Maria Vittoria Ballestrero
Dalla tutela alla parità
DOI: 10.1401/9788815374257/p1
Anche su questi aspetti, la tendenza, non solo di chi produce
{p. 11}pensiero critico [18]
, ma anche del legislatore, pare assecondare una visione più individuale, più schiacciata sull’identità personale (anche fluida), delle questioni in discussione. La nozione di discriminazione indiretta, costruita sul concetto di particolare svantaggio, è lì a dimostrarlo. La disparità di trattamento, definita precedentemente nel diritto comunitario e nel diritto interno come un trattamento pregiudizievole che determina uno «svantaggio proporzionalmente maggiore dei lavoratori dell’uno o dell’altro sesso», nelle discipline più recenti è ridefinita come «una posizione di particolare svantaggio dei lavoratori di un sesso rispetto ai lavoratori dell’altro sesso». Il che lascia aperta la possibilità di individuare la disparità di trattamento anche quando l’effetto pregiudizievole riguardi un singolo soggetto appartenente a un gruppo, con inevitabile offuscamento della dimensione collettiva della nozione stessa.

4. Perché ripubblicare e leggere un libro fuori dalle mode

Il fatto che un libro non sia più «alla moda», nel senso indicato, non dovrebbe tuttavia indurre a evitarne la lettura, anzi. Ripubblicare un libro, specie se esaurito e introvabile, significa mettere a disposizione di un pubblico nuovo concetti, impostazioni, ragionamenti, tesi, teorie che per quel pubblico suonano tanto più nuove e inedite quanto più il dibattito su certi temi si sia progressivamente modificato, allontanandosi e sviluppandosi in direzioni diverse e opposte. Paradossalmente: l’utilità massima risiederebbe nel leggere o rileggere un libro importante per contenuti o metodo, ma trascurato o addirittura dimenticato.
Non è questo, in realtà, il caso del libro di Maria Vittoria Ballestrero, che è oggetto di perduranti richiami, anche nelle opere più recenti. Ciononostante, ripubblicare il libro «Dalla tutela alla parità» significa ancora oggi, come si è detto, ali{p. 12}mentarne un’originaria anomalia, e nello stesso tempo compiere una scelta decisamente «politica». Così come, al tempo in cui è uscito, il libro era, per molti versi, controcorrente, così oggi ha conservato e incrementato la sua caratteristica di essere un libro fuori dal solco più frequentato.
Rimettere in circolo il libro, seppure nel nuovo formato open access, ha un significato che va molto al di là dell’omaggio, comunque meritato, all’autrice. La sua nuova, auspicata, diffusione può diventare strumento di un’ambizione più ampia. Può significare una opportunità ulteriore per un ripensamento e una ri-sottoposizione a vaglio critico degli approdi teorici che oggi paiono maggiormente affascinare, in ragione della loro originalità e novità, ma che non sempre persuadono pienamente. In particolare, il richiamo, che sempre emerge dal libro, a considerare sempre le effettive condizioni materiali delle donne dovrebbe indurre a ridimensionare alcune fughe in avanti teoriche che non paiono generalizzabili a modello.
Le teorie femministe, tanto sofisticate quanto radicali, non dovrebbero distrarre dalla necessità di tornare a fare attenzione all’appartenenza di genere, e a considerarla elemento caratterizzato in senso collettivo. Se non altro perché ancora oggi è questo l’elemento che determina il gender pay gap, e che alimenta la diffusione del genere femminile nel lavoro part-time e nel lavoro povero o di cura. Tutte condizioni materiali, queste, che non dovrebbero sussistere se ciascuno fosse in grado di gestire il proprio genere senza rimanere imprigionato nei ruoli che in realtà ancora oggi il genere stesso, nella realtà dei fatti, attribuisce.
Il libro insomma è anche un invito a rimettere a fuoco le disparità economiche e sociali, per tentare di rimuoverle o ridurle, senza limitarsi a percorrere le strade individualistiche e identitarie della parità.
Come che sia, al di là di ciò che il libro potrà suggerire, nel merito, al nuovo lettore, la sua rilettura insegna moltissimo, e da vari punti di vista.
Le sue pagine costantemente ammoniscono della necessità di essere consapevoli dei limiti del diritto come strumento di parità e di emancipazione; ci richiamano all’esigenza di una vigile attenzione all’impatto concreto delle scelte legislative e interpretative; ci permettono di riscoprire un modello di ricerca interdisciplinare, ma sempre rigorosamente funzionale alla {p. 13}risoluzione di questioni giuridiche (ricostruttive e interpretative); ci danno conferma dell’inevitabile ancoraggio storico del pensiero giuridico; ci avvertono che solo una ricerca rigorosa, laboriosa, persino umile, attenta al dettaglio, permette di non cadere in ingannevoli semplificazioni.
Sarebbe questo già molto, ma come si è cercato di dire, nel libro c’è anche e soprattutto molto altro da riscoprire.
Questa edizione digitale è stata pubblicata con il contributo del Dipartimento di giurisprudenza dell'università di Genova.
Note
[18] Si v. in particolare, le esponenti del «femminismo neoliberale», a cui viene addebitata una «promozione in termini narcisistici dell’«individuo», il quale è indotto a considerare il proprio corpo e la propria sessualità come parte del proprio «capitale umano»», in un contesto complessivo in cui «i diritti sono considerati come assets del portfolio personale» (Re 2019, p. 32).