Christoph Cornelissen, Gabriele D'Ottavio (a cura di)
La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità
DOI: 10.1401/9788815370228/p1
La storia politica ha comunque continuato a esercitare un ruolo prevalente nella produzione storiografica su Weimar, anche grazie a un ampliamento dell’orizzonte tematico che negli ultimi due decenni ha portato a rivedere in maniera più sistematica tutte le sfaccettature delle culture politiche. In questo contesto, gli studi di Thomas Mergel sul parlamentarismo weimariano [12]
e quelli di Dominik Graf e Moritz Föllmer sul
{p. 12}discorso della crisi condotto negli anni Venti e Trenta [13]
, così come le ricerche sulla militarizzazione della società [14]
e sulla memoria della Prima guerra mondiale [15]
hanno portato a una sostanziale ridefinizione del perimetro storiografico. Anche i rivolgimenti del biennio 1918-1919 della cosiddetta «rivoluzione dimenticata» hanno ricevuto più attenzione rispetto al passato [16]
. Nel frattempo alle prospettive di storia sociale e di storia culturale si è aggiunta e in parte sovrapposta anche una maggiore considerazione per la dimensione transnazionale della storia di Weimar e in particolare per l’ambito del diritto internazionale e per la transizione post-imperiale della Germania del dopoguerra [17]
. Inoltre, negli studi giuridici e politologici si può osservare già da diversi anni un rinnovato interesse per la fase costituente e per la cultura costituzionale dell’epoca weimariana. Specialmente i lavori di Christoph Gusy, Horst Dreier e Christian Waldhoff hanno sottolineato la modernità della Costituzione di Weimar [18]
. Il giudizio di Waldhoff, in {p. 13}particolare, è inequivocabile: «la Repubblica di Weimar è fallita a causa della difficile situazione generale e dell’azione concomitante di numerosi fattori, ma certo non a causa della sua Costituzione, che ha continuato a risplendere fino ad oggi: una Costituzione notevolmente moderna e innovativa» [19]
.
La formulazione di tesi categoriche di questo tipo ha certamente contribuito in maniera determinante a rilanciare la ricerca storica su Weimar. D’altra parte, non vi è dubbio che la riscoperta dell’interesse per i temi weimariani sia stata almeno in parte ispirata anche da alcune dinamiche politiche recenti. Fenomeni che si sono verificati su scala internazionale, come l’affermazione del populismo di destra e la perdita di attrattiva della democrazia rappresentativa e dei suoi valori liberali di riferimento, la crisi dei partiti tradizionali e la correlata ascesa di movimenti sociali portatori di nuove istanze, sono tutti segnali della nuova crisi della democrazia che caratterizza gli anni Venti del XXI secolo [20]
. Nemmeno il superamento del «complesso di Weimar» ha quindi impedito la riproposizione, anche negli ultimi anni, di una letteratura storica preoccupata soprattutto di sottoporre a verifica l’immagine stereotipata di Weimar quale metafora delle fragilità della democrazia ovvero delle aberrazioni della modernità [21]
.
Come ricordano anche alcuni autori dei saggi qui pubblicati, il valore paradigmatico dell’esperienza weimariana come monito generale sui rischi di tenuta della democrazia è indubbio e ancora oggi uno sguardo informato sugli anni 1919-1933 in Germania può contribuire a gettare luce su aspetti improvvisamente tornati d’attualità. Ad esempio, guardare alle trasformazioni della cultura politica tedesca negli anni Venti e {p. 14}Trenta può aiutare a comprendere meglio i meccanismi che portano al potere formazioni politiche cosiddette populiste, ostili all’establishment e capaci di speculare su pulsioni identitarie e nazionaliste regressive. L’analisi di una congiuntura storica come quella segnata dalla Grande Depressione della fine degli anni Venti, ancorché irripetibile e non accostabile nei suoi esiti alla crisi finanziaria ed economica dell’inizio del XXI secolo, può essere considerata istruttiva per comprendere le improvvise contrazioni degli spazi della politica provocate da fattori esogeni. Ancora, lo studio del rapporto tra politica e carta stampata e dei linguaggi mediatici della Germania degli anni Venti aiuta a capire come la crisi di una democrazia può essere acuita in situazioni caratterizzate da una compresenza di assetti mediatici molto frammentati e diffusi sentimenti antidemocratici. Inoltre, per spiegare i comportamenti di voto che di recente hanno premiato formazioni di destra radicale può essere di una qualche utilità analizzare i flussi elettorali e le disposizioni culturali che all’inizio degli anni Trenta furono determinanti per l’affermazione del partito nazionalsocialista (NSDAP). La lezione di Weimar aiuta infine anche a comprendere il ruolo decisivo che un ordine internazionale delegittimato e privo di garanti credibili possa avere per le sorti di una democrazia [22]
.
Su questo sfondo si può certamente spiegare «l’urgenza intellettuale e editoriale di tornare … a discutere di e su Weimar» [23]
. {p. 15}Occorre però evitare che questa discussione di e su Weimar finisca per essere schiacciata sulle esigenze del presente. La recente commemorazione del centenario, ad esempio, è stata l’occasione per provare a correggere nel discorso pubblico e ufficiale l’immagine negativa della Repubblica di Weimar come trampolino di lancio del Terzo Reich, allo scopo di rinsaldare il ruolo della democrazia nella cultura del ricordo dei tedeschi [24]
. Questo tipo di operazioni possono essere facilmente foriere di distorsioni prospettiche. Non solo il rischio dell’anacronismo è sempre dietro l’angolo, ma anche quello di un’eccessiva linearità interpretativa corroborata da approcci, schemi di lettura e narrazioni teleologiche che non rendono giustizia alla complessità della realtà storica [25]
.

Obiettivi e sinossi del volume

Muovendo dalle considerazioni sopra ricordate, abbiamo ritenuto opportuno valorizzare una prospettiva storiografica capace di riempire di nuovi contenuti le tesi che Detlev J. Peukert aveva formulato già a metà degli anni Ottanta del secolo scorso. Il volume intende quindi offrire al lettore italiano uno spaccato della riflessione storiografica critica sulla Repubblica di Weimar e contribuire a problematizzare l’esperienza di Weimar come parte integrante della storia della democrazia e della modernità in Germania, illustrandone le molte sfaccettature. L’orizzonte {p. 16}problematico del «complesso di Weimar» è presente nella maggior parte dei saggi del volume, ma prevalentemente nella forma di filtro interpretativo attraverso cui far emergere la mancata o non perfetta corrispondenza tra le molte rielaborazioni successive che nel corso del tempo hanno alimentato una cultura del ricordo di segno negativo e l’affascinante complessità dell’esperimento weimariano. Le molte sfaccettature dell’esperienza weimariana indagate sono invece indicate da alcune coppie concettuali o parole chiave su cui le autrici e gli autori sono stati invitati a focalizzare i loro contributi: «Costituzione e rivoluzione», «società postbellica e cultura politica», «crisi economica e crisi sociale», «aspirazioni individuali e diritti collettivi», «dimensione globale e prospettiva europea», «eredità e attualità». Si tratta di diadi che rimandano sia ai concetti fondamentali dell’esperienza storica di Weimar, sia ai principali canoni interpretativi che permettono di decostruire i molteplici processi di risignificazione dell’immagine storica di Weimar. I saggi qui raccolti danno conto di un complessivo mutamento di prospettiva che ha portato la ricerca storica a prendere nettamente le distanze dalle narrazioni teleologiche e a riconsiderare le ragioni della crisi della prima repubblica tedesca: la cesura della guerra mondiale, le fratture sociali prodotte dal capitalismo, le trasformazioni delle culture politiche, le implicazioni della globalizzazione e i condizionamenti del contesto europeo e internazionale.
Andreas Wirsching tratteggia i principali sviluppi temporali dell’argomento politico «Weimar» dal 1919 ai giorni nostri, soffermandosi in particolare sugli slittamenti di senso della Costituzione weimariana nei processi di costruzione dell’identità nazionale democratica dei tedeschi. Identificata a partire dalla fine degli anni Cinquanta come una delle principali cause del fallimento della prima esperienza democratica in Germania, in tempi più recenti la Weimarer Verfassung sembra essere uscita definitivamente dal cono d’ombra. L’autore ripercorre quest’evoluzione interpretativa, illustrando la prospettiva di coloro che si trovarono a gestire il momento costituente nel 1919, per poi mettere in relazione questa esperienza con le successive rielaborazioni della storia di Weimar e le correlate
{p. 17}logiche di legittimazione del nuovo assetto politico democratico della Germania federale. Wirsching suggerisce quindi di correggere le due letture antitetiche della Costituzione come «difetto di nascita» ovvero come esempio precoce di grande modernità e innovazione, attraverso un’analisi che tenga maggiormente conto delle motivazioni di fondo che guidarono l’azione dei padri costituenti. Wirsching pertanto prende esplicitamente le distanze dai modelli esplicativi del fallimento della repubblica centrati sull’analisi delle cause esogene, ponendo invece l’accento su quello che egli definisce «il metodo della promessa» – una logica intrinseca alla fase costituente della prima democrazia tedesca e recante con sé sia un atteggiamento di chiara cesura rispetto al passato, sia una promessa di autodeterminazione collettiva e individuale che il concorso di vari fattori di natura interna e internazionale avrebbe finito per frustrare.
Note
[12] T. Mergel, Parlamentarische Kultur in der Weimarer Republik: Politische Kommunikation, symbolische Politik und Öffentlichkeit im Reichstag, Düsseldorf, Droste, 2002; D. Schumann et al. (edd), Weimar Publics/Weimar Subjects: Rethinking the Political Culture of Germany in the 1920s, New York, Berghahn, 2010.
[13] M. Föllmer - D. Graf (edd), Die Krise der Weimarer Republik: Zur Kritik eines Deutungsmusters, Frankfurt a.M., Campus, 2005.
[14] D. Schumann, Politische Gewalt in der Weimarer Republik 1918-1933: Kampf um die Straße und Furcht vor dem Bürgerkrieg, Essen, Klartext, 2001; B. Ziemann, Violence and the Soldier in the First World War. Killing, Dying, Surviving, London, Bloomsbury Academic, 2017.
[15] R. Bessel, Germany After the First World War, Oxford, Clarendon, 1995; C. Cornelissen - A. Weinrich (edd), Writing the Great War. The Historiography of World War I from 1918 to the Present, New York, Berghahn, 2021.
[16] A. Gallus (ed), Die vergessene Revolution von 1918/19, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2010.
[17] Si veda C. Cornelissen - D. van Laak (edd), Weimar und die Welt: Globale Verflechtungen der ersten deutschen Republik, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2020; A. Braune - M. Dreyer (edd), Weimar und die Neuordnung der Welt: Politik, Wirtschaft, Völkerrecht nach 1918, Stuttgart, Franz Steiner, 2020.
[18] C. Gusy, 100 Jahre Weimarer Verfassung. Eine gute Verfassung in schlechter Zeit, Tübingen, Mohr Siebeck, 2018; T. Kleinlein - C. Ohler (edd), Weimar international. Kontext und Rezeption der Verfassung von 1919, Tübingen, Mohr Siebeck, 2020.
[19] H. Dreier - C. Waldhoff (edd), Das Wagnis der Demokratie, p. 7; C. Gusy, 100 Jahre Weimarer Verfassung; M. Dreyer, Hugo Preuß. Biografie eines Demokraten, Stuttgart, Franz Steiner, 2018.
[20] Cfr. H. Hochmuth - M. Sabrow - T. Siebeneichner (edd), Weimars Wirkung: Das Nachleben der ersten deutschen Republik, Göttingen, Wallstein, 2020.
[21] J. Hacke, Existenzkrise der Demokratie. Zur politischen Theorie des Liberalismus in der Zwischenkriegszeit, Berlin, Suhrkamp, 2018.
[22] Per una riflessione sull’attualizzazione della storia di Weimar si veda anche A. Wirsching - B. Kohler - U. Wilhelm (edd), Weimarer Verhältnisse? Historische Lektionen für unsere Demokratie, Ditzingen, Reclam, 2018.
[23] A. Bolaffi, Prefazione, in A. Wirsching, Weimar, cent’anni dopo, Roma, Donzelli, 2019, pp. 3-16, qui pp. 4-5. La stessa casa editrice Donzelli nel 1998 aveva pubblicato la monumentale opera di Heinrich August Winkler (La Repubblica di Weimar 1918-1933: storia della prima democrazia tedesca), che si aggiungeva così alla traduzione dell’altro studio classico di Hagen Schulze (La Repubblica di Weimar. La Germania dal 1918 al 1933) pubblicato da Il Mulino nel 1993. A ridosso del centenario della nascita della Repubblica di Weimar, oltre a Donzelli anche altre case editrici italiane hanno deciso di dare alle stampe delle riedizioni o dei nuovi saggi sulla storia di Weimar. Cfr. per esempio, D. Weitz, La Germania di Weimar, Torino, Einaudi, 2019; D.J.K. Peukert, La Repubblica di Weimar e G. Corni, Weimar. La Germania dal 1918 al 1933, Roma, Carocci, 2020. Si veda anche il numero speciale curato da R. Gherardi, La Repubblica di Weimar come esperienza, come laboratorio e come paradigma, in «Il pensiero politico», 52, 2019, 2, e quello curato da C. Galli sul tema Ordoliberalismo, in «Filosofia politica», 33, 2019, 1.
[24] Cfr. il discorso del presidente federale Frank-Walter Steinmeier in occasione della cerimonia commemorativa del 9 novembre 1918 al Bundestag (Berlino), https://www.bundestag.de/resource/blob/577898/1fabb911443e38b78dc622d2b7d1aee6/Rede_BPraes_09November2018-data.pdf.
[25] Cfr. M. Jones, Am Anfang war Gewalt. Die deutsche Revolution 1918/1919 und der Beginn der Weimarer Republik, Berlin, Propyläen, 2017; W. Niess, Die Revolution von 1918/1919. Der wahre Beginn unserer Demokratie, Berlin, Europaverlag, 2017.