Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c12
Queste scelte – è importante osservarlo subito – non sono stabili, ma soggette a frequenti mutamenti, oltre che spesso incoerenti tra loro. Anche negli ordinamenti apparentemente più orientati alla stabilità delle politiche, i regulatory changes sono un tratto distintivo dell’azione pubblica, dovuto non solo alla mutabilità degli orientamenti politici ma anche alla complessità delle questioni di cui ciascuna politica si deve far carico. Inoltre, è tutt’altro che raro che le istituzioni politico-amministrative compiano, all’interno dello stesso settore, scelte diverse, orientate talora alla condivisione delle responsabilità, talaltra al loro coordinamento, talaltra ancora a quello che si è chiamato il conflitto tra responsabilità. A rendere ancora meno stabile la logica complessiva degli orientamenti assunti contribuisce, poi, l’imprevedibilità degli esiti dei molteplici intrecci tra ordinamenti, che sfuggono al pieno controllo delle istituzioni politico-amministrative e possono produrre effetti diversi da quelli attesi, secondo dinamiche che sono state accostate, con una iperbole ironica,
{p. 348}alla complessità della meccanica quantistica [16]
. I tre modi di riconoscimento che si sono individuati, allora, vanno intesi non tanto come criteri ordinanti, capaci di riflettere la ratio complessiva dei processi di attuazione di una politica settoriale, ma piuttosto come macro-opzioni alle quali sono di volta in volta orientate le singole scelte delle istituzioni politico-amministrative.
È all’interno di questa prospettiva che possiamo cogliere la varietà delle situazioni di interlegalità che si presentano di fronte alle amministrazioni dei diversi ordinamenti.

3. L’interlegalità nell’attuazione delle politiche pubbliche: una pluralità di situazioni dinamiche

L’interlegalità, come si è osservato in apertura, è una situazione divenuta ormai ordinaria e costante nei processi di attuazione delle politiche pubbliche che si svolgono in ciascun ordinamento: le amministrazioni si trovano comunemente a gestire una varietà di norme, sia procedurali che sostanziali, prodotte dalle istituzioni di ordinamenti differenti, oltre che a tenere conto delle pratiche amministrative sviluppate per la loro esecuzione. Occorre chiedersi, ora, in quali modi l’interlegalità si presenti. Diversamente da quello che si potrebbe immaginare, infatti, essa non si configura come una situazione unitaria, ma può avere molte declinazioni diverse.
Utilizzando come punto di partenza la tassonomia proposta nel paragrafo precedente, possiamo osservare, anzitutto, che i caratteri delle situazioni di interlegalità variano in base ai modi nei quali gli ordinamenti mettono in relazione tra loro i processi di attuazione delle proprie politiche. Quando gli {p. 349}ordinamenti optano per la condivisione delle responsabilità dell’attuazione di una politica, la molteplicità di norme che si rivelano potenzialmente rilevanti è inquadrata all’interno di un contesto istituzionale e decisionale che promuove la convergenza degli ordinamenti coinvolti intorno ad alcuni valori e finalità. Nel caso in cui il modo di riconoscimento sia quello del coordinamento delle responsabilità, invece, le diverse componenti del diritto composito potenzialmente rilevante nel processo di attuazione di una determinata politica pubblica possono riflettere normatività e obiettivi diversi e coesistono in un disegno più ampio funzionale al rafforzamento dell’efficacia dell’azione delle amministrazioni dei vari ordinamenti. Il diritto composito, ancora, presuppone addirittura un conflitto tra valori e normatività quando emerge nel contesto di processi di esecuzione volti a proteggere la responsabilità delle amministrazioni di un ordinamento da possibili interferenze esterne. In altri termini, se dal punto di vista strutturale la situazione della interlegalità presuppone sempre una molteplicità di norme poste da istituzioni di ordinamenti diversi e potenzialmente rilevanti nel processo di attuazione delle politiche pubbliche di uno specifico ordinamento, la logica della rilevanza di questa molteplicità di fonti varia in relazione al disegno complessivo dei rapporti che gli ordinamenti stabiliscono tra i processi di attuazione delle proprie politiche.
Le situazioni di interlegalità non sono solo diverse tra loro, ma anche mobili e dinamiche. Come si è osservato nel paragrafo precedente, le scelte regolatorie delle istituzioni politico-amministrative non sono stabili e perfettamente coerenti, ma soggette a frequenti mutamenti, non sempre prevedibili, e talora addirittura contraddittorie o attraversate da tensioni. In questo contesto, le situazioni di interlegalità sono inevitabilmente cangianti, perché il senso e i modi della rilevanza del diritto composito cambiano con il mutare delle scelte regolatorie o riflettono le ambiguità e le contraddizioni di queste ultime. Per descrivere una situazione di interlegalità, allora, non è sufficiente individuarne la logica di fondo, che può essere ricondotta alle tre macro-opzioni sopra richiamate. Occorre andare oltre la statica e ricostru{p. 350}irne la traiettoria dinamica, il movimento che la avvicina o la allontana da uno dei tre poli principali.
Due esempi possono illustrare la ricchissima varietà di queste situazioni e aiutare a mettere a fuoco il carattere mobile e dinamico dell’interlegalità. Riguardano entrambi l’attività delle amministrazioni di un ordinamento statale, quello italiano, e hanno ad oggetto, rispettivamente, le politiche di tassazione delle cosiddette multinazionali digitali e la politica italiana sul soccorso marittimo.

3.1. L’esempio della politica italiana sulla tassazione delle multinazionali digitali

La tassazione delle multinazionali digitali, imprese di grandi dimensioni che offrono servizi digitali o avvalendosi di strumenti digitali, è oggetto di specifiche politiche da parte degli Stati che intendono contrastarne le tecniche di spostamento del reddito imponibile dai Paesi di creazione del valore ai Paesi di residenza fiscale.
Come noto, infatti, queste imprese stabiliscono la propria residenza fiscale in Stati nei quali beneficiano di trattamenti fiscali vantaggiosi, dai quali offrono i propri servizi immateriali in altri Stati, senza avvalersi in questi ultimi di organizzazioni qualificabili come «stabili» ai sensi della normativa internazionale e sfuggendo in questo modo alla loro capacità impositiva [17]
. A fronte di questo fenomeno, le politiche degli Stati diversi da quelli di residenza mirano a recuperare una capacità impositiva proporzionata al valore prodotto sul proprio territorio. L’Italia, ad esempio, ha dapprima ampliato la nozione di «stabile organizzazione» sino quasi a individuare il presupposto per l’imponibilità delle imprese estere nella loro «presenza economica»; quindi, ha introdotto, nel 2017, {p. 351}una speciale procedura di collaborazione e cooperazione, che permette alle multinazionali di grandi dimensioni che operino in Italia di regolarizzare spontaneamente la propria posizione fiscale; infine, nel 2018, ha introdotto l’imposta sui servizi digitali fruiti nel territorio italiano.
Nella prospettiva della interlegalità, una politica come quella dello Stato italiano è riconducibile a una delle tre macro-opzioni individuate nelle pagine precedenti, quella del «conflitto di responsabilità». Il legislatore italiano, infatti, ha scelto una soluzione unilaterale, che muove dal presupposto di una differenza di valori, obiettivi e interessi tra lo Stato italiano e gli Stati a tassazione privilegiata. Sul piano amministrativo, questo approccio difensivo e non cooperativo rispetto alle politiche degli Stati di residenza implica che le amministrazioni italiane non svolgano le proprie attribuzioni attuando un diritto composito o coordinandosi con le amministrazioni degli altri Stati coinvolti per realizzare un interesse finanziario comune. Al contrario, sono responsabili dell’attuazione delle normative nazionali e operano attraverso processi disciplinati da regole volte a salvaguardare la loro autonomia decisionale rispetto a possibili influenze esterne all’ordinamento. Vi è, naturalmente, un processo di riconoscimento delle altre legalità e delle norme e delle pratiche amministrative degli altri ordinamenti. Ma questo riconoscimento è sostanzialmente difensivo, orientato alla protezione dell’azione amministrativa nazionale, funzionale all’esecuzione di una politica unilaterale.
Sarebbe sbagliato, però, concludere che l’interlegalità si presenti, in questo ambito, come una situazione stabile. L’esempio della politica italiana sulla tassazione delle multinazionali digitali, infatti, mostra come l’interlegalità sia una situazione fluida, soggetta a varie oscillazioni. Nonostante l’ambizione di sviluppare una politica unilaterale, le istituzioni politiche italiane promuovono, in parallelo, iniziative bilaterali e multilaterali. In particolare, l’Italia ha stipulato numerose convenzioni bilaterali con molti altri Stati per evitare le doppie imposizioni. E promuove e sostiene da tempo gli sforzi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) di consolidare soluzioni {p. 352}condivise tra più Stati, soprattutto attraverso le raccomandazioni del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS). Queste iniziative faticano ad affermarsi davvero, data la varietà degli interessi in gioco. Ma rendono più complicata la situazione di interlegalità, perché mostrano come le istituzioni politiche italiane spingano, nello stesso tempo, in due direzioni diverse: verso un riconoscimento non cooperativo delle altre legalità, quando introducono misure unilaterali, e verso un riconoscimento orientato alla condivisione delle responsabilità politico-amministrative, là dove partecipano alla costruzione di un insieme di raccomandazioni globali che mirano a curare un interesse finanziario comune e a coordinare le attribuzioni amministrative dei soggetti partecipanti.
Ci si potrebbe chiedere quanto le istituzioni politiche siano effettivamente in grado di riconoscere la dinamica che imprimono attraverso le proprie scelte alla situazione di interlegalità e se sia possibile individuare dei criteri prescrittivi che sono tenute a rispettare. Tale problema, però, fuoriesce dai limiti di questo studio, dedicato alla fase discendente del processo regolatorio. Ciò che interessa direttamente, invece, è la circostanza che il carattere dinamico dell’interlegalità implica, sul piano amministrativo, che le autorità nazionali si trovino a gestire situazioni nelle quali le norme nazionali, costruite con una logica difensiva, possono entrare in conflitto con le convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia e con le raccomandazioni prodotte dall’OCSE, formalmente non vincolanti ma sostenute da vari incentivi reputazionali. Le amministrazioni italiane, in altri termini, sono chiamate a gestire due diverse e divergenti situazioni di interlegalità, una incentrata sulla protezione della responsabilità delle stesse amministrazioni nazionali, l’altra orientata alla condivisione di tale responsabilità con quelle degli altri Stati.

3.2. L’esempio della politica italiana sul soccorso marittimo

Il secondo esempio conferma il dinamismo e la mobilità delle situazioni di interlegalità che si presentano di fronte all’amministrazione, ma in un senso diverso da quello del caso
{p. 353}precedente: le vicende recenti della politica italiana sul soccorso marittimo, tassello importante della più ampia politica migratoria, mostrano come l’interlegalità possa complicare considerevolmente i propri contenuti pur restando orientata alla condivisione delle responsabilità politico-amministrative; e come tale complicazione renda meno stabili e prevedibili le condotte delle amministrazioni chiamate a dare attuazione alla politica nazionale.
Note
[16] Il riferimento alla teoria dei quanti, sia per l’impatto sulla fisica tradizionale, paragonabile a quella della globalizzazione rispetto al diritto, sia per la possibilità di usarne alcuni strumenti analitici, come quello di entanglement, si deve a S. Battini, Il «caso Micula». Diritto amministrativo e entanglement globale, in «Rivista trimestrale di diritto pubblico», 2017, pp. 325 ss.
[17] Per una discussione puntuale e aggiornata della questione e delle sue possibili soluzioni, tra ordinamenti nazionali e regimi ultrastatali, si veda M. Pacini, La tassazione delle multinazionali digitali nell’arena globale degli interessi economici, in «Giornale di diritto amministrativo», 2019, pp. 35 ss.