Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c12
Un discorso non diverso si può fare per la fase discendente del ciclo regolatorio. Anche il processo di attuazione delle politiche pubbliche, infatti, può dirsi interlegale. Sebbene tale processo si realizzi all’interno di un ordinamento giuridico e sia disciplinato dalle norme di quell’ordinamento, sono potenzialmente rilevanti per il suo svolgimento anche norme e pratiche amministrative di altri ordinamenti, statali o ultrastatali. Le amministrazioni domestiche, in altri termini, si trovano comunemente a gestire una varietà di norme, procedurali e sostanziali, prodotte da ordinamenti differenti: è quanto avviene, ad esempio, nel caso delle autorità indipendenti italiane, chiamate a dare esecuzione, nei loro rispettivi ambiti di azione (dai trasporti all’energia elettrica e al gas naturale, dalla concorrenza alle comunicazioni) non solo a discipline settoriali statali, ma anche a principi e regole dell’ordinamento dell’Unione europea e di vari regimi globali: ad esempio, nel nostro ordinamento, il controllo sui mercati finanziari è svolto da tre autorità (la Banca d’Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa-CONSOB e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni-IVASS) che danno attuazione a tre discipline nazionali tra loro complementari, a una normativa dell’Unione europea sempre più articolata e alle misure prodotte da sistemi globali quali l’International Organization of Securities Commissions (IOSCO) e l’International Association of Insurance Supervisors (IAIS). Le amministrazioni domestiche, inoltre, sono continuamente esposte alle pratiche amministrative di altri ordinamenti, che non possono ignorare se vogliono dare piena attuazione alle normative interne. Ciò è indirettamente confermato dalla moltiplicazione dei nessi procedurali e organizzativi tra
{p. 338}amministrazioni di ordinamenti diversi, funzionali a mettere in relazione tra loro pratiche amministrative diverse. Ad esempio, la CONSOB e lo statunitense Public Company Accounting Oversight Board hanno concluso un accordo di cooperazione amministrativa che prevede, tra le altre cose, la possibilità di svolgere ispezioni congiunte su violazioni del diritto italiano da parte di società statunitensi e del diritto statunitense da parte di società italiane: in questo modo, entrambe le autorità si impegnano non solo a una reciproca assistenza, ma anche ad operare, ciascuna nell’ambito della propria giurisdizione, attraverso meccanismi che istituzionalizzano il confronto delle rispettive pratiche amministrative e la individuazione di strumenti e metodi comuni [5]
.
Se situazioni di interlegalità emergono frequentemente anche nel processo di attuazione delle politiche pubbliche, inoltre, si pone il problema di ricostruire come l’interlegalità possa operare in questo processo quale criterio prescrittivo. Le amministrazioni gestiscono le situazioni di interlegalità in una varietà di modi diversi ma complessivamente orientati al rispetto di due ordini di criteri: quelli relativi ai rapporti tra fonti domestiche e fonti esterne, definiti dalle dottrine vigenti nell’ordinamento; e i criteri riconducibili al principio di legalità, qui inteso nel senso, relativamente specifico ma condiviso da tutti gli ordinamenti giuridici, di un necessario fondamento giuridico dell’azione delle amministrazioni pubbliche, le quali debbono poter giustificare la propria attività su una base giuridica formale [6]
. {p. 339}Resta da verificare, però, la compatibilità di questo tipo di criteri essenzialmente formali con l’esigenza di una piena e reale considerazione della pluralità giuridica, che eviti prospettive e soluzioni unilaterali, coerentemente con le raccomandazioni dell’interlegalità.
L’interlegalità, insomma, si presenta come rilevante nel corso dell’intero processo di regolazione, qui inteso, come si è detto, nel senso ampio di elaborazione e attuazione delle politiche pubbliche. Esaminare le modalità nelle quali si presenta e potrebbe operare nel processo regolatorio, allora, può essere utile sia per cogliere la varietà delle sue manifestazioni, che vanno oltre quelle del caso nel giudizio, sia per ricostruire le implicazioni che l’interlegalità produce o potrebbe produrre sul funzionamento delle istituzioni politiche e amministrative.
Nelle pagine che seguono, si prenderà in considerazione, in particolare, la fase amministrativa del processo regolatorio. L’attenzione sarà posta, cioè, sul processo di attuazione delle politiche pubbliche, con l’obiettivo di raccogliere elementi utili a rispondere a tre gruppi di domande. Anzitutto, come le istituzioni politico-amministrative dei vari ordinamenti mettono in relazione i processi di attuazione delle proprie politiche con quelli degli altri? Attraverso quali tecniche, cioè, tengono conto dei meccanismi di policy-delivery operanti in ordinamenti diversi (§ 2)? In secondo luogo, in quali modi l’interlegalità si presenta come «situazione» di fronte alle pubbliche amministrazioni? Quali sono, cioè, le ipotesi nelle quali più norme poste da fonti giuridiche prodotte da diversi ordinamenti diventano simultaneamente rilevanti di fronte a un’amministrazione coinvolta nel processo di attuazione di una disciplina e di una politica pubblica (§ 3)? Infine, quali sono le tecniche utilizzate dalle amministrazioni per maneggiare il diritto composito potenzialmente rilevante per l’adozione delle decisioni amministrative? L’applicazione dei criteri formali, in particolare di quelli relativi ai rapporti tra fonti di più ordinamenti e alla legalità, è sufficiente? {p. 340}L’interlegalità come criterio prescrittivo rappresenta un’utile integrazione (§ 4)?

2. Tre modi di riconoscimento dei processi di attuazione degli «altri»

Consideriamo, anzitutto, come le istituzioni politico-amministrative dei vari ordinamenti mettono in relazione tra loro i processi di attuazione delle proprie politiche. È utile prendere le mosse da questo tipo di analisi perché il rapporto che ciascun ordinamento stabilisce tra le sue tecniche di policy-delivery e quelle degli altri non è irrilevante rispetto alle situazioni di interlegalità che le amministrazioni pubbliche sono chiamate a gestire, ma anzi le condiziona e influenza. Le situazioni di interlegalità amministrativa, in altri termini, non si presentano sempre nella stessa maniera, ma variano in base al tipo di relazione che ogni ordinamento fissa tra i meccanismi di attuazione di una propria politica e quelli operanti in altri ordinamenti per l’esecuzione di politiche equivalenti o collegate.
Se la realtà giuridica è inevitabilmente ricchissima, articolata e diversificata, le varie ipotesi possono essere ricondotte, almeno in prima approssimazione, a tre gruppi principali, corrispondenti ad altrettanti «modi di riconoscimento» [7]
: i) un primo, che potremmo definire di «responsabilità congiunta», orientato a condividere con altri ordinamenti la responsabilità dell’attuazione di una politica; ii) un secondo incentrato sul «coordinamento delle diverse responsabilità» nella fase esecutiva, piuttosto che sulla loro condivisione; iii) un terzo e ultimo modo volto a gestire un «conflitto tra responsabilità», attraverso la protezione dei processi di esecuzione delle proprie politiche regolatorie. Questa tassonomia, naturalmente, rappresenta solo una semplificazione {p. 341}della enorme varietà di modi di definizione dei rapporti tra meccanismi di esecuzione delle normative e delle politiche. L’intento, del resto, non è quello di proporre una tipologia di queste situazioni, per la quale si può rinviare alla ricca analisi prodotta dagli studi di diritto amministrativo globale [8]
, ma piuttosto, come si è detto, quello di ordinare le varie ipotesi in base al tipo di riconoscimento tra ordinamenti che promuovono e realizzano.
Gli esempi del primo tipo di situazione, che si sono definite di «responsabilità congiunta», sono numerosi. È molto frequente, infatti, che gli ordinamenti mettano a punto meccanismi di esecuzione congiunta in settori nei quali le loro istituzioni elaborano politiche convergenti, determinando una situazione nella quale la responsabilità del processo esecutivo è condivisa tra le varie amministrazioni.
Questo avviene, ad esempio, quando gli ordinamenti danno vita a un regime-complex, cioè a un regime ultrastatale che, pur non presentandosi necessariamente come un sistema unitario sul piano organizzativo, ma potendo anzi avere una struttura marcatamente policentrica, risulta dalla stretta interconnessione funzionale tra i vari soggetti che vi partecipano, che si concretizza in principi, regole e procedure comuni in specifici settori di azione [9]
. Si pensi al settore della sicurezza militare, nel quale opera un regime complex composto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, dalla NATO, dall’Unione europea e dai loro Stati membri e che è volto sia a condividere le scelte politiche tra questi soggetti, sia a coordinarne l’azione amministrativa, attraverso {p. 342}un’articolata serie di raccordi organizzativi e procedurali [10]
. Si pensi, ancora, ai numerosi regimi attivi, nella governance globale, nel settore del cambiamento climatico, a fianco dei più tradizionali regimi di cooperazione intergovernativa [11]
. Forme di responsabilità congiunta, peraltro, possono realizzarsi anche in assenza di veri e propri regimi: nell’ambito della regolazione sociale, ad esempio, opera dal 1995 l’Inter-Organization Programme for the Sound Management of Chemicals (IOMC), istituito originariamente come strumento di coordinamento tra varie organizzazioni e agenzie internazionali competenti in materia di sicurezza dei prodotti chimici e divenuto, nel corso degli anni, «a platform for joint action and implementation of work at country, regional and international levels» [12]
; ciò avviene, tra l’altro, quando l’Inter-Organization Coordinating Committee pianifica e monitora le attività svolte congiuntamente o individualmente dalle organizzazioni che partecipano allo IOMC.
In queste e in altre ipotesi analoghe, l’interconnessione amministrativa è preceduta e completata da quella politica. I collegamenti tra gli ordinamenti coinvolti, infatti, si realizzano prima di tutto sul piano politico, perché le loro istituzioni convergono su un obiettivo condiviso che rientra nelle rispettive sfere di competenza: ciò può avvenire attraverso meccanismi e processi diversi, che spaziano dai casi nei quali più ordinamenti sviluppano in parallelo politiche tra
{p. 343}loro complementari e compatibili a quelli nei quali vengono istituiti organismi comuni responsabili del coordinamento tra le politiche dei vari ordinamenti coinvolti. All’interconnessione politica, poi, segue quella amministrativa, perché l’attuazione delle decisioni politiche si realizza attraverso meccanismi organizzativi e procedurali che mirano a favore l’azione congiunta delle amministrazioni dei diversi ordinamenti: servono questo obiettivo, ad esempio, gli organismi composti da rappresentanti al livello amministrativo di tutti i soggetti partecipanti, così come i procedimenti che si svolgono di fronte ad amministrazioni dei vari ordinamenti e sono regolati da principi e regole poste da fonti di questa pluralità di ordinamenti.
Note
[5] Questa cooperazione è stata formalizzata nello Statement of Protocol Between the Public Company Accounting Oversight Board of the United States and the Commissione nazionale per le società e la borsa, siglato nel 2016 e disponibile alla pagina https://pcaob-assets.azureedge.net/pcaob-dev/docs/default-source/international/documents/cooperative-agreement-italy.pdf?sfvrsn=7d2d191f_0. Accordi dello stesso tipo sono stati conclusi tra il PCAOB e le autorità di controllo sulle società e la borsa di altri Stati europei, tra cui, ad esempio, Finlandia e Austria.
[6] È solo in questo senso, come osservato da Paul Craig in uno studio recente sulle varie dimensioni della legalità, che «legality may be conceived as foundational»: cfr. P. Craig, Legality, Six Views of the Cathedral, in P. Cane, H.C.H. Hofmann, E.C. Ip e P.L. Lindseth (a cura di), The Oxford Handbook of Comparative Administrative Law, Oxford, Oxford University Press, 2020, pp. 881 ss., spec. 881 e 884.
[7] Si riprende qui la tassonomia presentata in E. Chiti, Shaping Interlegality. The Role of Administrative Law Techniques and Their Implications, in Klabbers e Palombella (a cura di), The Challenge of Inter-legality, cit., pp. 271 ss.
[8] Si vedano, ad esempio, l’analisi proposta da P. Craig, Global networks and shared administration, in Cassese (a cura di), Research Handbook on Global Administrative Law, cit., p. 153, e la recente messa a punto complessiva di S. Cassese, Advanced Introduction to Global Administrative Law, Cheltenham, Elgar, 2021.
[9] La nozione di regime-complex, peraltro, è tutt’altro che univoca; tra gli scritti che pongono l’accento sull’integrazione procedurale e giuridica, in linea con quanto osservato nel testo, si vedano, ad esempio, R.B. Stewart, M. Oppenheimer e B. Rudyk, Reaching International Cooperation on Climate Change Mitigation: Building a More Effective Global Climate Regime Through a Bottom-Up Approach, in «Theoretical Inquiries in Law», 2013, pp. 273 ss.
[10] Per una ricostruzione di questi raccordi organizzativi e procedurali, si veda E. Chiti, L’amministrazione militare, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 88 ss.
[11] Sul rapporto tra transnational complex e regimi intergovernativi nel settore del cambiamento climatico, si vedano, in particolare, R.O. Keohane e D. Victor, The Regime Complex for Climate Change, Perspectives on Politics, Cambridge University Press, 2011, pp. 7 ss., e K.W. Abbott, Strengthening the Transnational Regime Complex for Climate Change, in «Transnational Environmental Law», 2013, disponibile alla pagina https://www.cambridge.org/core/journals/transnational-environmental-law/article/abs/strengthening-the-transnational-regime-complex-for-climate-change/FCA2DAD6775C8E21D6E5093321630F2C.
[12] IOMC Reflects on its First 20 Years and Highlights 20 Achievements, disponibile alla pagina http://sdg.iisd.org/commentary/guest-articles/iomc-reflects-on-its-first-20-years-and-highlights-20-achievements/.