Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c5
Tuttavia, tale trattazione, pur vasta e ricca di riferimenti ad altre discipline, lascia tendenzialmente indeterminata la definizione di non cognitive skills, e si limita ad elen
{p. 115}carle. Definirle come non cognitive skills, se semplifica la narrazione, lascia ancora qualche perplessità, in quanto esse condividono con le competenze cognitive una serie di caratteristiche: sono in genere rilevabili attraverso l’osservazione e misurabili per mezzo di indicatori che consentono un confronto verticale e orizzontale, come detto sopra. Di fatto, si tende a parlare di queste skills come trasversali e solo più raramente come non cognitive.
Tab. 1. Le dimensioni del CU
Significato
Psicologi
Economisti
Scienziati sociali
Cosa sai
Abilità cognitive
Abilità cognitive
Abilità cognitive
Chi sei
NCS
NCS
NCS
Chi conosci
Risorse socio-economiche
Capitale sociale
 
 
 
 
Fonte: Adattato da F. Luthans, S.M. Norman, B.J. Avolio e J.B. Avey, Positive Psychological Capital: Measurement and Relationship with Performance and Satisfaction, in «Personnel Psychology», 60, 2007, pp. 541-557; e T. Kautz, J.J. Heckman, R. Diris, B. Ter Weel e L. Borghans, Fostering and Measuring Skill: Improving Cognitive and Non-cognitive Skill to Promote Lifetime Success, NBER Working Paper n. 20749, Chicago, 2014.
Come della qualità, si dice: «non so definirla ma la riconosco quando la vedo» [38]
, così pare che di un certo numero di caratteristiche della persona si possa dire solo che cosa «non» sono. Forse si deve partire da qui.
Lo studio delle caratteristiche della personalità, per sua natura, non è riducibile a una sola, specifica scienza, ma è oggetto di un insieme di scienze, una «regione» di scienze, per usare la terminologia di Bernstein [39]
, cioè un accorpamento intorno a un tema e non intorno a un contenuto o a un metodo.
Inizialmente, l’approccio è stato psicologico, con uno sviluppo pedagogico (qual è il modo migliore per produrre, migliorare, rendere stabili le caratteristiche desiderabili della persona): poi le varie teorie del capitale umano, culturale e {p. 116}sociale hanno esaminato la natura di queste caratteristiche a partire dalla loro utilità per il mercato del lavoro, per la società civile, per l’autorealizzazione. Ne consegue che non c’è un unico punto di vista e il fuoco dell’attenzione si sposta sulla capacità di sintesi: possiamo ipotizzare che una visione olistica della persona sia quella in grado di valorizzarla di più, ma anche di far fronte in modo più efficace alla complessità della situazione.
Un passaggio dirimente sembra allora essere ancora quello di Heckman [40]
che usa anche il termine character skills per identificare le NCS. In questo modo mette in evidenza che gli aspetti cognitivi e non cognitivi non sono scollegati, ma costituiscono insieme un tratto globale, che caratterizza il profilo indivisibile e irripetibile della persona umana. Tale tratto non sorge come aspetto al di fuori del processo di apprendimento e delle capacità di prendere iniziative davanti alla realtà, ma è piuttosto il fattore che determina tale capacità di agire, in profonda interrelazione con le conoscenze in senso stretto.
Un altro premio Nobel per l’Economia, Amartya K. Sen [41]
partendo da argomentazioni diverse da quelle di Heckman, arriva a conclusioni convergenti. La domanda che si pone Sen è: «What is each person able to do and to be?», cioè egli si interroga sulle potenzialità (internal capabilities) possedute da ciascun individuo e sulle modalità con cui esse si sviluppano e si esprimono, ad esempio attraverso il percorso scolastico, la vita familiare e sociale e il contesto in cui si svolge la vita della persona. Secondo Sen, tali potenzialità sono intrinseche in un individuo, ma si sviluppano attraverso le opzioni che la sua libera scelta decide di perseguire [42]
.
Sen sottolinea che tra tali internal capabilities, che definiscono le capacità potenziali che l’individuo ha di agire nella realtà, alcune sono innate, ma la maggior parte possono {p. 117}essere sviluppate. Come per le character skills di Heckman, così le capabilities (anche quelle soggettive e non solo lo sviluppo oggettivo di opportunità offerte a tutti, come un sistema scolastico efficace o un miglioramento del sistema finanziario) non sono immutabili: l’educazione, in famiglia, nei contesti sociali e a scuola, è lo strumento per far maturare le internal capabilities e renderle combined capabilities, ovvero qualità effettive dell’individuo.
Queste character skills, traducibili in italiano come tratti della personalità, possono essere identificate con una categoria particolare delle competenze non cognitive.
È possibile porsi domande più precise e pregnanti a riguardo di queste character skills: come si formano? In quale fase della vita? Qual è il rapporto, se c’è, fra fattore innato e fattore sociale? Quali agenti/agenzie contribuiscono alla loro formazione? Che tipo di evoluzione hanno, e come può essere supportata in senso positivo? Che relazione hanno con le altre competenze? Come incidono sul comportamento sociale delle persone, ad esempio nelle relazioni sociali o nel lavoro? Fanno parte del capitale umano, sociale, culturale? E infine, domanda fondamentale per il sociologo che si occupa di educazione, possono essere un obiettivo dell’educazione formale o sono confinate all’educazione non formale e informale?

3. «Character skills» ed esperienza scolastica

Il punto di partenza per rispondere alle domande poste può essere l’affermazione che l’apprendimento è un processo multidimensionale che avviene in tutto il corso della vita e in tutte le circostanze dell’esperienza, e influenza/determina il modo in cui l’uomo si pone di fronte al reale, lo conosce e lo trasforma. Come scrive Zygmunt Bauman [43]
: «La conoscenza orientata verso interessi tecnico-strumentali non ha nessuno strumento per analizzare e selezionare fini migliori. Essa localizza, invece, i fini dentro la realtà che {p. 118}essa dà per scontata, come dati, come il punto di inizio di tutta l’indagine».
In un’ottica olistica, che mira alla valorizzazione della persona nel suo insieme, rimuovere gli ostacoli alla crescita delle character skills è l’obiettivo fondamentale dell’intero percorso educativo, e conoscerne gli elementi è il primo e indispensabile elemento per riuscirci [44]
. Ogni politica educativa, ogni decisione delle scuole autonome, ogni progettazione a livello macro o micro deve essere finalizzata a questo scopo.
Il problema che abbiamo posto quando si analizzano la generazione e lo sviluppo delle character skills nei bambini e nei ragazzi può essere declinato in particolare nel rispondere alla domanda: qual è la relazione tra character skills ed esperienza scolastica? Se le character skills sono competenze, a tutti gli effetti, è legittimo domandarsi se e come esse siano in relazione con l’esperienza che gli studenti vivono nei luoghi formalmente deputati a lavorare proprio sulle competenze, ossia le scuole.
In particolare, le due domande cui occorre provare a rispondere sono:
• come le character skills influenzano l’esperienza scolastica degli individui? In altri termini, occorre cercare di capire se e come studenti con un bagaglio più ricco di character skills ottengano benefici o meno da esse, durante la propria vita di studenti;
• come le attività scolastiche possono influenzare la formazione e lo sviluppo delle character skills negli studenti? In questo caso è importante capire se – e in che misura – le scuole possano essere agenti «attivi» nel modificare questo tipo di competenze (in prima approssimazione, si farà riferimento al modello dei Big Five, forse il più utilizzato).
Prima di entrare nel merito di quanto la letteratura indica come possibili risposte a questi quesiti, è importante sottolineare come la mancanza di un numero sufficientemente ampio di studi statisticamente robusti sul tema impedisca di {p. 119}addivenire a delle certezze sull’esistenza e la magnitudine di queste relazioni. Al contempo, sia le teorie sottostanti (in particolare quelle sulla «tecnologia delle skills» di Cuhna e Heckman) [45]
sia alcuni contributi esistenti consentono di indicare alcune evidenze che vale la pena di considerare come punto di partenza per il giudizio sulla relazione tra attività delle scuole e character skills.
In ogni caso, quest’ambito rimane uno di quelli su cui è opportuno sviluppare un nuovo, ricco, filone di ricerca teorica ed empirica all’intersezione tra discipline pedagogiche, educative, statistiche e psicologiche.

3.1. Come le «character skills» influenzano l’esperienza scolastica degli individui

In questo paragrafo si riportano i risultati principali offerti dalla letteratura scientifica più accreditata in merito all’influenza dei tratti della personalità, secondo il modello dei cinque grandi fattori, sul successo del percorso di istruzione e su altre dimensioni socioeconomiche della vita dell’individuo. Vale la pena dunque ricordare qui brevemente quali siano i Big Five, già menzionati, per una lettura più organica delle evidenze cui si fa riferimento: estroversione, gradevolezza, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura all’esperienza.
In linea generale, l’evidenza disponibile dimostra che le character skills favoriscono l’acquisizione delle abilità conoscitive non solo nel percorso scolastico e universitario, ma favoriscono competenze migliori anche in ambito lavorativo. Inoltre, sono anche connesse con diversi aspetti positivi nella vita adulta, con una minore propensione a stati depressivi e a comportamenti alienanti e criminali [46]
. In questo senso, le
{p. 120}character skills sembrano definire effetti persistenti nel tempo anche ben oltre il puro percorso scolastico. È interessante osservare come i singoli tratti modellizzati all’interno delle character skills concorrono a tali risultati positivi durante e dopo l’esperienza scolastica.
Note
[38] R.M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Milano, Adelphi, 1981.
[39] B. Bernstein, Pedagogy, Symbolic Control, and Identity, London, Rowman & Littlefield, 2000, pp. 7 ss.
[40] J.J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, cit.
[41] A.K. Sen, Development as Freedom, New York, Alfred Knopf, 1999.
[42] M.C. Nussbaum, Creating Capabilities. The Human Development Approach, Harvard, Harvard University Press, 2011.
[43] Z. Bauman, La società individualizzata, Bologna, Il Mulino, 2002.
[44] A.M. Maccarini, On Character Education: Self-Formation and Forms of Life in a Morphogenic Society, in «Italian Journal of Sociology of Education», VIII, 1, 2016, pp. 31-55.
[45] F. Cunha e J. Heckman, The Technology of Skill Formation, in «American Economic Review», 97, 2, 2007, pp. 31-47.
[46] J.J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, cit.; OECD, PISA 2018 Assessment and Analytical Framework, cit.