Matteo Colleoni (a cura di)
Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c4
Il livello locale è quello in cui le disuguaglianze e le forme di marginalità e di esclusione dei cittadini e dei territori in
{p. 63}cui abitano sono più marcate e visibili. È a questo livello, quindi, che occorre innanzitutto intervenire per promuovere strategie e politiche attente allo sviluppo socio-economico e territoriale e nel contempo all’uso sostenibile delle risorse. A tal proposito il Sustainable Development Report 2021 del Sustainable Development Solutions Network [Sdsn 2021] ha recentemente evidenziato che oltre il 60% degli obiettivi di sviluppo sostenibile non potranno essere raggiunti senza il coinvolgimento dei governi delle amministrazioni che operano a livello locale. Si spiega in tale senso il crescente impegno assunto dalle organizzazioni internazionali e dagli Stati nazionali per declinare gli obiettivi e le azioni dell’Agenda 2030 nelle politiche locali di sviluppo sostenibile. Il paragrafo ne offre una sintetica rassegna, soffermandosi in particolare sui risultati in termini di innovazione degli apparati amministrativi degli attori pubblici e di rinnovamento dei processi di governance a livello locale.
L’attenzione al ruolo svolto dai governi locali nella formulazione delle nuove strategie per lo sviluppo sostenibile è stata innanzitutto sottolineata dalla Comunità Europea, con attenzione alla pianificazione degli investimenti dei fondi del Programma Next Generation, nella nuova Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili adottata nel 2020 dai ministri competenti in materia di politiche urbane. Nota per essere stata promotrice delle Agende urbane, la Carta dedica attenzione all’integrazione della governance in tutti i livelli governativi al fine di meglio rispondere alla naturale interconnessione esistente tra gli obiettivi di sviluppo dell’Agenda. Spesso denominata governance multilivello, nel nuovo approccio al governo locale delle strategie di sviluppo viene sottolineata l’importanza di promuovere il coordinamento verticale tra gli enti amministrativi (tipicamente tra Comunità europea, Governi nazionali e amministrazioni regionali e locali) ma anche quello orizzontale, per esempio tra le città impegnate nel raggiungimento degli obiettivi della Agenda 2030. Ne rappresenta l’esempio più conosciuto la Carbon Neutral Cities Alliance (Cnca), il coordinamento orizzontale tra le città del mondo più {p. 64}impegnate per raggiungere la neutralità carbonica entro i prossimi 20 anni.
Nasce, invece, dalla collaborazione tra United Cities and Local Government (Uclg) e Un-Habitat (il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani) la proposta del Rapporto sulle Voluntary Local Reviews (Vlrs o Unità di sviluppo locale) dedicato agli interventi per promuovere l’integrazione sistemica delle politiche urbane e la realizzazione delle Agende metropolitane per lo sviluppo sostenibile [Asvis 2021]. Alle agende metropolitane italiane verrà dedicata attenzione nelle prossime pagine, in questa sede occorre solo ricordare che elementi comuni delle Unità di sviluppo locale internazionali ed europee sono stati l’attenzione dedicata ai processi partecipativi nella identificazione delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile locale, così come all’integrazione delle politiche e alla valorizzazione del sistema multilivello.
In Europa sono diverse le città che hanno realizzato Unità di sviluppo locale con il fine di accogliere nella pianificazione strategica l’obiettivo della localizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tra gli esempi più virtuosi si ricorda la città di Asker in Norvegia, per la nomina di un manager comunale per la trasformazione sostenibile, la città di Gladsaxe in Danimarca, per l’integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nelle politiche comunali o, infine, alcune città svedesi (Stoccolma, Hensingborg, Malmö) per l’innovativa centratura degli obiettivi di sviluppo sulla sostenibilità sociale della pianificazione urbana esemplificata dai riferimenti ai temi della qualità della vita, delle pari opportunità e della crescita sostenibile. Proviene, ancora, dalle città scandinave la decisione innovativa di dotarsi di un Consiglio per l’Agenda 2030 (composto da politici e rappresentanti della società civile, delle università e delle imprese) per supportare gli organi del governo locale nell’identificazione e messa in opera delle strategie di sviluppo sostenibile.
Altre città europee hanno posto l’obiettivo della territorializzazione dello sviluppo sostenibile negli organigrammi delle strutture e nei contenuti dei programmi delle loro {p. 65}attività, in particolare nei Paesi del centro e del nord Europa (Bonn, Münster, Mannheim, Stuttgart, Copenhagen, Helsinki, Bristol). Gli elementi comuni delle pratiche più innovative adottate possono essere riassunti nelle aree tematiche di intervento che, rinviando ai target dell’Agenda 2030, attraversano trasversalmente i settori tradizionali delle politiche urbane. È il caso di Bonn, che ha riorganizzato i settori sotto le tematiche mobilità, clima e energia, risorse naturali e ambiente, lavoro ed economia e responsabilità globale. La cooperazione con la società civile e con il mondo del lavoro è un ulteriore elemento comune delle strategie più innovative di territorializzazione dello sviluppo sostenibile. Se a Münster gli stakeholder della cittadinanza sono coinvolti in una advisory board, un’area specificatamente dedicata alla realizzazione della strategia all’interno della amministrazione, a Stoccarda la governance comunale si articola in divisioni interne per le politiche di sostenibilità. Ulteriori elementi caratterizzanti le strategie più innovative di sviluppo sostenibile sono l’integrazione degli obiettivi nella pianificazione strategica e finanziaria della città (ed è il caso di Helsinki), così come la scelta di collocare le diverse strategie in programmi urbani integrati per pianificare il futuro della città, in molti casi divenuti brand nei programmi di comunicazione urbana (come a Utrecht con la strategia Healthy Urban Living for Everyone o a Mannheim con Vision Mannheim 2030).
In Italia la territorializzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile ha trovato una prima realizzazione nei bandi proposti nel 2018 dall’attuale Ministero della Transizione Ecologica per promuovere l’elaborazione delle Strategie Regionali per lo Sviluppo Sostenibile. Centrate sui tre ambiti di azione della governance integrata, del coinvolgimento della società civile e dell’inclusione degli obiettivi nei cicli di programmazione delle politiche di coesione, le strategie delle regioni che le hanno al momento adottate presentano diversi elementi comuni [Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 2021]. A livello di modello di governance, innanzitutto, laddove nella maggior parte dei {p. 66}casi sono state istituite Cabine di regia composte dalle strutture amministrative, incardinate all’interno di Dipartimenti, Direzione e Assessorati, presiedute in buona parte dal Presidente della regione oppure dai Segretari generali regionali. Il sistema di governance è poi normalmente supportato da strutture di coordinamento composte da soggetti esterni (tra cui province, Anci e Arpa), o da protocolli di intesa tra attori pubblici e privati (tra i quali è interessante osservare, in circa una decina di regioni, con le città metropolitane). In quasi tutte le realtà regionali provviste di strategie per lo sviluppo sostenibile è poi stato istituito un Forum le cui attività sono strutturate in tavoli di lavoro tematici e, in alcuni casi, da organizzazioni territoriali sub-regionali, quali i Forum territoriali provinciali (come in Veneto) o i Forum territoriali per ambiti omogenei (in Umbria). La crescente attenzione nei confronti del coinvolgimento delle giovani generazioni nelle strategie di sviluppo sostenibile ha trovato riscontro in alcune regioni italiane nella costituzione di Forum giovani (in Liguria, Lombardia, Veneto, Toscana e Puglia).
Abbiamo sopra osservato che la governance multilivello propone un nuovo approccio al governo locale delle strategie di sviluppo centrato sulla promozione del coordinamento tra gli enti amministrativi. Nel nostro Paese ciò si è finora verificato in 9 regioni attraverso l’attivazione di collaborazioni o con altre regioni (ad esempio nel Progetto ministeriale CReIAMO PA), o con protocolli di intesa tra attori pubblici e privati o infine con forme di collaborazione con province, comuni ed altri soggetti pubblici. Si tratta di azioni di rilevante importanza richiedendo gli obiettivi di sviluppo un campo di intervento che va oltre i confini delle amministrazioni territoriali e locali. Ciò è in particolar modo vero per gli obiettivi del settore ambientale che propongono interventi per la transizione ecologica finalizzati a contenere fenomeni negativi quali l’inquinamento che non hanno confini territoriali. Ma lo stesso può essere detto per gli obiettivi socio-economici finalizzati a contenere la disuguaglianza territoriale e le opportunità di sviluppo che richiedono il coordinamento degli interventi tra i diversi attori pubblici e privati di territori spesso trasversali ri{p. 67}spetto ai tradizionali confini amministrativi. Obiettivi che possono essere raggiunti a condizione di riuscire ad inserire le strategie negli strumenti di programmazione delle nuove politiche di coesione, situazione che, sempre secondo i risultati delle analisi realizzate dal Mite, si è finora verificata, nelle intenzioni, in tutte le regioni, con esiti tuttavia ancora da valutare in termini di reale capacità di programmare i nuovi interventi per lo sviluppo sostenibile.
Oltre alle regioni, anche le città metropolitane hanno dedicato attenzione all’oggetto proponendo agende delle città metropolitane per lo sviluppo sostenibile (sempre rispondendo a bandi del Ministero dell’Ambiente nel corso del 2019). Il coordinamento ministeriale degli interventi a livello metropolitano si è avvalso poi di un accordo sottoscritto con tutte le 14 città metropolitane italiane inteso come dispositivo di integrazione e orientamento degli strumenti di programmazione vigenti e in corso di adozione. Si tratta di un accordo di rilevante importanza che dà attuazione operativa alla Carta di Bologna per l’ambiente, sottoscritta nel 2017 da tutti i Sindaci metropolitani con il fine di includere gli obiettivi di sviluppo sostenibile negli strumenti di programmazione metropolitana. La necessità, sopra ricordata, di adeguare l’organizzazione dell’offerta ai nuovi obiettivi trasversali dell’Agenda, ha portato a strutturare le azioni nei seguenti nuovi settori: governance, coinvolgimento della società civile, definizione e monitoraggio dell’Agenda e integrazione con il Piano strategico metropolitano, disegno e attivazione di azioni pilota integrate. Sebbene presentino un diverso stato di avanzamento nel percorso di elaborazione e approvazione delle rispettive agende, è interessante osservare che tutte le 14 città metropolitane italiane hanno risposto positivamente al bando ministeriale in risposta alla finalità di applicare gli obiettivi di sviluppo sostenibile nei loro territori. Alcune di loro, tuttavia, si distinguono sia per i tempi più veloci di approvazione dell’Agenda sia per le scelte avviate per dare concreto riscontro operativo agli interventi per lo sviluppo sostenibile, in particolare in termini di struttura e strumenti programmatori. La Città Metropolitana di Bologna, innanzitutto, che ha già approvato l’Agenda nel giugno
{p. 68}del 2021 integrandola nel Piano strategico metropolitano e negli altri strumenti di pianificazione e programmazione (Pums, Ptm…). Particolare attenzione viene poi dedicata al monitoraggio le cui attività sono state incluse nel ciclo di programmazione attraverso il Dup (Documento Unico di Programmazione triennale), declinato nelle diverse sub-realtà del territorio metropolitano. La scelta di creare un Ufficio di coordinamento tecnico-operativo del Piano strategico metropolitano presso la Direzione generale rappresenta una condizione fondamentale per governare in modo coordinato le attività (all’interno di una scelta di governance che fa poi affidamento su un gruppo di lavoro inter-assessorile, su un gruppo intersettoriale e interistituzionale del quale fanno parte il Comune di Bologna, la Regione Emilia-Romagna e un ufficio di Presidenza composto dal Sindaco metropolitano e dai Presidenti delle Unioni di Comuni). Il coinvolgimento della società civile è stato invece demandato al neo Consiglio di sviluppo e al Tavolo delle società partecipate (di cui fanno parte attori economici, associazioni, mondo del lavoro, della cultura, della formazione e della sanità). La buona pratica, infine, di attuare gli interventi in azioni pilota (adottata da altre città metropolitane) ha trovato esplicitazione nei progetti innovativi sulla transizione verso un’economia circolare a livello territoriale, sulla riorganizzazione dei servizi di trasporto pubblico, sulla forestazione metropolitana e sull’attivazione di percorsi formativi sulla sostenibilità nel mondo scolastico e tra i dipendenti della pubblica amministrazione.