Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c8
In tale contesto si colloca il tortuoso iter giudiziario che ha condotto alla sentenza Boumediene v. Bush [9]
. I ricorrenti,
{p. 196}cittadini stranieri arrestati in Afghanistan, Bosnia e Gambia e detenuti presso il carcere di Guantanamo, dopo essere stati dichiarati enemy combatants, hanno invocato l’habeas e contestato l’appartenenza alla rete terroristica di al-Qaeda. Dopo l’emanazione del DTA, il procedimento è proseguito dinanzi alla Corte di appello del DC Circuit, che sulla base del MCA ha rigettato l’istanza ed escluso l’applicabilità della cd. Suspension Clause (art. 1, sez. 9, c. 2, Cost.), secondo cui l’habeas non può essere sospeso «se non quando, in caso di ribellione o di invasione, lo esiga la sicurezza pubblica». La decisione viene allora impugnata dinanzi alla CS, chiamata a valutare se le tutele costituzionali invocate dai ricorrenti possano essere negate per via della qualifica di enemy combatants o del luogo di detenzione.
Nel giudizio dinanzi alla CS il Governo afferma che i cittadini stranieri designati come enemy combatants e detenuti in un territorio al di fuori dei confini nazionali non hanno diritti costituzionali: dunque, nel caso di specie, i ricorrenti non possono invocare la Suspension Clause perché Guantanamo è sotto la sovranità di Cuba. A sostegno della propria posizione il Governo richiama Johnson v. Eisentrager [10]
, sentenza in cui la CS aveva escluso che i ricorrenti, cittadini tedeschi condannati per crimini di guerra, potessero invocare l’habeas perché stavano espiando la pena in Germania, territorio su cui gli Stati Uniti non esercitano la propria sovranità.
In Boumediene la CS puntualizza che Guantanamo ricade sotto la sovranità di Cuba solo formalmente (cd. sovranità de jure), poiché sono gli Stati Uniti che vi esercitano il controllo effettivo (cd. sovranità de facto) (pp. 24-25), e richiama la propria giurisprudenza pregressa in tema di extraterritorialità delle garanzie costituzionali per dimostrare l’infondatezza della tesi governativa: già nei cd. Insular cases [11]
era stata {p. 197}riconosciuta l’efficacia (almeno parziale [12]
) della Costituzione nelle colonie cedute dalla Spagna in seguito alla guerra ispano-americana, nonostante queste non fossero state annesse ufficialmente agli Stati Uniti (pp. 25-29); successivamente, in Reid v. Covert [13]
è stata evidenziata l’esigenza di considerare le circostanze specifiche caso per caso, e valutare che l’applicazione extraterritoriale della Costituzione non sia «impracticable and anomalous» (pp. 29-30). La CS rigetta il «formalistic, sovereignty based test» di Eisentrager (p. 33), affermando che la sovranità de jure non rappresenta l’unico fattore rilevante nell’estensione extraterritoriale delle garanzie costituzionali, che deve invece determinarsi sulla base di «objective factors and practical concerns» (cd. functional approach, p. 34). L’accoglimento della tesi governativa confligge inoltre con il principio di separazione dei poteri, poiché la Costituzione non riconosce al governo la facoltà di decidere quando e dove applicarla: le pubbliche autorità sono vincolate al rispetto della Costituzione anche quando operano al di là dei confini nazionali (p. 35).
Nella determinazione della sfera territoriale di applicazione della Suspension Clause, la CS individua tre fattori rilevanti: cittadinanza e status del detenuto, nonché l’adeguatezza del processo per dichiarare tale status; natura del luogo di arresto e detenzione; ostacoli pratici al riconoscimento della tutela (pp. 36-37). Dopo aver evidenziato una serie di distinguo con i precedenti giurisprudenziali in materia di extraterritorialità e sottolineato l’originalità del caso di specie (pp. 37-40), la CS riconosce piena efficacia all’habeas e alla Suspension Clause nel territorio di Guantanamo, in quanto sotto il controllo effettivo degli Stati Uniti, non riscontrando elementi che rendano l’estensione delle garanzie costituzionali «impracticable or anomalous» (p. 41).{p. 198}
Un punctum dolens del ragionamento della CS è l’assenza di indicazioni precise sulle modalità concrete per dare attuazione al functional approach [14]
: non è chiaro, da un lato, se l’estensione extraterritoriale delle garanzie costituzionali debba intendersi nei confronti di persone recluse nel solo carcere di Guantanamo o anche presso altre strutture detentive statunitensi all’estero, per esempio in Afghanistan o in Iraq [15]
, né, dall’altro, quali condizioni renderebbero siffatta estensione «impracticable or anomalous» [16]
.
Sebbene Boumediene rappresenti una svolta storica per la maggiore tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri, si tratta di una sentenza isolata, ignorata dal DC Circuit [17]
e dalla stessa CS nella recente decisione Hernández v. Mesa [18]
. Tale vicenda si contraddistingue perché la condotta dell’autorità pubblica è stata realizzata negli Stati Uniti e gli effetti si sono prodotti in territorio straniero: nello specifico, un agente statunitense della polizia di frontiera ha sparato a un cittadino messicano, Hernández, uccidendolo. La Corte distrettuale ha negato ai genitori della vittima l’applicabilità sia del IV Emendamento (diritto alla sicurezza personale), per l’assenza di «significant voluntary connection» [19]
tra Hernández e gli Stati Uniti, sia del V Emendamento (due process of law), riconoscendo all’agente l’immunità funzionale. La CS ha annullato la decisione nella parte relativa all’immunità {p. 199}e rinviato alla Corte distrettuale per altra valutazione, ma non si è pronunciata sull’applicazione extraterritoriale del IV Emendamento, limitandosi a segnalare che la questione è «sensitive and may have consequences that are far reaching» (p. 3). La posizione è stata fortemente criticata per non aver dato seguito al functional approach promosso in Boumediene [20]
, e aver anzi determinato una regressione all’approccio formalistico del passato e una contestuale restrizione della sfera spaziale di applicazione della Costituzione [21]
.

3. Il complesso rapporto tra diritto internazionale e non applicazione all’estero della «Charter» nell’ordinamento canadese

Il problema dell’estensione extraterritoriale dei diritti fondamentali è stato affrontato anche dalla Corte Suprema del Canada (CSC), la cui giurisprudenza non è copiosa quanto quella statunitense ma fornisce, cionondimeno, importanti spunti di riflessione.
La Canadian Charter of Rights and Freedoms (Charter), parte integrante della Costituzione canadese, si applica a tutte le questioni che sono di competenza del Parlamento o delle assemblee provinciali (sez. 32[1] Charter), senza disporre espressi limiti territoriali. Conseguentemente spetta alle corti comuni e, in particolar modo, alla CSC determinare se e in quale misura la Charter vincoli le autorità pubbliche al di fuori dei confini statali [22]
. {p. 200}
Di massima rilevanza è la sentenza R. v. Hape [23]
, riguardante un imprenditore canadese, accusato di riciclaggio di denaro, che era stato sottoposto a perquisizioni presso la sede della propria società nelle isole Turks e Caicos da parte della polizia federale canadese, in collaborazione con le autorità locali [24]
. Durante il processo svoltosi in Canada il ricorrente aveva denunciato che le operazioni investigative erano state svolte in assenza di mandato, quindi in violazione del diritto fondamentale alla tutela contro perquisizioni o sequestri irragionevoli (sez. 8 Charter), e aveva chiesto l’inutilizzabilità delle prove documentali acquisite. Entrambi i giudici di prima e seconda istanza avevano rigettato la richiesta, escludendo che la Charter trovasse applicazione all’estero, e il verdetto è stato confermato dalla CSC, con una sentenza che, come si dirà, ha fatto molto discutere.
Dal momento che la sez. 32(1) tace sull’ambito di applicazione territoriale delle garanzie costituzionali, la CSC, per definire la questione dell’extraterritorialità della Charter, prende in considerazione gli obblighi di diritto internazionale e il principle of comity of nations (Hape, § 33). Secondo il diritto internazionale consuetudinario ogni Stato è sovrano ed eguale [25]
, e questo impone a ciascuno Stato di rispettare la sovranità degli altri (§ 40); speculare al principio di sovranità è quello di non-intervento, che non ammette interferenze o intrusioni negli affari di uno Stato se non quando siano state da esso espressamente consentite o siano ammissibili secondo il diritto internazionale convenzionale o consuetudinario (§§ 43-45). Il principle of comity consiste non in un vero e proprio obbligo di diritto internazionale, bensì in un principio-guida secondo cui gli Stati devono agire «courteously towards one another» (§ 50) e mostrarsi deferenti verso le azioni legittimamente intraprese e le regole osservate da altri Stati (§ 47). Tale deferenza non è tuttavia
{p. 201}incondizionata, incontrando un limite nelle «clear violations of international law and fundamental human rights» (§ 52, cd. fundamental human rights exeption [26]
). Sulla base di queste premesse, rilevando che la Charter deve essere letta alla luce delle norme e dei principi di diritto internazionale che vincolano il Canada (§§ 53-56), la CSC afferma che la Costituzione non può essere applicata nel territorio di un Paese terzo senza il consenso di quest’ultimo (§ 69), a meno che non ricorra la fundamental human rights exeption (§ 101).
Note
[9] 553 US 723 (2008). Per le singole fasi procedimentali, cfr. M. Anderson, «Boumediene v. Bush»: flashpoint in the ongoing struggle to determine the rights of Guantanamo detainees, in «Maine Law review», 60, 2008, pp. 243 ss.
[10] 339 US 763 (1950).
[11] Si tratta di una serie di casi che vanno da 182 US 1 (1901), De Lima v. Bidwell, a 258 US 298 (1922), Balzac v. Porto Rico.
[12] Più precisamente, la Corte Suprema aveva distinto tra territori cd. incorporati (i.e. Hawaii), in cui la Costituzione si applicava interamente, e cd. non-incorporati (i.e. Puerto Rico), in cui si applicavano solamente i diritti costituzionali «fondamentali» (cd. doctrine of territorial incorporation, cfr. C.D. Burnett, United States: American Expansion and Territorial Deannexation, in «University of Chicago Law Review», 72, 2005, pp. 800 ss.).
[13] Cfr. nota 3.
[14] Così Justice Scalia nella sua dissenting in Boumediene (p. 17). In dottrina, cfr. G.L. Neuman, The Extraterritorial Constitution after «Boumediene v. Bush», in «Southern California Law Review», 82, 2009, pp. 273 ss.
[15] Cfr. R.M. Chesney, Boumediene v. Bush, in «American Journal of International Law», 100, 2008, pp. 853 ss.
[16] Cfr. G.L. Neuman, After Guantánamo: Extraterritoriality of Fundamental Rights in U.S. Constitutional Law, in «Jus Politicum-Autour de la notion de Constitution», 2009, pp. 1 ss., 5.
[17] Cfr. L. Kovarsky, Citizenship, National Security Detention, and the Habeas Remedy, in «California Law Review», 107, 2019, pp. 867 ss., 869.
[18] 582 US (2017), n. 15-118.
[19] Citando Verdugo-Urquidez (cfr. nota 4), passaggio contestato da N. Rotstein, «Boumediene vs. Verdugo-Urquidez»: The Battle for Control over Extraterritoriality at the Southwestern Border, in «Washington University Law Review», 93, 2016, pp. 1371 ss., 1400.
[20] Così Justice Breyer nella propria dissenting opinion (p. 5); A.A. Botsaris, «Hernández v. Mesa»: Preserving the Zone of Constitutional Uncertainty at the Border, in «Maryland Law Review», 77, 2018, p. 853.
[21] Cfr. A. Veneziano, Applying the U.S. Constitution Abroad, from the Era of the U.S. Founding to the Modern Age, in «Fordham International Law Journal», 46, 2019, pp. 602 ss., 618.
[22] Cfr. D.J. Rennie e R. Rothschild, The Canadian Charter of Rights and Freedoms and Canadian Officials Abroad, in «The Supreme Court Law Review: Osgoode’s Annual Constitutional Cases Conference», 47, 2009, pp. 127 ss.
[23] 2007 SCC 26.
[24] Per un’analisi della vicenda, cfr. P.H. Verdier, R. v. Hape, in «American Journal of International Law», 102, 2008, pp. 143 ss.
[25] Carta ONU, art. 2(1); A. Cassese, International Law, Oxford, Oxford University Press, 2005, p. 48.
[26] Così, ex multis, C. Sethi, Does the charter follow the flag? Revisiting constitutional extraterritoriality after «R. v. Hape», in «Dalhousie Journal of Legal Studies», 20, 2011, pp. 102 ss.