Federico Batini (a cura di)
La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c6
È inoltre possibile immaginare testi in cui si possano aggiungere elementi facilitanti che ne permettano la consultazione come feltrini, mollette, abbassa lingue oppure ipotizzare che il testo scritto possa essere tradotto in simboli, facendo riferimento all’ambito multidisciplinare della Comunicazione aumentativa alternativa (CAA). Nel primo caso l’editoria dei libri tattili è un riferimento molto interessante e da approfondire. I libri tattili illustrati sono testi ideati e realizzati per i bambini con deficit visivo che presentano illustrazioni in rilievo realizzate con materiali
{p. 158}e texture diversi, testo scritto sia in Braille sia a caratteri ingranditi [Piccardi 2011]. Nel secondo caso possiamo immaginare libri in simboli [Costantino 2011]: esistono albi illustrati modificati e tradotti oppure libri su misura, testi personalizzati che nascono a partire dai bisogni, interessi e dai funzionamenti dei più piccoli. In alcune situazioni si possono ipotizzare anche letture virtuali attraverso audio-storie, video-storie con la Lingua dei segni italiana (LIS) e con gli stessi simboli (CAA).
Le modalità di partecipazione dei bambini e delle bambine alla lettura dialogica sono un’altra sfida da giocarsi in termini inclusivi. È possibile fare domande ai più piccoli o riceverle, chiedere di indicare le figure e parlare della storia, creare delle relazioni tra la storia e la vita vissuta. Si possono creare condizioni di completamento di parole e frasi, di richiamo rispetto a quanto appena sentito, di correlazione. Conversare, dialogare, commentare le storie dopo la lettura sono momenti necessari per concedere ai bambini libertà di espressione e agli adulti disponibilità all’ascolto [Batini e Giusti 2021].
È opportuno ripensare anche la molteplicità di posture che rendono la lettura un momento piacevole e di cura per i più piccoli. Se da una parte esiste una ricca bibliografia di testi selezionati in maniera competente in base all’età, all’usabilità e ai contenuti, dall’altra va messa in conto una riflessione sulle modalità della lettura. Oltre alle indicazioni già fornite rispetto agli spazi e alle posture vocali, mimiche e prossemiche, più autentiche possibili, va costruita una relazione autentica e sentita che consenta di fatto di attraversare i vissuti emotivi, confermanti e contrastanti che certi libri possono sollecitare, permettere la fruizione autonoma alla lettura se immaginato uno spazio ad hoc a misura e altezza di bambino. Queste occasioni diventano centrali da un punto di vista emotivo per nominare, bonificare e accompagnare.
La dimensione inclusiva di questi accomodamenti è molto vasta e consente di costruire contesti educativi capaci di pensare al plurale. È evidente che la presenza di testi modificati o di letture a più livelli è un valore aggiunto per tutti, con e oltre situazioni e condizioni di specialità, arric{p. 159}chendo con forza la proposta ordinaria che ne esce molto più ricca e naturalmente equa.

3. Leggere e scoprirsi: l’esperienza di C’eral’acca

La consapevolezza della propria condizione, anche in presenza di disabilità, è un aspetto imprescindibile per permettere l’avvio di percorsi di autodeterminazione.
La persona disabile ha bisogno di comprendere i fattori (dalla propria condizione fisica alle situazioni sociali e familiari) che hanno condizionato e favorito il sorgere di tutta una serie di incapacità apprese, le quali sono frequentemente determinanti nel portarla a rinunciare a delle possibilità anche quando le situazioni potrebbero venire affrontate con successo [Galati et al. 2003, 9-10].
Conoscere il proprio funzionamento può essere anche molto doloroso se non adeguatamente accompagnato e sostenuto da parole e costrutti che possono essere compresi e capaci di aprire anche alle dimensioni dei desideri e delle possibilità.
Vivere nell’oscuro, nell’ignoranza delle proprie condizioni, è – forse senza cattive intenzioni – un’offesa che avvia la violenza dell’esclusione che comprende l’espulsione dal processo [...]. Un libro può offrire immagini, simboli, percorsi narrativi, metafore, che insieme o singolarmente, possono permettere la riconciliazione fra la propria condizione e l’impegno [Canevaro 2009, 9-10].
Da questa prospettiva i libri possono rappresentare mediatori importanti per tentare di fare i conti con quel pezzetto della propria identità, in alcune circostanze sconosciuta, omessa e non comunicata. La pratica della lettura può avere un compito importante nei percorsi di appropriazione di sé, necessari per indirizzare nella giusta direzione il proprio progetto di vita.
A questo riguardo ritengo interessante portare come testimonianza un significativo percorso di ricerca. L’Università degli Studi di Perugia ha attivato nel 2017 il progetto {p. 160}C’eral’acca - Centro di Documentazione con la collaborazione dell’Associazione Italiana Persone Down e con il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Il progetto ha visto quindi insieme tre istituzioni differenti in un’ottica di co-partecipazione, con l’intento di costruire un autentico percorso di promozione e accompagnamento che sapesse meticciare saperi, governance e modelli operativi differenti.
Il Centro ha rappresentato un polo di raccolta e di divulgazione di documentazioni sui temi della disabilità e dell’accessibilità: ha raccolto materiale informativo e specializzato a carattere sia teorico che tecnico-operativo e lo ha reso disponibile per la consultazione e per il prestito. La presenza di un polo specializzato sulla disabilità ha avuto lo scopo di promuovere iniziative di sensibilizzazione rivolte all’intera popolazione, valorizzare alcune esperienze locali e generare connessioni con altrettante esperienze nazionali riconosciute come buone prassi. È stato collocato stabilmente presso la Biblioteca umanistica dell’Ateneo, frequentata non solo da studenti universitari ma da tutta la cittadinanza, con lo scopo di dimostrare fin da subito che non può esserci inclusione senza condivisione.
Tutta l’attività è stata gestita da sette ragazzi con sindrome di Down che, tramite l’attivazione di borse lavoro, hanno condotto qui le prime esperienze professionali, mettendo a disposizione le proprie competenze per un progetto di comunità.
Nessuno sceglie o vuole essere disabile, ma molte persone hanno imparato ad accettare e convivere con le loro disabilità. Queste persone arricchiscono la vita di tutti perché mostrano una nuova prospettiva da cui partire per la costruzione di società basate su modelli di inclusione, accettazione e rispetto delle diversità [Barbuto et al. 2007, 35].
Punto di forza di questa esperienza è stato quello di aver reso il mondo universitario sede di un’esperienza professionalizzante per ragazzi con disabilità e al tempo stesso essere diventato promotore di politiche e culture accoglienti, cooperative e stimolanti, in cui la valorizzazione di ciascuno {p. 161}diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti. È opportuno sottolineare che anche la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (dicembre 2006) nell’articolo preliminare (e) sottolinea come
disability is an evolving concept and that disability results from the interaction between persons with impairments and attitudinal and environmental barriers that hinders their full and effective participation in society on an equal basis with others.
I ragazzi sono stati accompagnati in questa esperienza da un tutor specializzato, ma anche da tutto il personale della biblioteca, adeguatamente formato prima dell’ingresso degli stessi. Non era sufficiente, infatti, creare una nicchia dentro un luogo conosciuto, ma flussi di comunicazione e di incontri che permettessero di superare i confini tra spazi di tutti e spazi speciali. «Accompagnamento vuol dire anche entrare in contesti e scegliere un’organizzazione della società in cui i “non luoghi” non siano il destino dove devono andare a rifugiarsi per forza i soggetti deboli» [Canevaro 2013, 116]. L’esperienza professionale è nata per offrire ulteriori percorsi di sviluppo dell’autonomia personale con azioni capaci di garantire a persone una partecipazione reale, impegnandole in percorsi e attività che potenzino la rete sociale e amicale spesso definita nelle pareti familiari, soprattutto dopo la fine del percorso scolastico. «Il viaggio verso la maturità personale passa attraverso la valorizzazione delle capacità, l’assunzione crescente e continua della responsabilità e l’abitudine a operare scelte realistiche, ponderate e autonome» [Pavone 2014, 195].
Tutti i ragazzi hanno svolto un corso di formazione sul lavoro nelle biblioteche, sulla catalogazione del materiale e sul sistema dei prestiti. Si sono organizzati con turni di lavoro costanti, sottolineando l’importanza della routine e di un impegno che non sia occasionale, ma organizzato nell’agenda della propria vita personale.
La normalità è un intreccio di legami e un potente generatore di senso condiviso, comune, elaborato insieme [...] La forza scaturisce lentamente dalla sicurezza della routine, cioè dalla {p. 162}prevedibilità delle cose che si sa come accadranno secondo regole e consuetudini, secondo una struttura condivisa, un copione ben imparato, abitudini consolidate nella comunità del quotidiano. Il quotidiano ha un valore strutturante ben più prezioso della sua apparente banalità [Ianes 2006, 15].
L’attività di catalogazione, prestito e documentazione, oltre a essere un’esperienza che richiede alti livelli di attenzione e di memorizzazione, favorisce l’attivazione di processi metacognitivi nei soggetti coinvolti, costituisce un’importante occasione di potenziamento delle operazioni di comprensione, di problem solving, di planning rispetto a una serie di azioni da compiere.
Tutto l’impegno al Centro è stato per i ragazzi una significativa palestra di autoregolazione metacognitiva che ha consentito costantemente una riflessione sulla propria capacità di prendere decisioni corrette, sul valutare il compito e il proprio operato, sul verificare le risorse e le strategie di cui si dispone, sul pianificare la sequenza di azioni da compiere.
Si tratta di un
continuo processo di costruzione e ricostruzione di sé attraverso un’analisi di senso della propria esperienza di vita, come necessità di capire come si impara, come si è imparato, come vadano sviluppandosi le proprie potenzialità e le proprie risorse, insieme alla loro trasformazione in capacità, in abilità, in comportamenti e in atteggiamenti consapevoli [Di Nubila 2003, 16].
Nello sviluppo dell’autoregolazione il linguaggio è sicuramente il canale più importante di autoistruzione e la scrittura la sua naturale esplicitazione. Per questo motivo ogni giorno i ragazzi sono stati invitati a scrivere una pagina di diario di bordo, accomodato in base ai differenti funzionamenti: in questo spazio sono stati invitati a riportare resoconti, vissuti, attività, persone conosciute, apprendimenti conquistati e difficoltà incontrate. La narrazione di sé è diventata un processo educativo per imparare a riconoscere e accettare i propri punti di forza e di debolezza, per ragionare su eventi «imprevisti», per riappropriarsi di una stima di sé, per tessere il proprio progetto di vita.
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