Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c11
Alcune concettualizzazioni del bilanciamento orientate su questa dicotomia (regole/principi) mirano a risolvere ipotesi di conflitto tra tipologie normative (ogni norma è o una regola o un principio) e le operazioni basilari di
{p. 299}argomentazione giuridica (sussunzione e bilanciamento). Per postulare che solo i principi possono essere bilanciati (e, perciò, in presenza di regole si può operare solo tramite sussunzione) si è fatta strada l’opinione secondo cui in tali casi non si bilanciano mai le regole, ma solo i principi retrostanti. Tale impostazione introduce il tema del rapporto fra regole e principi. Non è, tuttavia, questa la sede per passare in rassegna le difficoltà connesse alle successive revisioni che Alexy ha introdotto nel concetto (originario) di principio [21]
. Ci si limiterà, invece, a richiamare l’eterogeneità dei principi nel diritto oltre lo Stato [22]
, come del resto la plausibilità di un punto di partenza alternativo, cioè la distinzione nel ragionamento giuridico tra sussunzione e bilanciamento (in luogo della rigida e binaria tassonomia di norme) [23]
. {p. 300}
La questione principale, dunque, è a quali condizioni la sussunzione o il bilanciamento possano essere considerati adatti o inadatti in un determinato contesto di riferimento: in quale modo, cioè, possiamo differenziare un’appropriata istanza di bilanciamento da un’ingiustificata operazione di discrezionalità, volta a aggirare o evitare la semplice sussunzione ad una norma. Per un verso, si potrebbe concordare con coloro che concepiscono l’appropriatezza del bilanciamento sulla base dei seguenti tre tipi pragmatici di hard case: (1) l’assenza di una norma sussumibile, (2) la presenza contestata di una norma sussumibile, o (3) la situazione nella quale una simile norma è presente ma si verifica un conflitto di valori riconosciuti dall’ordinamento o dagli ordinamenti giuridici coinvolti [24]
. Per altro verso, questa impostazione sposta la questione sull’appropriatezza del bilanciamento, con particolare riguardo all’identificazione di lacune assiologiche. Essa costituisce, comunque, un necessario punto di partenza se si desidera integrare spiegazioni sulla defettibilità (defeasibility) delle regole, mantenendo il bilanciamento come un tipo generale di ragionamento pratico e giuridico.
In quanto concettualizzazione operativa, dunque, il bilanciamento sarà considerato sinonimo di un tipo generale di ragionamento pratico che differisce dalla sussunzione o ragionamento sillogistico. Un tale bilanciamento generale {p. 301}potrebbe anche avere luogo «implicitamente», allo stadio giustificativo dell’argomentazione giuridica (per esempio, nel suddividere le categorie giuridiche) [25]
. Esso non richiede un’etichetta particolare ed esplicita da parte di una teoria giuridica. Il bilanciamento, in questo senso generale, è usato nell’esaminare le ragioni che giustificano o meno l’introduzione di un’eccezione a una regola [26]
– anche se ciò potrebbe venire concettualizzato in termini di invalidazione, «lacune assiologiche» o application discourses [27]
.
Le valutazioni di proporzionalità in senso stretto e gli altri modelli operativi di bilanciamento costituiscono casi specifici di bilanciamento nel ragionamento pratico. Si tratta di istanze esplicite di bilanciamento, le quali, tuttavia, possono avere una varietà di usi nel ragionamento giuridico, specialmente nel nostro senso specifico di bilanciamento interlegale (cioè, considerando norme provenienti da diversi regimi giuridici o ordinamenti). Per esprimere questo concetto più chiaramente, si può fare riferimento alle due principali costellazioni di interlegalità, illustrate di seguito. {p. 302}

4. I contesti dell’interlegalità

Come già osservato, due contesti principali influenzano il tipo di bilanciamento che potrebbe essere realizzato in situazioni di interlegalità. Il primo potrebbe chiamarsi multilivello o verticale [28]
, in quanto fa riferimento alla presenza di una presunta primazia (gerarchia) tra diversi «livelli» di ordinamenti giuridici, affrontando in questa prospettiva il tema delle norme applicabili (e potenzialmente anche avendo riguardo a un sistema di fonti del diritto più o meno armonizzato). Un approccio di questo tipo è stato tradizionalmente utilizzato rispetto ai rapporti tra gli ordinamenti giuridici nazionali e quello internazionale. Attualmente, un’impostazione simile costituisce un punto di partenza per caratterizzare le relazioni tra l’ordinamento giuridico dell’Unione europea e quelli degli Stati membri, come del resto le relazioni che legano l’ordinamento europeo e quello di diritto internazionale, recentemente rimesse al centro del dibattito dalla giurisprudenza Kadi [29]
. Il secondo tipo di contesto potrebbe definirsi orizzontale e si ha quando una vicenda concreta non presenta alcuna chiara presunzione di primazia (gerarchia), almeno non nel medesimo senso ex ante. In questo caso, una situazione di interlegalità potrebbe coinvolgere gli ordinamenti giuridici di due Stati differenti, gli ordinamenti giuridici di diversi regimi speciali di diritto internazionale o persino altri formanti significativi di legalità oltre lo Stato [30]
.{p. 303}

4.1. I contesti multilivello

All’interno dei contesti multilivello, si possono distinguere due diversi usi del bilanciamento interlegale. Il primo concerne il ricorso alle valutazioni di proporzionalità da parte di corti internazionali e altri organi di risoluzione delle controversie, nell’ambito del loro riesame di pronunce giurisprudenziali emesse da autorità o corti nazionali. Questa applicazione, che solleva importanti questioni relative a dottrine che riguardano la deference, come il margin of appreciation o l’intensità di scrutinio in certi ambiti [31]
, è peraltro piuttosto sovrapponibile con la più comune prassi di proporzionalità nella judicial review all’interno di un dato – singolo – ordinamento giuridico [32]
. In questo ambito, le questioni relative alla primazia e all’applicabilità di diverse norme restano sullo sfondo, mentre emergono in primo piano tre principali loci di discrezionalità [33]
. Il primo è il margine di scelta tra diversi
{p. 304}possibili strumenti per raggiungere obiettivi prefissati: ad esempio, fissato l’obiettivo di proteggere la salute, quali misure bisogna attuare negli aeroporti e quali metodi di screening? Il secondo si riferisce tanto all’ambito, variabile sotto l’aspetto culturale o contestuale, quanto alle tutele assegnate ai diversi diritti umani e ad altri valori attraverso differenti polity [34]
: per esempio, se e con quali limiti alcuni Stati possono attribuire un valore maggiore alla salute, nel senso precedente, e altri possono assegnare un valore più alto all’intimacy o ad altre libertà personali. Infine, la discrezionalità è fondamentale nell’esperienza degli hard case. In casi in cui si debba proteggere gli individui da un rischio, quale ruolo si riconosce al grado raggiungibile di certezza scientifica? Quali rischi entrano in gioco? Come viene articolato il rapporto tra il possibile margine di errore e il peso di misure di screening intrusive?
Note
[21] J.-R. Sieckmann, Regelmodelle und Prinzipienmodelle des Rechtssystems, Baden-Baden, Nomos, 1990, p. 65, ha dimostrato in modo convincente, traendo spunto dalla stessa cornice di Alexy, che i principi, in qualità di optimization commands sono applicati come regole. Ciò avviene quando un principio è soggetto alla medesima logica di una regola, cioè l’applicazione o la mancata applicazione. Accettando questa obiezione, Alexy ha introdotto una distinzione ulteriore: tra il comando stesso da una parte e il suo oggetto dall’altra. Quest’ultimo è un ideal ought da essere ottimizzato in tema di principi. Stante che tale intuizione presuppone che i principi siano un tipo di regole, per poi argomentare per la specificità del loro oggetto, diventa superfluo ripercorrere gli argomenti che riguardano l’ideal ought delle norme al fine di notare che non ne deriva una dicotomia rigida fra regole e principi. Si veda la traccia dell’ampio scambio con Robert Alexy in R. Poscher, Resuscitation of a Phantom? On Robert Alexy’s Latest Attempt to Save His Concept of Principle, in «Ratio Juris», 2020, pp. 134 ss.
[22] Si veda, ad esempio, M. Goldmann, Dogmatik als rationale Rekonstruktion: Versuch einer Metatheorie am Beispiel völkerrechtlicher Prinzipien, in «Der Staat», 2014, pp. 373 ss., che fonda una tassonomia dei principi nel diritto internazionale in general principles of law (come riconosciuti all’art. 38[1][c] dello Statuto della Corte internazionale di giustizia), doctrinal general principles, guiding principles, emerging principles e structural principles. Cfr. Rauber, Strukturwandel als Prinzipienwandel, cit., pp. 207-208, che sostiene l’applicabilità della rigida distinzione di Alexy tra regole e principi a fronte di una serie di obiezioni, pur facendo affidamento sulla inversion thesis (reputando che i principi fungono da ragioni per le regole) e spiegando infine regole e principi alla luce del bilanciamento.
[23] Cfr. Sieckmann, The Logic of Autonomy: Law, Morality and Autonomous Reasoning, cit., p. 11 (n. 39): «the distinction between rules and principles on which it [il bilanciamento] is based seems to be artificial with regard to the diverse uses and connotations of these terms, and without any clear relation to the characteristics of normative arguments that figure as reasons in balancing. (…) The following analysis will distinguish between normative arguments, judgements and statements, leaving aside the discussion of rules and principles». Si veda, inoltre, la comparazione con la teoria dei principi di Alexy proposta in J.-R. Sieckmann, Zur Prinzipientheorie Robert Alexys: Gemeinsamkeiten und Differenzen, in M. Klatt (a cura di), Prinzipientheorie und Theorie der Abwägung, Tübingen, Mohr Siebeck, pp. 271 ss. Si potrebbe anche adottare una tipologia normativa più raffinata, come, ad esempio, quella proposta da M. Atienza e J. Ruíz Manero, A Theory of Legal Sentences, The Netherlands, Springer, 1998, e dare comunque conto della rilevanza del bilanciamento.
[24] Questa tipologia tripartita è un adattamento di M. Atienza, A vueltas con la ponderación, in «Anales de La Cátedra Francisco Suárez», 2010, p. 43 ss.: 54.
[25] Un’istanza di bilanciamento implicito costituisce un punto critico per stabilire i limiti dei diritti fondamentali (le teorie internal e external sui limiti dei diritti fondamentali, secondo la terminologia della dogmatica giuridica tedesca). Si veda il dibattito relativo in O. Scarcello, Preserving the «Essence» of Fundamental Rights under Article 52(1) of the Charter: A Sisyphean Task?, in «European Constitutional Law Review», 2020, pp. 1 ss.: 14, sulla natura spesso nascosta del bilanciamento.
[26] Cfr. Hage, Logical Tools for Legal Pluralism, cit.
[27] Sulla defettibilità, si legga in particolare il panorama tracciato da C. Bäcker, Rules, Principles, and Defeasibility, in M. Borowski (a cura di), On the Nature of Legal Principles, Stuttgart, Franz Steiner-Nomos, 2010, pp. 79 ss. Sul rapporto fra defettibilità e lacune assiologiche, si veda R. Guastini, Defettibilità, lacune assiologiche, e interpretazione, in «Revus. Journal for Constitutional Theory and Philosophy of Law/Revija Za Ustavno Teorijo in Filozofijo Prava», 2010, pp. 57 ss. Sulla distinzione fra discorsi giustificativi e discorsi applicativi si veda K. Günther, Critical Remarks on Robert Alexy’s «Special-Case Thesis», in «Ratio Juris», 1993, pp. 143 ss.; cfr. T. da R. de Bustamante, Sobre a justificação e a aplicação de normas jurídicas: análise das críticas de Klaus Günther e Jürgen Habermas à teoria dos princípios de Robert Alexy, in «Revista de Informação Legislativa», 2006, pp. 81 ss., spec. 89, con particolare attenzione al fatto che discorsi applicativi e bilanciamento sembrano intercambiabili.
[28] I due contesti dell’interlegalità (multilivello e orizzontale) non devono essere confusi con la triplice classificazione della proporzionalità fra versione vertical, diagonal e horizontal, come esposte da Peters, Proportionality as a global constitutional principle, cit.
[29] Su questa saga giurisdizionale, molto nota e oggetto di una discussione scientifica ampia e articolata, si veda, per tutti, M. Avbelj e D. Roth-Isigkeit, The UN, the EU, and the Kadi Case: A New Appeal for Genuine Institutional Cooperation, in «German Law Journal», 2016, pp. 153 ss., dove si possono rivenire ulteriori riferimenti bibliografici.
[30] Cfr., ad esempio, D. Pulkowski, The Law and Politics of International Regime Conflict, Oxford, Oxford University Press, 2014, pp. 329 ss.
[31] Cfr. Fahner, Intensity of review in international courts and tribunals: A comparative analysis of deference, cit., pp. 197-198, che evidenzia come questi diversi standard di sindacato siano spesso oscuri, circostanza che rende difficile definirli con precisione.
[32] In questo senso, Cottier, Echandi, Liechti-McKee, Payosova e Sieber, The Principle of Proportionality in International Law: Foundations and Variations, cit., p. 634.
[33] Cfr. J. Rivers, Proportionality and discretion in international and European law, in N. Tsagourias (a cura di), Transnational Constitutionalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2007, pp. 107 ss., spec. 114 ss., che identifica questi tre tipi di discrezionalità come policy-choice, cultural ed evidential. L’interpretazione implica sempre una qualche forma di discrezionalità, specie se si postula che l’attività esegetica ed ermeneutica fornisca significato a un testo e implichi, dunque, una scelta fra le possibili norme che possono originare da una disposizione. Discutibilmente, il problema in esame va oltre l’interpretazione e si addentra nella creazione di nuovo diritto. Si veda la chiara distinzione fra interpretation strictly so called e legal construction (compresa la specification of principles) in R. Guastini, A Realistic View on Law and Legal Cognition, in «Revus», 2015, pp. 45 ss., §§ 1.1. e 1.2. In un senso differente, questi loci di discrezionalità prescindono dal riguardare competenze condivise tra ordinamenti giuridici (differentemente dal tipo di interlegal balancing che è correlato allo scrutinio di decisioni ultra vires, come menzionato infra, in questa sezione, sub «c»).
[34] Si legga, peraltro, L. Clérico, El argumento de la falta de consenso regional en derechos humanos. Divergencia entre el TEDH y la Corte IDH, in «Revista Derecho Del Estado», 2020, pp. 57 ss., per una rassegna su come la dottrina del margin of appreciation sia stata sconfessata nel sistema interamericano di protezione dei diritti umani.