Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c11
Questo significato generale di bilanciamento nel ragionamento pratico può essere paragonato con la sussunzione o con il ragionamento sillogistico. La sussunzione, come noto, avviene quando un fatto specifico viene riferito a una norma generale che lo contempla [9]
. Il conflitto di diverse norme
{p. 294}generali, cioè, non è un tipico esempio di sussunzione come strumento argomentativo [10]
. Al contrario, è il bilanciamento che ci spinge ad affrontare un contrasto tra due o più ragioni confliggenti che danno origine ciascuna a un corso di cose differente [11]
. A sua volta, all’interno del ragionamento giuridico, si possono distinguere i principali tipi di modello argomentativo che riguardano il bilanciamento.
Sebbene non manchino differenze e specificità, la maggior parte degli ordinamenti giuridici ha adottato una variante della proporzionalità strutturata attorno a tre prin{p. 295}cipali passaggi [12]
. Questi passaggi richiedono la valutazione: (i) dell’attitudine delle misure prescelte a promuovere finalità legittime; (ii) della necessità, cioè (la scelta) del mezzo meno restrittivo o dell’alternativa meno dannosa; e (iii) della proporzionalità («in senso stretto») dell’interferenza a fronte dell’importanza della norma prevalente. Un modello in quattro tappe aggiunge un ulteriore gradino precedente che riguarda la legittimità dello scopo o delle finalità che vengono perseguiti [13]
. Il bilanciamento ha luogo principalmente nell’ultimo passaggio, quello della «proporzionalità in senso stretto», quando si valuta l’intensità di un’interferenza rispetto al grado di protezione con cui un’altra norma o un altro valore sono tutelati. Entro questa cornice argomentativa, l’oggetto di scrutinio sono spesso, ma {p. 296}non sempre, i diritti fondamentali e la giustificazione delle loro restrizioni. Il concetto di bilanciamento si può anche riferire a un campo più vasto, che comprende il bilanciamento degli interessi (privati e pubblici), sviluppato negli Stati Uniti [14]
. Tra gli altri modelli possibili, si può fare qui cenno anche al reasonableness test diffuso negli ordinamenti di common law [15]
. Quest’ultimo adopera una soglia – di ragionevolezza – che può ridurre la severità dello scrutinio (giudiziale) basato sul modello tripartito, in genere utilizzato durante il sindacato sulle limitazioni dei diritti fondamen{p. 297}tali. Esso è decisamente più esigente paragonato ad altri standard di scrutinio che sono limitati strutturalmente (ad esempio, poiché valutano solo la necessità di una misura, ma non la sua proporzionalità) o si fermano ad un livello più basso di controllo (per esempio, considerando solo che alcune misure non siano eccessivamente sproporzionate, a prescindere dalla proporzionalità ottimale). Le valutazioni di proporzionalità strutturate in tre passaggi, inoltre, possono incorporare anche diversi livelli di scrutinio. Nulla impedisce che la «proporzionalità in senso stretto» sia limitata, per esempio, all’esame della plausibilità di una decisione, anziché alla ricerca della decisione ottimale [16]
.
Inoltre i diversi modelli di bilanciamento prescindono dalla questione se i diritti fondamentali sono strutturati attraverso regole precise o attraverso principi flessibili (o altri tipi di norme) [17]
. Questa determinazione dipende da {p. 298}scelte interne ai diversi ordinamenti [18]
. Al contempo, nulla nella struttura delle norme esclude di bilanciare disposizioni (per esempio nei casi di defettibilità, in particolare dovuta a concorrenza di principi fondamentali o valori fondanti) o di sussumere principi [19]
. Quest’ultimo punto rappresenta una sfida per la celebre concettualizzazione del bilanciamento, come sviluppata da Robert Alexy [20]
, in quanto la sua definizione costruisce una rigida tassonomia dicotomica di norme (o regole o principi, tertium non datur) al centro delle sue premesse teoriche.
Alcune concettualizzazioni del bilanciamento orientate su questa dicotomia (regole/principi) mirano a risolvere ipotesi di conflitto tra tipologie normative (ogni norma è o una regola o un principio) e le operazioni basilari di
{p. 299}argomentazione giuridica (sussunzione e bilanciamento). Per postulare che solo i principi possono essere bilanciati (e, perciò, in presenza di regole si può operare solo tramite sussunzione) si è fatta strada l’opinione secondo cui in tali casi non si bilanciano mai le regole, ma solo i principi retrostanti. Tale impostazione introduce il tema del rapporto fra regole e principi. Non è, tuttavia, questa la sede per passare in rassegna le difficoltà connesse alle successive revisioni che Alexy ha introdotto nel concetto (originario) di principio [21]
. Ci si limiterà, invece, a richiamare l’eterogeneità dei principi nel diritto oltre lo Stato [22]
, come del resto la plausibilità di un punto di partenza alternativo, cioè la distinzione nel ragionamento giuridico tra sussunzione e bilanciamento (in luogo della rigida e binaria tassonomia di norme) [23]
. {p. 300}
Note
[9] «Generale» indica, in questa sede, che una norma è «generica», «impersonale» e applicabile a più di una situazione individuale; non richiede né un campo di applicazione più astratto né uno più concreto della norma (nel senso in cui qui si definisce come una concezione del bilanciamento norm-taxonomical).
[10] In ogni caso, come evidenzia R. Alexy, Constitutional Rights, Balancing, and Rationality, in «Ratio Juris», 2003, pp. 131 ss., i conflitti di norme potrebbero essere risolti tramite una meta-subsumption o attraverso il bilanciamento. Con l’espressione meta-subsumption, Alexy si riferisce alla scelta sull’applicabilità di una delle massime di risoluzione delle antinomie: lex superior, lex posterior, lex specialis. Tale scelta è necessaria e resta un interrogativo aperto se essa consista nella (meta-)subsumption o in un bilanciamento. In questa sede, comunque, è sufficiente rilevare che questa non è la funzione tipica della sussunzione, ma è piuttosto riconducibile a un caso di eccezione.
[11] Si pensi al dibattito sui doveri prima facie in D. Ross, The Right and the Good, 1930 (nuova edizione a cura di P. Stratton-Lake, Oxford, Oxford University Press, 2002). Elementi simili, però, si rinvengono anche in altre caratterizzazioni del ragionamento pratico; cfr., ad esempio, C. Taylor, What is human agency?, in Id., Philosophical Papers: Human Agency and Language, Cambridge, Cambridge University Press, 1985, pp. 15 ss., che ha descritto le sue caratteristiche in ottica comparativa. Si legga anche A. Aarnio, On Legal Reasoning as Practical Reasoning, in «Theoria. Revista de Teoría, Historia y Fundamentos de La Ciencia», 1987, pp. 97 ss., il quale ha posto una teleological note attraverso un ragionamento pratico che tende ad analizzare la correlazione tra mezzi e fini. Più di recente, un argomento convincente è stato offerto per l’inclusione di ragioni weighted (in contrasto con i giudizi all things considered) nel ragionamento pratico da E. Lord e B. Maguire, An Opinionated Guide to the Weight of Reasons, in Iid. (a cura di), Weighing Reasons, Oxford, Oxford University Press, 2016, pp. 3 ss. Si veda anche la descrizione del bilanciamento nel ragionamento pratico generale offerta da J.-R. Sieckmann, The Logic of Autonomy: Law, Morality and Autonomous Reasoning, Oxford, Hart, 2012, pp. 49 ss.; si veda K. Moller, Proportionality: Challenging the critics, in «International Journal of Constitutional Law», 2012, pp. 709 ss.: 715-716.
[12] Per una discussione complessiva, che mette in evidenza anche le differenze tra German proportionality e American balancing, si vedano A. Stone Sweet e J. Mathews, Proportionality balancing and global constitutionalism, in «Columbia Journal of Transnational Law», 2008, pp. 72 ss.; M. Cohen-Eliya e I. Porat, Proportionality and the Culture of Justification, in «American Journal of Comparative Law», 2011, pp. 463 ss.; A. Barak, Proportionality: Constitutional rights and their limitations, Cambridge, Cambridge University Press, 2012; V.C. Jackson, Constitutional law in an age of proportionality, in «Yale Law Journal», 2015, pp. 3094 ss.; si veda anche D. Kennedy, A Transnational Genealogy of Proportionality in Private Law, in R. Brownsword, H.-W. Micklitz, L. Niglia e S. Weatherill (a cura di), The Foundations of European Private Law, Oxford, Hart, 2011, pp. 185 ss.
[13] Uno dei motivi per cui le valutazioni di proporzionalità sono limitate a tre stadi è la circostanza che la fase della legittimazione potrebbe essere presupposta. Si veda anche M. Kumm, Political Liberalism and the Structure of Rights: On the Place and Limits of the Proportionality Requirement, in G. Pavlakos (a cura di), Law, Rights and Discourse: The Legal Philosophy of Robert Alexy, Oxford, Hart, 2007, pp. 131 ss., spec. 143-148, che dà particolare importanza a questo momento per incorporare una soglia di excluded reasons come quelle che non promuovono ragioni pubbliche (come le giustificazioni religiose). Un’enfasi differente viene offerta da Barak, Proportionality: Constitutional rights and their limitations, cit., pp. 530-533, che suggerisce di incorporare una threshold che sia compelling or pressing verso l’interesse pubblico. Cfr. R. Alexy, Proportionality and Rationality, in V.C. Jackson e M. Tushnet (a cura di), Proportionality: New Frontiers, New Challenges, Cambridge, Cambridge University Press, 2017, pp. 13 ss., spec. 19-20, per una critica di quest’ultima.
[14] Cfr. Kennedy, A Transnational Genealogy of Proportionality in Private Law, cit.
[15] Oltre agli studi già richiamati, si vedano T.A. Aleinikoff, Constitutional Law in the Age of Balancing, in «The Yale Law Journal», 1987, pp. 943 ss., e B. Schlink, Proportionality in Constitutional Law: Why Everywhere but Here, in «Duke Journal of Comparative & International Law», 2011, pp. 291 ss. in tema di dottrine sul bilanciamento sviluppate negli Stati Uniti; N. Petersen, How to Compare the Length of Lines to the Weight of Stones: Balancing and the Resolution of Value Conflicts in Constitutional Law, in «German Law Journal», 2013, pp. 1387 ss., e M. Borowski, On Apples and Oranges. Comment on Niels Petersen, in «German Law Journal», 2013, pp. 1409 ss. sulla comparazione delle valutazioni di ragionevolezza di tipo balancing proportionality e di tipo inglese come chiarito nella sentenza Wednesbury; P.-E.N. Veel, Incommensurability, Proportionality, and Rational Legal Decision-Making, in «Law & Ethics of Human Rights», 2010, p. 178, che evidenzia le somiglianze tra la proporzionalità e la variante canadese (quale delineato nella vicenda Oakes) delle valutazioni di ragionevolezza; A. Stone, Proportionality and Its Alternatives, in «Federal Law Review», 2020, pp. 123 ss., che distingue la variante australiana della valutazione di ragionevolezza. Cfr. anche R.J. Stelzer, The prospects for «proportionality» as a generic and universal legal principle in public international law, Universität Mannheim, 2018, e K. Crow, The Opacity of Proportionality in International Courts: Could Categories Clarify?, in «George Washington International Law Review», 2019, pp. 289 ss., che paragonano criticamente la diffusione delle valutazioni di proporzionalità con i diversi significati che la stessa proporzionalità ha nel diritto internazionale; per una ricostruzione più positiva, A. Peters, Proportionality as a global constitutional principle, in A.F. Lang e A. Wiener (a cura di), Handbook on Global Constitutionalism, Cheltenham, Elgar, 2017, pp. 248 ss.; T. Cottier, R. Echandi, R. Liechti-McKee, T. Payosova e C. Sieber, The Principle of Proportionality in International Law: Foundations and Variations, in «The Journal of World Investment & Trade», 2017, pp. 628 ss., e J. Rauber, Strukturwandel als Prinzipienwandel, Berlin, Springer, 2018.
[16] Sulla proporzionalità e sullo sviluppo di diversi livelli di scrutinio, si vedano J. Rivers, Proportionality and Variable Intensity of Review, in «The Cambridge Law Journal», 2006, pp. 174 ss.; Barak, Proportionality: Constitutional rights and their limitations, cit., pp. 509 ss., e J.H. Fahner, Intensity of review in international courts and tribunals: A comparative analysis of deference, University of Amsterdam, 2018, pp. 190-192. Si vedano, inoltre, M. Klatt, Positive rights: Who decides? Judicial review in balance, in «International Journal of Constitutional Law», 2015, pp. 354 ss., e M. Borowski, Limited Review in Balancing Fundamental Rights, disponibile alla pagina https://www.icjp.pt/sites/default/files/cursos/documentacao/borowski_-_limited_review_.pdf con vari modelli per incorporare alcuni criteri per il sindacato all’interno delle valutazioni di proporzionalità. In questo modo, uno scrutinio limitato potrebbe raggiungersi tramite la proporzionalità (proprio come altri modelli di bilanciamento o simili standard di scrutinio potrebbero dare origine a un’applicazione rigida). Duncan Kennedy (Proportionality and «Deference» in Contemporary Constitutional Thought, in T. Perišin e S. Rodin (a cura di), The Transformation or Reconstitution of Europe: The Critical Legal Studies Perspective on the Role of the Courts in the European Union, Oxford, Hart, 2018, pp. 29 ss., spec. 47-53) propone un modello comparabile, almeno fintantoché consiglia di assegnare un weight variabile alla deference quale considerazione da incorporarsi con il bilanciamento di principi sostanziali.
[17] Ciò viene riconosciuto inter alia da Alexy, Constitutional Rights, Balancing, and Rationality, cit.: «There are two main constructions of constitutional rights: one is narrow and strict, a second, is broad and comprehensive. The first of these can be called the rule construction, the second, the principles construction. These two constructions are nowhere realized in pure form, but they represent different tendencies and the question of which one of them is better is a central question of the interpretation of every constitution that provides for constitutional review».
[18] Paradigmatica, in questo senso, è la protezione costituzionale della dignità umana. Se la formulazione stringente presente nella Costituzione tedesca ha giustificato la sua caratterizzazione come un absolute right, in altri ordinamenti giuridici questo diritto è stato riconosciuto come una cornice (o come una cornice implicita).
[19] Si veda la concisa esposizione in Martínez-Zorrilla, Some Thoughts About the Limits of Alexy’s Conception of Principles and Balancing, cit., pp. 178-180, ove si cita l’esempio della libertà di parola quale principio che viene applicato tramite sussunzione in un caso dove manca un conflitto apparente, come nell’atto di un medico che descriva i principali sintomi dell’influenza. Rimane irrisolta una questione normativa: se e come il bilanciamento debba essere limitato, alla luce di certi valori (formali), a norme con fini più aperti o in assenza di regole esatte, o analoghe soluzioni.
[20] A causa della notevole diffusione del sistema teorico di Alexy, il bilanciamento è considerato in alcuni contesti come un gateway non solo per la sua teoria dei principi, ma anche nella prospettiva più ampia della sua filosofia del diritto non-positivista. Se il problema fuoriesce dai confini di questo scritto, si può osservare che l’applicazione del bilanciamento (o delle sue alternative) non può determinare, di per sé, una scelta tra le varie teorie di positivismo e non-positivismo giuridico. Ciò potrebbe solo derivare, in uno stadio successivo, dalla spiegazione teorica in merito alla questione degli standard di obiettività nelle diverse premesse nel bilanciamento.
[21] J.-R. Sieckmann, Regelmodelle und Prinzipienmodelle des Rechtssystems, Baden-Baden, Nomos, 1990, p. 65, ha dimostrato in modo convincente, traendo spunto dalla stessa cornice di Alexy, che i principi, in qualità di optimization commands sono applicati come regole. Ciò avviene quando un principio è soggetto alla medesima logica di una regola, cioè l’applicazione o la mancata applicazione. Accettando questa obiezione, Alexy ha introdotto una distinzione ulteriore: tra il comando stesso da una parte e il suo oggetto dall’altra. Quest’ultimo è un ideal ought da essere ottimizzato in tema di principi. Stante che tale intuizione presuppone che i principi siano un tipo di regole, per poi argomentare per la specificità del loro oggetto, diventa superfluo ripercorrere gli argomenti che riguardano l’ideal ought delle norme al fine di notare che non ne deriva una dicotomia rigida fra regole e principi. Si veda la traccia dell’ampio scambio con Robert Alexy in R. Poscher, Resuscitation of a Phantom? On Robert Alexy’s Latest Attempt to Save His Concept of Principle, in «Ratio Juris», 2020, pp. 134 ss.
[22] Si veda, ad esempio, M. Goldmann, Dogmatik als rationale Rekonstruktion: Versuch einer Metatheorie am Beispiel völkerrechtlicher Prinzipien, in «Der Staat», 2014, pp. 373 ss., che fonda una tassonomia dei principi nel diritto internazionale in general principles of law (come riconosciuti all’art. 38[1][c] dello Statuto della Corte internazionale di giustizia), doctrinal general principles, guiding principles, emerging principles e structural principles. Cfr. Rauber, Strukturwandel als Prinzipienwandel, cit., pp. 207-208, che sostiene l’applicabilità della rigida distinzione di Alexy tra regole e principi a fronte di una serie di obiezioni, pur facendo affidamento sulla inversion thesis (reputando che i principi fungono da ragioni per le regole) e spiegando infine regole e principi alla luce del bilanciamento.
[23] Cfr. Sieckmann, The Logic of Autonomy: Law, Morality and Autonomous Reasoning, cit., p. 11 (n. 39): «the distinction between rules and principles on which it [il bilanciamento] is based seems to be artificial with regard to the diverse uses and connotations of these terms, and without any clear relation to the characteristics of normative arguments that figure as reasons in balancing. (…) The following analysis will distinguish between normative arguments, judgements and statements, leaving aside the discussion of rules and principles». Si veda, inoltre, la comparazione con la teoria dei principi di Alexy proposta in J.-R. Sieckmann, Zur Prinzipientheorie Robert Alexys: Gemeinsamkeiten und Differenzen, in M. Klatt (a cura di), Prinzipientheorie und Theorie der Abwägung, Tübingen, Mohr Siebeck, pp. 271 ss. Si potrebbe anche adottare una tipologia normativa più raffinata, come, ad esempio, quella proposta da M. Atienza e J. Ruíz Manero, A Theory of Legal Sentences, The Netherlands, Springer, 1998, e dare comunque conto della rilevanza del bilanciamento.