende dalla volontà degli abitanti, ma il loro successo è fortemente condizionato dal sostegno delle amministrazioni locali. È il caso dei sempre più numerosi progetti di ecobarrios nelle città europee (es. Barcellona, Madrid, ma anche città tedesche) che includono programmi di educazione ambientale e di partecipazioni civica.
Note
[76] Maggiori informazioni nella pagina dedicata alla sottoscrizione: https://circularcitiesdeclaration.eu.
[77] In Spagna la Ley Orgánica n. 3/2007 «Para la igualdad efectiva de mujeres y hombres» impone il rispetto del minimo e massimo di rappresentanza stabilito in 40%-60%. In Italia l’art. 51 della Costituzione fa riferimento alla promozione delle «pari opportunità tra donne e uomini».
[78] Quel diritto promozionale evocato da N. Bobbio, Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi del diritto, Milano, Edizioni di Comunità, 1977.
[79] Come si legge nel UN Habitat III Issue papersInclusive cities reperibile all’indirizzo dell’organizzazione: https://habitat3.org.
[80] L. Pegoraro e A. Rinella, Sistemi costituzionali comparati, Torino, Giappichelli, 2017, p. 29.
[81] Global Ecovillage Network (GEN): «a regenerative communities and initiatives that bridge cultures, countries, and continents» (https://ecovillage.org).
[82] La definizione appare sul portale di GEN assieme a una serie di principi che dovrebbero ispirare le buone pratiche sociali, culturali, ecologiche, economiche e di design integrale delle comunità di individui che si candidano a costituire un eco-villaggio.
[83] A. Aristizabal, Ecobarrios: A Bottom-Up Approach to Building a Sustainable City, New Haven, Yale University, 2004.
[84] V. Shiva, Making peace with the Earth, London, Pluto Press, 2013.
[85] C. Rojas Martínez, Logros del programa ecobarrios de Bogotá, in C.A. Ruz e B. Arjona (a cura di), Ecobarrios en América Latina. Alternativas comunitarias para la transición hacia la sustentabilidad urbana, Bogotá, La Imprenta Editores, 2022, p. 74.
[86] H.H. Álvarez Cubillos, Los ecobarrios en la actualidad como posibilidad de defender y encontrar un lugar en el mundo, in Ruz e Arjona (a cura di), Ecobarrios en América Latina, cit., p. 74.