Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c3
Detto altrimenti, il fatto ridotto all’osso emerge soltanto se depurato da ogni nota di qualificazione; il caso nasce
{p. 80}quando il fatto è inteso come centro di attrazione di ogni qualificazione possibile, salvo poi decidere quale sia la qualificazione pertinente. In realtà il caso nasce nel momento in cui sono considerate le qualificazioni possibili. Se si tratta di un caso giurisprudenziale, quelle qualificazioni sono prese in considerazione per soppesarle e/o bilanciarle in un’attività di decisione che può portare a vari risultati (la decisione sul caso).
Tecnicamente i contesti del bilanciamento possono avere proprie denominazioni: nel diritto penale, ad esempio, concorso apparente di norme o concorso di reati; ed altrettante possono averne gli strumenti della scelta o del bilanciamento (per es., principio di specialità; prise en compte; rinvio), i quali d’altra parte possono portare ad esiti multicolore: un titolo di reato piuttosto che un altro titolo di reato, o addirittura l’irrilevanza penale [34]
.
Le qualificazioni, per un verso, sono oggetto non di un’attività di sussunzione ma, per così dire, di scelta o, a seconda dei casi, di bilanciamento, la quale è inevitabilmente e legittimamente svolta dal giudice. In altri termini, anche se in un primo momento opera la sussunzione del fatto concreto sotto un parametro di qualificazione rilevante, essa è a sua volta oggetto di bilanciamento, ed è questa la sede propria dell’«argomentazione».
Per altro verso, tuttavia, come attività di scelta fra più qualificazioni possibili, l’attività del giudice non «dice» la regola che si applica al caso mediante un procedimento di sussunzione, ma articola un confronto fra più procedimenti di sussunzione attratti dal fatto in concreto. Ciò equivale ad osservare che la regola si definisce come risultato del rapporto tra qualificazioni e fatto in concreto: quel rapporto il quale definisce il caso. In questo senso si può dire che è il caso che attrae la regola di decisione.{p. 81}
In questa prospettiva si comprende l’affermazione secondo la quale il significato del diritto non è determinato soltanto dalle regole astratte ma si sviluppa su base casistica [35]
. Con riguardo all’esperienza degli organi di giustizia penale internazionale, ad esempio, è stato osservato che questi hanno sistematicamente stilato liste di indicatori fattuali che specificano i fatti che possono essere usati per determinare se un dato criterio giudiziario si applichi in un caso particolare (individual case). Del resto le Corti hanno sempre mantenuto una sfera di discrezionalità per «adeguare» il diritto alle specifiche caratteristiche di casi individuali. Per questo, si ribadisce che devono essere adeguatamente valutati i fatti; devono essere esaminati alla luce del «prototipo» sul quale la regola è immaginata; deve essere chiarito lo «holistic functioning of facts»: un funzionamento che potrebbe essere spiegato nel senso che è necessario tener conto dell’interazione costante tra fatti, incluse le circostanze concomitanti ed il loro valore aggiunto; insomma, i fatti sono necessariamente selezionati ed interpretati alla luce del contesto [36]
. Le differenze nella considerazione giuridica di fatti simili non sono necessariamente sinonimo di incoerenza nel ragionamento, ma potrebbero essere spiegate in ragione delle diverse circostanze di contesto.
* * *
Quanto finora osservato può essere ricapitolato come segue.
Il fatto concreto, che dev’essere scomposto nelle sue «forme semplici», è oggetto di plurime qualificazioni normative astratte, idonee – ciascuna autonomamente – a sussumere il fatto. Il caso si genera nel momento dell’incontro tra fatti {p. 82}e qualificazioni astratte le quali prospettano la sussunzione del fatto sotto il relativo, autonomo principio regolativo; ma restano pur sempre concorrenti. Sta al decisore stabilire quale sia la «regola del caso».
F
Fq1, Fq2, Fqn = K
DFq1, q2, qn = DK
F = fatto concreto
Fqn = fatto oggetto delle qualificazioni normative astratte (sussunzione)
K = caso
DK = decisione sul caso
Ma non è il meccanismo di sussunzione che decide né quali siano le qualificazioni concorrenti, né quale sia la norma prevalente. Il sillogismo presuppone un altro momento decisionale, che non è di natura puramente logica. Questo momento decisionale è orientato dalle caratteristiche del caso, che è dirimente e selettivo rispetto alle qualificazioni da utilizzare.
È il rapporto tra fatto e norme, che forma e si esprime nel «caso», che pone al giudice la domanda alla quale questi deve rispondere. Scriveva André Jolles, grande linguista della prima metà del Novecento, a proposito del concetto di «caso» (Kasus), ch’esso esprime un dovere di decidere, ma non contiene la risposta. Ciò che è caratteristico della «forma caso» è che pone la domanda, ma non fornisce la risposta: ciò che in esso si realizza è il fatto del bilanciare, ma non il risultato del bilanciamento [37]
.{p. 83}

3.4. Distinguere i casi

Un secondo aspetto evocato dal richiamo ai fatti del caso – talvolta si dice, con la mente al momento specificamente giudiziale: ai fatti «di causa» – è quello della distinzione fra i casi: si deve precisare, da un lato, la disponibilità a dare la massima attenzione al fatto storico (fatto bruto o fatto istituzionale che sia, nei termini di John Searle) [38]
e a distinguere rigorosamente fra proposizioni descrittive e valutative. Inoltre, il meccanismo della vincolatività (o tendenziale vincolatività) del caso paradigmatico presuppone di riconoscere allo stesso tempo e negli stessi termini la forza della singolarità dissonante, sulla cui base poter «distinguere» sempre (il cd. distinguishing). In altri termini, è assolutamente centrale, accanto e forse più ancora che attribuire forza vincolante (stare decisis) o anche solo persuasiva ad una decisione per classi di ipotesi (che infatti nell’ordinamento di common law è semplicemente il dato di partenza) [39]
, stabilire se il caso debba o meno essere diversificato dai precedenti [40]
; ancora con le parole di Antonin Scalia:{p. 84}
There is another skill (…) that is essential to the making of a good judge. It is the technique of what is called «distinguishing» cases (…). Within such a precedent-bound common-law system, it is critical for a lawyer, or the judge, to establish whether the case at hand falls within a principle that has already been decided. Hence the technique – or the art, or the game – of «distinguishing» earlier cases. It is an art or a game, rather than a science, because what constitutes the «holding» of an earlier case is not well defined and can be adjusted to suit the occasion.

4. «Forme elementari», ovvero come descrivere un caso

4.1. «Einfache Formen», ovvero riduzione a forme semplici

Sottolineare l’importanza del fatto a partire dal quale è costruito il «caso» significa porre l’accento sull’importanza di ricostruire con attenzione certosina la vicenda storica.
Potrà sembrare banale, ma l’operazione che deve essere effettuata in modo primario, con atteggiamento umile e paziente, è proprio quella di ricostruire gli avvenimenti storici, i fatti della vita in senso naturalistico che dovranno poi essere sottoposti alla lente, essere selezionati nello specifico racconto giuridico. Perché ciò sia possibile, occorre partire già da quelle che potremmo chiamare, con Jolles, le forme semplici, unità non ulteriormente divisibili che compongono il fatto o meglio i fatti. È un’operazione materiale, che costituisce tuttavia già un’attività dello spirito con la quale la realtà è presentata come giudicabile, valutabile-secondo-norme. Una volta che si riconduca il fatto alla norma, si produce un caso: nel caso non sono soltanto misurate azioni alla stregua di norme, bensì anche norme rispetto ad altre norme [41]
.
Come si è detto, è decisivo innanzi tutto scomporre nel modo più accurato possibile in forme semplici il fatto
{p. 85}concreto. Non sarebbe corretto attestarsi a livelli di astrazione generalizzante, che instaurino somiglianze tipologiche del «caso» con altri «casi»; è invece necessario scomporre le vicende di fatto destinate a diventare un «caso», fino al grado minimo di concretezza, per così dire.
Note
[34] Si pensi alla lunga discussione sul cosiddetto peculato telefonico, cioè il fatto materiale di chi usi indebitamente il telefono dell’ufficio per effettuare telefonate private: peculato comune; peculato d’uso; abuso di ufficio; mero illecito disciplinare – tutte qualificazioni astrattamente possibili, fra le quali è necessario scegliere.
[35] Cfr. Cupido, Facing Facts, cit., p. 2.
[36] T. Salmi-Tolonen, On the Balance between Invariance and Context-Dependence, in D. Kurzon, e B. Kryk-Kastovsky (a cura di), Legal Pragmatics, Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins Publishing, 2018, definisce il contesto come «a matrix that surrounds the event being examined and provides resources for its appropriate interpretation» (ibidem, p. 237). Può trattarsi di un contesto fisico, oppure linguistico, o normativo socio-culturale.
[37] Cfr. A. Jolles, Einfache Formen: Legende, Sage, Mythe, Rätsel, Sprüche, Kasus, Memorabile, Märchen, Witz, Halle, Niemeyer, 1930: sul «caso» (Kasus) cfr. specificamente pp. 171 ss.; la citazione nel testo è a p. 198.
[38] J. Searle, How to derive «ought» from «is», in «The Philosophical Review», 1964, pp. 43-58 (dove si trova la distinzione dei fatti in «brute» o «non institutional» e «institutional»: spec. p. 55). Cfr. un approccio critico in B. Celano, Fatti istituzionali, consuetudini, convenzioni, Roma, Aracne, 2010, spec. la parte I (ove necessari riferimenti anche alla più recente elaborazione di Searle). Cfr. comunque anche la filosofia di M. Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Roma-Bari, Laterza, 2012 (ad es. p. 74 per il riferimento al rapporto fra epistemologia ed ontologia rispetto ai fatti sociali) e soprattutto la cornice disegnata ampiamente in Id., Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari, Laterza, 2009 (per una serrata critica di Searle spec. capitolo 2).
[39] Inoltre, per una puntualizzazione sul carattere contingente, non decisivo da un punto di vista «sistemologico», della regola (da taluno definita «leggenda») dello stare decisis cfr. Mattei, Common Law, cit., pp. 214 ss e spec. 247-249.
[40] Può essere interessante notare come proprio l’esigenza di distinguere ha attratto l’attenzione di quel filone di studi volto a valorizzare modelli formalizzati di argomentazione giuridica, con particolare riguardo a problemi di decisioni da prendere alla luce di valori rilevanti nella situazione concreta, anche con lo scopo di un’eventuale applicazione computazionale: «our goal is to computationally model the kind of legal reasoning wherein judges address values in the context of specific factual scenarios» (Grabmair e Ashley, Facilitating Case Comparison, cit., p. 161, corsivo aggiunto). Il tema non sarà tuttavia approfondito in questa sede.
[41] Con le parole di Jolles, Einfache Formen, cit., p. 179: «nel caso, considerato come attività dello spirito in cui il mondo è rappresentato come giudicabile e valutabile alla stregua di norme, non vengono soltanto misurate condotte rispetto a norme, ma vieppiù valutate norme verso norme» («Norm gegen Norm»).