Dalla tutela alla parità
La legislazione italiana sul lavoro delle donne

Lo "Scaffale di Lavoro e diritto" è un progetto dell'omonima rivista: una libreria virtuale, creata per accogliere le ristampe (digitali e in open access) di selezionati studi lavoristici che il Mulino ha pubblicato nella seconda metà del secolo scorso, a beneficio di nuove generazioni di studiosi.
La prefazione a questa riedizione digitale è stata scritta da Gisella De Simone e Marco Novella.
------------------
I dilemmi della parità (e della differenza) di genere continuano ad essere oggetto di studi raffinati ed approfonditi, che tuttavia spesso lasciano sullo sfondo la tematica del lavoro delle donne. Dalla tutela alla parità è un libro sul lavoro delle donne in cui l’indagine giuridica è costantemente nutrita dal dato storico, sociologico, economico. Non era un libro "alla moda" nel 1979, e non lo è neppure oggi. Ma era e resta una pietra miliare della ricerca giuridica, e non solo. Alle orecchie delle giovani d’oggi le sue tesi suoneranno tanto più nuove e inedite quanto più il dibattito sul lavoro si è, nel tempo, modificato.
Questa edizione digitale è stata pubblicata con il contributo del Dipartimento di giurisprudenza dell'università di Genova.

è Professore Emerito di Diritto del lavoro nell’Università di Genova. È stata professore ordinario di diritto del lavoro nella Facoltà di Economia dell’Università di Genova, dove ha insegnato Diritto del lavoro a partire dal 1983. Componente della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei pubblici servizi essenziali (1996-2002), ha collaborato a lungo con la Commissione europea nel Réseau d’experts sur la mise en oeuvre des directives en matière d’égalité. Collabora con la rivista "Lavoro e diritto" dalla sua fondazione (1987) Tra i suoi lavori ricordiamo il manuale di Diritto sindacale e il manuale di Diritto del lavoro (con G. De Simone coautrice e con la collaborazione di M. Novella), entrambi editi da Giappichelli.

Leggi il libro Indice del Volume
Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2023
Isbn edizione digitale: 9788815374257
DOI: 10.978.8815/374257
Licenza: CC BY-NC-ND

Pubblicazione a stampa: 1979
Isbn edizione a stampa: 9788815174550
Collana: Universale Paperbacks il Mulino
Pagine: 302

  • Trova nel catalogo di Worldcat

I CAPITOLI

DOI | 10.1401/9788815374257/p1

Prefazione alla riedizione digitale

Una delle tante definizioni di cosa sia un «classico» proposte da Italo Calvino (1981) recita così: un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire; e potremmo proseguire, rinvenendo nell’opera che abbiamo il piacere e l’onore di ri-presentare oggi ai lettori molti altri tratti caratteristici di un «classico», appunto. Questo libro parlava ai lettori della fine degli anni ’70, e parla, diversamente, al lettore di oggi, dopo più di quarant’anni. Ma alla sua prima pubblicazione non fu certo considerato un’opera giuridica «classica»: troppo diversa l’impostazione rispetto alla letteratura giuslavoristica dell’epoca, inusuali le domande alle quali l’autrice si propone di rispondere: «a) se lo sfruttamento e l’emarginazione delle donne siano stati assecondati o favoriti dalle leggi c.d. protettive o, meglio, se quelle leggi abbiano avuto un’incidenza sui rapporti sociali reali; b) se siano riscontrabili nella recente legge sulla parità» – denominazione che diverrà...
Pagine | 1 - 13
DOI | 10.1401/9788815374257/p2

Copertina originale

Al merito del femminismo montante (col suo contorno; di manifestazioni, denunce, rivendicazioni) può ascriversi anche il recente moltiplicarsi di pubblicazioni sugli aspetti giuridici della condizione femminile. Tuttavia, nel nuovo rigoglio letterario, è mancata finora sia l'analisi storica (di storia della legislazione) sia l'analisi politica (delle politiche legislative, interpretative, giudiziali). Questo libro vuole colmare tale lacuna, offrendo un'indagine dettagliata sulla disciplina giuridica del lavoro femminile: dalle origini ottocentesche (la prima legislazione protettiva dello stato liberale) alla politica di espulsione delle donne dal lavoro, praticata dal fascismo; dall'ambigua parificazione costituzionale alle riforme degli anni settanta. L'analisi giuridica è sistematicamente affiancata a quella del mercato del lavoro e della situazione industriale, con il risultato di mostrarne le mutevoli connessioni....
Pagine | 15 - 15
DOI | 10.1401/9788815374257/p3

Prefazione

Il risveglio dell’attenzione generale sui problemi delle donne ha prodotto la recente, grande fioritura di studi e ricerche sul lavoro femminile (domestico ed extra-domestico). Finalmente, questo tema si è riproposto all’attenzione degli studiosi di diritto del lavoro che, fino alla vigilia del dibattito intorno alla nuova legge sulla parità uomo-donna, sembravano considerare la normativa sul lavoro femminile cosa di scarsa importanza, parte di mediocre rilievo della farraginosa legislazione sociale italiana. Così, anche i giuristi si sono accorti che le donne, sempre più consapevoli della loro condizione e sempre meno disposte ad accettarla, rivendicano per sé, oltre che occupazione e servizi sociali, leggi più giuste. Appunto sull’onda di questa scoperta, sono proliferati i contributi allo studio della disciplina giuridica del lavoro femminile e le interpretazioni delle vecchie e nuove norme. Tale recente e recentissima produzione scientifica [1] si caratterizza, in genere, per...
Pagine | 7 - 10
DOI | 10.1401/9788815374257/c1
Capitolo primo

Le origini della legislazione sul lavoro delle donne in Italia

Il primo esempio italiano di legislazione sociale [1] ‒ intesa questa come intervento dello stato nella contrattazione privata e nella pratica dei rapporti fra imprenditori e operai ‒ è la legge 11 febbraio 1886 sul lavoro dei fanciulli [2] . Come si vedrà più avanti, si tratta di una legge importante anche dal nostro punto di vista: la mancata previsione di limiti allo sfruttamento delle donne (limiti progressivamente espunti, fino all’eliminazione, dai progetti approvati in parlamento) e, insieme, l’esemplare vicenda dell’approvazione di questa legge, sono il necessario punto di partenza per ogni indagine che abbia ad oggetto l’intervento legislativo in materia di occupazione femminile. La legge del 1886 (integrata dal regolamento di attuazione) introduceva il divieto di utilizzare il lavoro dei minori di nove anni in opifici, cave e miniere; limitava a otto ore giornaliere l’orario di lavoro per i minori di dodici anni e a sei ore il lavoro notturno dei fanciulli dai dodici ai...
Pagine | 11 - 38
DOI | 10.1401/9788815374257/c2
Capitolo secondo

Le donne lavoratrici nella legislazione fascista

È affermazione comune che il periodo fascista sia stato caratterizzato da una politica brutalmente antifemminile; una politica, cioè, di sistematica esclusione delle donne dalla vita politica e sociale, e di riduzione di esse ad un ruolo subalterno. Alle donne il regime aveva affidato, come compiti essenziali: procreare «generazioni di pionieri e di soldati necessari alla difesa dell’impero» [1] ; vigilare sull’integrità della famiglia. E dentro i confini della famiglia dovevano essere costrette dalla funzione di madre (prolifica) e dalla necessità (economica e sociale) di restare ad essa legate, poiché stabilità della famiglia e maternità avrebbero rappresentato le uniche contropartite offerte dal regime alla loro condizione subalterna [2] . Si può dire, tuttavia, che la politica fascista (dovendo semplificare e riassumere i tratti essenziali di un ventennio ricco di mutamenti nelle strutture economiche e di adattamenti progressivi della linea politica [3] ) è stata anche una...
Pagine | 57 - 89
DOI | 10.1401/9788815374257/c3
Capitolo terzo

La condizione giuridica della lavoratrice nella Costituzione

Le conclusioni raggiunte nel capitolo precedente costituiscono la necessaria premessa al discorso sugli sviluppi della legislazione sociale del dopoguerra, di cui mi propongo di analizzare le complesse vicende. Il primo obbiettivo di questa analisi è infatti quello di verificare quale e quanta continuità vi sia stata tra politica femminile del fascismo e intervento (o non intervento) legislativo nel trentennio democristiano. In questa fase, procederò con metodo parzialmente diverso da quello sin qui seguito. Me lo consentono, insieme, la grande quantità di studi, noti e recenti, dedicati ai problemi dell’occupazione femminile, del mercato del lavoro, in generale alla condizione della donna nella società italiana di oggi, e la comune conoscenza delle leggi cui devo fare riferimento, che sono leggi vigenti o in vigore fino a pochi anni fa. Così, mentre posso prescindere da ogni minuta descrizione delle norme, e concentrare l’attenzione sulle sole questioni controverse, non è necessario...
Pagine | 109 - 123
DOI | 10.1401/9788815374257/c4
Capitolo quarto

Attuazione e inattuazione costituzionale. Parità salariale, maternità, licenziamenti

Conclusa, con l’approvazione della legge n. 860 del 1950, la vertenza sulla riforma della legislazione a favore delle lavoratrici madri (infra par. 3), la parità salariale ha rappresentato, per tutti gli anni ‘50, pressoché l’unico obiettivo dell’iniziativa sindacale nei confronti del lavoro femminile. Per quanto riguarda la C.G.I.L. (ma sul tema si impegnarono, insieme le A.C.L.I., la C.I.S.L. e la U.I.L.), solo intorno alla metà degli anni ‘50 la rivendicazione della parità retributiva fra uomo e donna entrò a far parte degli obiettivi di lotta. Sulla questione della parità salariale, le prime occasioni di mobilitazione e di elaborazione di un’organica strategia sindacale sono considerate [1] la preparazione della conferenza nazionale delle lavoratrici (1954) e la battaglia parlamentare per la ratifica della convenzione n. 100 dell’O.I.L. (legge n. 741 del 1956) [2] . Frutto della mobilitazione fu la nascita di un movimento per la parità che coinvolse le organizzazioni femminili...
Pagine | 129 - 162
DOI | 10.1401/9788815374257/c5
Capitolo quinto

Le riforme degli anni Settanta

Gli orientamenti della legislazione sulle lavoratrici madri ‒ di cui ho riferito nei capitoli precedenti ‒ sono stati corretti dalle riforme dei primi anni settanta. Le leggi del 1971 (n. 1204 sulle lavoratrici madri, e n. 1044 sugli asili nido) sono il risultato di una lunga azione sindacale, culminata con la presentazione di due progetti elaborati unitariamente dalle confederazioni, e accolti pressoché integralmente nelle predette leggi. Questa derivazione sindacale è sicuramente alla base del consenso che le riforme del 1971 (successivamente integrate dalla legge n. 877 del 1973, sul lavoro a domicilio: infra, par. 2) hanno incontrato fra le lavoratrici, nei sindacati, nelle forze politiche, e sulla stampa vicina alle organizzazioni sindacali. [1] Benché non siano certo copiose né la dottrina né la casistica giurisprudenziale, i contenuti della legge n. 1204/1971 sono troppo noti perché io debba riferirne in questa sede. Non mi propongo infatti di interpretare le singole...
Pagine | 175 - 210
DOI | 10.1401/9788815374257/c6
Capitolo sesto

La legge 9 dicembre 1977, n. 903 sulla parità uomo-donna in materia di lavoro

Frutto di un iter parlamentare eccezionalmente breve [1] , approvata con un consenso larghissimo, accompagnata da grande clamore e da un notevole battage pubblicitario, è entrata finalmente in vigore la legge 9 dicembre 1977, n. 903: diciannove articoli, buoni e meno buoni, per regolare la parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro. All’entusiamo che politici e sindacalisti hanno manifestato nel commentare la legge (entusiasmo non dismesso neppure dopo le modeste prove di sé che la legge ha dato sinora) [2] non ha fatto eco un altrettanto entusiastico consenso dei giuristi [3] . Questi, nell’occasione più cauti del solito, hanno preferito tenere aperto il giudizio sulla legge, giustamente preoccupati di superare, prima di entusiasmarsi, i molti problemi tecnici, e talora le contraddizioni, che possono insorgere nell’applicazione della legge. È bene dire subito che l’operazione parità, inaugurata dalla legge n. 903, ha per ora camminato più sulle gambe...
Pagine | 223 - 279