Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c5
Prendere sul serio l’interlegalità significa quindi, per il giudice, tener conto di tutte le fonti potenzialmente rilevanti per la decisione del caso, anche in assenza di qualsiasi rinvio da parte dell’ordinamento giuridico nell’ambito del quale esercita la propria giurisdizione. Si tratta in altre parole di abbracciare la complessità, accettando che il diritto può essere descritto, oggi più che mai, come un «complesso di potenzialità latenti» [47]
, nel quale «a monte delle norme vi sono svariati materiali giuridici, eterogenei e dotati di diversa forza vincolante, che formano un insieme normativo in potenza da attualizzare» [48]
. In questa prospettiva, assumere la giustizia del caso concreto come criterio (uno dei criteri) che guida il giudice nella ricostruzione della norma da applicare non significa – come qualcuno teme – adottare un approccio equitativo o decidere il caso sulla base di considerazioni di
{p. 134}filosofia morale [49]
, quanto piuttosto ampliare l’orizzonte delle norme giuridiche di cui si ammette la rilevanza in relazione al caso concreto da decidere.
Un secondo aspetto sul quale mi pare importante richiamare l’attenzione, inoltre, è quello delle profonde interrelazioni che intercorrono tra il piano della teoria delle fonti e quello della teoria dell’interpretazione. A questo proposito, è evidente che qualunque riflessione che intenda prendere sul serio l’interlegalità non può evitare di confrontarsi con alcuni temi di teoria e tecnica dell’interpretazione giuridica. È attraverso la propria attività interpretativa, infatti che i giudici si sforzano di muoversi in un universo eterarchico di fonti del diritto come quello che caratterizza gli spazi giuridici ibridi. Ma proprio il carattere eterarchico (e a-sistematico) di questo universo di fonti altera profondamente i contorni, il ruolo e il significato che molte delle classiche tecniche interpretative assumevano all’interno di un paradigma giuridico (stato-centrico) imperniato sul principio di gerarchia.
Così è, senz’altro, per le tecniche in senso lato riconducibili alla nozione di interpretazione sistematica. Viene da chiedersi, infatti, se la sempre più marcata dimensione inter-sistemica dell’interpretazione giudiziale (cfr. supra, § 3) metta di per sé in crisi le pensabilità teorica e la possibilità pratica di forme di interpretazione sistematica o se questa fondamentale famiglia di tecniche interpretative non si stia semplicemente trasformando per adattarsi al nuovo contesto dell’interlegalità; e, eventualmente, in che direzione stia andando questa trasformazione. Viene da chiedersi, in particolare, se e come un nuovo modello di interpretazione «circolarmente conforme» [50]
di fonti di diversa natura e origine possa progressivamente affermarsi e modificare una mentalità ancora profondamente abituata a pensare le relazioni di coerenza (o anche semplicemente di compati{p. 135}bilità) tra norme come espressione di una relazione lineare e gerarchica tra fonti e tra ordinamenti.
Sullo sfondo di queste riflessioni e di questi interrogativi si stagliano, ineludibili, i dubbi, le perplessità e i caveat di chi mette in guardia da forme di «giurisprudenza creativa» [51]
in grado di pregiudicare in modo inaccettabile istituti cardine dello Stato di diritto come quello della (ragionevole) certezza del diritto, del principio di eguaglianza, del principio di legalità, della separazione tra potere legislativo e giudiziario. Questa non mi pare, tuttavia, una buona ragione per rinunciare a ragionare sulla possibilità di un nuovo paradigma teorico-giuridico e normativo dell’interlegalità e sul modo in cui, al suo interno, possano e debbano essere concepite nuove coordinate metodologiche per indicare al giudice come ricostruire il diritto applicabile al caso concreto. Se mai, al contrario, è una conferma di quanto sia importante continuare a rifletterci, senza ingenuità e senza pregiudizi.
Note
[47] B. Pastore, Interpreti e fonti nell’esperienza giuridica, cit., p. 43
[48] Ibidem, p. 33.
[49] Preoccupate considerazioni in merito sono state espresse, anche recentemente, da M. Luciani, L’attivismo, la deferenza e la giustizia del caso singolo, in «Questione giustizia», 2020, n. 4, pp. 1 ss.
[50] Ruggeri, I diritti fondamentali tra carte internazionali e costituzione, cit.
[51] L. Ferrajoli, Contro la giurisprudenza creativa, in «Questione giustizia», 2016, n. 4, pp. 13 ss.