Giuseppe Antonelli, Giacomo Micheletti, Anna Stella Poli (a cura di)
Verso il museo multimediale della lingua italiana
DOI: 10.1401/9788815410283/c6
Infine, recentissimo è il progetto dell’Università di Cambridge, diretto da Wendy Ayers-Bennet [13]
e finanziato dall’ARHC (Arts and Humanities Research Council, un soggetto pubblico), che ha lanciato un museo pop-up, cioè itinerante e allestito in brevissimo tempo in luoghi pubblici (centri commerciali, negozi, ristoranti), con lo scopo di diffondere informazioni e soprattutto interesse per le lingue, per la coscienza della propria identità linguistica e il multilinguismo. Nelle intenzioni iniziali il progetto avrebbe dovuto costituire un modo per saggiare l’interesse e la fattibilità di un museo permanente dedicato alle lingue e al multilinguismo, ma pure in questo caso le conseguenze della pandemia lo hanno temporaneamente fermato, anche se il museo intende coltivare almeno una presenza virtuale in rete.
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3. Online e no

Come si è visto, ormai l’idea di una complementarità fra museo fisico e museo virtuale si va affermando in modo diffuso. È del tutto evidente che il formato virtuale consente di superare in velocità le numerose barriere che si frappongono fra un’idea importante e la sua realizzazione effettiva, spesso frenata da ostacoli della natura più varia: questioni economiche legate al finanziamento dei progetti; la grande quantità di fondi che è necessario reperire; la complessa gestione delle risorse; le questioni legate alla loro sostenibilità, e così via. Un museo online ha anche il concretissimo vantaggio di poter raggiungere un pubblico molto vasto, e permette di superare confini geografici e linguistici, ostacoli di carattere fisico – barriere architettoniche, limitazioni fisiche, impossibilità di viaggiare –, pandemie e molto altro; consente inoltre di immaginare e costruire percorsi (e viaggi) che i limiti fisici normalmente impediscono. Naturalmente quel che si acquista in estensione si perde generalmente in profondità, e resta sempre il problema della conservazione dei materiali esposti e della durabilità nel tempo di queste iniziative – una questione che è centrale, evidentemente, per un museo, il cui scopo è dare valore a un evento e a un’esperienza tramite una concettualizzazione che ne garantisce, appunto, la conservazione nel tempo.
A questo proposito, se è possibile fornire un suggerimento in questa sede, dall’esperienza di queste recentissime forme museali, grazie alle quali è possibile immaginare e allestire esposizioni innovative e impossibili in un museo tradizionale, si trae anche e senz’altro l’indicazione che è fondamentale coltivare un legame forte con il museo fisico, sia per accrescerne la conoscenza e la diffusione, sia – e direi soprattutto – per poter assicurare la conservazione nella memoria e nella tradizione culturale dell’oggetto che il museo è nato anzitutto per rappresentare e custodire.
Sul piano della «narrazione» o concettualizzazione dell’oggetto da esporre va infine rilevato che la rappresentazione digitale sposta di necessità la percezione dell’oggetto esposto o studiato su un piano che trascende il luogo fisico. Lo spazio che la lingua occupa in un museo virtuale ac{p. 70}quisisce una proiezione globale, che i musei fisici possono invece scegliere di non adottare. Per i musei online la scelta è nel mezzo, che – come si diceva – facilmente diluisce l’investimento emotivo del visitatore e modifica in modo non trascurabile il punto di vista a partire dal quale si conduce la visita. Dal momento che ogni lingua appartiene anzitutto a chi la identifica come propria e, per estensione, alla comunità alla quale a sua volta ogni individuo ritiene di appartenere, bisogna riuscire a costruire una rappresentazione in cui le comunità possano abbracciare come proprio il movimento incessante delle lingue e la loro coesistenza. Il mezzo digitale, se non altro, è uno straordinario facilitatore di comunicazione, e poiché quasi tutti i musei delle lingue hanno una presenza online non è difficile immaginare la creazione di una rete e la presenza simultanea nei siti, fisici e virtuali, dei progetti espositivi di altre istituzioni e musei che si occupano di lingua, delle loro proposte di rappresentazione e delle loro esperienze espositive dell’oggetto lingua.
Un grande artista brasiliano, Cildo Meireles, ha esposto nel 2001 alla Tate Gallery di Londra una imponente Torre di Babele a sezione circolare intitolata significativamente Tower of Incomprehension (fig. 3) [14]
. L’opera si sviluppa in alto per metri, ed è costruita con centinaia di radio sistemate a formare, appunto, una torre, e sintonizzate su differenti stazioni, che trasmettono l’una sull’altra creando una cacofonia di migliaia di suoni dai quali è impossibile accedere ad alcuna informazione. Voci dal caos e suono dell’incomprensione. Si tratta di una rappresentazione d’impatto delle lingue nel mondo, ma vi si intuisce una vena di disperazione rispetto alla capacità di comunicazione umana. I musei delle lingue, online e no, sono nati per contrastare questo sentimento disperato e per far sì che le lingue, nella loro pluralità e nei diversi significati che assumono nel tempo e nelle società umane, dialoghino fra loro e con quanti ne hanno a cuore la storia e la vita.
È un’occasione da non perdere.{p. 71}
Fig. 3. Cildo Meireles, Tower of Incomprehension, London, Tate Gallery; © Cildo Meireles/Tate; Photo: © Tate.
Fig. 3. Cildo Meireles, Tower of Incomprehension, London, Tate Gallery; © Cildo Meireles/Tate; Photo: © Tate.