Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c1
Box 2.

Il cheating

Il termine cheating, che significa letteralmente «imbrogliare» è un fenomeno che si è diffuso sin dall’inizio delle rilevazioni nazionali dell’Invalsi e soprattutto in alcune regioni del Mezzogiorno. Con questo termine si intende quel comportamento opportunistico tenuto in classe dagli studenti (student cheating) o dall’insegnante (teacher cheating) che incide in maniera positiva sul risultato di alcune scuole. Nello specifico, lo student cheating è il comportamento attuato dagli studenti che copiano da altri studenti o da libri o da altre fonti, mentre il teacher cheating è l’azione condotta dagli insegnanti, che possono fornire le risposte agli studenti, o anche lasciare che gli studenti copino tra loro e quindi facciano student cheating. Per far fronte a questo fenomeno e garantire la validità dei dati pubblicati, l’Invalsi ha adottato una procedura statistica che, condotta ex post, stima un indice di propensione al cheating per ciascuna classe. Tale procedura consiste nel rilevare:
• la percentuale di risposte corrette;
• la variabilità all’interno della classe; {p. 57}
• l’omogeneità di risposta a ciascun item;
• il tasso di mancate risposte.
Questi quattro elementi insieme restituiscono una probabilità di cheating della classe. Infatti vi è un comportamento anomalo quando all’interno di un gruppo classe abbiamo: un’elevata percentuale di risposte corrette; una bassa variabilità della percentuale di risposte corrette; una bassa variabilità nelle modalità di risposta a ciascun item e un basso tasso di mancate risposte.
In altri termini, gli studenti di una classe con cheating rispondono in modo omogeneo alla quasi totalità delle domande e sbagliano le risposte delle stesse domande.
A documentazione di quanto abbiamo sostenuto, ovvero di una maggiore percentuale di cheating nelle scuole del Mezzogiorno, riportiamo una tabella per la scuola primaria e alcune figure per la scuola secondaria di primo e secondo grado. I dati riportati sono ripresi da uno studio dell’Invalsi del 20201.
La tabella 1.1 riporta la percentuale di cheating nella scuola primaria nell’anno scolastico 2018-2019, suddiviso per gradi, nelle prove di italiano, matematica, inglese listening e reading.
Tab. 1.1. Indice di propensione al «cheating». Scuola primaria 2018-2019 (in grassetto i valori superiori al 5%)
Ripartizione geografica
G02 ITA
G02 MAT
G05 ITA
G05 MAT
G05 ELI
G05 ERE
Nord-ovest
Valle d’Aosta
0,8
1,0
0,5
0,3
0,8
{p. 58}
0,2
Piemonte
2,7
2,5
1,7
1,8
3,1
1,1
Liguria
3,4
2,7
1,7
2,4
4,2
1,2
Lombardia
2,4
2,2
1,1
1,3
2,5
1,2
Nord-est
Veneto
1,7
1,9
1,2
1,3
2,0
0,8
Friuli-V. Giulia
1,4
1,9
1,5
1,6
2,2
1,0
Emilia-Romagna
1,9
2,1
1,6
1,9
2,7
1,4
P.A. Bolzano (l. it.)
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
P.A. Trento
0,9
1,0
1,0
1,2
1,5
0,6
Centro
Toscana
3,5
3,6
2,8
3,0
4,7
1,8
Umbria
3,0
2,1
2,1
2,5
4,0
1,1
Marche
2,5
2,3
1,1
1,6
2,7
0,9
Lazio
5,3
5,0
3,3
3,7
7,0
2,1
Sud
Abruzzo
3,5
3,6
2,0
1,8
2,8
1,6
Molise
5,1
3,9
3,0
3,1
5,6
0,8
Campania
9,5
11,5
7,1
8,0
11,1
3,1
Puglia
5,7
6,4
4,2
4,9
7,7
2,4
Sud e Isole
Basilicata
5,7
5,8
3,8
4,0
5,2
1,4
Calabria
6,3
7,0
4,6
5,8
7,1
2,2
Sicilia
9,6
11,0
6,4
7,1
9,5
3,2
Sardegna
4,5
4,6
3,4
3,7
5,7
2,3
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
Abbiamo evidenziato i valori superiori al 5% che, come si può notare, si collocano in particolare al Sud e al Sud e Isole.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado riportiamo l’andamento dei punteggi in matematica del grado 8, nell’anno scolastico 2016-2017 (vedi fig. 1.4).
Come si può notare nelle regioni del Sud il punteggio della popolazione è distante dal punteggio corretto, ovvero il cheating è maggiore.
Dal 2018 lo svolgimento delle prove, per le scuole secondarie di primo e di secondo grado, ha visto il passaggio dalla carta al computer (con le cosiddette prove CBT). L’utilizzo delle prove CBT ha sostanzialmente risolto il fenomeno del cheating. La dimostrazione sta nella coincidenza dei dati delle classi campione e di quelle non campione. Infatti la figura 1.4 riporta i dati in una prova pre-CBT, mentre le figure 1.5 e 1.6 riportano i dati delle prove CBT in cui possiamo notare come i box dei punteggi ottenuti nelle prove dal campione corrispondano sostanzialmente ai punteggi ottenuti a livello censuario dalla popolazione, ovvero non abbiamo la presenza di cheating.
Fig. 1.4. Punteggi in matematica del grado 8 nell’anno scolastico 2016-2017 (per «punteggio di popolazione corretto» si intende corretto dalla distorsione del cheating).
Fig. 1.4. Punteggi in matematica del grado 8 nell’anno scolastico 2016-2017 (per «punteggio di popolazione corretto» si intende corretto dalla distorsione del cheating).
Nota: I box rappresentano, per ogni ripartizione territoriale (regione/area geografica/Italia) l’intervallo di confidenza intorno alla media campionaria (la quale corrisponde alla linea nera centrale di ogni box).
Per il grado 8 2016-2017, il punteggio del campione nazionale (italiano e matematica) non è 200 in quanto è stato «riscalato» post elaborazioni per tenere conto del cheating rilevato in alcune scuole campione.
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
 
Per il grado 8 2016-2017, il punteggio del campione nazionale (italiano e matematica) non è 200 in quanto è stato «riscalato» post elaborazioni per tenere conto del cheating rilevato in alcune scuole campione.
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
 
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
 
Fig. 1.5. Punteggi di matematica nel grado 8 nell’anno scolastico 2017-2018.
Fig. 1.5. Punteggi di matematica nel grado 8 nell’anno scolastico 2017-2018.
Nota: I box rappresentano la distribuzione del punteggio medio campionario, la linea al centro dei box è il punteggio medio, i segmenti alle estremità dei baffi rappresentano i limiti dell’intervallo di confidenza al 95%.
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
 
Fonte: Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
 
Fig. 1.6. Punteggi di matematica nel grado 8 nell’anno scolastico 2018-2019.
Fig. 1.6. Punteggi di matematica nel grado 8 nell’anno scolastico 2018-2019.
Nota: I box rappresentano la distribuzione del punteggio medio campionario, la linea al centro dei box è il punteggio medio, i segmenti alle estremità dei baffi rappresentano i limiti dell’intervallo di confidenza al 95%.
Fonte. Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
Fonte. Invalsi, elaborazione Servizio Statistico.
La corrispondenza dei punteggi fra campione e popolazione è importante dal punto di vista dell’attendibilità delle prove, ma, per quanto ci riguarda, è ancor più significativa per la correttezza nell’esecuzione delle prove che, come conseguenza, porta all’eliminazione del cheating.
1 Invalsi, Analisi dell’andamento dei punteggi nel tempo per regione, grado scolastico e disciplina, confronto campione e popolazione, 2020. Ricordiamo che nell’anno scolastico 2019-2020 non si sono svolte le prove Invalsi a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

2.3. Terzo inciampo: le competenze attese

Se il terzo inciampo, come da tradizione, è inevitabile, deve necessariamente portare con sé una questione fondamentale. Per questo:
Vi proporrò – e farò sfoggio di erudizione – un piccolo giochino cabalistico. Esiste una gematria cabalistica di base: semplificando è la relazione che esiste nella Kabbalah, cioè nella mistica ebraica, tra numeri e lettere. Si dice che c’è un rapporto di energia, che le corrispondenze alfanumeriche sono significative nell’interpretazione mistica della Torah, della Bibbia. Allora, questa gematria ci dice che la parola Adam, essere umano con valore numerico 45, composta da aleph 1, daleth 4, mem 40, corrisponde numericamente alla particella interrogativa «che cosa?», che è mem 40, hey 5, quindi appunto, 45. Da questa identità numerica i nostri maestri deducono che essere umano è colui che sa porre domande [...] Perché la domanda è quella che apre la questione, sollecita una risposta anche su questioni già apparentemente chiuse: si trova sempre una nuova domanda [37]
.
Abbiamo una domanda: quali sono le finalità della scuola oggi?
Alla luce di tutti i cambiamenti negli studenti, nelle famiglie, nel tessuto sociale e in particolare nel diverso modo di stare nel mondo, cosa chiediamo alla scuola? A molti sembrerà strano, ma le possibili risposte determinano un certo modo di pensare e considerare la scuola meridionale. Infatti gli inciampi sono determinati soprattutto da un’idea di scuola. Ad esempio, non vi sono dubbi sul fatto che i saperi, o meglio le conoscenze interne alle singole discipline e, se volessimo utilizzare un po’ di enfasi, le epistemologie interne alle discipline, che ci permettono una conoscenza del mondo, sono e rimarranno fondamentali. Tuttavia oggi la finalità della scuola, a differenza di ieri, non è riconducibile alla sola conoscenza dei contenuti disciplinari. A ogni studente nella vita verrà chiesto di andare oltre i confini delle discipline, di rigenerare il sapere in modo creativo dentro situazioni nuove, diverse, inedite e il più delle volte instabili, aleatorie, incerte. In sostanza a ogni studente verrà chiesto di sfidare la nuova complessità sociale e, utilizzando un lessico ricorrente nella didattica, verranno richieste competenze chiave per un apprendimento permanente [38]
. Non è stato così per la generazione precedente, in quanto il santuario della conoscenza era la scuola e il suo sacerdote era il maestro, mentre oggi tutti possono trovare informazioni di interesse, approfondite e aggiornate, in internet attraverso qualunque motore di ricerca. Sappiamo bene che le informazioni non fanno conoscenza e ancor meno competenza, come sappiamo che queste affermazioni sono oramai scontate e generalmente condivise, ma sta di fatto che, mai come oggi, alla scuola viene chiesto di rinnovare le proprie finalità, così come ai docenti viene chiesto di innovare i propri processi di insegnamento e apprendimento. In sintesi: in un mondo complesso fare scuola è molto complesso. Inoltre, a qualunque richiesta di cambiamento si contrappone, per reazione, il mantenimento dello status quo, in quanto le ritualità ordinarie sono rassicuranti. Intendiamo dire che le conoscenze consolidate sono molto più semplici da insegnare e anche da verificare e valutare. Così, mentre tutti enfatizzano le competenze, e in particolare le competenze più significative per la vita, le scuole procedono nelle consolidate pratiche della valutazione delle conoscenze.
Eppure negli ultimi anni si è sviluppato un forte dibattito culturale e si sono promosse significative ricerche finalizzate a rilevare nuove competenze per spiegare i risultati scolastici e, in generale, l’habitus del cittadino consapevole e responsabile. Queste competenze in letteratura vengono definite in diversi modi (non cognitive skills, character skills,
emotional skills
, cross skills, soft skills), ma comunque le ricerche concordano su un’evidenza: stiamo parlando di competenze psicosociali legate alla personalità. Le stesse ricerche evidenziano come esse siano determinanti per la vita ma anche per il successo formativo del singolo studente. Anzi, alcune di queste competenze correlano significativamente con i risultati scolastici, ma questi ultimi non sempre correlano con queste competenze. In sostanza abbiamo delle competenze che non si insegnano a scuola ma sappiamo che sono determinanti per il successo formativo.
Prendiamo ad esempio l’apertura mentale e la coscienziosità. Dalle stesse ricerche dell’Ocse [39]
emerge che l’apertura mentale è collegata all’interesse per la conoscenza dei diversi campi del sapere e alla creatività con ricadute sugli apprendimenti scolastici. La coscienziosità è il tratto più strettamente correlato con la riuscita nel mondo del lavoro ed è positivamente correlato con il salario e il successo professionale. Questa competenza è associata con gli esiti «a distanza» dei processi formativi e, inoltre, è la dimensione più strettamente collegata alle regole della vita sociale: per esempio, gli individui che possiedono bassi livelli di coscienziosità hanno maggiore probabilità di assumere comportamenti devianti [40]
.
Box 3.

La misurazione delle competenze

In ambito scientifico1 assistiamo da tempo a un dibattito interdisciplinare sulla possibilità di spiegare il successo formativo con il possesso di altre competenze oltre a quelle apprese in ambito scolastico. Ad oggi, non esiste una definizione univoca di tali competenze, ma in genere gli ambiti di riferimento sono quelli emotivi e psicosociali che portano alla personalità.
Ad esempio, recenti ricerche indicano le competenze «non cognitive» come la coscienziosità e l’auto-regolazione come ottimi
{p. 65}predittori degli esiti formativi e lavorativi. Il termine non-cognitive skills, utilizzato in letteratura, seppur caratterizzato dalla negazione «non», riporta dimensioni psicologiche che possono essere descritte in modo sufficientemente preciso. Infatti si fa riferimento al modello conosciuto come Big Five che nell’ultimo ventennio ha ricevuto conferme empiriche, oltre che una validazione psicometrica. La tabella 1.2 schematizza le dimensioni interne ai Big Five.
Tab. 1.2. Schema costitutivo dei «Big Five»
Dimensione generale
Sottodimensioni
Estroversione
– Dinamismo
– Dominanza
Amicalità (o Gradevolezza sociale)
– Cooperazione/Empatia
– Cordialità/Atteggiamento amichevole
Coscienziosità
– Scrupolosità
– Perseveranza
Stabilità emotiva
– Controllo delle emozioni
– Controllo degli impulsi
Apertura mentale
– Apertura alla cultura
– Apertura all’esperienza
 
 
Estroversione. L’estroversione e il suo contrario, l’introversione, colgono il grado di chiusura e apertura sociale di una persona. Tale fattore correla bene con aspetti temperamentali quali la scarsa inibizione, la ricerca di novità e di compagnia, l’impulsività, l’attivismo.
Gradevolezza. La gradevolezza spiega il grado di fiducia sociale posta negli altri. Essa riflette la tendenza ad avere condotte altruistiche e prosociali opposte a comportamenti antagonisti e antisociali. Nel contesto scolastico, la gradevolezza aiuta gli studenti a stabilire relazioni positive che potenzialmente possono facilitare l’apprendimento.
Coscienziosità. La coscienziosità è collegata alla capacità di controllo della fatica. Essa riguarda la disponibilità della persona a fare bene i compiti che le sono stati assegnati o le attività che ha scelto di svolgere. Per gli studenti coscienziosi essere impegnati nello studio è aspetto cruciale della loro riuscita scolastica.
Stabilità emotiva. La stabilità emotiva è collegata alla tendenza ad avere un approccio positivo nei confronti della realtà e degli altri, mentre il suo opposto, il nevroticismo, è la tendenza a reagire a certi stimoli con intense emozioni negative. Una bassa stabilità emotiva è correlata con una bassa disponibilità a imparare dagli errori. Un’alta stabilità emotiva aiuta gli studenti a concentrarsi sui compiti, a portarli a termine, a ottenere dei buoni risultati scolastici. {p. 66}
Apertura mentale. L’apertura mentale riflette l’interesse per l’arte, l’estetica, l’immaginazione, la creatività, l’astrazione, il ragionamento. Questo secondo aspetto si collega alle misure sull’intelligenza. Gli studenti che dimostrano apertura mentale sono motivati dalla curiosità, desiderano accrescere le loro qualità, si focalizzano sull’apprendimento e non sui voti, cercano la comprensione accurata di ciò che hanno studiato, sviluppano punti di vista personali.
A partire dai Big Five, l’Ocse ha sviluppato un framework con cinque dimensioni: collaborazione; esecuzione di un compito; regolazione delle emozioni, ingaggio con gli altri; apertura mentale.
Il modello risulta da un vasto corpus di ricerca che ha consolidato alcuni cluster in grado di identificare le principali caratteristiche della personalità e fornire una sintesi molto efficiente delle differenze individuali nelle skills socio-emotive. Per l’Ocse, l’individuazione di queste skills è stato motivato dall’esigenza di definire competenze misurabili e fruibili in educazione nei processi di insegnamento. Infatti queste competenze «si manifestano in modelli coerenti di pensiero, sentimento e comportamento, possono essere sviluppate attraverso esperienze di apprendimento formali e informali e influiscono su importanti esiti socioeconomici lungo tutto il corso della vita». Da parte di organizzazioni interessate allo sviluppo economico è legittimo, anzi inevitabile, pensare alle competenze per lo sviluppo del «capitale umano» e per lo sviluppo del «capitale sociale ed economico». Sta alla scuola far in modo che questi progetti non deteriorino la sua identità, anzi la valorizzino, orientando le competenze per la promozione della persona e, solo di conseguenza, per il lavoro e lo sviluppo economico.
1 Questo box fa riferimento a due contributi: F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per il successo formativo: un modello integrato tra personalità, capitale psicologico e motivazione negli studenti tra il primo e secondo ciclo di istruzione, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di), Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni, valori, Bologna, Il Mulino, 2021 e A.M. Maccarini, G.M. Cavaletto, D. Panebianco, S. Pinna Pintor, G. Spicciarelli e M. Visentin (a cura di), Processi di scolarizzazione e costruzione delle competenze sociali ed emotive. Le SES e il loro ecosistema scolastico. Rapporto di ricerca 2021, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo e Università di Padova, Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali. {p. 67}
Note
[37] M. Ovadia, Perché no? L’ebreo corrosivo, Milano, Bompiani, 2016.
[38] Cfr. Raccomandazione Consiglio UE del 28 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.
[39] Oecd, Skill for Social Progress, Paris, Oecd Publishing, 2015.
[40] J.J. Heckman, J E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, Chicago, The University of Chicago Press, 2014.