Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c8
Il territorio vigevanese ospita due
specializzazioni produttive in qualche modo contigue, ma caratterizzate da dinamiche
differenti e da percorsi che divergono non solo
¶{p. 142}per l’andamento
dei risultati economici (in declino da un lato e in crescita dall’altro), ma anche per
le scelte strategiche e quindi per il posizionamento sul mercato.
Per questo motivo è oggi più
difficile tracciare le connessioni che legano tra loro le due produzioni: ci sono certo
a Vigevano imprese che realizzano i macchinari usati sul territorio per la realizzazione
di calzature di alta gamma, ed è ancora vero che le competenze specializzate che sono
«nel Dna» (Int. 16) dei vigevanesi, e che quindi la realizzazione di macchinari se ne
nutre in qualche modo. Ma gli scambi sono sempre più ridotti e casuali, forse più
importanti a livello di mercato che di sviluppo tecnologico
[1]
. Possiamo quindi ipotizzare che quello che era in origine un sistema
unitario, caratterizzato da due specializzazioni produttive complementari, si sia
evoluto nella compresenza sul territorio di due sistemi produttivi sempre più
indipendenti.
Nelle pagine precedenti abbiamo
descritto i meccanismi che operano nella configurazione delle diverse reti di imprese,
ma nei due sistemi produttivi giocano un ruolo progressivamente differenziato anche le
relazioni con l’esterno, sia per quanto riguarda le reti lunghe, che connettono il
territorio al contesto internazionale, sia per quanto riguarda le reti corte che
descrivono il radicamento locale della produzione calzaturiera e maccano-calzaturiera.
Le relazioni internazionali
producono oggi nei due contesti effetti diversi: mentre la produzione di macchine
utensili si rivolge ormai al mercato globale, nella lavorazione delle calzature la
relazione con il contesto internazionale è spesso mediata dai grandi marchi del settore
moda, che hanno sostituito i produttori locali anche nelle funzioni di coordinamento
della filiera locale. La rete del settore meccano-calzaturiero
¶{p. 143}è quindi caratterizzata da molti nodi in grado di interagire
con clienti collocati in qualsiasi Paese del mondo, mentre la rete del settore
calzaturiero deve la propria connessione con il sistema globale all’azione di poche
imprese che connettono di fatto il sistema di produzione locale con alcune
multinazionali della moda, alle quali è delegato il rapporto con il mercato, oltre
all’ideazione iniziale del prodotto.
Più complessa è la ricostruzione
delle reti corte che connettono la produzione al territorio. Una prima ricognizione può
essere fatta a partire dai «beni collettivi locali» capaci di rendere competitive le
imprese che operano sul territorio [Crouch et al. 2001; Trigilia
2005]. Questi beni collettivi possono essere ricondotti a tre classi di risorse e
iniziative: interventi per l’internazionalizzazione, per la formazione professionale e
per l’innovazione e il trasferimento tecnologico [Pichierri 2002; Pacetti 2009]. I
risultati della nostra ricerca suggeriscono che in questi ambiti le imprese godano
almeno in parte di un bagaglio di competenze, relazioni e informazioni ereditate da un
passato ancora relativamente recente, che sembra però in chiaro declino. Questo è più
evidente nel settore calzaturiero, che è tuttora sostenuto da relazioni intense di
fornitura e subfornitura e da competenze artigianali molto specializzate, che però non
sembrano costituire un’attrattiva per le nuove generazioni, che non sembrano vedere nel
settore opportunità professionali interessanti.
Nel comparto meccanico le
competenze sono forse di spettro più ampio, con qualche possibilità di attrarre talenti
sia dal territorio che dall’esterno. Un ulteriore vincolo sembra però originato, in
questo caso, dalle piccole dimensioni aziendali, che in qualche modo inibiscono un serio
sviluppo manageriale del settore e impediscono alle aziende di proporsi sul mercato del
lavoro con la capacità di attrarre i giovani più preparati e intraprendenti.
Il tema della formazione
professionale sembra cruciale, e mostra importanti criticità: alla tradizione
artigianale che alimentava il distretto del passato non sembra essersi sostituita nel
tempo una progettazione istituzionale consapevole e solida. È questo uno dei temi più
frequentemente citati ¶{p. 144}dagli attori coinvolti, che vedono nella
formazione uno degli aspetti che più rendono incerto il futuro di entrambi i comparti, e
che tuttavia non è al centro di una riflessione a livello di politica locale.
Sul territorio si percepisce la
latitanza degli attori pubblici, e una difficoltà crescente degli altri attori
istituzionali, come le scuole, che non sono coinvolti in iniziative di rilevanza per il
settore. Un’eccezione rispetto a questa apparente assenza delle istituzioni è costituita
dalle associazioni datoriali, che esprimono invece consapevolezza e progettualità. Oltre
a sostenere e alimentare la fiducia tra le imprese, le associazioni intervengono nel
tentativo di sostenere la crescita manageriale delle imprese, come nel caso di Assomac,
che considera tra le proprie priorità anche la promozione di una crescita culturale dei
propri associati, nella convinzione «che l’evoluzione del distretto passi anche da una
continua evoluzione formativa e culturale» (Int. 19).
Resta il fatto che la crescente
divaricazione tra i due settori che abbiamo descritto contribuisce a rendere più
complessa la progettazione istituzionale, perché le risorse necessarie alla produzione
di calzature possono essere ormai diverse da quelle necessarie alla produzione di
macchinari: il calzaturiero e il meccano-calzaturiero possono non essere sostenuti dalle
stesse scuole e dagli stessi centri di ricerca, forse neppure dalle stesse politiche
locali in termini di incentivi all’internazionalizzazione o alla crescita dimensionale.
Il panorama delle iniziative a livello locale sembra però povero non solo dal punto di
vista delle attività, ma anche dal punto di vista degli attori che dovrebbero essere
coinvolti nel dibattito. Tuttavia, sul territorio sono attive imprese eccellenti, sono
disponibili competenze specializzate e abilità sempre più rare, sono in gioco capacità
di innovazione che hanno reso le aziende protagoniste su mercati globali altamente
competitivi. Quello che abbiamo descritto è dunque un territorio in bilico: un
territorio che ha raccolto dal suo passato un’eredità ancora di grande valore, ma che ha
bisogno di una progettazione consapevole per evitare che il tempo disperda queste
risorse nell’incapacità di progettare gli strumenti per riprodurle.
Note
[1] Un’imprenditrice del settore meccano-calzaturiero ha affermato nel corso dell’intervista, riferendosi ai rapporti con il comparto calzaturiero: «Ci conosciamo al di fuori del lavoro, quindi può essere che ci sono anche degli scambi, delle chiacchierate con proprietari di aziende calzaturiere, però è più un discorso forse di amicizia perché se non c’è un discorso di amicizia non credo che siano interessati anche a contattarmi, se poi non è nel loro interesse, o in una prospettiva futura di investire sui nostri macchinari» (Int. 22).