Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c3
In ordine di crescente autonomia, troviamo: introiezione, identificazione e integrazione [36]
. Nell’introiezione, l’autostima contingente regola la motivazione ad agire [37]
, quindi, un’azione può essere eseguita perché il suo risultato è rilevante per {p. 81}il proprio sentimento di autostima, ma il locus percepito di causalità è, come nella regolazione esterna, ancora esterno, dal momento che il comportamento non è vissuto come completamente autoindotto. Quindi, nell’identificazione, un individuo si è identificato, come suggerisce il nome, con l’importanza di un comportamento e, quindi, lo ha accettato come suo proprio fino a un certo grado, portando quindi ad un maggiore sentimento di autonomia. Infine, non meno importante, l’integrazione significa creare una coerenza tra sé stessi, i propri valori e i bisogni esistenti. Di conseguenza, più una persona interiorizza le cause di un comportamento, più i comportamenti precedentemente estrinsecamente motivati​​, diventano autodeterminati. Un comportamento intrinsecamente motivato viene eseguito esclusivamente per il godimento e la soddisfazione di sé stessi senza tener conto delle potenziali conseguenze che ne derivano [38]
. Quindi, la motivazione intrinseca è autodeterminata e il suo locus di causalità percepito è interno [39]
. Per fare un esempio in ambito scolastico, se da studente voglio impegnarmi in compiti per apprendere l’uso della punteggiatura, sicuramente se ricevo molte (troppe) indicazioni dall’esterno e feedback su come procede il mio apprendimento senza un processo di
{p. 82}identificazione e integrazione, allora le mie prospettive di miglioramento saranno completamente ancorate a ciò che fanno e dicono i miei insegnanti. Se invece vengo stimolato a sperimentare nuove soluzioni (o meglio, ancora non conosciute da me), che si rivelano di successo e mi gratificano, allora sarò portato a motivarmi in maniera autonoma, senza necessariamente avere un riconoscimento dall’esterno.
Tab. 3. Schema generale del modello motivazionale all’interno della «Self Determination Theory»
Dimensione generale
Descrizione
Regolazione esterna
La persona studia perché è obbligata a farlo, o per ricevere un premio o un riconoscimento (un «bel voto»)
Regolazione introiettata
La persona studia perché ha paura di deludere i propri genitori
Regolazione identificata
La persona studia perché pensa che sia importante per il proprio futuro
Motivazione intrinseca
La persona studia per il piacere di farlo
 
 

5. Capitale psicologico come risorsa psicosociale per potenziare gli effetti della personalità sulla motivazione per fronteggiare situazioni di emergenza

5.1. L’effetto «fionda» del capitale psicologico tra personalità e motivazione quotidiana degli studenti

Luthans e Youssef-Morgan [40]
hanno identificato all’interno del cosiddetto trait-state continuum la collocazione delle tre tipologie di competenze non cognitive descritte in questo capitolo. I tratti di personalità, in quanto tali, sono sicuramente più vicini alla stabilità, la motivazione è riconducibile alla tipica situazione di stato temporaneo, mentre il capitale psicologico trova una collocazione intermedia tra le due. Tale collocazione «intermedia» ci fa pensare al ruolo strategico, per gli studenti, che il capitale psicologico come competenza non cognitiva può avere nel modulare gli effetti delle caratteristiche di personalità da una parte, e nell’influenzare direttamente gli assetti motivazionali dall’altra.
Focalizzando l’attenzione sul capitale psicologico, una serie di ricerche, soprattutto in ambito organizzativo, hanno cercato di identificare gli antecedenti di tale competenza non cognitiva. Ad esempio, Avey [41]
ha identificato le caratteristiche individuali (come i tratti di personalità) tra i predittori principali del capitale psicologico, insieme alle caratteristiche {p. 83}del contesto in cui i soggetti operano (un’organizzazione di lavoro per gli adulti, oppure una classe per gli studenti) e alle caratteristiche del compito svolto (l’attività lavorativa per gli adulti, le attività di apprendimento per gli studenti). Tra le caratteristiche del contesto risulta decisamente importante il clima percepito dai soggetti [42]
, quindi il livello di supporto che può arrivare dai pari (ad es. i compagni di classe per gli studenti), oppure da ruoli diversi (ad es. i docenti, oppure i dirigenti scolastici). Il clima in classe e a scuola può dunque creare le condizioni necessarie, insieme ai tratti di personalità, per il suo sviluppo fungendo da risorsa che permette agli studenti, ad esempio, di riprendersi rapidamente di fronte a imprevisti o a battute d’arresto e dando loro maggiori probabilità di generare diversi percorsi per raggiungere gli obiettivi di apprendimento.
Nel corso degli anni il capitale psicologico è stato studiato in relazione a diversi esiti, per cercare di comprendere quali possano essere le sue ricadute sui soggetti. Si tratta anche in questo caso di studi di ambito organizzativo, che è necessario ancora, non essendoci una letteratura consistente sull’applicazione di questo costrutto in contesti educativi, adattare alla realtà degli studenti. I possibili esiti del capitale psicologico sono riconducibili a: atteggiamenti positivi, comportamenti positivi, benessere e migliori performance di apprendimento. Per quanto riguarda gli atteggiamenti positivi, si sono riscontrati frequentemente degli effetti positivi nei livelli di engagement (coinvolgimento) nelle attività svolte, ad esempio lavorative [43]
, che evidenziano l’assetto motivazionale positivo e autonomo del singolo soggetto in termini di vigore (forza e energia investite per un compito), dedizione (costanza e perseveranza per portare a termine il compito) e coinvolgimento mentale nel lavoro. Per un/a {p. 84}discente questo significa che la propria motivazione quotidiana allo studio e all’apprendimento non dipende solo, ad esempio, dai suoi livelli di coscienziosità o di apertura mentale, ma anche dalla modulazione che una o più delle quattro componenti del capitale psicologico (ottimismo, oppure autoefficacia percepita) possono dare ai tratti di personalità, per influenzare (e si spera potenziare) la motivazione da investire in attività scolastiche, per raggiungere alti livelli di performance (voti più alti, competenze più evolute, successo formativo, ecc.).
Si potrebbe parlare, dunque, di una sorta di «effetto fionda» [44]
del capitale psicologico tra personalità e motivazione che, nello sviluppo delle competenze non cognitive nell’età scolare dovrebbe essere preso in considerazione, non solo per comprendere meglio la dinamica di sviluppo di tali competenze, ma anche per organizzare al meglio le attività educative e di apprendimento.

5.2. Competenze non cognitive nella gestione delle emergenze sociali: il caso del Covid-19

L’attuale emergenza non solo sanitaria, ma anche sociale e educativa è legata alla diffusione del Covid-19 e agli impatti sul sistema scolastico nazionale. Con il lockdown iniziato a marzo 2020, le scuole hanno interrotto la propria attività in presenza per delegare completamente alla didattica a distanza il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento. Gli impatti di tale chiusura e rimodulazione didattica non sono ancora chiari, ma le ipotesi di impatto negativo sugli apprendimenti e sullo sviluppo delle competenze vengono avanzate da molti, soprattutto nel contesto statunitense, che è in grado di basarsi su una tradizione di studi sugli effetti di lockdown applicati in passato ad esempio per catastrofi naturali (terremoti, eventi climatici estremi come i cicloni, {p. 85}ecc.). Tali studi delineano uno scenario di learning loss che può arrivare ad annullare l’effetto che tradizionalmente ha un intero anno scolastico [45]
. In questo processo negativo di learning loss, non solo le competenze cognitive vengono coinvolte (lettura e comprensione di un testo, abilità matematiche ad esempio), ma anche quelle non cognitive e socioemotive [46]
. Il concetto di resilienza è tornato ad essere attuale, considerando gli individui (studenti, famiglie, docenti), ma anche i contesti nei quali gli individui agiscono.
Pensiamo alle situazioni peggiori: status socioeconomico basso, carriere scolastiche altalenanti, livello di competenze non cognitive basso. Come potranno questi studenti fronteggiare le sfide epocali di questi mesi di lockdown? Come potremo evitare a livello di sistema che questi studenti non si «perdano» in questi mesi, e non riescano più in futuro ad avere una aderenza e attiva partecipazione alle attività scolastiche? Come potremo evitare che una potenziale emersione di rischio di drop out non si realizzi, a livello iniziale, proprio in questi momenti? Ci sono almeno quattro punti principali, basati sulle evidenze in letteratura, che dovrebbero essere presi in considerazione per comprendere meglio le competenze non cognitive e il ruolo che possono avere nel successo formativo degli studenti [47]
.
1) Non si può pensare alle competenze non cognitive, in maniera isolata: ormai sappiamo che esistono dei cluster di competenze che si potenziano a vicenda, ad esempio la resilienza all’interno del capitale psicologico, il capitale psicologico all’interno delle competenze non cognitive con tratti di personalità e motivazione, se seguiamo il modello presentato in questo capitolo. Lo studente che riesce ad affrontare gli impatti negativi del lockdown e della didattica a distanza non ha solo una forte motivazione allo studio, {p. 86}ma ha anche, molto probabilmente, una base di personalità solida, frutto anche delle esperienze educative in classe, e un capitale psicologico che è stato stimolato anche e soprattutto da queste esperienze con i propri compagni e docenti. Quindi, anche e soprattutto in questi periodi di emergenza, la soluzione ideale, da un punto di vista educativo, è avere un approccio globale alle competenze non cognitive.
2) Le competenze non cognitive possono essere considerate contemporaneamente sia delle risorse individuali (e dunque «performative», che servono per raggiungere degli obiettivi, per i nostri studenti, a scuola e nelle attività di apprendimento), con evidenti correlati neuropsicologici, sia anche sociali e relazionali (la classe per lo studente, o il gruppo di pari al di fuori della scuola), e istituzionali (la scuola, le reti di scuole, tutti gli altri soggetti che possono contribuire al loro sviluppo nei singoli studenti, e che rendono, di fatto, resiliente un intero territorio). Le competenze non cognitive non si sviluppano dunque nel vuoto sociale, ma sono fortemente influenzate e ancorate ai contesti, soprattutto considerando i livelli di clima psicologico che tali contesti riescono ad esprimere. Durante il lockdown i contesti vengono messi a rischio, e necessitano di un ulteriore investimento in termini di «presenza sociale» da parte di docenti e studenti. È per questo che una dinamica come il clima di classe dovrebbe essere considerata anche e soprattutto nelle situazioni in cui la classe, nelle sue componenti fisiche e comportamentali, viene messa in discussione, come nell’attuale scenario di riapertura delle scuole dovuto al Covid-19.
3) Le competenze non cognitive, in quanto tali, sono educabili e potenziabili soprattutto durante l’esperienza scolastica dei ragazzi. Oggi noi sappiamo che rendendole esplicite all’interno del percorso di apprendimento degli studenti, le probabilità che tali dimensioni si sviluppino nella direzione auspicata da parte dello studente e del proprio docente aumentano in maniera esponenziale. Se non si definisce in maniera esplicita per gli studenti cosa sono le competenze non cognitive e a cosa servono nelle attività
{p. 87}in classe e nella vita quotidiana, gli studenti non sapranno mai di essere, ad esempio, coscienziosi, aperti mentalmente, gradevoli, resilienti, ottimisti, ecc., e soprattutto non esprimeranno pienamente il proprio potenziale resiliente nell’affrontare le situazioni di emergenza, come l’attuale emergenza Covid-19 nel sistema scolastico.
Note
[36] Ibidem; E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[37] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[38] M. Gagné e E.L. Deci, Self-Determination Theory and Work Motivation, cit., pp. 331-362.
[39] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[40] F. Luthans e C.M. Youssef-Morgan, Psychological Capital: An Evidence-Based Positive Approach, cit., pp. 339-366.
[41] J.B. Avey, The Left Side of Psychological Capital: New Evidence on the Antecedents of PsyCap, in «Journal of Leadership & Organizational Studies», 23, 2, 2014, pp. 141-149.
[42] F. Luthans, J.B. Avey e J.L. Patera, Experimental Analysis of a Web-Based Training Intervention to Develop Positive Psychological Capital, cit., pp. 209-221.
[43] G. Alessandri, C. Consiglio, F. Luthans e L. Borgogni, Testing a Dynamic Model of the Impact of Psychological Capital on Work Engagement and Job Performance, in «Career Development International», 23, 1, 2018, pp. 33-47.
[44] F. Pisanu, Apprendere la resilienza. Il contributo della scuola e della comunità educante nello sviluppo della resilienza dei giovani, in «Giovani e Comunità locali», 3, 1, 2020, pp. 44-56.
[45] S. Burgess e H.H. Sievertsen, Schools, Skills, and Learning: The Impact of COVID-19 on Education, Vox CEPR Policy Portal, 2020.
[46] C. Gewertz, Dos and Don’ts when Choosing Social-Emotional Learning Curricula, in «Education Week», published online, May 2020.
[47] F. Pisanu, Apprendere la resilienza. Il contributo della scuola e della comunità educante nello sviluppo della resilienza dei giovani, cit, pp. 44-56.